Squadra pronta all’assalto!
Fu la
serata, e la nottata, più lunga e impegnativa della loro vita. Jack-Jack non
smise un attimo di provare e riprovare i poteri più strampalati, seguito e
aiutato da Melanie. Il ragazzo dovette ammettere che l’allenamento era
efficace: forse anche solo sapere su cosa
dovesse fare attenzione lo aiutava tantissimo a non perdere il controllo. Se
riusciva a mantenersi concentrato su cosa
dovesse fare, era quasi un gioco da ragazzi. Non doveva neppure pensare a
quale superpotere utilizzare, sembrava che il suo corpo fosse in grado di
selezionare da solo, d’istinto, il migliore nella specifica situazione. Si
accorse anche di non poter combinare insieme più capacità, ma che gli era
possibile usare solo un potere alla volta; inoltre alcuni poteri erano più
gestibili di altri. Non ci fu modo, per esempio, di prendere fuoco senza poi
cercare d’incendiare tutto, e in generale si accorse che in situazioni di
rabbia o stress, in un modo o nell’altro doveva subito cercare di sfogare la
frustrazione, anche solo con un grido, o era facile capitassero incidenti come
voragini nei pavimenti o trombe d’aria distruttive.
Melanie,
per fortuna, si era accorta quasi subito che bastava richiamarlo con un tono
preoccupato o arrabbiato perché il ragazzo riprendesse il controllo quasi
subito. Il problema per J.J., però, era praticamente
il non poter andare in giro da solo e il dover usare un potere solo per il
tempo minimo necessario.
Non che
nell’altra stanza le cose andassero perfettamente, anzi. Ogni tanto Jack-Jack e
Melanie si fermavano per ascoltare le urla che li facevano trasalire senza
preavviso.
«Ma non
scherziamo! Una roba così non la metterà mai!»
«Senti,
ragazzino, chi è lo stilista qui?»
«La
stilista sarà lei, ma l’amico è il mio, e le assicuro che un abito del genere J.J. non lo indossa neanche sotto tortura!»
Melanie
rise nel vedere la faccia scandalizzata dell’amico.
«Cos’hanno
intenzione di farmi mettere quei due?»
Ma la
discussione era appena all’inizio.
«Perché
piuttosto non gli mettiamo un mantello?»
Nell’ascoltarli
il ragazzo fece una smorfia: «Ahia... Steve ha appena sottoscritto la sua
condanna...»
Melanie
lo guardò perplessa: «Perché?»
J.J. si
limitò a fare un conto alla rovescia con le dita, dopodiché la voce di Edna Mode si diffuse per la casa come se la donna avesse
attivato una marea d’altoparlanti: «MANTELLO? HAI IDEA DI
QUANTI SUPEREROI HANNO INCIDENTI PER COLPA DEL MANTELLO? POTREI STARE ORE A
RACCONTARTI ANEDDOTI! DICI DI PREOCCUPARTI DEL TUO
AMICO E POI GLI METTI LA COSA PIÙ PERICOLOSA PER UN EROE? NIENTE MANTELLO!!!»
«Ma tutti
i supereroi dei fumetti hanno i mantelli!»
«Vuoi
diventare davvero uno stilista di supereroi? Esci dal mondo di carta ed entra
nel mondo reale!»
«Ma io non voglio diventare uno stilista di
supereroi!»
«Male,
perché qualcosa di buono c’è nei tuoi suggerimenti...»
«Davvero?»
«Sì...
c’è tutto quello che uno stilista deve ben tenere presente di NON fare...»
Jack-Jack
e Melanie scoppiarono a ridere di gusto immaginando la faccia che Steve poteva
avere in quel momento e ripresero i loro allenamenti.
Verso
l’alba le due squadre si riunirono, tutti visibilmente stanchi.
Edna si versò
una generosa tazza di caffè: «Allora?»
Melanie
collassò sul tavolino: «Più di così non si poteva, in una notte... non
chiedetegli di prendere fuoco e non fatelo arrabbiare e dovrebbe filare tutto
liscio...»
La
donnina annuì: «Bene, bene...»
J.J.,
paradossalmente il più riposato dei quattro, chiese con timore: «E voi?»
Edna lo
guardò male: «Jejè... avevi dubbi?»
A un suo
schiocco di dita dal pavimento salì un manichino. Jack-Jack lo guardò sorpreso
e ci girò intorno.
«Bè... pensavo peggio, devo ammetterlo...»
Steve
sorrise stancamente: «Dai, va’ la dietro e provatelo.»
Il
ragazzo, sempre un po’ dubbioso, obbedì, ma da dietro il paravento chiese: «La
calzamaglia aderente è proprio obbligatoria?»
Edna alzò gli
occhi al cielo: «Certo! Hai mai visto un supereroe senza?»
«Ma io mi
vergogno a indossare questa cosa...»
«Non fare
il bambino, Jejè, e muoviti! Quando sarai in missione
vedrai che mi ringrazierai!»
«Sarà...»
Molto
dubbioso, il ragazzo uscì con indosso il nuovo costume: la parte superiore
consisteva in una specie di felpa blu scuro con cappuccio abbastanza larga,
come quella indossata tipicamente dai ragazzi della sua età; sul petto,
incassate e non troppo visibili, c’erano le sue iniziali, disegnate in modo che
la seconda J pendesse appesa dalla prima; la calzamaglia di cui si era
lamentato poco prima era dello stesso colore della felpa, a cui bisognava
aggiungere guanti e stivaletti color argento, dello stesso colore del filo
delle cuciture della felpa lasciato ben in evidenza, sicuramente un tocco
artistico di Edna.
J.J. fece un
sorrisetto all’amico: «Per la felpa c’è il tuo zampino, vero Steve?»
«Con un
costume attillatissimo non ti saresti sentito a tuo
agio, o sbaglio?»
«Già...»
Il
ragazzo con gli occhiali gli si avvicinò: «E visto che non ti piacciono costumi
appariscenti e maschere, per salvaguardare la tua identità abbiamo studiato un
accorgimento innovativo...»
Senza
preavviso Steve gli tirò il cappuccio fin oltre gli occhi. Jack-Jack fece per
protestare, quando si rese conto di vederci benissimo, come se il cappuccio non
ci fosse.
«Cosa...»
Edna guardò
soddisfatta: «Tessuto unilaterale opaco... da un lato è tessuto normale,
dall’altro è trasparente come vetro. Inoltre, quel cappuccio è studiato in modo
da rimanere immobile qualunque movimento tu possa fare.»
Steve gli
diede una gomitata: «Idea mia, dettagli tecnici di Edna.»
La
stilista annuì: «Tra l’altro, il costume dovrebbe adattarsi automaticamente ad
ogni tipo di potere nel giro di mezzo secondo. Se non lo fa, riportamelo
indietro che lo aggiorno, dovrei avere inserito le caratteristiche di quasi
tutto il mio database, ma è difficile tenere conto di ogni superpotere esistente...»
Jack-Jack
sorrise imbarazzato: «Immagino...»
La mano
corse verso il tablet con ancora, lampeggianti, i
puntini che indicavano la posizione dei membri della sua famiglia.
L’eccitazione prese il posto della stanchezza.
«Va bene,
allora vado!»
Melanie
intervenne sbadigliando: «Ti prego, fammi dormire un po’, sono esausta...»
«Ma è passato
troppo tempo, tutte le persone potrebbero...»
La
ragazza lo interruppe subito: «Credimi, capisco la tua preoccupazione, ma tu da
solo non puoi andare e io in questo momento non sono in grado di seguirti... mi
addormenterei prima ancora di arrivare...»
Quasi
subito Jack-Jack sentì le mani diventargli bollenti e senza pensarci due volte
le mise sulle spalle di Melanie.
«Cosa...»
«Come ti
senti?»
La
ragazza lo guardò sorpreso: «Bene... anzi, benissimo, come se avessi riposato
per ore...»
Il
ragazzo sospirò di sollievo: «Non ne ero sicuro al cento per cento... ma
qualcosa mi dice che è meglio che non te lo faccia troppo spesso...»
Una
familiare tirata di maglietta fece abbassare J.J.: «Edna, che c’è?»
«E a me
non lo fai il massaggio?»
«Non vuoi
andare a dormire?»
La
donnina agitò la bacchetta, che quasi per miracolo non finì in un occhio di
Jack-Jack: «Ma quale dormire e dormire, c’è troppo da fare! Pensi davvero che
lasci andare un gruppetto di ragazzini inesperti a salvare il mondo?»
Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo: «Edna, non andiamo a
salvare il mondo.»
La
donnina gli prese le mani e se le mise da sola sulle spalle: «Su, su, poche
storie e fai il tuo dovere!»
J.J. sospirò
e fece quanto gli era stato chiesto, poi, mentre si occupava di Steve, Edna premette qualche altro pulsante e altri due manichini
si affiancarono al primo.
«Cos’è,
avete forse creduto che non avessi pensato anche a voi due? Edna
Mode non lascia mai i lavori a metà...»
Melanie
girò attorno agli abiti. Erano sostanzialmente identici a quello di Jack-Jack,
cambiavano giusto le taglie e i colori dei guanti e delle scarpe, rosso in un
caso e blu nell’altro.
Steve
alzò un sopracciglio: «Noi non abbiamo superpoteri.»
La donna
alzò le spalle: «Almeno sarete vestiti con stile...»
Jack-Jack
chiese: «Sono sicuri?»
«Il
minimo sindacale che metto ad ogni costume di supereroe: antiproiettile,
resistente alle alte temperature e qualche altro optional difensivo...»
«Bene.»
Il
ragazzo sospirò. Ci mancava solo che si facessero male per accompagnare lui...
«Quanto a me...»
J.J. ebbe a
malapena il tempo di realizzare il senso della frase pronunciata lentamente e
con enfasi da Edna, che un’intera parete scese
rivelando una nicchia d’oro contenente il costume più piccolo e più
appariscente che i ragazzi avessero mai visto: attillatissimo,
con una calzamaglia intera di pelle nera, coperta da una giacca di un rosa
accesissimo dello stesso materiale, con un colletto a punta che scendeva fin
sotto le spalle. Il manichino era completato da una parrucca con meches della stessa tonalità di rosa, un paio di grossi
occhiali tenuti fermi da un elastico che passava dietro la testa, come quelli
degli aviatori, dalle lenti rigorosamente rosa anch’esse, e dalla bacchetta
d’ordinanza, questa nera.
Gli occhi
di Edna brillarono: «Sono anni che lo progetto e lo
miglioro, sapevo che un giorno avrei avuto anch’io la mia occasione!»
Steve
disse con un filo di voce stridula: «Vuoi venire anche tu?»
Di tutta
risposta la donnina gli rifilò una bacchettata in testa: «Non voglio, io vengo con voi! Non posso lasciare dei ragazzini da soli, non farmi
ripetere le cose, ragazzo, è una cosa che odio profondamente...»
J.J. si chinò
su Edna, guardandola come fosse una bambina: «Questo
non faceva parte dei patti.»
La
stilista gli rivolse un falsissimo sorriso tutto denti: «Lo so...»
Il
ragazzo lo guardò con aria furbetta: «Sai che potrei fermarti qui ed ora,
vero?»
La donna
rispose con la stessa espressione: «Sai che potrei disattivare i rilevatori,
vero?»
«Sei
un’odiosa ricattatrice.»
«Lo so.»
Jack-Jack
si arrese con un sospiro ed Edna batté le mani:
«Avanti ragazzi, un quarto d’ora per prepararci e poi tutti in missione!»
J.J. scosse
la testa. C’erano tutte le premesse per un disastro di dimensioni cosmiche.
Sarebbe davvero riuscito a fare fronte a tutto questo?
«Non ce
la posso fare.»
J.J. aveva
sentito svanire tutta la sua sicurezza quando era giunto sul posto e aveva
trovato numerose pattuglie di polizia, troupe televisive e semplici curiosi provenienti
da fuori, venuti tutti ad indagare sulla misteriosa scomparsa della sua città.
Non aveva alcuna intenzione di farsi vedere mentre usava i suoi poteri e quel
pubblico inatteso lo metteva in ansia. Si nascose ancora di più dietro l’auto
di Edna, sperando con tutto il cuore che nessuno lo
vedesse conciato in quel modo.
Melanie
lo chiamò sottovoce: «Jack-Jack! Dove sei?»
«Sono
qui, dove vuoi che sia?»
Steve
sospirò: «Se davvero sei qui, renditi visibile, per favore...»
Il
ragazzo si guardò le mani, senza vederle, e ridacchiò ritornando visibile: «Ops! Ora capisco come si sente Violetta...»
«Come
supereroe sei un disastro, Jejè...»
«Lo so
benissimo, grazie Edna, ma il problema non cambia.
Dov’è finita la città?»
La
stilista vestita di rosa sbuffò: «Principiante... è davanti a te, sciocchino! O
pensi davvero che sia così facile spostare una metropoli?»
J.J. ribatté:
«Certo che no, ma allora perché non riusciamo ad entrarci? Ieri l’ho persino
sorvolata senza accorgermi di nulla!»
«Distorsori
sensoriali, una sciocchezzuola, li utilizzavo già tre anni fa... mettetevi
questi.»
I ragazzi,
dubbiosi, inforcarono gli strani occhialini che Edna
aveva porto loro. Attraverso le lenti la città divenne perfettamente visibile,
anche se risultava avvolta da una specie di cupola trasparente.
La
stilista si aggiustò i suoi occhiali, che evidentemente avevano l’optional già
incluso: «Rimane il problema di come entrare
senza farsi vedere...»
Jack-Jack
scosse la testa: «Non posso rendermi invisibile e contemporaneamente...»
Steve lo
interruppe: «E se passassimo sottoterra?»
J.J. guardò
in giù pensieroso, poi appoggiò una mano sul terreno e creò una grossa buca.
Senza aggiungere una parola, il gruppo si lanciò in quello che aveva tutta
l’aria di essere uno scivolo naturale e sbucò in una piazzola verde alla periferia
della città. Erano dentro.
Steve si
guardò intorno: «Ora da fuori non dovrebbero più vederci.»
Jack-Jack
fece una smorfia. Era vero, erano al sicuro dagli occhi indiscreti esterni, ma
non da quelli interni. Senza contare che non c’era nessuno in giro, e la città
aveva un’aria spettrale. J.J. si immaginò tutti gli
abitanti dietro alle finestre, ancora sotto ipnosi, ad avvertire i cattivi
della loro presenza. Rabbrividì. Decisamente non aveva i nervi adatti per fare
il supereroe. Dovevano solo ringraziare Edna e i suoi
speciali auricolari se potevano aggirarsi per la città senza doversi
preoccupare del rischio di trasformarsi in zombie.
La
stilista riprese il tablet: «Di qua...»
Il
gruppetto si aggirò per le vie deserte della città senza incidenti, fino a
giungere alla sede dell’Università della città.
«Sono
qui?»
«Senza
alcun dubbio, Jejè...»
«Bene. Meglio
evitare l’ingresso principale, venite.»
Jack-Jack
guidò il gruppo su un lato dell’edificio, lontano alla vista, poi prese la mano
di Steve: «Prendetevi per mano e non
lasciatevi per nessun motivo fino a che non saremo dentro. Non so cosa
possa succedere se lasciate la presa.»
Il
ragazzo sospirò e mise la mano libera sul muro. Avvolta da piccole scariche
azzurrine, questa attraversò la parete come se non ci fosse e J.J., un passo dopo l’altro, trascinò all’interno tutti i
compagni.
Steve
ridacchiò: «Se arriviamo alla fine della giornata, questa passa alla storia
come una delle cose più strane che abbia fatto in vita mia!»
Melanie
alzò un sopracciglio: «Più che passare una notte a progettare supercostumi?»
«In
effetti fanno a gara...»
J.J. fece
segno di stare in silenzio. Erano finiti in un’aula vuota e la loro voce
rimbombava.
«Edna, ora dove dobbiamo andare?»
«Giù.»
«Giù?»
«Esatto.
Almeno di un paio di piani, secondo il rilevatore.»
«D’accordo,
cerchiamo le scale, allora...»
Per un
po’ il gruppo si aggirò furtivo e attento per i corridoi, cercando di fare
attenzione al minimo rumore. Poi Steve attirò l’attenzione degli altri.
«Ragazzi,
ho trovato la piantina dell’edificio.»
Melanie
sorrise: «Ottimo! Allora, dove sono queste scale per i sotterranei?»
«È questo
il problema! Non c’è nessun piano interrato! Edna,
sei proprio sicura che il tuo rilevatore... AHI!»
Edna ritirò
la sua bacchetta: «Non insinuare sciocchezze, se i segnalatori dicono che sono
sotto, allora sono sotto!»
La
ragazza guardò nuovamente la piantina: «E allora qualcosa non quadra... tu cosa
ne pensi, J.J.? J.J.?»
Steve si
guardò intorno: «L’hanno preso!»
«Tiè!»
Il
ragazzo guardò in basso e piantò un urlo, subito zittito da Melanie. Jack-Jack
aveva usato lo stesso trucco con cui aveva attraversato la parete per entrare
sotto il pavimento, e in quel momento sembrava che la sua testa decapitata
fosse stata lasciata sul pavimento da un boia incauto.
Steve lo
mandò a quel paese a gesti: «Non-farlo-mai-più.»
Il
ragazzo fece una smorfia: «Scusate, era il metodo più veloce... ed Edna aveva ragione, qua sotto c’è un altro piano, ed è
completamente diverso da quelli che abbiamo visto!»
Steve
ricevette un’altra bacchettata: «Che ti avevo detto, ragazzo di poca fede?»
Con lo
stesso trucco di prima, Jack-Jack portò sotto tutti gli amici.
«O hanno
cambiato architetto per questa parte dell’edificio, o quello di prima si è
ubriacato di brutto prima di disegnare i sotterranei...»
Melanie
non se la sentì di dare tutti i torti a Steve. Se al piano di sopra era una
scuola piuttosto accogliente, lì sotto sembrava una via di mezzo fra un laboratorio
di uno scienziato pazzo e un corridoio di un ospedale.
Jack-Jack
fece una smorfia: «Credo che fosse lo stesso posto dove ci hanno portati ieri.»
«E dov’è il
buco che hai fatto per scappare?»
«Staranno
usando lo stesso trucco che usano per nascondere la città. Oppure hanno
sfruttato i poteri di qualche supereroe, ti ricordo che probabilmente ne hanno
parecchi prigionieri.»
«Va bene,
e ora?»
Edna passò in
testa alla carovana: «Da questa parte...»
Arrivarono
fino al fondo del corridoio, in religioso silenzio, per poi scendere ancora di
un piano. Improvvisamente Edna si fermò.
«Guardie...»
Due
uomini armati di mitra si aggiravano nel corridoio, impedendo il passaggio. J.J. si fece coraggio e, invisibile come avrebbe saputo
fare Violetta, arrivò alle loro spalle, per poi ritornare normale e sparare
loro una piccola scarica elettrica che li fece svenire.
«Scusate...»
Melanie
gli rifilò un colpetto alla nuca: «Sono i cattivi e ti scusi pure?»
Jack-Jack
si mostrò imbarazzato: «Non mi piace usare i miei poteri così...»
La
ragazza sospirò, scavalcando i corpi delle guardie. Cosa gli doveva dire?
Jack-Jack non aveva mai amato la violenza e da una parte era rassicurante
sentirlo parlare così. Finché la pensava in quel modo era ancora lui.
Edna si fermò
davanti a una porta: «Sono qui.»
J.J. annuì:
«Bene, entr...»
La
stilista gli tappò la bocca. Si erano sentite delle voci in lontananza nel
corridoio.
«Vai, Jejè, noi prenderemo tempo.»
«Voi?
Senza poteri?»
Per tutta
risposta, Edna premette un pulsante alla base della
sua bacchetta, che si ricoprì di scariche elettriche visibili a occhio nudo:
«Credevi che mi buttassi in questa avventura completamente disarmata, Jejè? Ho imparato da molto tempo a non fare affidamento su
alcun potere... e anche i tuoi amici sono armati.»
Melanie
intervenne: «Davvero?»
Edna la
ignorò: «Vai, Jejè, recupera i rinforzi. Ma vedi di
non metterci troppo.»
Il
ragazzo annuì: «Grazie.»
E
attraversò il muro.
Ed eccomi qua! Dunque, cosa troverà il nostro J.J.?
E riusciranno Melanie, Steve ed Edna, nel suo “sobrio”
costumino, a cavarsela? A proposito, vi piace la tuta di Jack-Jack?
Intanto approfitto dell’angolino per ringraziare bulmasanzo,
mergana e Fogli per i graditissimi commenti.
Vi aspetto al prossimo capitolo!
CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Hinata 92