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Autore: Kaleido_illusion    24/09/2015    3 recensioni
Chi non conosce l'indie horror di Ib?
Ma tu lettore, se sei tra quelli che non lo conoscono o volgiono saperne di più, ti invito a leggere delle avventure di Ib, un adolescente, e Garry che per errore o un desiderio espresso e non mantenuto, entrano in un mondo artificiale fatto di pittura e tristezza, popolato da esseri che non dovrebbero esistere, ma che hanno trovato la vita grazie ad un eccellente pittore visionario, Weiss Guertena.
Immergetevi insieme ai protagonisti nell'arte!
Buon proseguimento ...
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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° Abisso del Profondo°

Atto.3

“LADRA, LADRA, LADRA!”…

 

 

Si svegliò di soprassalto, boccheggiando per scacciare la sensazione di annegare che ancora le attanagliava la gola, e staccandosi  dalla fredda parete che era stata il suo sostegno durante il sonno. Purtroppo non era stato un incubo come aveva sperato, perché effettivamente vomitò quel liquido indistinto su un pavimento blu scuro. Tuttavia era asciutta, come prima. Lo scenario era simile al precedente, un corridoio immerso nella penombra, eppure totalmente diverso perché le pareti in questo caso erano dello stesso colore uniforme delle piastrelle su cui era seduta. Si alzò faticosamente in piedi, mentre un ronzio disturbante le ricordava il dolore della pressione sui timpani durante la discesa in quelle strane profondità, prima che venisse ingoiata dal mostro degli abissi. Cercava di ricordare come avesse fatto a raggiungere quel posto e cosa avesse effettivamente sognato perché aveva la sensazione che vi fosse qualcosa di importante che doveva sapere sul motivo per cui era lì, un dettaglio urgente che le avrebbe svelato il significato di tutto ciò. Tuttavia mentre si arrovellava la mente, qualcosa di bagnato le impattò sulla fronte facendola scattare come una molla e battere il cuore  all’impazzata nel petto. Guardò verso l’altro pregando che nessun essere mostruoso le stesse tendendo un agguato dal soffitto. Fortunatamente le sue paure vennero dissipate, ma ugualmente la scoperta non fu piacevole in quanto si trovò difronte ad una distesa nera di un materiale sconosciuto, che a prima vista poteva essere simile alla china, ed increspato da lievi onde di risacca.
<< Sono caduta da lì?>> chiese al vuoto sconcertata, poiché non si ricordava minimamente dell’urto con il suolo. << Ma come sono ancora nella galleria?>> disse, notando due grossi quadri affiancati che ritraevano lo stesso tratto di cascata con rocce affioranti, ciò nonostante distinti per il diverso colore dell’acqua: quello alla sua sinistra aveva uno scroscio rosso sangue, mentre l’altro era di un celeste chiarissimo come se un velo ghiacciato avesse cristallizzato la superficie; eppure erano gli unici quadri appesi per quanto potesse vedere nella semioscurità. Tutto il contesto era dannatamente assurdo e per questo pensò davvero che quanto era successo fino ad allora fosse soltanto una sua fantasia, un incubo che stava facendo appisolata da qualche parte nella mostra per sfuggire alla visita forzata. Ma si poteva sognare in un sogno? Altrimenti Ib non poteva spiegarsi ciò che era appena accaduto. Comunque decise di sperimentarlo sulla sua pelle con un classico trucchetto, per capire se si era ancora svegli o meno: si pizzicò un braccio con forza. Il dolore le percorse tutto l’arto raggiungendo il centro del suo sistema nervoso.
“ Decisamente non sto avendo un incubo” decretò trattenendo le lacrime perché aveva ecceduto con il vigore della stretta. Appurato che era desta, questa consapevolezza le diede le vertigini. Non riusciva a capacitarsi, era impossibile! Non poteva essere…
Era persa nella sua incredulità, quando il mare al contrario sopra la sua testa incominciò ad incresparsi violentemente, formando cavalloni degni di una tempesta.
“ Forse è meglio che sposti da qui” pensò la ragazza, guardando apprensiva le onde infrangersi con uno scroscio contro le pareti laterali. Ora le si presentava un nuovo dilemma. “Da che parte andare? Destra o sinistra”. Decise di andare a caso, non che potesse fare molto altro e prese la strada alla sua destra seguendo il corridoio. L’oscurità era fitta e a malapena riusciva a vedere dove stesse andando, perciò per tutto il tragitto di diversi minuti, tenne una mano sul muro per non inciampare o andare a sbattere contro qualche ostacolo improvviso. Finalmente raggiunse la fine, dove un quadro di una lisca di pesce  in nero spiccava contro la parete blu. Non osò leggere la descrizione e puntò direttamente verso la porta di un tono di turchese più scuro. Afferrò la maniglia e con fermezza strattonò l’uscio, ma la porta era chiusa. Riprovò nuovamente sbatacchiando il legno contro la cornice e ciò nonostante non successe niente. Allora si chinò per osservare attraverso il buco della serratura cosa vi fosse al di là, dove il nero più totale si estendeva a perdita d’occhio.
Purtroppo non c’era altra soluzione; doveva tornare indietro e prendere l'altra strada oppure trovare la chiave per aprire quell’ingresso. Ripercorse i suoi stessi passi stando attenta al pavimento e sperando di trovarvi, per un miracolo, ciò che le serviva. Passò davanti ai due quadri gemelli e proseguì oltre nella direzione opposta. Questa volta la superficie su cui poggiava la mano le sembrò fredda e viscida al tocco. Ib osservò i polpastrelli su cui era depositato uno strato appiccicoso color rubino. Col panico negli occhi ispezionò la parete che la sovrastava balzando all’altro capo del corridoio. Per tutta la lunghezza del muro color oceano, era scritto con vermiglie lettere cubitali: “ VIENI VIENI VIENI VIENI”. Dunque era quella la strada giusta da prendere? Non voleva andare ulteriormente avanti, ma nemmeno voleva rimanere bloccata lì, in quella terra di nessuno, con una burrasca che infuriava sopra la sua testa, inoltre non aveva nessun altro luogo dove andare. Ingoiò il groppo che le occludeva la gola e si incamminò, tesa come una corda di violino, mentre le diciture la seguivano come un ombra comparendo con schiocchi sul colore monocromatico e con le lettere che pendevano sempre più sbilenche. Toccò un tavolino all’estremità del percorso che sbarrava l’ennesima porta sprangata.
Guardando meglio però, Ib notò che sullo scrittoio dal design retrò e scuro, c’era un vaso di terracotta con appoggiata al suo interno una rosa scarlatta dai petali chiusi. Le sembrò una visione troppo bella in quello spazio così cupo e pieno di orrori per essere finta là per  puro caso. Con lo scopo di accertarsi che non fosse una scultura, sfiorò con la punta dei polpastrelli i petali setosi  e questa si dischiuse rilasciando il suo peculiare ed intenso aroma. Alla ragazzina erano sempre piaciuti quei fiori, li riteneva fragili e tenaci allo stesso tempo perché difendevano la loro corolla con dure e pungenti spine, inoltre nel linguaggio botanico erano sinonimo di passione e regalità. Invece il colore scarlatto simboleggiava l’amore, la vita, il sangue e il fuoco, oltre ad essere considerato il colore del Dio della felicità nelle culture antiche e non solo.
Era davvero incantevole e si domandò nuovamente come mai fosse stata lasciata là a marcire nell’oscurità, quando ancora nessuno aveva assistito alla sua fioritura.
“ È tua Ib. Tu e la tua rosa siete la stessa cosa ed ora conosci il peso della tua vita. Dunque devi prenderla se vuoi andare avanti, altrimenti il tavolino non si sposterà” disse una voce fuoricampo a cui era impossibile dare un’età o anche solo un genere. Era saggia come d’un anziano ma giovane, gentile ma profonda come di un uomo.
<< Chi sei? E perché sono finita qui?!>>  chiese allora Ib sospettosa, sebbene mossa dal desiderio di appagare il suo interesse. Era sempre stata un tipo curioso, oltre ad essere anche molto avventurosa, però un conto era cercarsele le avventure ed un altro era finire in un mondo surreale e horrorifico; per quest’ultimo motivo il suo spirito spericolato era al momento annichilito e tutto quello che non poteva vedere, e non solo, era una potenziale minaccia. Però la rosa era davvero stupenda e non seppe resistere all’invito di coglierla.  Immediatamente il tavolino si disintegrò mandando in frantumi il vaso, che sparse le sue schegge appuntite e l’acqua che conteneva, su tutto il pavimento.
La ragazza rimase di sasso, mentre l’eco rimbombava in ogni dove, mischiandosi allo sciabordio della mareggiata. Se non altro adesso il passaggio era sgombro e la porta socchiusa, perciò non farsi domande al momento era la soluzione migliore. Fece attenzione a non ferirsi con i cocci e varcò la soglia. Entrò in una stanzetta quadrata dello stesso intonaco delle pareti là fuori, ma la cosa che la impressionò maggiormente fu il ritratto di donna difronte a lei. Era insolitamente pallida e aveva gli occhi chiusi, come se stesse riposando con un leggero sorriso sulle labbra. Inoltre una cascata di lunghissimi capelli neri le ricadeva sulle spalle fasciate di bianco, scavalcando addirittura la cornice. Tra queste tende nere si  poteva intravedere un fogliettino giallo del tipo usato per i promemoria. Si avvicinò cauta, pensando che come era successo con i quadri in galleria, anche questo potesse prendere vita e nel qual caso, era meglio evitarlo.
Quello che lesse alla fine fu: “Quando la rosa appassisce anche tu morirai”.
“ Che significa?” pensò Ib. La frase era talmente surreale che non riusciva ad afferrarne il senso, come le parole che poco prima aveva sentito e  poi, come se potesse morire in un posto simile. Quel bizzarro post-it le sembrò solo uno scherzo di cattivo gusto di qualcuno che voleva metterle paura, perciò smise di lambiccarsi su quello che accadeva lì dentro, non aveva senso perché anche chiedendoselo non avrebbe comunque trovato una risposta. In compenso era sicura di una cosa, ovvero avrebbe trovato l’autore e gliene avrebbe dette quattro.  
Nel resto della sala non vi era nulla degno di nota, dunque che fare? Stava per uscire in cerca di una strada alternativa quando un luccichio sul pavimento catturò la sua attenzione. Alla fine aveva trovato l’oggetto delle sue ricerche, ovvero una chiave blu notte che poteva essere solo della porta all’altro capo e della stessa sfumatura.
Contenta come non mai per la prima cosa che andava nel verso giusto, rimirò il manufatto dalle forme tondeggianti ed infantilmente semplici.
Un guizzo nero nella penombra la fece girare sui talloni e fissare il dipinto che fino ad allora l’aveva osservata assopita.
“ Sarà stata la mia immaginazione” si disse per tranquillizzarsi, infilando la sua via di salvezza nella tasca della gonna, ma appena puntò il riquadro nella stanza, la donna spalancò di scatto gli occhi neri e iniettati di sangue. Sul volto era comparso un ghigno demoniaco, rivelando una chiostra di denti aguzzi e macchiati di sangue, mentre una schiuma cremisi tingeva le labbra ed il mento di rosso.
Ladra!” urlò una voce femminile nella sua testa, che nulla aveva di gentile rispetto alla prima, e le tenebre presero a tremolare. Adesso poteva capire cos’era stato il movimento che l’aveva distolta dai suoi pensieri, si trattava dei capelli della donna che, cresciuti smisuratamente, adesso tappezzavano tutta la stanzetta.
LADRA!” ripeté nuovamente in tono rabbioso, nel mentre che ciocche di capelli si disponevano come lance nello spazio che le separava.
Ma non aveva rubato nulla perciò non capiva come mai quel mostro ce l’avesse tanto con lei. Che fosse colpa della rosa? Ma le era stato detto che era sua e poi sentiva uno strano legame con quel fiore solitario, non poteva volerlo. Non rimaneva che la chiave, ma le era necessaria per spostarsi, dunque non gliel’avrebbe ceduta e senza pensarci due volte si catapultò in direzione della porta, sperando di essere più veloce di quella chioma di tentacoli. Sfortunatamente appena varcata la soglia, una ciocca serpentina riuscì ad afferrarla per la caviglia, strattonandola all’indietro. Ruzzolò sul pavimento finendo dritta sul legno ed i cocci del contenitore rotto, battendo violentemente il gomito e l’addome sulla pavimentazione divenuta una grattugia. Il dolore fu rapido ma intenso come una scarica elettrica. Sentì le schegge graffiarle gli arti e penetrare nella pelle, facendole sfuggire un rantolo, mentre la capigliatura, improvvisatasi un lazzo, continuava a trascinarla verso la padrona come un cane fedele, ed incurante dei frammenti acuminati su cui era riversa la ragazza. Ib doveva liberarsi  ed in fretta, altrimenti aveva la sensazione che se non fosse riuscita a sfuggire al dipinto, non sarebbe mai più uscita da quella camera; così si aggrappò allo stipite della porta e con un immenso sforzo vi si ancorò trattenendosi con le braccia. Tuttavia il tentacolo non demordeva anzi, trovando resistenza incominciò a tirarla con intensità crescente, strattonando la gamba con tale violenza che Ib ebbe l’impressione che potesse staccargliela in tronco. La prima cosa da fare in ogni caso, era sciogliere il nodo di capelli che le imprigionava e a tale scopo afferrò un frammento liscio e tagliente come un rasoio, o almeno così le sembrava sotto l’effetto stimolante dell’adrenalina. Strinse la sua arma con forza finché non ne sentì i bordi affilati inciderle la pelle, trovando in una sensazione fisica una motivazione per non lasciarsi andare. Non poteva avvicinare la gamba alla scheggia, perché la forza della chioma era più forte della sua, allora, trovando determinazione nel suo spirito di sopravvivenza, lasciò improvvisamente il suo appiglio sicuro ed assecondando la spinta trainante, si mise a sedere per tranciare più facilmente la ciocca con un colpo secco e deciso. I fili neri si tramutarono subito in un povere cupa che si disperse nell’aria scossa dalle urla del quadro femminile. Col cuore che batteva all’impazzata, Ib si voltò di scatto e veloce come il vento, fece schiantare la porta nella sua stessa cornice. Si allontanò di corsa chiedendo alle sue gambe uno sforzo sovrumano, essendo in quel momento inseguita da minacciose lettere scarlatte che la identificavano come una ladruncola. Le bruciavano i polmoni ed i suoi occhi sondavano in vano nell’oscurità, ma proprio per  questo non si fermò finché non raggiunse la destinazione. Prese allora la chiave che aveva custodito al sicuro in tasca e, lottando contro la frenesia del momento che la faceva incespicare, tentò di farla combaciare perfettamente con la serratura. I tentacoli erano riusciti in qualche modo a superare l’ostacolo ed ora convergevano nuovamente su di lei, poteva percepire nell’ombra chiazze d’inchiostro ancora più nere , dense e ondeggianti.
“ Ib calmati altrimenti sarai davvero spacciata!” urlò mentalmente e finalmente, con un gesto urgente, la chiave scattò nella serratura.
La ragazza scivolò contro la parete della stanza oltre la soglia, fino al pavimento. Ce l’aveva fatta per un soffio e, non appena era riuscita a bloccare l’uscio, facendo girare nuovamente la chiave nella toppa questa si era disintegrata lasciando il posto ad un mucchietto di polvere celeste. Ora era bloccata in quel nuovo limbo, incerta su dove andare e su che fare per l’ennesima volta. Raccolse le gambe contro il petto, circondandole con le braccia, e si lasciò andare ad un pianto disperato, dando finalmente sfogo alla paura ed alla frustrazione, mentre la sua rosa perdeva silenziosamente quattro petali ormai raggrinziti.

 

Non sapeva di preciso quanto tempo era rimasta in quella posizione a versare salate lacrime amare, tuttavia dopo quell’esplosione di sentimenti negativi, si sentì se non meglio, per lo meno svuotata come un recipiente pronto per un nuovo compito di contenimento. Quando si riprese del tutto, si accorse di un cartaceo riquadro giallo ai suoi piedi.
|Aiuta la formica e guadagna l’uscita| dicevano quei curiosi e bambineschi segni neri sul foglietto.
“ Certo che le sorprese non hanno mai fine … e poi quale formica?” pensò Ib apatica ed ormai rassegnata a seguire il filo di quelle stramberie.
<< Ciao! Ehi, ehi, sono qua giù!>> la sorprese una vocina stridula e flebile. Spostando lo sguardo un po’ in giro, vide una macchiolina nera sul pavimento, era disegnata eppure si muoveva come l’insetto di cui portava il nome. << Hai visto il mio quadro?>> le chiese descrivendo ampi cerchi con il corpo minuto.
<< Il tuo quadro?>> ripeté la ragazza.
<< Sì, mi raffigura. Dovresti vedere che bello che è! Sai prima era in quella stanzetta laggiù, poi è stato spostato più lontano e non riesco a raggiungerla, così adesso non posso più vederlo.>> stridette amareggiata.
Quindi il suo compito consisteva nel riportare al suo posto il ritratto, solo così sarebbe riuscita ad uscire? Sembrava abbastanza semplice.
<< E sai dove l’hanno portato?>> domandò per ottenere più informazioni. Forse stava impazzendo, si era messa a parlare con un disegno a forma di formica come se fosse la cosa più naturale del mondo. Alla fine le era come se fosse finita nella storia del paese delle meraviglie, solo che doveva inseguire, invece di un bian-coniglio, un dipinto. La qual cosa, le sembrò un divertente controsenso: i quadri mica si spostavano di loro volontà e per questo dovessero essere inseguiti! Poteva quasi sorriderne. A questo punto non c’era nessun altra opzione plausibile se non fare quello che le era stato chiesto.
<< In fondo, dietro l’angolo … credo>> rimuginò.
Per Ib era confortante sapere che nemmeno la sua ingaggiatrice avesse la più pallida idea di dove fosse stato appeso. Cedette perciò all’idea di vagare a caso in cerca dell’oggetto d’indagine.
<< Ho capito. D’accordo, lo cercherò per te e lo rimetterò a posto, va bene?>> sospirò esausta, rimettendosi in piedi.
<< Grazie mille! In cambio riceverai qualcosa>> esultò l’esserino nero riconoscente.
“Immagino una chiave per uscire da questa stanza” concluse mentalmente la giovane. prima si sbrigava e prima sarebbe uscita di lì, magari avvicinandosi d’un passo alla conclusione di quel delirante incubo.
Si diresse e seguì il corridoio alla sua sinistra, mentre la formichina la incitava a tornare presto per ritirare la sua ricompensa. Strano, per il momento non era successo nulla di ché e la cosa le sembrò sospetta, tuttavia non vi si soffermò più di tanto, e raggiunse la parete di fondo in poco tempo. Come aveva detto l’esapode, appena dopo la svolta vi era l’immagine descritta che spiccava sul bianco perlaceo del foglio. Non era tanto grande e poteva essere trasportata facilmente, anche per una persona minuta come Ib.
Tuttavia mentre la ragazza stava per afferrare la cornice, vide la porta smeraldo occhieggiare poco più in là e la curiosità ebbe la meglio. Si avvicinò cauta e saggiò la maniglia, ma non ci fu verso di muoverla, era chiusa. Doveva aspettarselo. Stava per tornare sui suoi passi quando uno schianto la fece sobbalzare a un metro da terra. Pensava di essersi infine liberata di un po’ di tensione ed invece era ancora tesa come una corda di violino. Aspettò quello che le sembrò un’infinità di tempo, prima di lasciare il pomello per cercare l’origine del suono proveniente dal corridoio appena percorso. Scoprì invece che il rumore era stato prodotto dall’impatto della cornice sul pavimento ed al suo posto, sul muro , era comparsa una scritta fluorescente perfettamente visibile con la luce soffusa della sala.

Non vale, vuoi barare! Allora paghi pegno, perciò da adesso stai attenta ai bordi!!

Lei barare? Era così sbagliato voler cercare di scappare da un luogo completamente privo di senso?! Cercò di calmarsi e non perdere le staffe per analizzare meglio lo stile uguale al fogliettino di prima. Ricevere due messaggi a distanza di dieci minuti l’uno dall’altro, era inquietante e praticamente impossibile, soprattutto perché nei sogni non si potevano leggere le scritte, così recitava un documentario che aveva visto in Tv.
“ Devo rassegnarmi al fatto che non si tratta di un dannatissimo incubo” meditò.
 Quest’ informazione le era riaffiorata alla mente solo in quel momento, che strano non se ne fosse ricordata prima. Ma cosa poteva indicare come effettivamente normale in tutto quello?
Perciò c’era qualcuno che la stava seguendo e spiando, se non si trattava di un delirio. In un certo senso ci sperava ancora, perché era molto meglio impazzire, visto che non ne eri consapevole, piuttosto che essere la vittima di qualche macchinazione. In ogni caso, lo sconcerto si impadronì di qualsiasi altro sentimento e ponendole l’interrogativo sul se esistesse davvero gente del genere. Trattenendo a stento i brividi, la ragazza non volle pensarci, non in quel momento, e bai-passò il nuovo senso di inquietudine. Infilò la cornice sotto al braccio e ripercorse a ritroso la strada.
“ I bordi? Perché mai dovrò starci attenta…” si chiese, ma purtroppo, dopo neanche un secondo, la sua curiosità venne soddisfatta. Per qualche arcano ed oscuro motivo, contro ogni legge della fisica, laddove c’era stata una solida ed interrotta parete, si protesero degli scheletrici arti neri da entrambi i lati. Istintivamente Ib si gettò a terra, lasciando la presa sul quadro, seppur rinsaldando quella sulla rosa e coprendosi la testa con le mani. Prese a tremare vistosamente perché gli arti erano fatti di … capelli! Capelli neri!
“ Q-quella donna è riuscita ad estrare?! Non può essere, ti prego basta!!!!” strillò la sua mente febbrile congetturando una via di fuga. Poteva strisciare fino al punto di partenza, dove stava la formica, oppure correre e sperare di non essere afferrata all’improvviso. Strinse più forte le ciocche di capelli per risolversi e saltò in piedi, schivando quelle cose disgustose e trascinandosi dietro il manufatto. La ragazza ignorò la formichina che le chiedeva di dare un’occhiata al suo ritratto e come una furia spalancò l’altra porta. A sbarrarle il passaggio vi era però una voragine sul pavimento con una impercettibile segno più chiaro. Non ci pesò due volte ed usò il quadro come passerella per l’altro lato. Trascurò volutamente il suono scricchiolante delle suole sulla tela, insieme alle impronte rosse che lasciò in seguito, non poteva sopportare qualcos’altro. Riprese nuovamente fiato appoggiandosi alla parete della nuova stanzetta occupata da un manichino senza testa e qualcosa di rilucente sul pavimento vicino alle suole scarlatte della statua.
Ib in un primo momento non si mosse, rimanendo a fissare sbigottita il quadro che torreggiava dietro alle spalle della figura nera e coperta di rosso: una leggiadra farfalla veniva attaccata da un ragno striato di giallo. In qualche modo aveva il presentimento che se si fosse avvicinata, la scena si sarebbe tramutata in realtà, dove lei avrebbe interpretato il lepidottero. Nonostante ciò non poteva mollare ad un passo dalla possibile salvezza e armandosi di una corazza di coraggio, avanzò con cautela chinandosi leggermente, senza distogliere lo sguardo dalla statua, per afferrare rapidamente l’oggetto e poi darsela a gambe. Nell’istante in cui i polpastrelli lo urtarono, la donna-scultura si animò a scatti, protendendosi in avanti con uno scatto per afferrare Ib. La ragazza si ritrasse e saettò verso la porta, usando gli stipiti come perno per svoltare senza schiantarsi contro il muro difronte e oltrepassare il ponticello creato innanzi. Si voltò solo un attimo per calcolare quanto avesse distanziato l’essere, e vederla precipitare nella voragine del pavimento. Il quadro, già intaccato dal peso seppur leggero di Ib, aveva ceduto definitivamente sotto quello massiccio della busto, facendolo sprofondare nel baratro nero. Lei non se ne curò, anzi meglio, per lo almeno un problema se ne fosse andato. Adesso poteva correre fino all’altra porta per lasciarsi alle spalle anche quella tortura.
<< Cosa è successo al mio quadro??>> stridette la formica, vedendo la ragazza ritornare senza. << Cosa hai fatto!!!>> urlò.
Ib si tappò le orecchie, impugnando l’inseparabile fiore in una mano e la chiave smeraldo nell’altra, zigzagando tra quei viticci carbonizzati e bramosi di stritolarla. Questa volta non si fece prendere dal panico e con destrezza sbloccò la serratura per chiuderla nuovamente, una volta passata dall’altro lato. E come prima questa si disintegrò, lasciando che una polverina verde che scivolò tra le sue dita. Si voltò, appoggiando le spalle sempre all’assito ed osservando il nuovo scenario. Davanti a lei il corridoio si biforcava ai lati di due gialle iridi ferini dalle pupille strettissime che la osservavano ossessivamente dal muro.
Spalancò gli occhi per l’ennesima brutta sorpresa.
“Quando finirà tutto questo?” si chiese Ib in preda ad un rinnovato sconforto.

   
 
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