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Autore: Tigre Rossa    24/09/2015    6 recensioni
‘Tornerò da te, amore mio. Te lo prometto.’
Sfioro la sua guancia per quella che, lo so, sarà per lungo tempo l’ultima volta.
Il mio piccolo mezzuomo chiude gli occhi e, perdendosi in quella carezza fugace, mi stringe la mano tra le sue, cercando di far durare quel flebile contatto il più a lungo possibile, prima che l’oblio ci separi.
‘Sai che non puoi fare una promessa simile, Thorin.’
Sussurra, la voce spezzata di chi ha smesso di sperare.
Incapace di sentirlo parlare in questo modo, gli sollevo delicatamente il mento con due dita ed aspetto che riapra esitante quei grandi occhi blu di cui mi sono innamorato.
‘Posso, invece.’
Mormoro dolcemente, affidandogli il mio giuramento.
Non lo perderò, non più, mai più.
‘Tornerò, Bilbo. Dovessi metterci mille secoli, tornerò da te.’
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Reincarnation AU-Bagginshield
Genere: Angst, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Bilbo, Thorin Scudodiquercia
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5 – Incontro inaspettato

 

 

 

“Ci rivedremo, ci ritroveremo e ci riconosceremo fra tutti.”

-cit

 


Ci sono tre modi per superare un momento di tristezza e scoraggiamento, semplici ma incredibilmente efficienti, come ho scoperto dei miei lunghi anni da solitario.
Primo: aprire la dispensa ed il frigo e fare fuori tutto ciò che solitamente si dovrebbe evitare.
Secondo: infilarsi sotto le coperte o raggomitolarsi in un angolino con un libro divertente ed appassionante in mano.
Terzo: fare una supermega maratona di film, saghe e serie tv.
Credo che sia inutile dire che, visto la gravità della situazione, li sto provando tutti e tre.

Quando sono tornato dall’incontro-disastro con Balin mi sono rifugiato in cucina senza nemmeno cambiarmi d’abito od infilarmi le pantofole, ma dopo una decina di minuti ho chiuso tutto, disgustato e con lo stomaco chiuso. Quindi mi sono sdraiato in giardino a leggere un po’, ma non ha fatto altro che farmi stare ancora più male. Così, mi sono rifugiato in casa, ho afferrato la vecchia coperta patchwork di mia madre, me la sono avvolta attorno a mo’ di mantello, ho afferrato un dvd e ho passato l’intero pomeriggio a non pensare ed a divorare la prima stagione di ‘Merlin’ della BBC.
Ed eccomi qua, alle otto e mezza passate, ancora raggomitolato sul divano, con accanto un pacchetto mezzo vuoto di patatine e una tazza di thè ormai freddo, ad annegare il dolore per questa pausa forzata nelle avventure di un giovane e simpatico mago dai grandi problemi e dalle orecchie ancora più grandi.
Ed ovviamente, quando l’ultimo episodio raggiunge il suo punto clou e io sono totalmente preso da Merlin che da’ il suo addio ad Arthur con quella fantastica frase ‘Sarò felice di servirvi fino alla morte.’, il telefono suona.
Trattengo a stento una serie di fantasiose bestemmie che coinvolgono tipo tre quarti dei santi del Paradiso, per poi afferrare quel malefico oggetto e rispondere con un ringhio.
“Si?”
“Oh, Bilbo!” La voce squillante di Bofur mi trafigge i timpani “Era ora che rispondessi! Senti, sto andando da Bifur, ma visto che sono quasi da te non è che puoi uscire un attimo, così ti restituisco quel romanzo della settimana scorsa?”.
L’ultima cosa che voglio fare adesso è uscire dal caldo bozzolo che è la mia casa, soprattutto per vedere Bofur, che da mesi ormai cerca di trascinarmi fuori e portarmi a qualsiasi tipo di uscite o feste ogni volta che può. Ha preso questa faccenda di distrarmi dal lavoro fin troppo seriamente, per i miei gusti.
“Non preoccuparti” provo a dire, cercando di sembrare coinvolgente “me lo puoi dare anche . . .”
“Nonono” mi interrompe lui, quasi urlando “Ormai ci sono, mancano solo un paio di curve . . . aspettami in strada, eh? Va bene? D’accordo? Ok?”.
Sbruffo e sollevo gli occhi al cielo, ma lui continua a ciarlare instancabilmente finché non sbotto un ‘Okay’ e chiudo la telefonata.
Sospiro e metto in pausa il dvd, per poi sgusciare fuori dalla mia coperta e lisciarmi malamente la camicia che ancora ho addosso. Mi passo una mano tra i capelli ed afferro le chiavi, borbottando tra me e me e lamentandomi della testardaggine e della petulanza del mio migliore amico. Mi infilo un giacchettino leggero ed esco fuori, il colletto alzato per coprirmi dal vento. Attraverso il piccolo giardino e mi appoggio al cancello, scrutando con aria seccata la strada buia per individuare la piccola utilitaria verde fagiolo di Bofur e chiedendomi quanto mi farà aspettare.

Passano circa due minuti, quando all’improvviso una macchina sportiva si ferma di botto davanti a me. Indietreggio di un passo, confuso, ma qualcuno alle mie spalle mi afferra e mi spinge verso di essa. Una portiera si apre immediatamente e senza nemmeno sapere come ci finisco dentro. Faccio per alzarmi ed uscire, ma lo sportello si è chiuso dietro di me e la macchina ha ripreso a muoversi a tutta velocità.
Sto per mettermi ad urlare e fare qualcosa di enormemente stupido-tipo scendere dalla macchina in corsa o roba simile- quando una voce allegra mi blocca.
Una voce allegra e, soprattutto, conosciuta.

“Ti avevo detto che stavo arrivando!”.

Salto sul posto, come colpito da un fulmine, e mi volto verso l’altro sedile, dove Bofur mi fissa sorridente e con un luccichio divertito negli occhi scuri.
“Tu!” grido, incredulo e senza parole, mentre cerco di mettere insieme una frase di senso compiuto “Che . .  ma . . . cosa . . .?”
“Ci siamo anche noi, eh!” esclama un’altra voce dalla parte del guidatore, e quando mi giro trovo il viso sorridente di Kili, un giovane cugino di secondo grado di Balin.
“Kili?” credo che gli occhi stiano per uscirmi dalle orbite, ma a quanto pare le sorprese non sono ancora finite, perché una terza voce mi interrompe.
“E io che sono, l’autista?” sbotta Fili, il fratello maggiore del giovane Durin, girandosi verso di me giusto il tempo di scorgere i suoi capelli biondi e gli occhi chiari e divertiti, prima che torni a prestare attenzione alla strada ed a premere sull’acceleratore con una forza esagerata.
“Bofur, Kili, Fili . . .” mentalmente, conto fino a dieci prima di esplodere. Mi fermo a tre. “Ma che cosa diavolo vi è saltato in mente?!” grido, incavolato nero, così forte da farmi paura da solo.
“Ehi, calma, amico.” mi fa tranquillamente Bofur, mettendomi una mano sulla spalla “Non c’è motivo di agitarti. Stiamo andando da Gloin, ad una super mega incredibile festa organizzata proprio in tuo onore! Non sei contento?”
Credo di essere sul punto si strangolarlo. O di buttarlo giù dalla macchina. Od entrambe le cose. “Contento? Contento?? Mi avete praticamente trascinato via da casa mia!”.
“Beh, si, era l’unico modo.” si intromette Fili dal davanti, continuando a guidare come se fosse su una pista dell’auto scontro “Sono mesi che cerchiamo di farti uscire, senza successo tra l’altro. Sapevamo che per portarti fuori avevamo bisogno di un diversivo ed, ecco, questa è la prima cosa che ci è venuta in mente.”
“Già.” aggiunge Kili, annuendo con convinzione “Dopotutto, fanno sempre così, nelle storie di spie e supereroi, no?”.
Mi porto le mani alla testa, chiedendomi se sono io che sto impazzendo o se i miei amici abbiamo preso qualche nuova e potente droga. Qualcosa chiamata ‘Essenza di idiozia’, magari.
“Cioè, la ragione di questo rapimento e del mio mancato infarto è . . . questo? Una semplice festa?”.
“Non è una semplice festa.” obbietta Bofur, quasi offeso “E’ una super mega incredibile festa! Una serata di completa spensieratezza in compagnia dei tuoi amici di sempre, per dimenticare i problemi del lavoro e tirarti un po’ su di morale! Sono settimane che la stiamo organizzando!”.
Ok, ora lo strangolo e poi lo butto giù, giuro.
“Mi avete rapito per portarmi ad una festa?” ripeto, cercando di controllarmi.
“Rapito, che parola grossa.” fa Fili, fingendosi serio “Noi preferiamo . . .”
“ . . . prelevato!” completa il fratello, battendogli il cinque mentre Bofur annuisce compiaciuto.
“E’ stato un piano studiato nei minimi dettagli, sai? Gandalf ha contribuito molto.” aggiunge il mio amico, sistemandosi il cappello.
Mi sento girare la testa “Gandalf? Centra anche lui, in questa storia?” domando, anche se ho paura della risposta.
“Certo!” risponde Kili, ridendo “Anzi, è stata la vera e propria mente del piano. Ha organizzato tutto lui. Pensa che si è addirittura nascosto in giardino dieci minuti prima che ti chiamassimo, per poi uscire quando tu non gli prestavi attenzione e spingerti in macchina.”
Fili si aggiunge al discorso, trattenendo a stento una risatina e guardandomi dallo specchietto “Ah, si è fatto dare le chiavi dal buon vecchio Ham, ci penserà lui a chiudere tutto prima di raggiungerci alla festa, quindi non preoccuparti, nessuno ti svuoterà la dispensa o ti distruggerà le tubature mentre sei via.”
Mi accascio contro lo schienale, coprendomi gli occhi con le mani “Sono circondato da pazzi.” sussurro, sconfortato.
“Oh, andiamo, Bilbo. E’ per questo che ci adori, dopotutto.” scherza Bofur, posandomi una mano sul braccio “Noi diamo pepe alla tua vita.”.
Gli lancio un’occhiataccia tra le dita “Voi stravolgete e devastate la mia vita.”.
Lui ride “Anche.”.
Scuoto la testa e chiudo gli occhi, appoggiano la testa allo schienale.
“Allora, chi ci sarà a questa festa?” mi arrendo, perché davvero, cos’altro posso fare?
Bofur sorride “Oh, il solito gruppo. Oin, Gloin, Bifur, Nori, Ori, Dori . . . anche Bombur, è riuscito a chiudere il ristorante per stasera. Nessun cugina del Sussex però, mi spiace.”.
“Probabilmente nemmeno Balin e Dwalin ci saranno.” interviene Fili, prendendo una curva ad una velocità improponibile “Gliel’ho chiesto stamattina. Ah, forse ci sarà anche lo zio. L’ho invitato, oggi pomeriggio, e stranamente sembrava propenso a venire.” aggiunge, rivolto per di più al fratello.
L’altro spalanca gli occhi, colpito “Davvero? Oggi è la giornata dei miracoli, allora.”.
Trattengo il fiato, mentre quelle parole, in qualche strano modo, mi pungolano l’anima, proprio come è successo stamattina nell’ufficio di Balin.
“Intendete Frerin?” domando esitante, anche se so che no, non può trattarsi di Frerin, perché altrimenti non sentirei il mio cuore battere come se fosse sul punto di scoppiare e non avrei in mente quei maledetti occhi color ghiaccio che continuano a tormentare i miei giorni.
I fratelli scuotono la testa, ma non danno spiegazioni e prendono a chiacchierare allegramente di altro, e così io mi lascio sprofondare nel sedile e chiudo gli occhi, mentre tutto quanto, dentro di me, trema.

Sta per succedere qualcosa.
Lo so.
Lo sento.
E, di qualsiasi cosa si tratti, non so se la mia anima sarà capace di reggerlo.
Ma so che, nonostante ciò, desidera questo qualcosa con tutta sé stessa.

 

o0O0o.


Quando entriamo nel locale super moderno di Gloin non ho il tempo di guardarmi attorno che mi sento praticamente travolgere da una specie di mandria di elefanti e mi ritrovo schiacciato contro la porta, mentre i miei amici si prodigano nel loro solito abbraccio stritolatore.
“Bilbo!”
“Era ora che ti facessi vivo, scribacchino dei miei stivali!”
“Allora non eri morto come credevamo, imbroglioncello!”
“Sono secoli che non ci vediamo!”
“Bilbo, Bilbo!”
Ci metto almeno cinque minuti buoni a scivolare fuori da questa specie di prigione vivente fatta su  misura, sgusciando fuori da intrecci di braccia, strette e urla, ma anche quando ci riesco i ragazzi continuano a stringersi attorno a me, senza smettere di parlare.
Kili e Fili stanno al mio lato destro, a ridere e ripetere ‘Missione compiuta!’, mentre Bofur a sinistra si vanta per la riuscita del suo piano con il fratello Bombur, che allo stesso tempo annuisce e cerca di trascinarmi di nuovo nel suo abbraccio soffocante. Davanti a me, Bifur e Oin mi rimproverano per non essermi fatto vivo così a lungo, l’uno mischiano inglese e tedesco e l’altro praticamente gridando – deve aver dimenticato di nuovo l’apparecchio acustico a casa-, mentre Gloin elenca le bevande disponibili per la serata, tutto fiero di sé. Dietro, Ori mi chiede se sto lavorando a qualcosa di nuovo, Dori mi sgrida per aver saltato il pranzo che aveva organizzato a casa sua la settimana scorsa e Nori sbruffa dicendo che ho bisogno di tagliarmi i capelli e di ‘dimenticare un po’ il mondo della penna e dell’inchiostro.’.

E poi si chiedono perché ho il terrore delle serate organizzate da Bofur e perché ho la tendenza quasi disperata di evitarle. Chissà quale sarà mai il motivo, mah.

Prima che possa fare qualsiasi cosa che sia diversa da cercare di ascoltare tutti de allo stesso tempo di zittirli, un’altra voce, profonda ma divertita, riesce a sovrapporsi su tutto questo vociare.
“Lasciatelo respirare ora, su! O il nostro scrittore scapperà via così com’è venuto, e sarebbe davvero un peccato, con tutta la fatica che abbiamo fatto per portarlo fin qui!”.
Il gruppetto attorno a me finalmente si placa e Oin, Bifur e Gloin scivolano di lato in modo che possa vedere il mio salvatore, o principale torturatore, dipende dai punti di vista.
Sospiro, mentre incontro gli occhi chiari e divertiti dell’ideatore di questa pazzia “Gandalf. Mi hanno detto che devo ringraziare te per questa festa inaspettata.” sbruffo, mettendo in quelle parole tutta l’ironia di cui sono capace.
Lo psicologo sorride “Non lamentarti tanto, ragazzo mio. Dopotutto, sono sempre le cose inaspettate che ci portano a vivere le esperienze più belle ed importanti.” mormora, e per un attimo mi sembra che nei suoi occhi ci sia un barlume di tristezza, di dolore e di rimpianto.
Ma è solo un momento, perché subito dopo gli occhi gli si illuminano e lui batte le mani, esclamando “Allora, diamo il via a questa festa, che ne dite?”.
Intorno a me si alza un grido spaccatimpani di consenso e io mi porto di scatto le mani alle orecchie per non perdere l’uso dell’udito, per poi sospirare quando i ragazzi mi afferrano per le braccia e mi trascinano verso il bancone.

Sarà una lunga, lunghissima serata.

 

o0O0o.


Credo che tutti, nel periodo delle superiori o del college, abbiano avuto un proprio gruppetto di amici, quel branco di almeno tre-quattro persone dal quale non ci si staccava mai, con cui si andava alle feste, si saltava le lezioni, si combinavano guai e via dicendo.
Ecco, la nostra combriccola, che Bofur ama chiamare ‘La compagnia della follia’- mai nome è stato più azzeccato, sul serio-, all’inizio apparteneva a quella categoria, ed ancora adesso ha la mentalità di un gruppo di adolescenti senza neuroni funzionanti.

All’inizio c’eravamo solo io e Bofur, che ci conoscevamo praticamente dall’asilo; poi, con le superiori, sono arrivati anche Bifur e Bombur, ed eravamo il classico gruppetto di sfigati che non calcolava nessuno. Facevamo cose non propriamente intelligenti, come quella volta che per errore chiudemmo Bombur della cucina della scuola per una notte intera, o io e Bofur demmo fuoco al laboratorio di chimica, o Bifur buttò nel bagno della scuola -non chiedetemi perché- le verifiche dell’ultimo quadrimestre al primo anno, però, in fondo, all’epoca eravamo ancora un normale gruppetto di amici, o almeno a me piace pensarla così.
Poi, arrivò il college, e il gruppo iniziò a prendere una forma definitiva. Io e Bofur seguivamo gli stessi corsi, Bifur no ma era nel nostro stesso istituto, e Bombur aveva lasciato gli studi e lavorava in un locale a dieci minuti di distanza. Sul lavoro divenne amico di Gloin, un tranquillo irlandese da poco arrivato in città, e ce lo fece conoscere insieme a suo fratello Oin, che era all’ultimo anno di medicina e ben presto divenne assieme al più giovane una presenza abituale. Io, invece, incontrai per caso Ori, un diciasettenne che aveva dovuto lasciare una rinomata scuola di disegno per la morte improvvisa del padre, e grazie a Balin e Dwalin gli trovai un posto come illustratore nella loro casa editrice. I suoi due fratelli più grandi, Nori e Dori, erano così felici che vennero a cercarmi sotto casa per ringraziarmi, e da allora furono nel giro anche loro. Passavamo ogni momento libero tutti insieme, in giro, al locale dove lavoravano Gloin e Bombur, al college, ed ovunque andavamo, ehm, ci facevamo riconoscere, diciamolo.
Dopo la laurea, prendemmo tutti strade diverse, ma ci mantenemmo in contatto, tant’è che finivamo per vederci tutti quanti a casa di uno di noi almeno una volta al mese, e continuiamo a farlo tutt’ora. Poiché dopo la scuola anche Bifur è stato assunto da ‘La montagna e il drago’ come traduttore, io, lui ed Ori abbiamo stretto una bella amicizia sia con i due cugini Durin che con i giovani Fili e Kili, che essendo i più piccoli sono diventati ben presto l’anima del gruppo.
Per quanto riguarda Gandalf, un mio vecchio amico di famiglia, beh, sinceramente non ricordo bene come ha fatto lui a finirci dentro, ma credo che dipenda dal fatto che non riesca proprio a farsi gli affari suoi.
E quindi eccoci qui, un’allegra e pazza combriccola di uomini di tutte le specie ed età, legati da un affetto e da un’amicizia indissolubili.
Siamo più dei fratelli, che degli amici. E si, voglio un bene dell’anima a tutti quanti, ma c’è una cosa che bisogna dire su di loro.

Quando festeggiano, sono peggio di una mandria di bufali impazziti.
Sul serio, distruggono tutto quello che gli sta attorno nel raggio di diecimila chilometri, ed anche oltre.

Una prova? Basta guardarsi attorno.

Sono passate poco più di due ore da quando mi hanno rapito e portato qui, eppure hanno già svuotato tre quarti delle bottiglie, rotto almeno sette bicchieri e nove piatti, fatto cadere il lampadario, lanciato la pizza che avevamo ordinato contro le pareti, rovesciato ogni sedia e sgabello presente nella stanza, cercato di tagliare i capelli a Nori che già dorme steso sul bancone e fatto svegliare come minimo otto volte il piccolo Gimli, il figlioletto di un anno di Gloin, che dorme di sopra con sua madre Freya, o almeno ci prova.
Per fortuna che Gloin ha riservato il locale solo per noi, stasera, altrimenti dubito che in futuro avrebbe avuto molti clienti, dopo tutto questo.

Scuoto la testa, mentre osservo con un sorrisetto divertito Fili e Kili che improvvisano una specie di tarantella con in sottofondo gli applausi e le risate di Dori, Bofur e Balin, che ha fatto giusto un salto per controllare che non avessimo ancora dato fuoco a tutto ed ovviamente si è fermato. Oin e Gloin cantano con voce sommessa ‘I kissed a girl’, seduti abbracciati su un tavolino, mentre Ori si aggira per la stanza con un bicchierino di prosecco in mano e buttandosi su chiunque incontra gridando ‘Ti voglio tanto bene!’. Bombur, nascosto in un angolino, sta finendo l’ultimo pezzo di pizza sopravvissuto al Volo Contro la Parete, sperando che nessuno se ne accorga, e Bifur, accanto ad un addormentato Nori, si rigira l’ennesimo bicchiere di vino tra le mani borbottando a mezza voce versi della Dickinson, terzine dell’Inferno di Dante e frasi tratte da Pierino Porcospino.
Gandalf, dopo essere tornato da dietro il bancone con un bicchiere di vino rosso grande quanto la mia testa, si siede affianco a me, gli occhi che brillano di divertimento e le labbra atteggiate in un sorriso storto.
“Ancora con quello, ragazzo mio?” domanda, facendo un cenno al mio bicchiere di limonata mezzo pieno.
Mi stringo nelle spalle “Sai che sono astemio, Gandalf. Non reggo nemmeno un sorso di vino, io.”.
Lui storce il naso, e manda giù tutto quanto in un sorso “Dimentico sempre che sei il più normale tra tutti noi.”.
Trattengo a stento una risatina “Se sono io il più normale, allora siamo messi proprio bene.”.
Lo psicologo sorride, e si concentra per un po’ su i due fratelli Durin, che adesso hanno strascinato nella danza anche Ori, ancora attaccato saldamente al suo bicchiere ormai vuoto.
“Come mai hai organizzato tutto questo, comunque?” domando, perché il rapimento non mi è ancora andato giù, per niente.
Si volta verso di me e aggrotta le sopracciglia, come se avessi appena chiesto perché al mattino ci si saluta dicendo ‘buongiorno’.
“Mi sembra abbastanza ovvio. Avevi bisogno di distrarti, Bilbo, e quale migliore modo per farlo è un’allegra combriccola  di combinaguai ed una serata senza regole?”.
“Perché continuate tutti a dire che ho bisogno di distrarmi?” sbotto, poggiando il bicchiere sul tavolo “Io sto bene, ok?”.
Gandalf fa una faccia a metà tra l’esasperato e lo sconfortato “Continui a ripeterlo, ma sappiamo tutti che non è così. Basta guardarti. Sei teso, stanco, stressato, non dormi la notte e il giorno ti torturi per scrivere qualcosa che a quanto pare non è ancora pronto per essere scritto. Questa non è proprio la definizione che darei alla frase ‘stare bene’.”
Alzo gli occhi al cielo “Senti, ne abbiamo già parlato.” dico, cercando di non arrabbiarmi od innervosirmi “E’ solo un brutto periodo, ma passerà, come sempre. Devo solo riprendere . . .”
“A scrivere?” mi interrompe, scrutandomi con quei occhi chiari che sembrano saper penetrare nei miei pensieri “No, Bilbo. La scrittura è parte essenziale del problema, stavolta. Il blocco e la tua decisione ad annullarlo stanno annullando te. Devi lasciare da parte le parole, almeno fino a quando non avrai risolto quello che ti tormenta di più. Perché c’è qualcosa che ti tormenta, e non negarlo. Ti si può leggere negli occhi. E non puoi continuare a far finta di niente.”.
Trattengo a stento un ringhio, quelle frasi che mi feriscono dentro più di quanto voglia andare a vedere.
“Te lo ripeto, Gandalf. Non sono più un tuo paziente e questa non è una seduta da strizzacervelli.” dico freddamente, forse troppo freddamente, ma incapace di controllarmi.
“Forse invece dovresti riprendere. Con le sedute, intendo.” aggiunge lo psichiatra, sorvolando sul mio tono “Già in passato ti sono state utili.”.
“E’ vero.” ammetto, il gelo nel cuore “In passato. Ma non sono più un bambino tormentato dagli incubi, né un adolescente con desideri di fuga o un giovane uomo afflitto da sensi di colpa e di rimorso. Sto bene, ora. Sto bene, sto bene e starò bene.” lo fisso con decisione, lo sguardo duro e la voce ferma, fino a quando non è lui a distoglierlo ed a sospirare.
“D’accordo.” mormora, quasi stancamente “Ma credo che . . .”

Il resto della sua frase viene interrotto dal rumore della porta che si apre di scatto, ed improvvisamente il silenzio attraversa la sala, mentre tutti si concentrano sulle figure che sono appena entrate, inattese e quasi fuori luogo.
La prima è Dwalin, nella sua solita giacca di pelle, lo sguardo divertito ed in qualche strano modo complice, con una mano stretta sul braccio della figura, ancora in penombra, che lo segue.
Fanno un passo in avanti, lui e la figura sconosciuta, e . . . e . . .

Mi irrigidisco sulla sedia, l’aria improvvisamente scomparsa, il cuore che batte come se volesse esaurire tutti i battiti di una vita in questo esatto momento.

No.
Non è possibile.
Non può essere possibile.
Non può . . .  essere . . .

Guardo quella figura alta, imponente, fiera, reale eppure in qualche strano modo lontana ed evanescente, come il barlume di una vita passata, di un sogno infantile, di un ricordo ormai smarrito ma ancora caro e prezioso.
I suoi capelli neri sono corti, troppo corti, dal taglio militare, il suo viso è abbronzato e segnato da qualcosa di troppo profondo da poter essere visto ad occhi nudi, le sue labbra tirate in una linea sottile ed amareggiata, e la sua barba cortissima, quasi inesistente, ma mi ci vuole meno di niente per riconoscerlo.

Stringo forte i pugni, dicendomi che no, è tutto un’illusione, solo un semplice scherzo della mia mente stanca e stressata, un ennesimo sogno ad occhi aperti.

Ma poi, quando quell’uomo alza il viso e i miei occhi scorgono davvero i suoi per la prima volta, qualcosa dentro di me si accende, e io mi sento morire e ritornare alla vita allo stesso tempo, in quegli occhi color del ghiaccio che tanto a lungo ho cercato, e che adesso sono incatenati ai miei, e tutto quello che riesco a pensare è finalmente.

E’ lui, l’uomo che continuo a vedere ogni notte.
L’uomo che invoco piangendo, e di cui non riesco a liberarmi.
L’uomo il cui viso mi è impresso a fuoco nella mente ed i cui occhi mi sono tatuati nell’anima.
E’ lui, l’uomo che . . . che . . .

La voce allegra e felice di Kili, esplode nell’aria come un fuoco d’artificio ritardatario.

“Zio Thorin!”

Trattengo a stento un gemito, mentre un brivido mi scorre lungo tutta la spina dorsale, simile ad un serpente di ghiaccio.

Thorin.

Il mio Thorin.

Scuoto appena la testa per scacciare quel pensiero improvviso e senza senso, o almeno ci provo. Al mio fianco Gandalf stranamente si irrigidisce, ma non ci faccio caso, perché tutta la mia attenzione è concentrata su di lui, che entra della sala quasi controvoglia mentre Dwalin lo trascina e i due giovani Durin gli corrono incontro, con Balin alle calcagna, e la mia anima trema, senza controllo ed incredibilmente fragile, sul punto di spezzarsi.
“Io ve l’ho portato.” grugnisce Dwalin, mentre i due ragazzi praticamente gli saltellano attorno dalla gioia, come due cuccioli “E, giuro, non è stato facile.”.
“Ma è fantastico!” esclama Fili, con gli occhi che gli brillano “Vedrai zio, ti divertirai.”. Lo afferra per il braccio, mentre Kili gli si attacca ridendo all’altro. Balin fa al trio un cenno con la testa, sorridendo ma con gli occhi colpi di stupore, e borbotta rivolto al fratello “Io credo che tornerò a casa, ora. Ci pensate voi due a riportare indietro i ragazzi, Dwalin?”.
L’uomo scuote la testa, deciso “Ah no, io sono stato assunto come autista stasera, non baby sitter. E se pensi che ti dia uno strappo, sei completamente fuori strada.”.
L’altro ride, divertito, e commenta con un vispo “Allora meglio che mi metta in cammino, se voglio arrivare prima di Natale” afferra la giacca e fa un giro ad abbracciare tutti, per poi salutare me e Gandalf con un cenno della mano.
Dwalin, che mi vede solo in quel momento, fa un inquietante sorriso a trentadue denti – un sorriso molto poco da Dwalin, a dire il vero- e mi grida dall’altra parte della sala, così forte che lo potrebbero sentire anche in Cina “Buon divertimento, Bilbo!”.
Al suono del mio nome, lui si immobilizza, ed i suoi occhi saettano per tutta la stanza, come alla ricerca di qualcosa di importante, e quando finalmente mi scorgono, è, beh . . . è come precipitare da una montagna innevata in un vulcano caldissimo che nemmeno sapevi esistesse. Ogni cosa scompare, e non restano altro che i suoi occhi fissi su di me, che mi trafiggono, mi attraversano, prendono tutto e lo riducono in cenere. Il fuoco mi brucia l’anima, le mente viene stretta nel calore e nel fumo, e tutto quello che riesco a fare è abbassare lo sguardo per impedire che possa rivelare troppo dell’incendio che mi sta devastando.

Balin e Dwalin se ne vanno senza dire altro, e Kili e Fili lo trascinano per la sala, presentandogli tutti con entusiasmo quasi infantile. Ma i suoi occhi sono ancora fissi su di me, e io non posso fare a meno che seguirli con i miei, anche se con timore e quasi paura.
Accanto a me, Gandalf prova a richiamare la mia attenzione, ma è tutto inutile. Io vedo solo lui e nella mia testa sento solo la tempesta che sta infuriando, e grida, frasi e momenti appartenenti a frammenti ora più reali che mai, e che mi fanno male più di quanto riesca a concepire.
Trattengo il fiato, il cuore che trema, fino a quando l’insolito trio ci si para davanti e Kili si affretta a presentare Gandalf, e io cerco di riacquistare un po’ di autocontrollo.
Per tutto il tempo, lo sguardo di lui è ancora fisso su di me, come se non riuscisse a credere che io sia qui sul serio. O forse sono io a non riuscire a crederlo. Insomma, sono io che continuo a sognarlo da quasi quattro mesi, non sicuramente lui. Eppure, perché ho come la sensazione che, in qualche modo, lui . . . ?
“E questo, zio” esclama Fili, voltandosi verso di me con un sorriso ed uno strano scintillio negli occhi “E’ il famoso Bilbo Baggins!”.
Lui lentamente gira la testa, e devo trattenermi dal deglutire mentre quei occhi di ghiaccio, più vicini che mai, analizzano ogni dettaglio della mia figura e del mio viso.
“P-piacere di c-conoscervi, signor . . .” cielo, sto balbettando come un bambino! Cervello, ricollegati alla lingua, maledizione!
“ . . . Durin.” finisce lui, la voce profonda e cupa che per un attimo mi fa tremare, e non solo dentro. La sua mano destra sale a stringere le piastrine che porta al collo e che prima non avevo notato, mentre nel suo sguardo per un attimo scorgo qualcosa che non riesco a decifrare.
“Dunque, questo è lui.” sussurra quasi tra sé, per poi distogliere appena lo sguardo e sbottare con un tono più alto e duro, quasi severo, rivolto ai nipoti “Sembra più uno scolaretto che uno scrittore.”.

Quelle parole, inaspettate quanto indifferenti, mi colpiscono come un pugno nello stomaco. Tutto il calore dolce che sento dentro si spegne, o forse è meglio dire che passa in secondo piano rispetto al fuoco che la rabbia mi fa salire dentro. Quella frase mi ferisce in un modo che non avrei potuto immaginare, non io, di solito così incurante del giudizio altrui. E’ come se avesse sbagliato tutto, se avesse spezzato qualcosa. Era cattivo da dire, e maleducato, e in qualche modo rompe questo momento, e se il mio cuore batte forte adesso è solo per il risentimento.

“E voi siete incredibilmente scortese a sputare così sentenze su una persona che non conoscete. “  sbotto a voce alta, incapace di controllarmi, l’imbarazzo completamente scomparso per un secondo, ed ho di nuovo i suoi occhi su di me “ Ma almeno io non ve lo sbatto in faccia come avete appena fatto voi.”.
Un lampo di stupore gli attraversa il volto, ma prima che possa ribattere e la mia improvvisa decisione cedere mi alzo ed afferro la mia giacca “Beh, è ora che vada. Si è fatto tardi, ameno per me.”.
Fili, che si stava scambiando con Kili strani sguardi confusi, sobbalza  ”Aspetta, sei a piedi, ti portiamo noi!” esclama.
Faccio un segno di diniego “Non preoccuparti, prenderò un taxi. E poi, non è il caso che tu o tuo fratello vi mettiate al volante, pieni di alcool come siete.”.
Il biondo fa una smorfia, mentre Kili strabuzza gli occhi “Osi insinuare forse che siamo ubriachi?”.
“Io non insinuo. “obbietto divertito, infilandomi la giacca “So per certo che siete ubriachi. E poi, non è che la vostra guida sia tanto migliore da sobri, in tutta sincerità.”.
Kili mi fa una linguaccia, mentre Fili ridacchia colpevole.
“Touché.” ghigna il maggiore, per poi salutarmi con cenno del capo “Allora ciao, Bilbo!”.
“Non distruggete il locale.”  dico ai fratelli a mo’ di saluto, prima di dare una pacca a Gandalf e salutare anche lui.
Poi, prima di dirigermi verso il resto del gruppo che già mi sta aspettando per il loro solito abbraccio stritolatore, guardo con la coda dell’occhio lui, che mi sta ancora osservando con lo stesso sguardo stupito di prima.
“Arrivederci, signor Durin.” sussurro tutto d’un fiato, per poi allontanarmi senza aspettare la sua risposta, e costringendomi a non cedere a quella parte di me che sta già gridando per questo mio comportamento senza logica.
Saluto tutti, ma senza entusiasmo, perché sento quello sguardo freddo e ardente insieme bucarmi il cuore ancora, e quando finalmente esco fuori e riesco ad infilarmi nel primo taxi disponibile, mi accaglio contro il sedile e gemo, chiudendo gli occhi e ripensando a quel nome che continua a rimbombarmi nelle orecchie, nonostante la rabbia.

Thorin Durin.


‘Thorin!’

‘Oh, Thorin.’

‘Th-Thorin, per favore . . .’

‘Smettila, Thorin.’

‘Thorin, io . . .’

‘Mi hai fatto chiamare, Thorin?’

‘Tu sei cambiato, Thorin.’


‘Thorin! Ti prego, non lasciarmi, Thorin!’


Mi copro disperatamente le mani con le orecchie, cercando di allontanare quelle voci che no, non mi appartengono e non mi sono mai appartenute, non ora, né in passato, né in futuro. Ma è tutto inutile.


“Zio Thorin!”


Era lì. Era lui. Potrei scommetterci l’anima.


“P-piacere di c-conoscervi, signor . . .”

“…Durin.”


Ed io . . .

Dentro di me, qualcosa si spezza.

Sciocco, sciocco, dannato e matto Baggins con quella tua linguaccia! Non potevi starti zitto, no? No, ovvio che no. E’ chiedere troppo trattenerti per una buona volta, non è vero?


“Sembra più uno scolaretto che uno scrittore.”


Beh, se è per questo arrogante che hai perso il sonno e le parole negli ultimi mesi e che tanto desideravi incontrare, allora direi che hai sprecato il tuo tempo, Bilbo.

Sospiro e mi tolgo le mani dalle orecchie, cercando di scacciare quei pensieri.

Beh, ormai è fatta. Tanto non lo rivedrò più, poco ma sicuro.


‘Tornerò da te, amore mio. Te lo prometto.’

‘Sai che non puoi fare una promessa simile, Thorin.’

‘Posso, invece. Tornerò, Bilbo. Dovessi metterci mille secoli, tornerò da te.’


Mi porto una mano sul cuore, che ha ripreso a battere all’impazzata, e non più per la rabbia.

Il pensiero vola ai suoi occhi, quando hanno incontrato i miei per la prima volta, alla loro luce, al loro calore.

Forse non è detto.
Forse questa non è la fine, ma l’inizio di qualcosa di nuovo.
Qualcosa di buono.
Qualcosa di antico e nuovo insieme.

‘Thorin…’ sussurro tra me, e il suono che il suo nome ha sulle mie labbra è troppo familiare per essere ignorato.

Qualcosa che stavo aspettando da tanto, troppo tempo.

 

 

 

La tana dell’autrice


E rieccomi qua, dopo secoli di solitudine! Vi sono mancata? Voi a me si, tanto!

Allora allora allora, per prima cosa ci tengo tantissimo a ringraziare tutte le anime coraggiose che stanno leggendo questa storia, e quelle ancora più pie che lasciano il loro pensiero alla sciagurata autrice qui presente! Un grazie particolare a tutti coloro che, nonostante tutto, hanno recensito lo scorso capitolo, e uno doppio per Benni, che ha anche lasciato una piccola recensione a una short pubblicata così per caso e mi ha ricordato affettuosamente di ‘ pensare alla tua long!’. Attenta cara, se non esprimo in altre storie i miei istinti angst potrei rifarmi su questa, e non credo che sia un bene . . .

Ci siamo, finalmente!
Eccolo qui, il primo incontro dei nostri fagottini di angst! Allora, è stato come ve l’aspettavate? Vi è piaciuto? Vi ha deluso? Aveva gridato ‘alleluia’? Vi ha fatto alzare gli occhi al cielo dall’esasperazione ? Avete preso a sbattere la testa al muro come la sottoscritta? XD
Ok, incontrare la propria anima gemella ad una festa a cui magari non si voleva nemmeno andare è un clichè vecchio e stravecchio, ma volevo rifarmi al loro vero primo incontro, con la festa inaspettata a casa di Bilbo e Thorin che arriva come un fulmine a ciel sereno. E poi, ci sarà un motivo se ‘la festa del destino’ è un gran clichè, no?
Si, i ragazzi non sanno proprio come comportarsi, comunque. Mesi a sognarsi a vicenda e poi . . . mah, io non ho parole! Dopotutto, non è che all’inizio inizio tra loro sia andato sempre tutto bene. Ma non temete, perché presto Bilbo correrà al riparo per entrambi!
Oltre a questo ambito avvenimento vediamo Bilbo che si relaziona con i suoi amici, che affronta Gandalf – e si, a quanto pare la vita del nostro scrittore non è rosea come potevamo immaginare all’inizio, se faceva sedute da uno psicanalista- e che risponde a Thorin, per poi pentirsi della sua linguaccia lunga e decidere –in cuor suo- che farà qualcosa per rimediare a il casino di questa sera.
Ne vedremo delle belle d’ora in avanti, state sicuri!
Mi sono divertita a fare abbastanza riferimenti non solo alle opere originali, ma anche ad altre opere, di cui troverete qualche accenno sotto il titolo ‘note’. Vediamo chi riesce ad individuarli tutti!
Ah, molte delle scene d’ubriacatura della festa sono prese da cose vere che ho visto succedere a un matrimonio di poche settimane fa, compresa la tarantella improvvisata di cui ho fatto parte io –faccina orgogliosa-. La pizza e Bifur che recita poesie famose invece sono farina andata a male del mio sacco. Si, perché nella mia immaginazione Bifur è un traduttore professionista che conosce una decina di lingue, che usa mischiando tra loro nella vita di tutti i giorni, e quando si ubriaca inizia a recitare versi di ciò che traduce e più lo colpisce.
A proposito, la storia nella mia mente sta prendendo due direzioni differenti, per cui mi trovo a un bivio . . . finale triste o finale allegro? Questo è il problema! – e per fortuna che sta fic era nata come una cosa dolce e leggera, mah-
Mi scuso per la grafica, ma il pc di mio fratello ha problemi con EFP, ed è già tanto se riesco ad aggiornare ad ogni morte di Papa.
Oh, ultima cosa e poi vi lascio alle note: come sapete, il titolo attuale è provvisorio, e ne sto ideando altri alternativi. Ma sono profondamente indecisa, per cui vorrei sapere la vostra opinione! Che ne pensate di questi? O potete anche suggerirmi varianti o altri completamente nuovi, se volete!

-Ci rivedremo, ci ritroveremo e ci riconosceremo tra tutti
-Una seconda possibilità
-Di nuovo nei tuoi occhi
- Un giorno ci ritroveremo
-In un'altra vita
-Loving you forever can’t be wrong
- I've seen your eyes before
-A Thousand Years


Note:

-Merlin: telefilm famosissimo della BBC e una delle mie fisse più moderne, come già sapete, è iniziato nel 2009 ed è finito qualche anno fa, in un modo che ricorda tanto quello di Bofta ed in un certo senso anche l’inizio di questa mia fic. . .
-Freya: non conosco il nome della mamma di Gimli alias signora Gloin, quindi l’ho preso in prestito da uno dei miei personaggi preferiti di ‘Merlin’, appunto.
-‘I kissed a girl’: è una canzone del 2008 della mitica Katy Perry, una delle mie cantanti preferite – volevo qualcosa di più moderno, ma avendo come data limite il 2009 mi sono dovuta accontentare-.
-Emily Dickinson: è una delle più grandi poetesse della storia, e la mia preferita in assoluto. In pratica ha vissuto quasi tutta la vita chiusa in una stanza, certa che con la fantasia si potesse ottenere tutto e vivere le emozioni e le esperienze più vere, e dopo la sua morte in quella stessa camera sono stati ritrovati quasi 2000 poesie mai lette da nessuno, ed ancora oggi sono considerate tra le più belle poesie di tutti i tempi.
- Pierino Porcospino: è la traduzione in italiano di una raccolta tedesca di storie in rima per bambini – non fatemi mettere il titolo originale, vi prego, è uno scioglilingua spaventoso- . Erano storie essenzialmente educative, ed attraverso i racconti di bambini con vari vizi che venivano prontamente puniti si voleva spaventare il piccolo lettore e spingerlo a comportarsi bene. Mia madre, che ha passato l’infanzia in Germania, ce le leggeva sempre quando andavamo a dormire, e me le ricordo ancora tutte. C’era quella del bimbo che si succhiava i pollici e il sarto glieli tagliava di netto, quella del ragazzino che non voleva mangiare la zuppa e che dopo una settimana moriva, quella – forse la più brutta- della bambina che giocava con i fiammiferi e moriva bruciata viva . . .insomma, tutte cosette allegre. E la gente si chiede ancora perché sono così, mah  .

 

 

 

  
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