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Autore: Indaco_    27/09/2015    6 recensioni
Il cuore di Amy saltò un battito capendo bene che quel devastante e incredibile dettaglio non era affatto dovuto ad una semplice coincidenza.
I puri e grandi occhi del piccolo erano di un accecante verde magnetico.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dance'
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Le lezioni da danza quel giorno furono più pesanti del previsto per Amy. Gli esercizi volti a migliorare l’equilibrio e l’eleganza nei passi avevano completamente distrutto la riccia, la quale non vedeva l’ora di tornarsene a casa. Le gambe e i piedi gonfi non miglioravano il suo umore, anzi, la preoccupazione per le sorti del suo piccolo e la stanchezza la rendevano veramente intrattabile. Stava appunto entrando in spogliatoio per cambiarsi, quando, davanti a lei apparve d’improvviso Pidge. Bloccandosi stupita a metà corridoio, si maledisse per non aver posto la dovuta attenzione alla presenza o meno dell’insegnante. Gli occhi azzurrini della pantera brillarono nella penombra del corridoio, anche i canini appuntiti luccicarono quando sorrise affabile. Un sorriso talmente enigmatico e beffardo che fece rabbrividire la riccia di inquietudine, perché mai l’aveva fermata?
Le persone che rientravano nello spogliatoio osservarono il singolare evento con sorrisi furbi e un tantino maligni, facendola sentire ancor più a disagio. Tutti conoscevano la cotta di Pidge verso la riccia, ma la vera e succulenta curiosità che scuoteva gli animi era un’altra: come reagiva la ragazza a quelle avances? Era ben disposta verso la pantera o era realmente disinteressata? Occhiate curiose e piccoli mormorii serpeggiavano tra i ballerini e questo Amy non lo sopportava.  
<  Potresti venire un attimo? Volevo parlarti di una certa cosa, ti ruberò poco tempo, promesso > domandò con una certa autorità l’insegnante, sicuro della risposta affermativa di lei. La ragazza, sapendo bene che non poteva tirarsi indietro, annuì con un falsissimo sorriso, sperando che quell’impiccio si concludesse il prima possibile. Con un muto sospiro, seguì Pidge all’interno di una stanza utilizzata prevalentemente come ufficio e magazzino. La riccia si guardò attorno incuriosita: era entrata pochissime volte in quella camera. Il pavimento di legno chiaro e i pochi mobili appoggiati alle pareti erano coperti da un sottile strato di polvere. Al centro della sala vi erano tre piccole poltrone di pelle rossa accerchiate attorno ad un basso tavolino di vetro. Amy avanzò di qualche passo già impaziente di uscire da quella stanza. L’odore di chiuso e di carta stantia l’aggredì come un pugile fa col sacco provocandogli un po' di malinconia. Sentendosi ancor più a disagio, cercò di simulare un sorriso che si trasformò in un ghigno pochi secondi dopo.  
< Accomodati pure cara, sarò brevissimo! > esclamò lui  prendendo due bicchieri di vetro da uno dei mobili. La riccia si sedette stancamente su una delle poltrone e osservò la pantera versare un liquore verde mela all’interno dei contenitori. Stupita da tutte quelle attenzioni, si domandò, realmente interessata, su cosa avrebbero mai discusso in quel momento. E soprattutto, a cosa stava puntando Pidge per manifestare un tale comportamento? Attese in silenzio che lui iniziasse a parlare.
< Scusami se ti rubo del tempo, ma ho una notizia che potrebbe interessarti > iniziò con aria misteriosa, porgendole un bicchierino pieno fino all’orlo. Amy, stupita, ringraziò appena per la bevuta e tese le orecchie interessata da quella anticipazione.
< C’è un’audizione per la parte di “Odette” ne “Il lago dei cigni”. L’audizione è rivolta anche alla nostra scuola e perciò, a breve, inizierò a selezionare le migliori candidate da presentare > ricapitolò con un sorriso malizioso, scrutandola con attenzione. La ragazza rimase sbalordita dalla notizia: era una grossa, enorme, gigantesca possibilità per la sua carriera! Non si stava parlando di un ruolo qualsiasi, ma della crème de la crème di ogni balletto esistente. Insomma significava fama, gloria e soprattutto soldi.
Ancor prima di iniziare a costruire uno dei suoi castelli  in aria, rifletté su quanto tempo occorresse per un simile ruolo. Di sicuro, per presentarsi in  modo completo alla selezione, occorrevano dai 3 ai 4 mesi di duro lavoro. Iniziò a calcolare i vari impegni della settimana per capire se, tra rientri del piccolo, la casa da pulire, cibo e allenamenti, riuscisse a mandare avanti la propria vita. Non poteva ignorare quello che ruotava attorno a lei all’infuori della danza.
Vedendo l’espressione stupita e confusa della ragazza, Pidge continuò
< conosco bene l’esaminatore della giuria e sono quasi certo che mi basterebbero due paroline per far vincere … chi voglio io. E con questo intendo dire che credo fortemente che tu possa essere la possibile candidata vincente. Che ne pensi? > Svelò completamente con un sorriso soddisfatto tra le labbra. Fingendo quasi disinteresse, il nero sorseggiò con studiata lentezza il bicchierino, lanciandole di tanto in tanto qualche breve occhiata. Era sicuro che avrebbe accettato, forse con un po’ di reticenza, ma alla fine sarebbe crollata. Quell'occasione era più unica che rara! Amy raccolse le idee e accavallò le gambe pensierosa
< a che ora finirebbero gli allenamenti? Sai bene anche tu che ho il piccolo >  mormorò in preda ad una forte indecisione. Non poteva e soprattutto, non voleva, lasciare il suo bambino solo con Jason. Mai. E quel lavoro richiedeva una scelta decisa o una soluzione miracolosa che potesse unire il suo piccolo e la danza.
< Per quello non è un problema. Se per te fosse una limitazione andarlo a prendere, posso andarci benissimo io. Dopodiché potrebbe venire qui con noi > rispose con tono pacato quasi paterno. Amy, ancor più sbalordita, rimase completamente senza parole.
Non se ne parlava nemmeno.
Non era il padre del piccolo, né tantomeno il suo fidanzato. Si inseriva giusto nella lista delle “conoscenze”, di quelle sgradevoli oltretutto. La rosa scosse la testa lievemente e a malincuore capì subito che quella meravigliosa occasione sarebbe andata sprecata. E poi non capiva dove, o meglio, cosa voleva andare a parare con quella vantaggiosa opportunità. 
< E in cambio che vorresti? > Domandò con schiettezza, iniziando ad ondeggiare la gamba nervosa. Sicuramente, un ruolo così importante da ottenere doveva essere contraccambiato con un’azione dello stesso peso. E conoscendo Pidge, la cosa la preoccupava. La pantera sorrise divertita e concluse il suo bicchierino con un sorso. Con estrema delicatezza appoggiò il recipiente sul tavolo e si protese con fluidità sulla riccia, cogliendola totalmente di sorpresa. La ragazza indietreggiò sulla poltrona e si appoggiò allo schienale freddo, tentando di distanziarsi il più possibile. La breve distanza che intercorreva tra loro non le piaceva, erano eccessivamente vicini, tanto da poter sentire il forte profumo di dopobarba. Pidge, senza porsi tanti problemi, avvolse tra le dita una lunga ciocca di capelli, ammirandone il colore leggero e i riflessi confettati. Portandosela alle labbra, sogghignò malizioso puntando bene lo sguardo su di lei. Sguardo di chi era ben  consapevole di avere il coltello dalla parte del manico e di saperlo utilizzare alla perfezione. Amy rabbrividì.
< Potremmo deciderlo più avanti se dici, anche se ho già una mezza idea a dir la verità> esclamò a bassa voce socchiudendo le palpebre con malizia. La ragazza ebbe un fremito e balzò in piedi improvvisamente, allontanandolo di colpo. Non le era necessario altro tempo per riflettere. Era limpida come l’acqua la strada da percorrere. Buttò giù d’un colpo la grappetta, un tantino acidognola, e poggiò il bicchierino sul tavolo, asciugandosi le labbra con il dorso della mano. Pidge si alzò in piedi a sua volta, capendo che la sua proposta non aveva colpito  a fondo. La ragazza si lisciò gli aculei con cura meticolosa prima di parlare
< ti ringrazio per l’occasione e per aver pensato a me ma … mi manca il tempo materiale per prendere parte a ciò. Sarebbe meraviglioso e dico sul serio! Ma Justin necessita di me. È un bambino molto, molto vivace e … >, la pantera non la lasciò concludere. Il suo viso assunse un’espressione collerica e con sfrontatezza aumentò la distanza tra di loro, innervosito da quel rifiuto. Infilandosi le mani in tasca spostò gli occhi da lei e si concentrò su un punto impreciso della stanza tra le poltrone e la piccola credenza,
< bene. Fai ciò che vuoi. Ricordati però che lui necessita di un padre. E tu di un uomo. Qui in paese, sappiamo tutti che tipo è Jason > esclamò sicuro, facendole intendere di conoscere molto più di quello che pensava. Lanciandole un’occhiata stronza sorrise, soddisfatto di essere riuscito a pungerla sul vivo.  Amy, colpita da quell’affermazione per nulla delicata, trattenne il respiro raggelata.
Il fatto che “il paese” conoscesse la vera natura di Jason la turbava: non voleva che lei e suo figlio passassero come le vittime di turno o i “diversi”. Justin ne sarebbe stato influenzato negativamente. E poi era infastidita da quelle frecciata, Pidge non conosceva nulla di lei o del piccolo blu, perciò non si doveva nemmeno azzardare a dire certe cose.
La rosa, dopo un primo attimo di perdizione, si girò e uscì a passo spedito dalla stanza sbattendo con rabbia la porta. Rischiando di urtare un suo collega, aumentò la velocità della camminata e spalancò furiosa la porta d’entrata. L’aria caldissima dell’esterno vanificò la frescura emessa dal condizionatore. Come un film plastico, in pochi secondi l’afa l’avvolse completamente iniziando a farla soffrire dopo pochi metri. I capelli lunghi non aiutavano, nella fretta si era dimenticata di legarli e ora si trovava con un mantello rosa sulla schiena. Come Pidge osasse dirle certe cose, ancora non lo capiva. Ma di una cosa era certa: non sarebbe mai, mai stato né il suo uomo, né, tanto meno, il papà di Justin.
Non era ancora arrivata nel vialetto di casa che la maglia che indossava era zuppa di sudore. Fermandosi a raccogliere la posta di una settimana che occludeva la casetta postale, lanciò un’occhiata disgustata al piccolo giardinetto. L’erba incolta,secca e gialla rovinava l’atmosfera, i cespugli fuori forma, le rose stentate e le dalie k.o. regalavano alla casa un’aria ancor più deprimente. Con un sospiro passò oltre e spalancò la porta di casa, iniziando a cercare Justin con lo sguardo. Nel salotto disordinato, Jason era sdraiato sul divano con un piatto sporco appoggiato al petto e lo sguardo premuto sulla tv. Il bambino, invece, era appollaiato su tutt’altra seduta, con le mani sugli occhi per schermarsi dalla visione di un orrido film horror, per nulla adatto ad un bimbo di quattro anni.
< Ciao > mormorò fredda, appoggiando a terra il borsone stracarico. Jason, senza nemmeno rivolgergli un’occhiata, grugnì un saluto, concentrandosi nuovamente sullo schermo. Voltandosi di scatto invece, Justin sorrise sollevato alla vista della rosa e, con un guizzo blu, saltò tra le braccia della madre felicissimo.
< Mamma! > Le braccine la strinsero così forte da mozzarle il fiato per un attimo e strappandole una risata sincera.
< Ciao tesoro! Come stai? > borbottò la ragazza portandoselo in cucina al riparo dall’adulto. Con una mano abbassò gli aculei scompigliati del piccolo allargati come un pavone dalla gioia.
<  Bene! Ho fatto un disegno per te! > esclamò Justin porgendole un foglio pieno zeppo di fiori di ogni forma e colore.
< Wow! E’ meraviglioso! Grazie scricciolo > mormorò baciandolo più e più volte sulle guanciotte morbide.  Arrotolò il disegno e lo poggiò sulla tavola ingombra di bottiglie vuote, cenere, mozziconi di sigaretta, posacenere straripanti, carte, bollette, giornalini osé e molto altro ancora. Amy sbuffò infastidita e schifata, e dire che aveva pulito quel tavolo proprio quella mattina. Sospirando distrutta fece scendere il piccino dalle sue braccia e iniziò a sistemare nuovamente.
< Ti ha chiamato qualcuno > disse ad un tratto il riccio blu scuro con tono annoiato e scorbutico.
< Davvero?Chi? > esclamò sorpresa la rosa, bloccandosi per un attimo con la spazzatura in mano. Non era abituata a ricevere chiamate, solitamente le poche persone che la cercavano lo facevano principalmente sul suo cellulare.
< Non ne ho idea,ma non è un numero di Gout City, il prefisso sembrerebbe più di Mobius o giù di li > borbottò sospettoso lanciandole un’occhiata fredda. La riccia, fingendo il disinteresse più totale, riprese le faccende con una scrollata di spalle,
< proverò a richiamare più tardi > dileguò asciutta ammucchiando le bollette in un’unica busta. In verità dentro di lei si stava consumando un’autentica tempesta di emozioni, in cui la curiosità faceva da padrona.  Quale dei suoi vecchi amici l’aveva chiamata? Fremendo d’impazienza per richiamare quel maledetto numero non sollevò più il discorso della telefonata per non irritare Jason. Il ragazzo era molto, fin troppo geloso, il solo pensiero o dubbio di qualche possibile tresca lo avrebbe fatto esplodere come un palloncino.
Preferì aspettare che si dirigesse in bagno, per poi prendere figlio, vecchio telefono e portarli sul divano sformato. Raccolti i piedi sotto le cosce e sotto l’attenta vigilanza del piccino, la riccia compose il numero e aspettò con l’ansia di vedere Jason sbucare dalle scale. Justin appoggiò l’orecchio contro il suo per ascoltare meglio il discorso. Dopo tre interminabili squilli finalmente qualcuno alzò la cornetta,
< Blaze The Cat, con chi parlo? > rispose una voce di medio tono con incredibile serenità.
< Blaze sono Amy! Ho trovato la tua chiamata e ho rifatto il numero appena possibile! > esclamò su di giri la riccia, con il cuore che traboccava di gioia e piccoli brividi. La voce della cugina era puro miele per la rosa, Dio solo sapeva quanto desiderasse vederla ed abbracciarla. Per colpa di Jason, il poco tempo e molto altro ancora, si erano contattate pochissime volte in quegli anni: Natale, Pasqua e compleanni. E ogni volta che si sentivano ad entrambe veniva il magone per giorni, sapendo bene che ritrovarsi, al momento, era realmente impensabile.
< Amy! Finalmente sei tu! Non hai idea di quante persone abbia chiamato! Come stai tesoro? > esclamò ansiosa la gatta sapendo bene che il tempo per la riccia era relegato a pochi minuti.
< Tutto bene cara e tu? >
< anch’io, grazie. Farò in fretta: ti ho chiamato per una pazzia che ho escogitato ieri sera > mormorò la viola abbassando il volume della voce, come se si trattasse di un segreto di stato. Le labbra di Justin, al fianco della rosa, si piegheranno in un sorriso entusiasta per quella notizia segreta. Amy portò un dito alla bocca per ricordargli di tacere e controllò nuovamente il corridoio.
< Dimmi pure > mormorò bisbigliando.
< Tra poco inizieranno le vacanze. Ho posto a casa se dici. Vieni! Trova una scusa, una settimana almeno! Oh Amy! Per favore, è da secoli che non ci vediamo. Voglio vedere Justin, voglio abbracciarti e voglio che le piccole ti conoscano > esclamò struggente con tono implorante. Nella gola di Amy si formò un nodo talmente grosso da bloccarle completamente la deglutizione, tanto che, per un momento, temette di soffocare. Quanto avrebbe voluto poter fare una cosa del genere. Ma come? Jason non l’avrebbe mai lasciata e scappare non se la sentiva.
Come si sarebbe spostata fin là senza un becco di un quattrino? No, decisamente no. L’unica soluzione fattibile era rivelare a Jason il suo progetto spingendo soprattutto sul fatto che Blaze fosse sua parente, chissà, magari sarebbe riuscita a convincerlo in qualche modo.
Sconsolata, iniziò ad avvolgere più e più volte l'aculeo rosa sull'indice, cercando una risposta adeguata da dare alla cugina. < Anche io lo voglio tanto. Non hai idea di quanto mi manchi. Ma sai bene anche tu che non è facile. Tuttavia proverò a parlargli con calma. Forse acconsentirà se insisto >esclamò rivolgendosi più a se stessa che all’interlocutrice, sarebbe stata una vera e propria impresa. Blaze sospirò sapendo bene che i miracoli, ultimamente, erano presi poco in considerazione lassù, perciò era molto improbabile la riuscita della cugina. Stava appunto per ribattere su questo aspetto quando la rosa, con voce allarmata, la liquidò frettolosamente con una delle solite frasi inquietanti.
< Sta arrivando. Ti saluto. Ti farò sapere presto mie notizie! Baci > senza darle un secondo in più per rispondere, chiuse la linea di tutta fretta, come sempre d’altronde. La voce melodiosa di lei venne sostituita con lo squillo “tubante” del telefono.
Con un sospiro, la gatta mise giù e si bloccò a fissare un quadro appeso alla parete pensierosa.

Aggiornato: 18/03/2019
Spazio autrice: come al solito ho mantenuto la struttura originale e ho tolto qualche evento inutile. Spero che vi piaccia.
Baci.
Martina
  
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