Tra di loro era calato il silenzio.
Pesante, vivo nella sua totale
assenza di parole,
silenzio dello stesso colore del cielo ad estendersi infinito sopra di
loro e
davanti ai loro occhi. Tutto attorno nient’altro che
innumerevoli fili d’erba,
tappeto silenzioso che la notte stessa aveva dipinto con le sue tinte
più scure
e profonde. Lontane dalle luci accecanti di Tokyo, dal fragore di
milioni di
vite che si intrecciavano e si ricorrevano ininterrottamente, le stelle
parevano voler esplodere nell’abisso del cielo.
Onoda avrebbe voluto fermare il corso del tempo,
imprimere quella silenziosa quiete nella memoria del cuore, tanto
sentì
presente e vivido dentro di sé il timore di dimenticare
anche solo minimi,
banali e fondamentali istanti. Si sentiva felice, semplicemente, senza
necessità di parlare ed esprimere a viva voce il proprio
sentire. Se solo
avesse allungato un braccio in direzione della persona distesa accanto
a lui,
se solo avesse proteso appena le dita della mano, il suo calore si
sarebbe fuso
con quello della sua pelle; creando il più piccolo e
delicato contatto. Pochi
centimetri, il tempo di un respiro più profondo, distanza
incolmabile affamata
d’un coraggio silenzioso e tentennante.
Chiuse gli occhi, lentamente, così da poter percepire il
suono del suo respiro, tanto sottile e quieto da far dubitare persino
della sua
esistenza. Respirare assieme, vivere e condividere lo stesso silenzio,
senza
affollarlo e soffocarlo con parole superflue ed inutili.
-Cosa vuoi?
Se gli avesse anche solo accennato con quale forza
sentiva il cuore battere, quella notte, avrebbe distrutto
inesorabilmente la
quiete che era riuscita a crearsi attorno a loro; vittima
d’un desiderio
egoisticamente innocente. Lo avrebbe allontanato, ora che finalmente
pareva
volergli concedere il privilegio di avvicinarsi anche solo un poco, di
compiere
impercettibili passi in avanti. Quanto sarebbe stato disposto a
rischiare, a
sacrificare, pur di dare voce a tutto ciò che si stava
agitando all’interno del
cuore? Qual era il prezzo di un sentimento finalmente pronunciato a
fior di
labbra e cuore aperto, incurante di ogni conseguenza? Se Midosuji si
fosse
allontanato, disgustato dalla sfacciata sincerità delle sue
emozioni, avrebbe
avuto il coraggio di rincorrerlo, e di imporgli la presenza del proprio
cuore?
Labbra strette in un’unica, dura linea, occhi che
avrebbero potuto rivelare tutto il loro silenzioso tormento se solo la
notte
avesse attenuato su di essi l’intensità delle
proprie sfumature. Se solo la
persona immobile a pochi centimetri di distanza si fosse decisa ad
evadere
dalla propria ostinata indifferenza, per affacciarsi e specchiarsi nel
loro
silenzio.
Miracolo che non si sarebbe avverato, non quella notte e
forse neanche in quella stessa vita. Occhi ancora spalancati sullo
spettacolo
del cielo stellato, e dita di quella timida mano a richiudersi su
sé stesse,
ora più lontane e timorose.
Silenzio, luce d’infinite stelle a brillare nei loro
occhi.