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Autore: Miss Fayriteil    30/09/2015    1 recensioni
Questa storia è nata un po' per caso, volevo provare a scrivere un romanzo rosa, nello stile di Lauren Weisberger o Sophie Kinsella, che mi piacciono molto. Mi sono ispirata un po' anche alla coppia che amo di più in Grey's Anatomy. Capirete perchè. La trama... è un romanzo, una storia d'amore. La donna single che trova l'amore della sua vita. Spero vi piaccia!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Mason



 
 
In effetti Ali era incinta. Il primo giorno in cui aveva avuto il sospetto aveva fatto un test di gravidanza che era risultato negativo. Prima che potesse abbattersi o lasciarsi sopraffarre dalla delusione Dana le aveva fatto vedere che era stata abbastanza previdente da prenderne altri due.
  «Non si sa mai con i test di gravidanza» aveva detto. «Meglio farne più di uno».
  Dana aveva avuto ragione: i due seguenti erano risultati entrambi positivi e loro due decisero che la cosa era abbastanza sicura perché potessero cominciare a festeggiare. Telefonarono ai rispettivi genitori immediatamente e sia loro che tutti gli altri fecero sapere di essere al settimo cielo almeno quanto le future mamme. Poi subito dopo l’entusiasmo subentrò una sorta di frenesia che portò le due donne a fare parecchie spedizioni ai grandi magazzini più del necessario e a comprare tonnellate di cose per il bambino che per la maggior parte si rivelarono del tutto inutili. A loro non importava però: erano talmente emozionate che tutto il resto passava in secondo piano. Trascorrevano parecchie ore ad arredare la terza camera da letto che presto sarebbe diventata la stanza del bambino. Anche se volevano sapere il sesso, non erano riuscite ad aspettare per arredare la stanza, perciò avevano preso i mobili di un delicato color crema che sarebbe potuto andare bene tanto per un maschio come per una femmina.
 
La prima ecografia fu un grande momento per entrambe le donne. Si tennero per mano tutto il tempo e salutarono commosse quell’esserino minuscolo, ma già dotato di gambe e braccia che entro qualche mese sarebbe venuto alla luce.
  «Ciao piccolo» mormorò Ali con le lacrime agli occhi. «Ma guarda, Dana! Ha il tuo naso!»
  «Hai ragione, Ali» rispose Dana nello stesso tono di voce. «Non riesco a crederci, diventa sempre più reale! È meraviglioso, non vedo l’ora di conoscerlo o conoscerla». Si voltarono verso il medico che le guardava incuriosito. Si aspettavano delle domande che però non arrivarono. Non avrebbero avuto problemi a dire le cose come stavano. Ma il ragazzo continuò a esplorare il ventre di Ali con l’ecografo e a illustrare le varie parti del corpo del feto.
  Alla fine stampò l’immagine, tolse il gel dall’addome di Ali con della carta assorbente e le disse che si poteva rivestire. Lei obbedì e poco dopo si alzò dal lettino.
  «Ci rivediamo per la prossima visita, allora» disse. Lei e Dana strinsero la mano al dottore e alla fine tornarono a casa. Quando arrivarono Erica corse loro incontro con passi incerti e Tracy dietro di lei che le salutò con un sorriso. Chiuse la porta alle loro spalle, mentre si toglievano le giacche, poi si sedettero tutte e tre sul divano.
  «Allora com’è andata?» chiese Tracy. Dana e Ali si guardarono e quest’ultima tolse dalla borsa l’immagine dell’ecografia. Disse solo: «Il bambino ha il naso di Dana». Tracy prese la fotografia e la guardò a lungo con gli occhi lucidi. Alla fine la restituì ad Ali con aria raggiante.
  «Ragazze, è meraviglioso. È ancora minuscolo, eppure mi sembra già di conoscerlo da una vita. O conoscerla. Non so perchè, ma ho la sensazione che sarà un maschio. Ed è raro che mi sbagli in queste cose. In ogni caso sarà un bambino stupendo». Fece una pausa e aggiunse: «Sarà meglio che vada. A presto, ragazze. E ciao, Erica!»
  La prese in braccio e le diede un bacio su una guancia. La bambina le sorrise e disse: «Nonna».
  «Sì piccola» rispose lei, emozionata mentre la posava di nuovo a terra, «sono la nonna». Era la prima volta che lo diceva. Tracy si rivestì, prese la borsa e con un ultimo abbraccio a tutte e tre uscì di casa, chiudendosi la porta alle spalle. Come fu uscita Ali e Dana si voltarono a guardare Erica.
  «L’ha chiamata nonna? Ha davvero detto nonna?» fece quest’ultima meravigliata. Ali annuì incredula.
  «Non l’aveva mai detto, vero? La nostra bambina sta imparando a parlare, non riesco a credere che sia già così grande. Se ci distraiamo un po’ ce la ritroveremo all’università senza avere idea di come sia potuto succedere. Non è che con il nuovo bambino si sentirà trascurata?»
  «Ma no, Ali, come può venirti un’idea del genere? È una follia! Il nuovo bambino arriverà e noi ameremo lui o lei ed Erica esattamente allo stesso modo e daremo loro esattamente tutta la quantità di affetto di cui hanno bisogno. Smettila di preoccuparti» rispose Dana mettendole un braccio intorno alle spalle. Ali si voltò verso di lei e le sorrise.
  «Hai ragione» le disse. Dana si avviò verso la cucina e lei la seguì, rimproverandosi per le proprie preoccupazioni eccessive. Era così da sempre, non riusciva ad evitarlo. Era una fortuna che avesse incontrato Dana, che invece cercava sempre di vedere il lato positivo di ogni situazione. Erano in un equilibrio perfetto.
  Mentre Dana preparava la cena lei si diede da fare per apparecchiare la tavola. Intanto andavano avanti a parlare, ovviamente dell’argomento che in quel periodo premeva loro di più, cioè l’arrivo del nuovo bambino e di che effetti avrebbe avuto sulla loro famiglia e anche su Erica. Non sapevano bene come prepararla all’arrivo del nuovo fratellino, dal momento che era ancora così piccola. Poco dopo Dana annunciò che la cena era pronta e si sedettero a tavola una di fronte all’altra come ogni sera.
  Ad un certo punto a Dana venne un dubbio, che per quanto insensato la lasciò preoccupata. Alzò lo sguardo verso Ali e le chiese: «Non pensi...?»
  «Cosa?» fece l’altra con aria interrogativa. Dana sospirò e appoggiò la forchetta sul piatto. «Non pensi che fra qualche anno... magari... il nostro donatore decida di conoscere il bambino? Potrebbe succedere? Cioè io non credo, ma non si sa mai, no?»
«Non credo nemmeno io, Dana, tranquilla» rispose Ali. Per la prima volta era lei a consolare la moglie e non viceversa. «È anonimo e non penso proprio che cambierebbe idea. Forse sarà nostro figlio a voler conoscere chi gli ha dato metà del suo DNA e quella sarà un’altra faccenda... Ma è inutile pensarci adesso, non è ancora nato e abbiamo circa diciotto anni prima che arrivi quel momento. Stai tranquilla, tesoro». Le prese una mano e Dana sorrise.
  «Mia madre ha detto che secondo lei sarà un maschio. Sai? Lo penso anch’io. Forse è solo perchè dopo Erica vorrei avere un figlio per fare entrambe le esperienze».
  «Questo vuol dire che abbiamo ufficialmente cambiato idea sull’aspettare per avere la sorpresa?» chiese Ali con un sorrisetto. Era una domanda retorica. Dana sorrise in risposta. La cena continuò tranquillamente e serenamente. Erica aveva già mangiato e stava giocando per conto suo nel soggiorno, ma le sue mamme la tenevano sempre sott’occhio. Alla fine sistemarono la cucina e si concessero una serata di tranquillità, solo loro due e la loro bambina.
 
 
Circa un mese dopo era arrivato il momento di un’altra visita dal medico. In quelle settimane la stanza del bambino aveva decisamente cambiato faccia. Le pareti erano state dipinte di un delicato color verde prato e i primi mobili erano stati messi al suo interno, come la culla e un piccolo armadio. Ali e Dana volevano che fosse tutto perfetto per l’arrivo del bambino. Anche se avevano deciso di non aspettare per scoprire il sesso del bambino non avevano cambiato idea sullo scegliere tutte cose di colore neutro. Ci si poteva sempre sbagliare. Ma quella sarebbe stata una visita importante perché finalmente potevano scoprire se avrebbero avuto un maschietto o una femminuccia.
  Quel pomeriggio si recarono ovviamente insieme all’ospedale per la visita ed erano molto emozionate. Come ogni volta Ali si sdraiò sul lettino e Dana rimase in piedi accanto a lei e le tenne la mano per tutto il tempo. A fare l’ecografia non c’era lo stesso medico dell’altra volta; adesso c’era una donna nera sui quarant’anni che le accolse con un bel sorriso.
  «Allora!» esclamò. «Siete le future mamme, giusto? Vogliamo dare un’occhiata a quel nanerottolo? Venite, la mamma incinta si sdrai sul lettino, per favore!»
  Ali ubbidì subito e si sdraiò sulla striscia di carta, in mezzo alla ginecologa e a sua moglie. La dottoressa aveva già acceso l’ecografo e iniziò la visita. Come sempre iniziò a descrivere lo stato di salute generico del bambino, illustrandone le varie parti del corpo. Dopo aver sentenziato che era in perfetta salute chiese: «Per caso volete sapere il sesso?»
  «Sì» rispose Dana dopo un’occhiata veloce con Ali, «vorremmo sapere il sesso. Per favore».
  «Agli ordini!» esclamò la ginecologa. Cambiò angolazione all’ecografo e si mise a cercare. «Bene, possiamo vedere che... Non si vede un bel niente! Ha le gambe chiuse!»
  Girò lo schermo verso le due mamme e fece loro vedere che in effetti il bambino aveva le gambe incrociate e non si vedeva niente. «Sarà per la prossima volta» disse ridendo. Diede ad Ali della carta assorbente perché si pulisse il gel e alla fine le disse che poteva andare e che alla visita successiva avrebbero riprovato a controllare se il bambino era maschio o femmina.
  Mentre uscivano Dana prese Ali sottobraccio e osservò: «Comunque io sono sempre più sicura che sia un maschio. Non so perché, però ho questa sensazione precisa. Un bel maschietto... Io inizierei già a pensare ai nomi. Come ti piacerebbe chiamarlo?»
«Dana non lo so...» rispose Ali con aria perplessa. «Non sappiamo nemmeno se è un maschio. Facciamo che prima lo o la vediamo in faccia e decidiamo il nome giusto per lui o lei?»
  «Sì forse è meglio» osservò Dana. «Magari decidiamo il nome adesso e poi quando nasce ci rendiamo conto che non gli sta bene. O non le sta bene». All'improvviso allungò il braccio libero e appoggiò la mano sul ventre di Ali, che si stava lentamente ingrossando. «Sì posso avvertire la vibrazione. Sarà un maschio. E si chiamerà... Jonah».
  «Scusami?» fece Ali con espressione schifata. «Non se ne parla proprio! Mio figlio non si chiamerà Jonah! Niente nomi biblici, sono troppo impegnativi. Gli daremo un nome neutro».
  «D'accordo, d'accordo! Stavo solo scherzando!» esclamò Dana, sollevando le mani in segno di resa. «Però hai visto? Ha! Ne hai parlato al maschile anche tu, questa volta!»
  «No, io...» cominciò Ali, poi si interruppe e sorrise. «Per forza! Tu continui a parlarne al maschile, mi hai contagiata! Mancano ancora parecchie settimane alla nascita, dobbiamo avere pazienza. Lo so che non vedi l'ora di conoscerlo o conoscerla, per me è la stessa cosa».
  «Già non vedo l'ora» mormorò Dana, passandole un braccio attorno alle spalle. Poco dopo arrivarono alla macchina e salirono entrambe. Dana si mise alla guida, ormai era raro che lasciasse guidare Ali, anche se lei le diceva sempre di essere perfettamente in grado. La moglie però non voleva sentire ragioni, da quando avevano sfiorato un incidente quella volta mentre tornavano dalla società di adozioni, aveva molta più paura a viaggiare in auto e non voleva correre rischi inutili facendo guidare una donna incinta. Non voleva ammetterlo nemmeno con se stessa, ma era terrorizzata all'idea di perdere la sua famiglia, come era già quasi successo qualche mese prima, a causa di una loro lite.
  «Sai, in realtà non è che voglia saperlo poi così tanto» osservò Ali dopo un lungo silenzio. Dana, colta alla sprovvista, la guardò per un attimo con aria perplessa.
  «Non vuoi sapere cosa?» le chiese. Ali la guardò come se ciò che stava pensando dovesse essere ovvio anche per lei.
  «Il sesso del bambino, no? Non stavamo parlando di quello? Siamo tutti convinti che sarà un maschio, giusto? Quindi direi che possiamo aspettare ancora qualche mese e verificare di persona se avevamo ragione oppure no. Che ne dici?»
  «Immagino che sia una buona idea» replicò Dana lentamente. Sembrava sinceramente stupita. «Ma perché hai cambiato idea così all'improvviso?»
  «Non saprei» fece Ali stringendosi nelle spalle. «Credo perché in realtà preferisco avere la sorpresa. Ho avuto l'impressione che sia stato un segno il fatto che oggi avesse le gambe chiuse... Come se in realtà non dovessimo saperlo prima del tempo».
  «Sì...» osservò Dana pensierosa, «forse hai ragione».
 
 
Poco dopo arrivarono a casa e come prima cosa salutarono Taylor che aveva badato ad Erica mentre loro due erano fuori. «Avete saputo allora?» chiese lei con aria emozionata.
  «In realtà no, mamma» fece Ali con una leggera risata. «Il bambino aveva le gambe chiuse, ma non è un grosso problema. Abbiamo deciso che preferiamo la sorpresa dopotutto. Quel che sarà sarà».
  «Sapete che cosa dovremmo fare adesso?» disse Dana all'improvviso. Moglie e suocera si voltarono di scatto verso di lei con aria interrogativa. Lei sorrise. «Un baby shower!»
  «Un baby shower?» le fece eco Ali, inizialmente perplessa e poi entusiasta. «Sì, è una splendida idea! Potremmo invitare Fay e Kimmy e anche qualche mamma dell'asilo, preparare dei giochi, un sacco di cibo... Oddio, sarà fantastico!»
  «D'accordo, allora!» esclamò Dana con un gran sorriso, altrettanto entusiasta. «Iniziamo subito a organizzare, verrà fuori una festa fantastica, ne sono sicura». Ciò detto prese il telefono e telefonò subito alla sorella maggiore.
  «Kimmy, ciao, sono Dana! Senti vorremmo organizzare un baby shower settimana prossima! Vuoi venire?» rimase un attimo in silenzio mentre ascoltava. Alla fine disse: «Perfetto allora ti aspettiamo alle cinque! Mi raccomando niente marito!» la salutò e riattaccò. Nel frattempo Ali aveva telefonato a Faith e le aveva detto più o meno le stesse cose. Dopo loro due chiamarono una alla volta anche le mamme dell'asilo che volevano invitare, raccomandando a tutte di venire da sole.
  La festa venne organizzata con abituale maestria e fu davvero fantastica. C'era cibo per tutti i gusti, giochi divertenti e le future mamme ricevettero regali in quantità, tutti che sarebbero potuti andare bene tanto per un maschio come per una femmina. Era stata una loro richiesta specifica, data la loro ultima decisione in merito. Tra i doni c'erano vestitini e peluche, ma anche giocattoli e una culla nuova, visto che quella di Erica ormai era troppo vecchia e malandata per riuscire a sopportare il peso di un altro bambino. Kim aveva una pancia davvero grossa, ormai mancava poco, circa due mesi e fece sapere quasi subito che aspettava un'altra bambina. «Questa volta stiamo pensando di chiamarla Morgan» disse. «Oppure Alexandra».
  «Sono entrambi nomi bellissimi, Kimmy» disse Dana. Guardò Ali e aggiunse: «Noi non abbiamo ancora pensato ai nomi. O meglio, io sì, ma poi Ali mi ha detto che è meglio aspettare che nasca per vederlo, o vederla in faccia e scegliere il nome adatto».
  «Io ho fatto così quando aspettavo Thomas» disse Caroline, una delle mamme che avevano conosciuto all'asilo. Aveva tre figli, Thomas di cinque anni e i gemelli Chloe e Jason che avevano la stessa età di Erica. Ad Ali stava molto simpatica. Altre mamme raccontarono la loro esperienza, compresa Faith che sognava di chiamare un suo eventuale figlio Michael dall'età di cinque anni, ma si era sforzata di prendere in considerazione altre possibilità. E ora disse che lei e Dan stavano pensando di replicare. «Sono stata la prima ad avere un figlio» disse ad Ali e Kim, «e ora mi state superando tutte e due».
  «Allora forza! Mettetevi d'impegno e sfornate il secondo pargolo!» esclamò Ali mettendole un braccio attorno alle spalle. Si misero entrambe a ridere stupidamente, come quando erano ragazzine.
  «Oh, Ali» disse Faith. «Lo sai vero cosa ti aspetta prima di tutto? Il parto». Le altre mamme annuirono solidali. «Buona fortuna» fece Kimmy. Ali sentì un lieve velo di sudore freddo coprirle la fronte.
 
 
Più tardi quella sera Ali e Dana si ritrovarono sole, una volta finita la festa. Erica dormiva, così poterono avere un po' di tempo per loro due.
  «Allora cosa ne pensi?» chiese Ali a un certo punto. Dana scrollò le spalle.
  «Dipende a quello a cui ti stai riferendo» rispose. Ali fece un gesto vago con le braccia, poi si strinse nelle spalle a sua volta.
  «Non lo so, a tutto quello di cui abbiamo parlato oggi. Al parto per esempio». Dana fece un sorrisetto e le diede un bacio su una guancia.
  «Verrò con te al corso, naturalmente» osservò. «Ma per quanto riguarda il parto vero e proprio... Sono felice di non essere al tuo posto, amore mio».
  «Ecco. Grazie, sei molto carina» fece Ali sedendosi pesantemente sul divano. Sua moglie si sedette accanto a lei e le mise un braccio attrorno alle spalle.
  «Lo so» disse ridendo. «Ed è per questo che mi ami, giusto?»
  Rimasero in silenzio per qualche minuto, durante il quale Ali si appisolò leggermente. Le capitava abbastanza spesso nelle ultime settimane. Alla fine Dana riprese a parlare e lei si svegliò di soprassalto, guardandosi intorno leggermente spaesata.
  «Senti...» cominciò, «visto che non facciamo niente da qualche settimana... Per te è pericoloso... Andare sulle montagne russe, adesso?»
  «No... Ma vuoi davvero?» le chiese Ali, dubbiosa? «Guardami, guarda come sono ingrassata! Non mi offendo se dici che non ti piaccio più».
  «Oh andiamo, Ali, sul serio? Tu sei bellissima, adesso ancora di più. Piantala, non smetterai di piacermi così facilmente. Dai, vieni, andiamo a letto». Si alzò, allungò una mano e aiutò la moglie a fare altrettanto che la seguì un po’ controvoglia in camera. Malgrado quello che le aveva detto Dana lei si vedeva sempre più grassa e sempre meno attraente, ma sapeva anche che sua moglie non le avrebbe mai fatto dei complimenti che non pensava davvero solo per farla sentire meglio. Non era quel tipo di persona e Ali la amava anche per questo.
 
 
Era l’inizio di agosto. Erano passati diversi mesi dal baby-shower, così tanti che ormai Ali avrebbe partorito nel giro di un paio di giorni. Nel frattempo Kim aveva avuto una bella bambina che aveva chiamato, come tutti pensavano, Morgan e Faith giusto due settimane era passata a trovarle per annunciare di essere rimasta incinta per la seconda volta. E adesso toccava ad Ali e lei era sempre più terrorizzata all’idea del parto. Frequentare il corso e sapere che Dana sarebbe stata con lei tutto il tempo la aiutavano molto, ma tutte le neomamme parlavano del parto come un’esperienza veramente molto dolorosa. D’altra parte però non vedeva l’ora di partorire perché a voler essere onesti era stufa di essere incinta. Oltre a tutti le conseguenze sgradevoli della gravidanza si aggiungeva il fatto che aveva una voglia incredibile di conoscere il suo bambino. Suo e di Dana, ovviamente. Sperava con tutto il cuore che accadesse presto, nonostante avesse comunque paura del parto.
  Fu esaudita la settimana dopo. Era sera e Dana stava iniziando a preparare la cena e intanto parlava con lei. Però poi Ali si interruppe all’improvviso e Dana si voltò a guardarla. «Che succede?»
  «Amore...» disse Ali, guardandola con gli occhi sbarrati, «mi sa che ci siamo». Dana ricambiò il suo sguardo, altrettanto sconcertata.
  «Cosa? Vuoi... vuoi dire che stai per avere il bambino? Adesso? Proprio adesso?» le chiese. Ali annuì tenendosi il ventre.
  «Credo di sì. Anzi, ne sono sicura» rispose. «Qualcuno deve venire a tenere Erica! Chiama qualcuno!» esclamò e sua moglie annuì e prese il telefono. Intanto la guardava con occhi scintillanti di gioia.
  «Ommioddio stiamo per avere un bambino, stiamo per avere un bambino, stiamo per avere un bamb... Taylor!» Dana interruppe la sua cantilena all’improvviso quando la suocera rispose. «Ciao sono Dana! Potresti venire a badare a Erica? Devo portare Ali in ospedale, sta per avere il bambino!»
  Rimase un attimo in silenzio e aggiunse: «Perfetto, ci vediamo tra poco!» dopodiché riagganciò.
  «Partiamo non appena arriva, okay tesoro?» chiese Ali. L’altra annuì e corse in camera da letto a prendere la borsa dei vestiti che avevano preparato un paio di giorni prima. Tornò in soggiorno e poco dopo arrivò Taylor, così loro due saltarono in auto e corsero in ospedale. Arrivarono abbastanza velocemente e quando entrarono dal pronto soccorso un infermiere le fece accomodare in sala d’aspetto, dicendo: «Un medico sarà da voi non appena possibile».
  «Perfetto, grazie» rispose Dana, tenendo la mano di Ali che da qualche minuto aveva iniziato a soffrire “come un cane” a detta sua. «Come va, tesoro?» le chiese.
  «Fa male, Dana. Fa un male tremendo. Quando ci fanno entrare?» le chiese. Dana le mise un braccio attorno alle spalle e le diede un bacio sulla testa. Vide gli sguardi delle altre persone, ma non se ne curò, non contavano in quel momento.
  «Presto, amore. Sta’ tranquilla, adesso arriverà un medico e ti visiterà». Ali annuì e chiuse gli occhi, appoggiandole una testa sulla spalla. Un paio di minuti dopo arrivò un altro infermiere che la mise su una sedia a rotelle e insieme a Dana entrarono in sala parto. Arrivò una ginecologa che la fece sdraiare su un letto e cominciò a visitarla. Dana la osservava e si rese conto che la sua espressione era sempre più tesa e preoccupata. Alla fine uscì dalla stanza e lei la vide parlare a bassa voce con un altro medico.
  «Dana, che sta succendendo?» le chiese Ali. Lei le accarezzò la fronte. «Qualcosa è andato storto, vero? L’ho vista anch’io, quella non è l’espressione di una che pensa che andrà tutto bene. Adesso è uscita. Che c’è che non va? Vai... chiediglielo, ti prego».
  «D’accordo, aspetta un secondo» rispose Dana. Uscì dalla stanza e raggiunse i due medici. «Dottoressa Jones, mi dispiace disturbarla» cominciò torcendosi le mani. «Io e mia moglie ci stiamo domandando se ci sia qualcosa che non va. Che cosa succede?»
  «Signora, deve stare tranquilla» disse il secondo medico mettendole una mano sulla spalla. Dana lo guardò spaventata e fece un passo indietro. «Andrà tutto bene».
  «No, non è vero. Voi dite che andrà tutto bene quando le cose stanno precipitando. Mi dica la verità, che cosa sta succedendo?»
  «D’accordo, venga con me» le disse l’uomo, dopodiché tornò nella stanza di Ali, seguito da Dana e dalla ginecologa. Si passò una mano sul viso e continuò: «Signore Donnell, temo di dovervi dare una notizia spiacevole». Ali e Dana si strinsero la mano. «Dall’ecografia abbiamo visto che il bambino non è nella giusta posizione per un parto naturale. Dovremo procedere con un cesareo».
  «Perché? Qual è il problema?» chiese Ali. Dana annuì. «Sì spiegateci tutto».
  «Non c’è molto da spiegare» spiegò il medico. «Il bambino si presenta di spalla, molto semplicemente non può uscire. Il taglio cesareo è l’unica opzione disponibile».
  «Va bene, d’accordo. Grazie dottore» rispose Dana. Lui annuì e disse: «Torneremo non appena saremo pronti per la sala operatoria».
 
 
Più tardi i due medici tornarono, seguiti da uno specializzando e un paio di infermieri. Spostarono Ali su una barella e Dana le diede un bacio, le augurò buona fortuna e li guardò allontanarsi. Alla fine tornò in sala d’aspetto, dove vide che erano arrivati tutti quanti. C’erano Kim e Benji e poco dopo arrivarono anche i suoi genitori. «Ciao» fece lei, assolutamente meravigliata, andando ad abbracciare sua madre e suo padre. «Che ci fate tutti qui? Kim, dove sono Jake e le bambine?»
  «Sono a casa, ho preferito venire sola e non mobilitare tutta la famiglia. Come va? Ali sta bene?» rispose sua sorella. Benji si alzò e le andò incontro.
  «La mamma mi ha detto che Ali aveva le doglie e che stava tenendo Erica... Non potevo non venire. Allora cos’è successo?»
  «Ali è in sala operatoria» rispose lei, lasciandosi cadere su una sedia. Immediatamente furono tutti accanto a lei. «Devono farle un taglio cesareo. Ho una paura del diavolo. Quanto pensi che ci vorrà?»
  «Beh...» osservò Benji con aria saputa. «Un cesareo dura tra mezz’ora e quarantacinque minuti, salvo complicazioni. Ma tranquilla!» aggiunse all’improvviso notando l’espressione atterrita di Dana. «Sono sicuro che sia Ali che il bambino stanno perfettamente!»
  «Non stanno poi così bene o altrimenti mia moglie non avrebbe dovuto essere operata!» esclamò lei con voce isterica. «Scusa... Scusami».
  «Lo so che fa paura» le disse Benji mettendole un braccio attorno alle spalle, «ma devi stare tranquilla, davvero. Sì, è un intervento, ma è in anestesia locale e Ali è assolutamente in buone mani. Non ti preoccupare, prima che tu te ne accorga arriveranno a dirti che l’intervento è terminato e che sia lei che il bambino stanno alla grande. Vedrai che è così».
  «Spero che tu abbia ragione Benji» mormorò lei, alzandosi e iniziando a camminare avanti e indietro. Andò avanti così per una decina di minuti finchè Kim iniziò a lamentarsi.
  «Dana dacci un taglio, mi fai venire il mal di testa» le disse. Dana smise di camminare e anche se non aveva mai fumato in vita sua sentì l’improvvisa quanto insana voglia di una sigaretta; perciò andò a prendere una lattina di soda al distributore più vicino. In quel momento si avvicinò al gruppo lo specializzando che Dana aveva visto prima dell’intervento. «I familiari della signora Ali Donnell?»
  «Sì, siamo noi» disse Dana avvicinandosi. «Come stanno lei e il bambino? È andato tutto bene?»
  Il ragazzo si lasciò sfuggire un leggero sospiro, probabilmente dovuto alla stanchezza, ma Dana sbarrò gli occhi. «No...» mormorò terrorrizzata, mentre lo specializzando diceva: «Stanno bene. Mi dispiace se non sono uscito ad avvisarvi prima, ma non potevo allontanarmi dalla sala. In ogni caso stanno bene entrambi. Suo figlio è davvero bellissimo».
  «È un maschio?» esclamò Dana con un gran sorriso. «Posso vederli?»
  «Certo!» rispose il ragazzo. «Venga con me, sua moglie è già nella sua stanza. Non le abbiamo fatto l’anestesia totale perciò vedrà che è sveglia e cosciente. Potrebbe solo accusare dolori all’addome ed è assolutamente normale. Ecco è qua» aggiunse aprendo la porta di una stanza. Dana entrò e vide Ali semi-sdraiata nel letto e la culla del bambino accanto a lei.
  «Ali!» esclamò andandole incontro. La baciò e le chiese: «Come stai?»
  «Dana!» le rispose la moglie sorridendo. Aveva l’aria un po’ sofferente, ma per il resto stava bene. «Tutto okay. Guarda, c’è qualcuno che vorrebbe conoscerti»e indicò la culla con un cenno della testa. Dana si avvicinò e vide suo figlio per la prima volta.
  «Ali è stupendo!» mormorò. Lo prese in braccio e gli sorrise commossa. «Hai visto che avevo ragione? È un maschio. Allora, come lo chiamiamo?»
  «Io avevo pensato a un nome» disse Ali. «Poi dimmi se ti piace. Mason. Che ne pensi?»
  «Mason...» ripetè Dana guardando il bambino. Inclinò la testa da una parte e dall’altra. «Sì, mi piace!»
  Quasi come se le parole di sua madre fossero quello che aspettava, Mason si stiracchiò con aria rilassata e chiuse gli occhi. Ali e Dana lo guardavano come se non avessero mai visto niente di così meraviglioso. «Dovremmo chiamare mia madre» osservò Ali. «Erica vorrà conoscere suo fratello».
  Dana annuì e replicò: «Giusto. Adesso le telefoniamo. Ti amo». La baciò e le accarezzò una guancia. Ali sorrise. «Ti amo anch’io» disse piano. Si scambiarono un altro bacio e Dana uscì dalla stanza. Subito venne circondata da tutta la famiglia e cominciarono a tempestarla di domande. Come stava? Come l’avevano chiamato? Oh, e a chi assomigliava? Ali stava bene? Dana li fermò tutti e sorrise.
  «Va bene, potete entrare. Pochi alla volta, però! Benji» aggiunse poi, «che ne dici di chiamare tua madre? È con Erica e vorremmo che venissero qui».
  «D’accordo» disse lui. Prese il cellulare e si avvicinò all’ingresso. Dana invece tornò nella stanza di Ali e si sedette nella sedia accanto al suo letto. Era felice. No, più esattamente era al settimo cielo. La vita era meravigliosa: aveva una moglie fantastica e due figli stupendi. Non avrebbe potuto chiedere di più. Quando arrivarono anche i Donnell con Erica, Kim e i suoi genitori decisero che era meglio togliere il disturbo per evitare di creare una folla troppo grossa. Poco dopo gli altri seguirono il loro esempio e se ne andarono, lasciando la famiglia da sola. Erica guardò curiosa nella culla di plastica dove Mason stava dormendo. «Chi è?» chiese. Stava imparando a parlare e sembrava che ogni giorno conoscesse una nuova parola. «Il tuo fratellino, piccola. Sei contenta?»
  «Pecché?» chiese di nuovo, con aria interrogativa. Dana ricambiò lo sguardo. «Perché cosa, tesoro?»
  «Pecché un fatellino?» disse a questo punto Erica. Ali sembrava confusa. «Beh, è appena nato e fra qualche giorno lo portiamo a casa con noi. D’accordo?»
  «E io?» ribattè la bambina, con espressione offesa. Dana scoppiò a ridere. «Anche tu vieni a casa! Andremo a casa tutti e quattro insieme! Va bene così?»
  «Mh... Sì, mami» rispose Erica stringendole le braccia intorno al collo. Sua madre le diede un bacio sulla guancia continuando a ridere tra sè.
  Era tutto perfetto, pensò Ali guardandosi intorno. Aveva una famiglia meravigliosa e niente alla fine era riuscito a dividere lei e sua moglie. Avevano avuto tanti problemi, ma grazie all’intensità del loro amore tutto si era risolto e adesso erano lì in ospedale, ancora insieme e con due bambini stupendi. Sorrise a Dana che le diede un bacio leggero e alla fine guardò Erica e Mason e pensò che non avrebbe davvero potuto chiedere qualcosa di meglio. “La vita va alla grande” si disse. “Davvero alla grande”.
 
 
 
 
NdA: Lo so, lo so era una vita che non pubblicavo, ma ho avuto da fare e per un periodo non ho avuto nemmeno il computer. In ogni caso spero che sia valsa la pena aspettare e vi prometto di metterci di meno con il prossimo e, ahimè ultimo, capitolo. Grazie a chi leggerà, recensirà eccetera. Have fun!
 
 
 
 
 
 
 
  
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