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Autore: Duncneyforever    01/10/2015    3 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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La signora Miller ci accoglie calorosamente in casa loro; Friederick ne se sembra felice e si vede che è molto affezionato a lei. Il signor Miller, invece, si è ritirato nel suo studio, almeno credo che sia uno studio... sono solo riuscita a scorgere una scrivania ed una libreria prima che sbattesse la porta. 

Non è un uomo molto estroverso e neanche molto buono a detta del figlio, che a maggior ragione si atteggia in tutt'altro modo nei suoi confronti. Non capisco come possa essere tanto indifferente nei confronti di quell'unico figlio che reputa " malato " e che ripudia, come se fosse un errore. Avrebbe dovuto amarlo per ciò che era, quel dolce bambino rimasto tale, a discapito del trattamento a dir poco inumano che gli è stato riservato. Fried non pretende il suo orgoglio, ritiene che non ci sia nulla di onorevole in ciò che fa e vorrebbe solo essere apprezzato, sebbene sia diverso da tutti gli altri.

Ispeziono scrupolosamente l'interno della casa, non per impicciarmi o per estimarne il valore immobiliare ( perché alcune persone lo fanno, quando vengono invitate in case altrui ), ma per mera curiosità. È molto graziosa a dire il vero, accogliente e arredata secondo il gusto dell'epoca; trovo particolarmente bella la tinta vivace delle pareti e il lampadario del salotto, in cristallo. Fried e sua madre mi fanno fare un tour della casa, che non è né troppo grande, né troppo piccola, ma di dimensioni pregevoli, considerando le possibilità dell'epoca... Devono appartenere alla piccola borghesia, o non disporrebbero neppure di suppellettili così pregiati.... Ecco, quel vaso colorato ad esempio, è in vetro di Murano e quella brocca, sul tavolino da tè, in argento. Saliamo le scale e non posso fare a meno di notare i vari ritratti appesi: un quadretto mi ha colpita particolarmente, quello che ritrae un bimbo biondissimo che sorride tra le braccia dei genitori, anch'essi sorridenti. 

Cos'è accaduto a quella famiglia? Non c'è più traccia di quella felicità e negli occhi del padre è sparita ogni forma d'amore, anche la più primitiva. 

Resto qualche secondo a guardare quell'immagine, poi mi affretto a raggiungerli al piano superiore. Attraversiamo un corridoio sul quale si affacciano diverse porte, finché non ci fermiamo davanti ad una in particolare. Ilde mi fa entrare, gentilmente.

Un letto singolo, un'armadio, una poltroncina in pelle ed una scrivania. È perfetta! Assomiglia tanto a camera mia... 

- Se solo il mio bambino mi avesse avvisata, avrei provveduto a rimetterla in ordine. - Si giustifica la donna, aggiustandosi i capelli ricci e bruni. " Mamma! " Esclama Fried, imbarazzato nel sentirsi chiamare così. Lei accenna un sorriso intenerito e questo mi mette subito a mio agio. - Spero sia di tuo gradimento. -

- Signora... - Inizio, per poi correggermi. - Ilde, è davvero bellissima, non so davvero come ripagare la vostra ospitalità - proseguo, impacciata, rimarcando l'intenzione di volermi sdebitare in qualche modo.

- Un grazie sarà più che sufficiente - la voce di Fried, che fino a quel momento aveva taciuto, mi rassicura notevolmente. 

- Allora grazie mille - non sono mai stata particolarmente estroversa e trovarmi in una situazione paradossale ( per non dire paranormale ) mi rende ancora più insicura. Tuttavia, di fronte a tanta gentilezza, è impossibile non sciogliersi almeno un po'. 

- Ilde! Ilde! - La voce del signor Miller, al pian terreno, rimbomba per tutta la casa, richiamando all'ordine la consorte. Fosse stato mio marito a rivolgersi così a me, lo avrei buttato fuori a calci, però so che i tempi sono cambiati e che le cose, in quest'epoca, non erano semplici per le donne, che godevano di fatto di ben pochi diritti: erano mogli e madri; non si credeva potessero affrancarsi del tutto dagli uomini e sostentarsi da sole, diventare imprenditrici perfino. Oh, se solo sapessero che in Germania verrà eletta una donna come Cancelliere... Il signor Miller abbasserebbe quel tono tirannico e si mangerebbe il cappello. 

La signora si dirige pazientemente verso il corridoio, ma prima si rivolge ancora a noi, avvisandoci che il pranzo verrà servito tra una mezz'ora precisa. 

Siamo soli, ora. Lui si siede sul letto, poggiando la testa al muro, per poi sbuffare sonoramente. 

- Cosa ne pensi della mia famiglia? - 

- Tua madre è adorabile. - E non c'è proprio nulla da ridire su questo. La parte più complessa deve ancora venire. 

- Tuo padre è, è... un po', leggermente... - Non lo so neanche io cosa sto balbettando, sarà perché non ho parole per descriverlo. 

- Sí, lo penso anch'io. - Interviene per poi mettersi a ridere. - Mi mancherai terribilmente quando non sarai più qui con me. Le giornate saranno grigie senza di te. - Dichiara, con un filo di tristezza. 

- Mi mancherai anche tu, biondino... Ma non intendo deprimermi, è chiaro? Non so, sarò presuntuosa, ma credo davvero che ci sia una motivazione dietro a tutto questo. Un miracolo del genere non si presenta così, per caso. Magari devo portare a termine una missione, chi lo sa! - Va bene, che mi prenda anche in giro. Io almeno sto cercando di dargli il senso che forse non ha, perché mi conviene, piuttosto che arrendermi al corso degli eventi. 

Io farò ritorno, dovessi impiegarci dieci anni... Io non mi arrenderò mai. Voglio rivedere la mia famiglia, le mie amiche e la mi casetta che da sul noceto. Mi arrampicherò ancora una volta sull'albero su cui non sono più voluta salire a causa di quella brutta caduta e dimostrerò a tutti che non tempo niente, perché io ho viaggiato nel tempo, cazzo! E sarò l'unica a poterlo raccontare, in caso decidessi di non volerlo tenere segreto. Si pentiranno d'aver chiuso i manicomi, quando dichiarerò d'aver convissuto con un nazista scorbutico. 

- Se qualcosa qui da noi si può considerare " bello ", puoi star certa che lo stanerò per  te. Di bello c'è solo Berlino, per quanto mi riguarda. - Sospira stanco, fregandosi le mani sulle ginocchia. - Non è ciò che pensavi di trovare, immagino. - Sa già la risposta, quindi perché mi fa questa domanda?

- Io ho sempre amato il tuo Paese. Quel che sulla vostra storia e cultura, è frutto di questo amore. - Rispondo, sinceramente, dovendo poi ammettere che i nazisti siano stati molto abili a nascondere tutto. - Ma non tutti i tedeschi del tuo tempo sono uguali, Fried. Ho sempre pensato che fossero perlopiù dei fanatici e che nei loro occhi ci fosse solo male. Contemplavo l'esistenza di qualche eccezione, ma ritenevo che la maggior parte della popolazione fosse un gregge di pecore incapace di intendere e di volere. Ho commesso un errore, perché mi sono resa conto di non sapere nulla su come si viva sotto dittatura, con l'ansia perenne di poter essere deportata e ammazzata come un animale. Ma tu, amico mio, sei proprio diverso, il ragazzo più dolce e buono che ci sia. - Continuo con questo tono melenso, facendolo sorridere orgoglioso dopo tanto tempo. Nella semi-disgrazia, sono felice: appoggio le labbra sulla sua guancia, baciandolo. Quel contatto innocente riesce a farlo imbarazzare come pochi. Solo a guardarlo mi viene da ridere e così accade: anche lui, dopo essersi destato da quello stato di assenza, ricambia. 

Poi mi accorgo del cuscino che ho fra le braccia, mentre lui punta lo sguardo su quello alla sua destra: cominciamo una sorta di " battaglia " e, come dei bambini, ci divertiamo come pazzi. 
Le nostre risate riecheggiano in tutta la stanza, tra piume sparse qua e là e oggetti sotto sopra a causa nostra. 

Quando sentiamo la voce di suo padre chiamarci, la paura ci assale entrambi: la camera è un disastro, ma davvero, davvero un disastro... Cerchiamo di sbrigarci nel rimettere a posto; io raccolgo piume per la stanza e lui si occupa della disposizione degli oggetti. Nel giro di poco, la camera è tornata linda e pulita. Scendiamo in fretta le scale, precipitandoci verso la sala da pranzo che mi era stata indicata.

Il tavolo è davvero molto grande, già apparecchiato per quattro persone. Notiamo entrambi, con dispiacere, che uno dei posti è già occupato. Istintivamente mi guardo un po' in giro, soffermandomi sull'orologio a pendolo. 


Siamo in ritardo. 

Me ne vergogno, sopratutto davanti a quell'uomo, la cui pazienza ( ho già appurato ) è decisamente poca. Il biondino si siede davanti a lui, probabilmente per aiutarmi. Io trascino verso di me la sedia, così da potermi accomodare di fianco. Poco dopo veniamo raggiunti dalla signora Miller, che prende posto accanto al marito; mi sorprende ancora una volta l'eleganza di questa donna... A confronto, potrei sembrare quasi una scaricatrice di porto.

Mi sento ancora più nervosa al solo pensiero. 

Siamo seduti da qualche minuto. Nessuno parla. Il silenzio è quasi tombale, ma è destinato a non durare. 

- Allora, ragazzina... - Pronuncia quest'ultima parola con uno strano tono, tanto che un brivido mi sale lungo la schiena e si propaga in tutto il corpo. 

- Caro, avrà anche un nome questa ragazza, no? - Grazie al cielo, la gentilezza di cui questa domanda è intrisa, riuscirebbe a calmare chiunque, persino uomini come lui. 

- Mi chiamo Sara. - Intervengo, innocentemente. 

- Non è come credete, padre. - Continua il più giovane dei Miller, che si era limitato ad ascoltare. Noto uno strano scambio di sguardi tra i due, ma non penso di aver fatto chissà quale uscita... Mi sono presentata, che mai avrò fatto? 

Herr Aaron, intanto, mi continua a scrutare, indagatore, nonostante il rumore metallico che desta l'attenzione di quasi tutti presenti, compresa la mia: la domestica, una ragazza dell'età di Fried, porta la prima portata in tavola. Da brava mangia-spaghetti, non ho mai amato la zuppa ma, per educazione, decido di assaggiare comunque. 

Mi viene versato il contenuto in un piatto fondo e neanche il ragazzo sembra gradire più di tanto: ci lanciamo uno sguardo eloquente, che fa intendere benissimo la nostra opinione a riguardo. Senza farmi vedere, strizzo gli occhi, perché questa zuppa ha davvero un sapore terribile! mentre lui cerca di ingoiare il primo cucchiaio del " fluido " verdognolo. La ragazza dev'essersi volatilizzata dopo aver terminato il suo compito, poiché non l'ho più vista. 

Ne assaggio un altro sorso, ma il mio stomaco si chiude completamente, come se si rifiutasse di ingerirne ancora. La mia espressione di pura sofferenza fa scappare una risata a tutti, tranne al " vero nazista " ovviamente, che invece mi pone una domanda: 

- Hai detto di essere italiana, ragazzina, presumo che tu sia dalla parte del vostro Duce... - Quasi soffoco nel sentirmi interpellata sul mio orientamento politico. Tossisco un paio di volte, ricercando disperatamente lo sguardo del mio amico che, intanto, si era lasciato cadere il cucchiaio nel piatto. Ilde, al contrario, è rimasta muta, senza parole.

- Beh? Italienerin? - Insiste, irritato dal mio silenzio. 

- Vater! - Fried prende le mie difese, ma neanche ciò riesce a farlo crollare. 

- Beh ecco io... - Cosa rispondere? Che dico? Questo cena sotto il ritratto di Hitler e con la svastica dispiegata sulla parete, mica posso confessargli tutta la verità, nient'altro che la verità! 

- Non mi intendo molto di politica... Io mi ritengo liberale e repubblicana. - Affermo, incerta... ed in effetti, non è proprio una bugia. La mia ideologia è indefinibile, né di destra, né di sinistra e nemmeno del centro. Ho dovuto censurare di non trovarmi totalmente in disaccordo con il socialismo di Marx, questo sì. Una rivelazione come questa avrebbe potuto condurmi in un lager in qualità di dissidente politica. 

Ci manca pure questa! 

Cala nuovamente un gran silenzio. Lui non sembra soddisfatto della mia risposta, ma neanche particolarmente irritato.

Il quesito che formula dopo, però, mi lascia completamente spiazzata. 

- Und die Juden? Cosa pensi degli ebrei? - 

 

 

  
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