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Autore: la luna nera    02/10/2015    4 recensioni
La giovane Rose Morrison riceve dalla prozia Jacqueline, venuta a mancare alla rispettabile età di 107 anni, una strana eredità che non consiste in denaro o gioielli, ma in qualcosa di ancora più prezioso. Di cosa si tratta nessuno ancora lo sa e starà proprio a Rose arrivare a scoprirlo intraprendendo un cammino costellato di numeri, simboli e significati nascosti. Scoprirà anche il segreto della prozia che l'ha resa quasi una mezza strega agli occhi di molti. Accanto a lei il fidato zio Albert e l'irriverente quanto affascinante James Bradley.
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una settimana era trascorsa da quella prima incursione nella villa. Albert si era completamente ripreso dalla brutta infreddatura ed era ben deciso a riprendere le ricerche sulla misteriosa eredità che la zia Jacqueline aveva lasciato alla nipote. Aveva fatto visita alla tomba della sua parente prima di raggiungere la città di Londra e passare dalla libreria di James per dare un’occhiata alle ultime novità editoriali nonché informarsi sugli sviluppi della loro indagine, dato che non aveva avuto notizie né dal giovane né da Rose.
Varcò l’ingresso del locale che non era particolarmente affollato ed individuò il ragazzo in un angolo, seduto su uno sgabello intento a consultare alcuni libri. Non aveva neanche alzato la testa per vedere chi fosse entrato com’era solito fare, sembrava assente, con la mente apparentemente altrove e lo sguardo spento. Poco più in là suo padre stava servendo alcuni clienti, mentre un paio di signore di mezza età curiosavano fra gli scaffali in cerca di romanzi d’amore.
Gli si avvicinò, vide che il volume su cui era concentrato riguardava la numerologia e non ebbe bisogno di tanta immaginazione per capire il motivo che teneva incollata la sua attenzione su quelle pagine.
“Buongiorno James.”
“Sì, buongiorno….” Alzò finalmente la testa. “Oh, Albert siete voi. Non vi avevo visto entrare.”
“Me ne sono accorto.”
“Come state?”
“Non mi posso lamentare.” Fece una breve pausa. “Voi piuttosto? Avete un’aria strana.”
“Già.” I suoi pensieri in un lampo tornarono indietro di sette giorni, ripercorrendo  attimo dopo attimo tutti gli istanti vissuti con Rose, dal loro inaspettato quanto stupendo avvicinamento alla sconcertante scoperta della reale identità di Jhea. “Sono preoccupato per vostra nipote.” Il suo sguardo si perse nel vuoto. “Avete avuto modo di vederla negli ultimi giorni?”
“No, purtroppo mio fratello è fuori per lavoro e la mia adorabile cognata non mostra particolare simpatia nei miei confronti e dunque ho dovuto evitare di presentarmi presso di loro. Cos’è successo?”
“Venite, seguitemi nel retrobottega, ciò che sto per dirvi deve restare segreto.”
L’uomo si fece preoccupato e i passi necessari a raggiungere il locale indicato da James gli parevano interminabili. Chiuse la porta in modo che nessuno potesse udire la loro conversazione. Poi Bradley si voltò.
“Là, in quella casa c’è davvero qualcosa di anomalo e inspiegabile.” Due attimi di silenzio. “Abbiamo visto il fantasma di vostra zia.”
“Cosa?!”
“Mentre eravamo fra quelle mura qualcosa o qualcuno ha parlato a Rose forse telepaticamente dato che io non ho udito nulla, suggerendole di cercare nella camera da letto dove la vostra parente si è spenta. E’ lì che abbiamo visto quello spirito. E non è tutto: la donna misteriosa di nome Jhea è lei!”
L’uomo era rimasto esterrefatto, incredulo e perplesso. “No, un momento…. Spiegatevi meglio per favore… Chi è lei?”
“Quello spirito, quello di vostra zia intendo, ha subìto… come posso esprimermi… una metamorfosi, ecco, ed è apparsa Jhea.”
Albert si mise seduto cercando di metabolizzare la scoperta sorprendente. “Perbacco! Non avrei mai immaginato una cosa del genere!” Restò in silenzio tentando di riflettere.
La cosa aveva segnato nel profondo anche il ragazzo perché, nonostante avesse divorato libri su libri riguardanti il mistero, mai prima di allora si era trovato faccia a faccia con una tale situazione. Aveva navigato solo con la fantasia e l’immaginazione, ora stava vivendo  quelle avventure come il protagonista di una storia fantastica intrecciatasi chissà come con la realtà.
“E l’altro? ….Come si chiama.. Himmel! Chi è?” Albert ruppe il silenzio dopo quasi un minuto.
“Non si è presentato, non so cosa dirvi su di lui.”
“Potrebbe essere un trapassato?”
“Già, potrebbe, ad ogni modo ciò che mi preoccupa di più riguarda Rose.” Ebbe di nuovo gli occhi dell’uomo puntati addosso. “Lei era spaventata e voleva che la portassi via, ma quella l’ha ipnotizzata e costretta a restare al suo cospetto.”
“E voi non avete mosso un dito?!”
“L’avrei fatto se una forza invisibile non mi avesse sbattuto fuori. Mi sono quasi fratturato la spalla nel tentativo di sfondare quella porta…” Aveva la voce carica di risentimento. “Quando lei è uscita me ne ha dette di tutti colori. Era furiosa.”
“Beh, non è una novità.”
“Lo so ma… questa volta non era come i nostri soliti battibecchi: diceva di chiamarsi Ruhna e mi ha accusato di volerla separare da loro in quanto l’ho voluta accompagnare. Eravamo in due e il due significa appunto separazione, sto consultando questo antico testo nella speranza di trovare qualche illuminazione, ma ho la mente talmente in subbuglio che non ci sto capendo nulla.”
L’uomo restò in silenzio, riflettendo su quanto appena appreso e tentando di mettere in ordine le novità e dare loro un filo logico.
“Ho il forte sospetto che quella Ruhna sia un’entità impossessatasi di lei, altrimenti come spieghereste il fatto secondo cui lei sostiene di essere una di loro? Non so chi o cosa possa essere, ma l’ha fatta diventare una persona arida e priva di sentimenti, sembrava che in me vedesse un demone…” La sua voce si fece più sottile. “E pensare che pochi minuti prima mi ero illuso di scorgere uno sguardo diverso nei suoi occhi, l’avevo stretta fra le braccia e per poco….”
Si accorse che Albert lo stava fissando con meraviglia rendendosi conto del luccichio spuntato nelle sue pupille. “No! Non è come pensate!”
Ridacchiò. “Ragazzo mio, sono scapolo ma questo non significa che non riconosca l’amore.”
“Vi sbagliate… Sono solo troppo coinvolto nella faccenda, tutto qui.” Fece qualche passo recuperando il libro che stava consultando e avviandosi verso il negozio.
“James.” Attese di avere di nuovo la sua attenzione. “Sarebbe per me un’enorme soddisfazione vedervi a fianco di mia nipote per tutta la vita.”
Restò meravigliato e quel piccolo sorriso comparso sulle sue labbra fu la prima microscopica ammissione di quel sentimento che stava bussando alla posta del suo cuore.
 
“James, puoi raggiungermi? Ci sono tre persone che chiedono di te!” La voce autoritaria del padre lo fece tornare coi piedi per terra quasi completamente.
Quasi perché come un’illuminazione divina il numero delle persone che chiedevano di lui balenò nella sua mente. “Ma certo! Come ho fatto a non capirlo prima?!” Si voltò verso Albert prima di raggiungere il padre. “Il tre è il numero perfetto! E visto che quelli sembrano basarsi quasi esclusivamente sul loro significato esoterico dobbiamo tornare lì in tre così da rispondere per le rime.”
“Cosa? Non ho capito un accidente!”
“Come il due separa, così il tre unisce.” Strizzò l’occhio. “Fidatevi di me. Interpretando correttamente tali cifre risolveremo ogni cosa.”
Scomparve dalla sua vista dopo l’ennesimo richiamo del padre, lasciando Albert in sospeso: l’unica cosa che aveva ben compreso consisteva nel fatto che per l’ennesima volta la mente brillante del suo giovane amico aveva avuto la giusta intuizione.
 
Trascorsero i giorni e l’autunno iniziava a farsi sentire, celando nella nebbia le campagne che si susseguivano attorno alla città di Londra. Ogni qual volta i raggi del sole riuscivano ad avere la meglio ecco che i caldi colori delle foglie degli alberi apparivano in tutto il loro fascino intriso di malinconia, poiché stava a significare il loro lento declino.
Nessuno aveva più messo piede nella villa della defunta Jacqueline in quanto Rose non si era fatta viva da quel giorno in cui sosteneva di chiamarsi Ruhna. Albert era venuto a sapere che la nipote era stata costretta a letto dalla febbre quasi sicuramente causatale da tutta la pioggia che l’aveva bagnata quel giorno in cui si era recata presso il misterioso palazzo in compagnia di James.
 
 
L’elegante figura di Rose schermò la debole luce solare che entrava nel laboratorio dello zio che accolse la nipote con il solito sorriso.
“E’ un vero piacere vederti di nuovo in forma, cara.”
Rispose piegando le labbra in modo squisitamente cordiale. “Trovo in ottimo stato anche voi.”
“Devo confessarti che questa volta mi hai fatto davvero preoccupare.”
“Suvvia zio, un po’ di febbre non può mica essermi letale!”
“Non mi riferisco alla febbre.” La fissò in silenzio. “James mi ha detto tutto.”
La ragazza restò in silenzio, il suo pensiero volò indietro a quei minuti, forse ore, a cui si riferiva Albert.
“Cosa ti ha fatto quell’entità?”
“Io… non lo so.” Mormorò abbassando lo sguardo. Ricordava perfettamente tutte le sensazione provate quando James la stringeva a sé, ma dalla comparsa di Jhea era buio totale.
“Sai che quella donna è in realtà la zia Jacqueline?”
Annuì. “C’è anche un’altra cosa di cui non vi ho ancora detto e riguarda un terzo essere di cui non conosco il nome. Non è Himmel, ma qualcuno che è legato alla mia persona… E’ una strana sensazione che non so spiegarvi, però è così, credetemi.”
“Certo. Comunque devi fare attenzione e devi promettermi di non tornare mai più da sola alla villa, intesi?"
“Ve lo giuro.” Poi spostò l’attenzione sull’ammasso di lamiere che spuntava da un vecchio telo poco distante. “E quello cos’è?”
“L’automobile che mi sono costruito.” Scoprì la sua invenzione, ne era compiaciuto tanto quanto la ragazza era dubbiosa. “Funziona benino, devo solo ricontrollare alcune cose ma se vuoi te la faccio provare.”
Temeva di offenderlo rifiutando la proposta ma allo stesso tempo quel coso non le pareva troppo affidabile.
Lui invece era entusiasta mentre si accomodava al posto di guida. “Coraggio Rose, sali a bordo!”
“Beh, veramente io ero passata a chiedervi se potevate accompagnarvi alla villa ma se volete collaudare questa vostra invenzione, rimandiamo….” Sperava di dispensarsi dal provare quel marchingegno.
“Niente affatto! Andiamo a recuperare James e raggiungiamo la villa con l’automobile.”
“Non ce n’è bisogno, sono già qui.” Mr Bradley comparve all’improvviso nel vialetto del giardino proprio mentre Albert stava iniziando a mettere in moto la sua avveniristica invenzione.
Il suo arrivo fu quanto mai provvidenziale per la ragazza, sperava che la aiutasse nel convincere lo zio ad andare a piedi; l’automobile diede segni di vita, il motore pareva funzionare e tutte le lamiere che la componevano presero a vibrare vistosamente sotto l’entusiasmo del costruttore.
“Coraggio ragazzi, salite!”
Rose e James si guardarono in faccia, forse per la prima volta erano d’accordo: volevano declinare l’invito perché temevano che qualcosa non funzionasse a dovere e che corressero il rischio di fare una brutta fine. Per loro fortuna, pochi attimi prima che il ragazzo prendesse la parola, dal vano che custodiva il motore si staccarono un paio di bulloni e in un secondo uscì una nuvola nera e puzzolente che si alzò verso il cielo mentre l’automobile cessò di dare segni di vita.
“Bene.” Sentenziò James. “Direi che potremmo incamminarci a piedi.” C’era una buona dose di sollievo nelle sue parole.
“Umpf… E va bene.” Borbottò Albert visibilmente deluso. “ Tanto prima o poi la faccio ripartire.”
“Già, ma per il momento ce la siamo scampata bella…” Mormorò Rose strappando un sorriso al giovane.
Poco dopo tutti e tre si trovavano di fronte all’imponente cancello dell’abitazione di miss McEvans. Un brivido percorse la schiena della ragazza, sapeva di dover tornare in quel luogo, era consapevole di dover incontrare di nuovo Jhea di cui ora conosceva la vera identità, forse doveva vedere pure Himmel, di lui ignorava ancora ogni cosa. E poi c’era l’altro bellissimo misterioso: di lui non conosceva niente, ma era l’unico di loro la cui apparizione non le aveva provocato alcun malore.
“Stai bene, mia cara?”
“Sì zio, non preoccupatevi.”
Mentì spudoratamente. Quello che aveva vissuto poco più di una settimana prima le aveva fatto perdere parecchie ore di sonno: quando Jhea l’aveva costretta a restare presso il suo cospetto allontanando in modo violento il suo accompagnatore, era sempre cosciente e comprendeva perfettamente che una forza strana si stava impossessando di lei.
James la fissava, non riusciva a cancellare dalla sua mente quanto era accaduto in occasione della visita precedente: l’aveva stretta fra le braccia e per poco non era riuscito a rubarle un bacio prima che accadesse l’impensabile. “Bene, se siete pronti, entriamo.”
“Cosa vi fa pensare che questa volta andrà tutto bene?”
“Il semplice fatto che siamo in tre.” Rispose il giovane chiudendo il cancello dopo che tutti lo ebbero oltrepassato. “Ricordate quello che mi avete detto? Eravamo in due e ciò comporta separazione. Sostenevate di chiamarvi Ruhna e mi avete accusato di volevi dividere da colui verso il quale vi dovete muovere.”
Rose restò quasi turbata dal racconto: davvero aveva pronunciato quelle cose?
Non ricordava niente, forse le aveva pronunciate quando non era più padrona del suo corpo? L’unica cosa logica che poteva trovare conferma era la possibilità che colui verso il quale doveva muoversi era il bel misterioso.
“Nel significato dei numeri il tre è sinonimo di perfezione.” Proseguì James. “Alla luce di quanto abbiamo appreso fin ora, loro si basano esclusivamente sull’interpretazione di essi, rifiutano categoricamente l’imperfezione e tutto ciò che in qualche modo la riguarda.”
“E dunque?”
“Il tre è numero perfetto e in quanto tale non possono rifiutarci. Inoltre possiede una grande forza energetica grazie alla quale dovremmo riuscire ad andare oltre il velo del mistero che abbiamo davanti.”
Salirono le scale nonostante i battiti cardiaci fossero piuttosto accelerati dal timore di quello che poteva accadere da un momento all’altro. Giunsero di fronte alla camera da letto in cui il decimo giorno del settimo mese si era spenta l’ultracentenaria Jacqueline McEvans, Rose prese fiato e coraggio ed afferrò la maniglia. Non appena entrarono nella stanza non notarono niente di anomalo: tutto era rimasto immutato. Passarono in rassegna ogni dettaglio restando sempre sul chi va là fino a che Albert non posò gli occhi sul cofanetto di lapislazzuli azzurri che troneggiava in mezzo al comò. Ricordava benissimo che la zia ne era gelosissima e che si occupava personalmente della sua pulizia perché restasse lontano da mani sgradite. Oltre tutto era chiuso ermeticamente e nessuno pareva possedere la minuscola chiave che poteva entrare nell’altrettanto minuscola serratura presente nella parte frontale del cofanetto.
Nessuno eccetto Rose.
La ragazza aprì il coperchio sull’impugnatura della chiave estraendo quella piccolissima, si avvicinò all’oggetto dalle suggestive tonalità celesti e con il cuore in gola infilò la chiave nella serratura che, con un piccolo giro scattò ed il coperchio si sollevò di un paio di millimetri.
 


 
 
Ciao a tutti i vecchi e nuovi lettori!
Permettetemi di ringraziare di cuore voi che con le vostre recensioni e l’affetto dimostrato mi avete letteralmente fatto toccare il cielo con un dito. <3<3<3
 
Questo capitolo è in parte leggero perché stiamo entrando in una fase piuttosto delicata della vicenda: adesso sappiamo chi si nasconde dietro Jhea, cosa che ha colto di sorpresa più di un lettore. Ora resta da vedere come ciò sia possibile e cosa ha a che fare con Rose tutto questo.
 
Spero vivamente di riuscire a mantenere la promessa di aggiornare ogni venerdì, sono rimasta un po’ indietro ma sono fiduciosa di recuperare.
Voi intanto recensite!
Grazie a tutti e buon week end!
 
La Luna Nera

 
  
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