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Autore: Danmel_Faust_Machieri    03/10/2015    1 recensioni
Immaginate che l'accademia del duellante per i nostri eroi non sia ancora finita, immaginate un quarto anno, un futuro che si articola dopo la sconfitta di Nightshroud in cui non c'è stata ancora nessuna celebrazione per i diplomi, in cui Jaden non ha ancora combattuto contro Yugi.
Tutto ricomincia esattamente come l'anno prima perché è questo l'ULTIMO anno di accademia.
Eppure l'amore continua, l'amore supera il tempo e le alterazioni della storia, l'amore tra Jaden e Alexis tornerà a vivere o, forse meglio, continuerà a vivere.
Questa storia si incontrerà in più parti con gli ultimi episodi di GX fino anche ad inglobare il secondo film della serie, rivedremo la maggior parte dei personaggi che abbiamo conosciuto e tutto ricomincerà esattamente come prima solo per accorgerci che in realtà è tutto cambiato.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaden/Judai Yuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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IX- IO MI CONOSCO ORA

 
Oramai tutto era tornato alla tranquillità, i giorni passavano e in breve tempo, come se ci trovassimo in una favola, ci ritrovammo avvolti nel candore e nel gelo dell'inverno.
La neve continuava a cadere, delle volte per dei giorni interi, il sole sembrava invece essersi dimenticato di noi, ma questo scenario surreale non ci dava alcuna tristezza, anzi, ci entusiasmava, ci regalava un'allegria unica e incomprensibile per alcuni.
Jeden e Alexis dopo essersi affrontati celati dietro alla maschera delle loro oscurità erano tornati "amici" (metto questo termine tra virgolette per sottolineare il fatto che i loro comportamenti erano tornati quelli di prima quindi da amici che sono innamorati ma non riescono ad ammetterlo) e delle volte passavano pomeriggi interi a passeggiare sotto alla neve o a rintanarsi nel bar della scuola a bere qualcosa di caldo: insomma, oramai era palese che i due si piacessero ma nessuno dei due riusciva ad ammetterlo!
Io continuavo a tenere le mie lezioni alle quali si erano abituati ormai tutti, Hassleberry si era offerto di farmi da assistente quindi ogni tanto mi dava una mano a sistemare le lezioni, i compiti e tutte le mie scartoffie che si accumulavano qua e là  per la mia stanza. Un giorno, a quelli dell'ultimo anno, feci leggere uno dei miei brani preferiti tratto dal romanzo di Manzoni "I promessi sposi":

 

"oh!" disse: "che preziosa visita è questa! e quanto vi devo esser grato d'una sì buona risoluzione; quantunque per me abbia un po' del rimprovero!"
"Rimprovero!" esclamò il signore maravigliato, ma raddolcito da quelle parole e da quel fare, e contento che il cardinale avesse rotto il ghiaccio, e avviato un discorso qualunque.
"Certo, m'è un rimprovero," riprese questo, "ch'io mi sia lasciato prevenir da voi; quando, da tanto tempo, tante volte, avrei dovuto venir da voi io."
"Da me, voi! Sapete chi sono? V'hanno detto bene il mio nome?"
"E questa consolazione ch'io sento, e che, certo, vi si manifesta nel mio aspetto, vi par egli ch'io dovessi provarla all'annunzio, alla vista d'uno sconosciuto? Siete voi che me la fate provare; voi, dico, che avrei dovuto cercare; voi che almeno ho tanto amato e pianto, per cui ho tanto pregato; voi, de' miei figli, che pure amo tutti e di cuore, quello che avrei piú desiderato d'accogliere e d'abbracciare, se avessi creduto di poterlo sperare. Ma Dio sa fare Egli solo le maraviglie, e supplisce alla debolezza, alla lentezza de' suoi poveri servi."
L'innominato stava attonito a quel dire così infiammato, a quelle parole, che rispondevano tanto risolutamente a ciò che non aveva ancor detto, né era ben determinato di dire; e commosso ma sbalordito, stava in silenzio. "E che?" riprese, ancor piú affettuosamente, Federigo: "voi avete una buona nuova da darmi, e me la fate tanto sospirare?"
"Una buona nuova, io? Ho l'inferno nel cuore; e vi darò una buona nuova? Ditemi voi, se lo sapete, qual è questa buona nuova che aspettate da un par mio."
"Che Dio v'ha toccato il cuore, e vuol farvi suo," rispose pacatamente il cardinale.
"Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov'è questo Dio?"
"Voi me lo domandate? voi? E chi piú di voi l'ha vicino? Non ve lo sentite in cuore, che v'opprime, che v'agita, che non vi lascia stare, e nello stesso tempo v'attira, vi fa presentire una speranza di quiete, di consolazione, d'una consolazione che sarà piena, immensa, subito che voi lo riconosciate, lo confessiate, l'imploriate?"
"Oh, certo! ho qui qualche cosa che m'opprime, che mi rode! Ma Dio! Se c'è questo Dio, se è quello che dicono, cosa volete che faccia di me?"
...
A misura che queste parole uscivan dal suo labbro, il volto, lo sguardo, ogni moto ne spirava il senso. La faccia del suo ascoltatore, di stravolta e convulsa, si fece da principio attonita e intenta; poi si compose a una commozione piú profonda e meno angosciosa; i suoi occhi, che dall'infanzia piu non conoscevan le lacrime, si gonfiarono; quando le parole furon cessate, si coprì il viso con le mani, e diede in un dirotto pianto, che fu come l'ultima e piu chiara risposta.
"Dio grande e buono!" esclamò Federigo, alzando gli occhi e le mani al cielo: "che ho mai fatto io, servo inutile, pastore sonnolento, perche Voi mi chiamaste a questo convito di grazia, perche mi faceste degno d'assistere a un sì giocondo prodigio!" Così dicendo, stese la mano a prender quella dell'innominato.
"No!" gridò questo, "no! lontano, lontano da me voi: non lordate quella mano innocente e benefica. Non sapete tutto ciò che ha fatto questa che volete stringere."
"Lasciate," disse Federigo, prendendola con amorevole violenza, "lasciate ch'io stringa codesta mano che riparerà tanti torti, che spargerà tante beneficenze, che solleverà tanti afflitti, che si stenderà disarmata, pacifica, umile a tanti nemici."
"E' troppo!" disse, singhiozzando, l'innominato. "Lasciatemi, monsignore; buon Federigo, lasciatemi. Un popolo affollato v'aspetta; tant'anime buone, tant'innocenti, tanti venuti da lontano, per vedervi una volta, per sentirvi: e voi vi trattenete... con chi!"
"Lasciamo le novantanove pecorelle," rispose il cardinale: "sono in sicuro sul monte: io voglio ora stare con quella ch'era smarrita. Quell'anime son forse ora ben piú contente, che di vedere questo povero vescovo. Forse Dio, che ha operato in voi il prodigio della misericordia, diffonde in esse una gioia di cui non sentono ancora la cagione. Quel popolo è forse unito a noi senza saperlo: forse lo Spirito mette ne' loro cuori un ardore indistinto di carità, una preghiera ch'esaudisce per voi, un rendimento di grazie di cui voi siete l'oggetto non ancor conosciuto." Così dicendo, stese le braccia al collo dell'innominato; il quale, dopo aver tentato di sottrarsi, e resistito un momento, cedette, come vinto da quell'impeto di carità, abbracciò anche lui il cardinale, e abbandonò sull'omero di lui il suo volto tremante e mutato. Le sue lacrime ardenti cadevano sulla porpora incontaminata di Federigo; e le mani incolpevoli di questo stringevano affettuosamente quelle membra, premevano quella casacca, avvezza a portar l'armi della violenza e del tradimento.
L'innominato, sciogliendosi da quell'abbraccio, si coprì di nuovo gli occhi con una mano, e, alzando insieme la faccia, esclamò: "Dio veramente grande! Dio veramente buono! io mi conosco ora, comprendo chi sono; le mie iniquità mi stanno davanti; ho ribrezzo di me stesso; eppure...! eppure provo un refrigerio, una gioia, sì una gioia, quale non ho provata mai in tutta questa mia orribile vita!"
 

 
Innanzitutto mi dovetti scusare con la classe per la lunghezza del brano letto (e ne approfitto per scusarmi anche con te lettore ma amo troppo queste pagine del romanzo) poi spiegai chi erano i due personaggi: uno era l'uomo più crudele che questo mondo abbia mai visto, oscuro, malvagio; l'altro, invece, era un santo in terra, un cardinale meraviglioso nei gesti e nelle parole. "Questo dialogo tra l'Innominato e il cardinale Federigo Borromeo è uno dei momenti più alti della letteratura italiana. Ma sentite la potenza delle parole! Sentite il pentimento dell'Innominato per ciò che era, per ciò che fece. Se ne accoorge e il cardinale lo perdona, anzi, fa di più, si scusa con lui perché ha aspettato che lui facesse la prima mossa, ha aspettato che lui si recasse al suo cospetto quando in realtà era lui che si doveva muovere. L'Innominato non crede a quello che sente: perché quella luce, perché quella colomba sta parlando con lui che altro non è che un misero corvo? Lui non vuole che il suo candore si sporchi con la sua oscurità tant'è che cerca di fuggire anche al contatto fisico; ma le parole ti abbracciano quando meno te lo aspetti, ti braccano e ti mettono davanti alla realtà... Solo allora l'Innominato cede all'abbraccio del cardinale e solo allora lui dice di "conoscersi", solo allora ritrova il vero se stesso! E voi? Avete intenzione di muovervi o volete continuare ad aspettare? Volete ammettere la verità? Riuscite a conoscervi?"
Mi ero interrotto per lasciare la parola agli studenti ma ad un certo punto l'altoparlante emise dei rumori metallici poi la voce del dottor Crowler si diffuse per tutta l'aula "Il professor Alfivelli e gli studenti Yusuke Fujiwara, Atticus Rhodes e Jaden Yuki sono attesi nell'ufficio del cancelliere, immediatamente". I tre ragazzi si guardarono confusi tra di loro poi io e Jaden ci guardammo per un istante negli occhi, lui si incamminò fuori dalla classe seguito dagli altri due mentre io mi scusavo per l'inconveniente promettendo che saremmo tornati il prima possibile. Nell'ufficio del cancelliere entrarono prima i tre ragazzi lasciando me fuori dalla porta; dentro si trovavano Sheppard e Crowler ad aspettarli, la preoccupazione sembrava aggirarsi per l'aria... "Ragazzi scusate se vi abbiamo convocato così nell'immediato ma non volevamo perdere tempo..." iniziò a dire il cancelliere "Visto quello che qualche tempo fa è successo ad Alexis abbiamo avuto il timore che Nightshroud potesse risvegliarsi" A sentire quel nome il sangue dei tre ragazzi si gelò: Fujiwara e Atticus erano stati sopraffatti da quell'essere, mentre Jaden aveva contribuito a risvegliarlo con il suo duello contro Yubel ma poi era riuscito a sconfiggerlo l'anno prima. "Le squadre che abbiamo incaricato non sono riuscite a verificare nulla... Non hanno raccolto nessun dato neanche su recenti attività legate all'oscurità in questa scuola" "Ma scusi" disse Yusuke "Alexis ha risvegliato l'oscurità è impossibile che non abbiano rilevato questo avvenimento!" "Infatti è per questo che vi abbiamo chiamato" Proseguì Crowler "Non ci fidiamo delle ricerche svolte da quelle squadre quindi abbiamo deciso di affidarci a voi. Voi siete entrati in contatto diretto con quell'essere e sappiamo che potrete riuscire a rilevare dei dati importanti!" "Ma professore come possiamo fare da soli noi tre?" ribattè Atticus "Non sarete da soli" disse pacato Sheppard "Delle persone vi stanno attendendo al dormitorio abbandonato, vi consiglio di recarvi subito là per parlare direttamente con loro. Ora potete andare e fate pure entrare il professor Alfivelli".
I tre ragazzi raggiunsero il dormitorio abbandonato superando i cumuli di neve che si ostacolavano l'ingresso alla struttura, scesero nei sotterranei e si trovarono davanti degli strani macchinari che non avevano mai visto lì fino a quel momento
"Jaden quanto tempo è passato" quella voce era così familiare per i tre ragazzi... Si voltarono e videro Sartorius che spingeva una carrozzina su cui era seduto Kagemaru
"Sospettavo che sareste stati voi due i nostri "tutori"" disse sereno Jaden
"Beh ti sbagli solo su una cosa" sorrise Kagemaru "Saremo in tre"
"E chi sarebbe il terzo?" chiese Atticus
"Io" risposi scendendo le scale del sotterraneo
"Professor Alfivelli lei cosa centra con questa storia?" mi chiese Jaden sorpreso
Sartorius "Non gliene hai parlato Dante?"
Atticus "Voi due vi conoscevate già?"
Io "Ora vi racconterò rapidamente tutto. Io e Sartorius abbiamo frequentato l'accademia negli stessi anni, lui era un'Obelisk mentre io ero uno Slifer, eravamo degli amici-rivali. Quando noi studiavamo questo dormitorio era al massimo del suo splendore e sopra a questa stanza c'era una biblioteca enorme, io passavo i miei giorni in quella stanza a leggere con il mio gruppo di amici e Sartorius si esercitava nelle sue pratiche di divinazione con noi. Un giorno, io e Sartorius, durante il nostro ultimo anno, trovammo le scale che conducevano a questo seminterratto e incontrammo Nightshroud, sapevamo che avrebbe potuto renderci immensamente più forti quindi, stupidamente, stringemmo un accordo: Sartorius voleva essere in grado di prevedere il futuro, io volevo riuscire a vedere gli spiriti. I nostri desideri vennero esauditi e Nightshroud ci diede una carta a testa per sigillare l'accordo, due carte che ancora oggi utizziamo nei duelli e sono "Energia Arcana EX il signore luminoso" e "Sigillo di Orichalcos". Eravamo stati degli ingenui e ben presto l'oscurità ci divorò... Sarotius non aveva avuto problemi con quel potere fino a due anni fa quando tu, Jadem, lo hai fermato, invece, io... Io..."
Sartorius "La mente di Dante venne corrotta molto prima dall'oscurità, Nightshroud lo desiderava immensamente, aveva visto qualcosa in lui e in pochi giorni divenne un suo seguace"
Jaden "E come ha fatto a liberarsi dall'oscurità?"
Io "Mi ha salvato quella che poi sarebbe diventata mia moglie"
I ragazzi non potevano credere a quella storia, mi chiesero molto altro e io gli raccontai tutto, cose che non scriverò in questa storia ma che serbo per un'altra occasione.
Da quel momento le ricerche divennero estenuanti: ogni pomeriggio ci ritrovavamo in quel sotterraneo a prendere dati, ad analizzarli e a duellare, ognuno di noi utilizzava il potere che l'oscurità gli aveva concesso: Sartorius utilizzava il deck che usò contro Jaden, Kagemaru le Bestie Sacre (eravamo riusciti a contenere i loro poteri quindi non ci sarebbero stati problemi), Atticu e Yusuke uravano la Maschera, io il potere dell'Orichalcos e Jaden il deck del Sovrano Supremo. Dopo quei pomeriggi eravamo esausti e le mattine in classe divennero pian piano insopportabili, gli unici professori a sapere di questi esperimenti eravamo Crowler ed io e invitavamo i tre studenti a restarsene in camera a riposare ma i loro amici si accorsero della loro stanchezza e, più di tutti gli altri, Alexis iniziò a preoccuparsi.
Una sera mentre Jaden rientrava al dormitorio dopo gli esperimenti venne fermato di colpo da Chazz "Yuki io e te dobbiamo parlare!"
"Dimmi pure Chazz" disse Jaden con un filo di voce
"Ho deciso di lasciarti in pace riguardo Alexis ma non tollero che tu la faccia preoccupare, ci siamo intesi?"
"Alexis è preoccupata per me?"
"Siamo tutti preoccupati per te, per Atticus, per Yusuke e anche per il professore. Non so cosa state facendo ma siete ridotti uno straccio ogni giorno!"
"E Alexis cosa centra con questo?"
"Allora sei veramente un cretino! È preoccupata per te! So siete usciti insieme parecchie volte nelle ultime settimane e, di punto in bianco, sei sparito, non le parli più e la mattina ti presenti in classe che sembri uno zombie! Vuoi capire che la stai facendo soffrire!? Vuoi capire che lei è innamorata di te!?"
Jaden non sapeva cosa dire
"Io ho accettato i suoi sentimenti e mi son fatto da parte ora tocca a te farlo e giuro solennemente che se la farai stare ancora male io ti farò a pezzi con le mie stesse mani!" Chazz si stava allontanando quando Jaden lo prese per un braccio e lo fermò "Grazie Chazz..." lui sorrise "Jaden, vai lei aspetta solo te!" dopo quelle parole i due si diedero il pugno, un pugno che poi si aprì in un solenne abbraccio di ritrovata amicizia. Jaden solo allora si conobbe.

   
 
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