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Autore: Zury Watson    04/10/2015    1 recensioni
Se il finale di stagione non vi ha soddisfatto, siete nel posto giusto.
Le morti che abbiamo visto nella 3x12 e nella 3x13 non si sono mai verificate, Re Riccardo è rimpatriato e ha rimesso in sesto ogni cosa. Nottingham è stata distrutta ma il suo destino è di essere ricostruita. Robin, Archer e Guy amministrano Locksley non smettendo per questo di aiutare chi ha bisogno e in tale contesto si inserisce Kaelee, una giovane donna arrivata da un villaggio vicino.
Capitoli in revisione (Revisionati 1-16)
Genere: Avventura, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Guy di Gisborne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ventidue


Lo voglio

Locksley.

Nelle settimane precedenti l'evento tanto atteso, Kaelee aveva impedito più o meno a mezzo villaggio di svolgere le normali attività quotidiane. Si era presa la briga di assegnare, con la dolcezza e la gentilezza di cui era capace, un mucchio di compiti ad un consistente numero di persone affinché tutto fosse quanto più possibile assimilabile a oggettiva perfezione. Del resto aveva ormai molta familiarità con gli abitanti di Locksley ed era quindi in grado di determinare chi avrebbe potuto svolgere meglio cosa e sapeva, inoltre, quanto fosse difficile resistere alla sua esuberanza negandole qualcosa. Naturalmente aveva lei stessa preso parte ai preparativi - dettare ordini e sedersi su un alto seggio non era proprio nelle sue corde - sebbene per farlo avesse dovuto trascurare per un po' di tempo Gisborne il quale, dal canto suo, aveva approfittato della momentanea distrazione di lei per portare a termine ciò che sentiva e sapeva di dover fare.
Infine, dopo una notte agitata dall'insonnia di molti, il gallo aveva cantato sancendo sonoramente l'arrivo di un nuovo giorno. Quello in questione, però, quello che il sole aveva da qualche ora inaugurato con i suoi raggi d'oro, era tutt'altro che uno dei tanti. Era il giorno delle nozze di Kate e Much, il momento esatto in cui i due si sarebbero giurati amore eterno dinanzi a Dio, parenti ed amici.

«Sono orribile! E guarda i miei capelli!», sbottò Kate evidenziando l'isteria che la pervadeva da capo a piedi. «Non sono mai stati tanto ingovernabili! Verrò abbandonata all'altare, altroché! Robin ringrazierà il giorno in cui ha deciso di lasciarmi», concluse battendo le mani sull'abito in segno di stizza e resa per poi strapparsi letteralmente le forcine che sua madre le aveva pazientemente sistemato con l'unico intento di dar forma all'acconciatura concordata settimane addietro.
L'esclamazione finale della donna aveva freddato i presenti, ad eccezione di Nettie che poco o nulla conosceva dei trascorsi amorosi tra Kate e Robin e che, pertanto, lasciava trasparire soltanto una lieve sorpresa dallo sguardo allungato.
Gli occhi già grandi di Kaelee, invece, si spalancarono completamente mentre li fissava in quelli chiari e allagati della donna che in poco tempo era diventata una sorella per lei. Ciò che aveva stupito la giovane non era il modo in cui Kate stava affrontando uno dei giorni più importanti di tutta la sua vita, quello che sicuramente segnava una svolta decisiva per lei e Much, ma il fatto che proprio quel giorno pensasse a Robin Hood, ovvero all'uomo che pur ricevendo da lei amore incondizionato si era infine dichiarato incapace di ricambiarla. Nessuno gliene aveva fatto una colpa, nemmeno Kate, ma non si poteva negare l'evidenza. Perciò perché la donna, che ormai aveva superato il trambusto dovuto al naufragio della relazione, stava tirando in ballo quella ferita che Much aveva con tanta pazienza cercato di curare? Questo Kaelee si domandava.
Dopo lo sconcerto iniziale, lo sguardo della giovane donna si fece serio e severo: voleva bene all'amica, la comprendeva e ne tollerava i tracolli emozionali, ma non sarebbe stata mai capace di assecondarla sapendola in errore, soltanto per compiacerla. Anzi, proprio in nome dell'amicizia che le legava, Kaelee si sentiva in dovere di farla ragionare e di difendere Much, anch'egli suo amico.
«Cosa c'entra Robin adesso?», domandò con calma fermezza, le braccia incrociate.
Kate abbassò lo sguardo sui propri piedi, consapevole. «Niente», mormorò, «L'ho detto così per dire. Lo sai che quando sono nervosa parlo a sproposito!». La sua voce crebbe di pari passo con il numero di parole pronunciate mentre sbatteva i piedi come una bambina capricciosa. «Tra poche ore mi sposo! Ho il diritto di essere isterica, non trovi?», strillò con le lacrime agli occhi e una voglia irrefrenabile di sfuggire allo sguardo color caramello della sua amica. Così, in un impeto di rabbia - per aver nominato Robin, per aver mancato di rispetto a Much e per aver deluso Kaelee - voltò le spalle ai presenti e si chiuse nella stanza adiacente accompagnata dal sospiro di Kaelee.
Entrambe sapevano che quest'ultima sarebbe riuscita a restituire sorriso e sicurezza a Kate. Entrambe sapevano che tutto sarebbe andato bene.
Entrambe sapevano inoltre che nessuna delle due sarebbe riuscita ad affrontare i drammi dell'esistenza umana in totale assenza dell'altra.

"Padrone... Robin, amico... fratello, io ecco, ciò che sto cercando di dirvi in questo giorno speciale... speciale per noi, cioè per me e... No! No! No! Così non va! Much, sei uno stupido!", si disse.
Much non aveva quasi chiuso occhio, complice la presenza del suo migliore amico fermatosi da lui dopo una serata trascorsa a mangiare, bere e raccontare aneddoti, - lo stesso Robin Hood che in quel momento gli stava offrendo un bicchiere contenente qualcosa che Much non si preoccupò di identificare prima di berne - e tentava di trovare un filo logico ai propri pensieri, confusi più o meno da una vita. Il compito gli risultò particolarmente difficile per un insieme di concause quali l'agitazione prematrimoniale, il mancato sonno e un mucchio di inutili preoccupazioni molto somiglianti a quelle che attanagliavano Kate qualche abitazione più in là. Ciò che Much voleva e non riusciva a fare era mettere Robin a conoscenza, ancora una volta, dell'intenso sentimento di amicizia che lo legava a lui, quasi sentisse il bisogno di rassicurarlo in qualche modo per l'imminente separazione. E di rassicurare se stesso, in fondo. Dall'ultima volta che i due avevano vissuto una vera avventura, una di quelle che ti costringono a nasconderti schiena contro schiena, camuffarti e agire in fretta e in sincrono se non vuoi perdere la vita in un attimo, era trascorso diverso tempo e un po' Much rimpiangeva il periodo passato in Terra Santa, perché in quel frangente temporale lui e Robin erano stati più che mai affiatati, più che mai legati l'un l'altro. Già con il rientro in Inghilterra, a Locksley, qualcosa era cambiato nel loro rapporto e ancor prima che Much rimettesse piede in terra inglese preoccupazione e tristezza avevano conquistato gran parte del suo cuore. Ciò che più gli aveva causato dispiacere, e lo confondeva un po' tutt'ora quando ci rifletteva su, era l'inevitabile separazione da Robin il quale come signore di Locksley non avrebbe più avuto tempo per lui, un semplice servitore destinato - grazie all'innegabile bontà del suo padrone - al titolo di Lord e a divenire proprietario di una tenuta in quel di Bonchurch. Nonostante non desiderasse altro che migliorare la propria condizione sociale, la paura di perdere ogni contatto con Robin Hood lo aveva reso malinconico oltre ogni dire e sebbene la presenza di Vaisey a Nottingham in qualità di nuovo Sceriffo avesse arrecato ingenti danni a tutta la popolazione della Contea, Much aveva scoperto una punta di inusuale - e forse fuori luogo - contentezza dentro di sé quando aveva capito che l'avventura con Robin non era ancora giunta al termine.
A poche ore dal matrimonio con Kate, la donna di cui si era innamorato nell'ultimo periodo trascorso nei panni di fuorilegge e a cui aveva rinunciato per amore della stessa e del suo amico arciere per poi riconquistarla successivamente, i pensieri dell'uomo non erano molto diversi da quelli di qualche anno prima. Alla fine si sarebbe trasferito a Bonchurch, avrebbe messo su famiglia e grazie al nuovo titolo nobiliare avrebbe assicurato ai suoi cari una vita serena mentre Robin sarebbe rimasto a Locksley con i suoi fratelli. Certo, si sarebbero visti spesso dal momento che Kate aveva promesso a Kaelee che non si sarebbero mai separate sul serio, però Much sapeva quanto Robin gli sarebbe mancato e quanto difficile sarebbe stato gestire quella gelosia che sempre lo attanagliava quando l'arciere dedicava attenzioni ad altri membri della vecchia banda. Aveva sempre pensato di essere speciale per lui, ma spesso aveva temuto di esserselo soltanto immaginato.
Invece Robin lo riteneva davvero un amico di inestimabile valore, gli voleva bene anche se non si era accorto per molto tempo di aver trattato Much come suo subordinato pur avendolo reso a tutti gli effetti un uomo libero nel momento stesso in cui entrambi erano tornati in patria.
Robin Hood era una brava persona, ma non era perfetto e, come molti uomini in questo mondo, gli capitava di sbagliare o di non interpretare correttamente la realtà che aveva stotto al naso. Oppure di ferire involontariamente i suoi cari.
«Sai, Much», esordì sorseggiando la sua bevanda con aria pensierosa, un accenno di sorriso sulle labbra e lo sguardo molto lontano da Locksley e dall'Inghilterra, «Penso che mi recherò ad Acri».
Per Much fu come ricevere un calcio in pieno stomaco. Le dita strette attorno al bicchiere. Le labbra contratte.
«Mi piacerebbe rivedere Will e Djaq», aggiunse dopo una breve pausa accompagnata da un altro sorso.
Robin non lo stava neanche guardando, quasi non gli importasse dell'identità del suo interlocutore. Much dimenticò tutto. Kate, il matrimonio, Bonchurch. Tutto scomparve dinanzi alla prospettiva che Robin partisse senza di lui e la paura che lo aggredì fu talmente violenta da impedirgli di arginare e dissimulare le proprie emozioni come molte volte in passato si era costretto a fare, riuscendoci.
«Ma, padrone!», strillò con voce acuta. Le mani che gli tremavano mentre posava il bicchiere sul tavolo.
Robin si accorse in ritardo di aver sbagliato completamente i tempi: quella rivelazione rischiava di mandare a monte l'intera cerimonia.
«Voi! Proprio voi che non riuscite neanche a parlarne ora volete tornarci! In Terra Santa!», esclamò, sbiancando soltanto per avvampare un momento più tardi. Terrore, incredulità e dolore nei suoi occhi. «Che sciocchezze mi raccontate! Oh... Ma deve essere uno scherzo!», affermò poi abbandonandosi ad una leggera risata isterica. «Voi mi prendete in giro ed io ci casco sempre, non è così?», concluse dando una pacca sulla spalla ad un interdetto Robin Hood.
L'incapacità di accettare una simile eventualità aveva spinto Much a considerare l'idea che il suo amico avesse voluto spaventarlo per scherzo, ancora una burla da ragazzini prima che lui divenisse ufficialmente un uomo sposato.
Robin, che realizzò l'entità delle conseguenze di quella confidenza, scoppiò a ridere e riservò all'amico un buffetto affettuoso sul capo decidendo di stare al gioco.
«E da quando sei così perspicace?», esclamò facendo il possibile per essere credibile.
Much tirò un sospiro di sollievo, ingenuamente felice che la sua disperata intuizione si fosse rivelata giusta, e rise insieme a Robin rilassandosi un po'.
«Lo sapevo», mormorò come al suo solito, ricordando a entrambi le molteplici avventure nella Foresta di Sherwood. Poi lo abbracciò.

La chiesa di Locksley era in fermento.
Lo sposo, impaziente dinanzi all'altare, continuava a voltarsi verso l'ingresso nonostante tutti gli suggerissero di non agitarsi in quel modo se voleva evitare di farsi trovare lungo disteso all'arrivo della sposa. Perfino i tentativi da parte di Robin, scherzosi e non, si rivelarono pressocché inutili. E mentre la maggior parte degli ex fuorilegge se la rideva prendendo in giro "il maritino" più o meno a bassa voce, - Little John borbottava qualcosa in merito all'esagerato atteggiamento dell'uomo, in concomitanza con le parole intrise di tenerezza che sua moglie Alice gli rivolgeva per ammorbidirlo, e un po' offeso perché Much aveva osato riprendere il suo motto,
«Oggi è un buon giorno per morire», applicandolo a quella situazione da lui ritenuta del tutto inappropriata alla citazione; la giovanissima Nettie si torturava il labbro inferiore con i denti e si stritolava l'abito tra le dita, tesa forse più dello sposo, sebbene le battute di Archer la divertissero almeno quanto le gomitate che lui riceveva da parte di Guy - Much si domandava perché Kate ci mettesse così tanto.
Gisborne, invece, era piuttosto serio, sentiva un fastidioso nodo allo stomaco cui non riuscì ad attribuire un nome preciso. Sapeva solo di essere ansioso, ma per cosa esattamente non poteva determinarlo perché troppi erano i pensieri che gli affollavano la mente e improvvisamente pesante ciò che custodiva in tasca. Se questa era la sua reazione al matrimonio di un amico, cos'avrebbe provato quando sarebbe toccato a lui? A dirla tutta Guy era stato ad un soffio dalle nozze con Lady Marian e rammentava la tensione che gli aveva quasi immobilizzato tutti i muscoli, ma era piuttosto certo che con Kaelee sarebbe stato diverso. Perché lei lo amava e non avrebbe mai potuto lasciarlo dopo avergli assestato un pugno in pieno viso.

Quest'ultima aveva appena preso posto accanto a lui, solo dopo un lunghissimo e lacrimoso abbraccio con Kate ed una veloce chiacchierata con Fra Tuck per gli ultimi accordi, e gli sorrideva felice sebbene nel caramello dei suoi occhi albergasse una sfumatura malinconica. Kate era pur sempre la prima persona con la quale Kaelee aveva legato al suo arrivo a Locksley, quella che l'aveva accolta nella propria casa e aiutata ad ambientarsi.
«Cavalcheremo fino a Bonchurch tutte le volte che vorrai», le sussurrò sfiorandole dolcemente le dita, certo di migliorarle l'umore: sapeva quanto le piacesse cavalcare.
Poi tutti si voltarono verso il portone principale.
«Fratelli e sorelle, siamo oggi qui riuniti per celebrare...», iniziò qualche minuto più tardi Fra Tuck, incapace di trattenere un sorriso essendo i due promessi suoi grandi amici oltre che fedeli.
Kaelee non era riuscita a staccare gli occhi di dosso a Kate quando era entrata in chiesa accompagnata da sua madre. La donna, nel suo incedere aggraziato, aveva guardato con emozione il suo futuro sposo come se non esistesse altro al mondo, incurante di tutti gli sguardi dei presenti alla cerimonia. La leggerezza con cui aveva percorso lo spazio che la separava da Much era parsa surreale a Kaelee, la quale trovò Kate più radiosa che mai nel suo abito chiaro e con i capelli raccolti adornati da fiori setosi. Fu completamente rapita da quell'immagine che la sua mente associò al concetto più puro di felicità; non poteva trattarsi di nient'altro del resto, perché cosa avrebbe potuto desiderare Kate ormai letteralmente ad un passo dal coronare il suo sogno d'amore? Much rappresentava per la donna un futuro sereno e insieme a lei costituiva le solide basi di una bella famiglia numerosa.
Immersa nei propri pensieri, Kaelee non prestò alcuna attenzione alle parole di Tuck che certamente erano state le migliori che si potessero pronunciare in una simile occasione semplicemente perché Tuck era ineguagliabile quando si trattava di arrivare al cuore delle persone. Fu solo quando i presenti esplosero in un applauso gioioso che Kaelee si ridestò accanto ad un Guy dall'aria vagamente pensierosa, forse perfino preoccupata.

Seguirono abbracci, strette di mano, congratulazioni e molte pacche sulle spalle di Much da parte dei suoi amici più cari.
Certo un banchetto non curato personalmente dal cuoco più celebre di Locksley era un po' un azzardo, ma andò tutto per il meglio dal momento che Much aveva condiviso i suoi segreti con qualche appassionato, così gli invitati mangiarono ogni cosa con gusto accompagnando le pietanze con dell'ottimo vino consigliato e procurato da Gisborne in persona, il quale pur non esagerando mai ne capiva abbastanza da saper distinguere con esattezza una qualità dall'altra. Vivere nel Castello di Nottingham insieme a Vaisey e al suo stile di vita da nobile aveva lasciato in eredità qualcosa di positivo in fin dei conti.
Tra canti allegri a tratti irriverenti, aneddoti imbarazzanti e sfottò di ogni tipo, la giornata si rivelò una delle più belle e divertenti di sempre a Locksley, in particolare per il gruppo di ex fuorilegge. Il periodo vissuto all'ombra di Sherwood sicuramente non era stato uno dei migliori per Robin e la sua banda, ma le innegabili avversità e difficoltà di sorta non avevano scoraggiato la banda che era spesso riuscita a trovare un motivo per rendere omaggio ad una piccola vittoria sullo Sceriffo. Niente a che vedere con il ricco banchetto di quel giorno, eppure i piccoli animali arrostiti su un fuoco di fortuna e condivisi con i compagni di mille avventure avevano spesso rallegrato e dato forza alla banda di fuorilegge. Era anche in simili occasioni che andava cercato l'invisibile legame capace di unire i componenti del gruppo come fossero perle di un'unica collana.
Non mancarono anche attimi di grande commozione, soprattutto quando Rebecca volle ringraziare Kate pubblicamente per la meravigliosa figlia che era elogiandola per il coraggio che in diverse occasioni aveva manifestato; o quando Robin dedicò un discorso semiserio al suo amico Much; ma proprio nel momento in cui tutti credettero che l'apice emozionale era ormai stato raggiunto, Gisborne chiese l'attenzione dei presenti annunciando di avere qualcosa di molto importante da dire.
«Non sono tanto bravo con le parole, perciò prenderò spunto da quelle che Tuck ci ha riservato in chiesa durante la cerimonia», esordì dopo essersi alzato in piedi, i palmi poggiati sulla morbida stoffa della lunga tovaglia dalle sfumature pastello, lo sguardo fisso davanti a sé. «"L'amore, cari fratelli e care sorelle, è un delizioso bambino facile agli sbalzi d'umore, bisognoso di stimoli, capriccioso alle volte e incline agli sbagli di tanto in tanto, ma dotato di un cuore puro. Non si preoccupa del colore della pelle, della classe sociale o dell'età. Trasforma l'imperfezione in originalità. E non stupitevi se quest'oggi vi dico che nessuno di noi è immune all'amore"». Gisborne ripeté ad occhi chiusi, con assoluta precisione quanto Fra Tuck aveva detto poche ore prima e sorrise nel ricordare l'intervento del piccolo John - figlio di Little John e Alice - il quale aveva chiesto a Tuck, interrompendolo, se anche lui fosse quindi innamorato di qualcuno. "Di Dio", era stata la gentile e sincera risposta del frate. «Ho provato sulla pelle che Tuck non ha mentito: perfino uno come me è stato raggiunto dall'amore» e nel dirlo guardò inevitabilmente Kaelee, seduta di fianco a lui con il viso rivolto verso l'alto per poterlo osservare mentre parlava.
Lei arrossì vistosamente, incredula e lusingata, e lui sorrise beato.
«In questo giorno dedicato all'amore, chiedo scusa se rubo spazio ai novelli sposi», continuò sorridendo a Much e Kate che sedevano l'uno accanto all'altra, mano nella mano, «Voglio farmi carico del testimone e muovere un passo verso l'ufficializzazione del mio sentimento per la donna che mi ha rimesso al mondo. Una donna bellissima di nome Kaelee. Kaelee di Edwinstowe». L'ultima parte la sussurrò con la voce che gli tremava lievemente e lo stomaco in subbuglio.
Kaelee si sentì venir meno. Si domandava come e quando fosse venuto in mente a Guy di prendere una simile iniziativa alla festa per il matrimonio dei loro amici, così, davanti a tutti e con Allan presente. Non gli aveva già promesso amore eterno in privato? Era davvero necessario esporsi in quel modo, senza rifletterci? Improvvisamente iniziò a valutare l'ipotesi che non fosse lo slancio di un momento.
Gisborne tese una mano verso la sua amata, invitandola ad alzarsi in piedi, e lei non ebbe più occasione, né voglia, di porsi domande.
La maggior parte degli invitati aveva capito le intenzioni di Gisborne e aveva gli occhi puntati sulla curiosa coppia. Curiosa perché Kaelee era una giovane donna piena di vita, minuta ed esuberante, dotata di un'elevata determinazione e anche piuttosto bella esteticamente parlando, era una persona piacevole da frequentare, molto socievole e gentile; Guy invece riusciva ancora a mettere in soggezione molti abitanti del villaggio semplicemente con uno sguardo, se la prendeva con facilità e tendeva a cedere a scatti irosi seppure si sforzasse molto per evitare che accadesse, aveva sviluppato un notevole autocontrollo e interagiva molto di più con l'intera popolazione, ma non si poteva dire di lui che fosse un tipo brioso o che sorridesse spesso, era anche lui fisicamente attraente, solo era molto più alto, forte e maturo di Kaelee. Curiosa perché da quando si erano conosciuti entrambi avevano subìto un cambiamento: lei era maturata molto e lui sembrava più vivo di quanto non fosse mai stato prima. Curiosa perché, nonostante tutte le differenze, vedendoli insieme non si poteva pensare che non fossero fatti per starsi accanto.
Tra le mani di Gisborne comparve quasi magicamente - questa la sensazione di Kaelee - un minuscolo cofanetto che aveva tutta l'aria di contenere al suo interno qualcosa di molto prezioso, svelato qualche attimo più tardi.
«Accettando questo anello scegli di regalarmi il tuo cuore ottenendo in cambio il mio», mormorò non senza imbarazzo e non senza l'immotivata, ma incontrollabile, punta di terrore che lei potesse rifiutarlo.
Kate si portò entrambe le mani alla bocca, commossa.
Much si impose di non imitarla, ma nulla poté contro il velo che gli appannò la vista.
Nettie trattenne prima il respiro e poi Archer che stava per lasciarsi andare ad una delle sue solite considerazioni divertenti, ma fuori luogo in quel frangente.
Little John scosse per l'ennesima volta il capo borbottando che tutto quel romanticismo gli avrebbe fatto andare di traverso il pranzo appena consumato. Alice e il piccolo John lo amavano troppo per rimproverarlo, così sorrisero.
Tuck espresse la sua gioia ringraziando Dio a bassa voce perché presto avrebbe unito altre due anime in nome di Lui.
Allan sentì la parte di sé che ancora amava Kaelee perdersi in un altrove immaginario da cui non sarebbe più tornata, come se una porzione del suo cuore avesse smesso di battere spontaneamente e continuasse a farlo soltanto perché spinta dalle restanti parti. Nonostante questo si mostrò felice perché se Kaelee lo era, non poteva non esserlo anche lui.
Robin apparve estremamente serio per la prima volta in quel giorno perché, all'improvviso, tutto gli fu definitivamente chiaro e capì che il suo destino era tornare in Terra Santa, sulla tomba della sua amata, a cercare e forse trovare la pace che Locksley non era riuscita a donargli. Ora che suo fratello Guy si era lasciato il passato alle spalle era tempo anche per lui di intraprendere la propria strada e risolvere i conti che aveva ancora in sospeso con la vita, tanto più perché anche Archer sarebbe stato bene.
Poco lontano da Robin sedeva Luke, Luke Scarlett, a lui molto affezionato e riconoscente. Essendo vissuto a Locksley prima di essere costretto a scappare con suo padre in seguito alla cattura sua e di suo fratello per ordine dello Sceriffo e alla successiva fuga grazie all'aiuto di Robin, il ragazzo conosceva abbastanza bene tutti i componenti della vecchia banda e aveva facilmente stretto amicizia con i nuovi quali Archer e Kaelee ad esempio. Eppure soffriva terribilmente la mancaza di suo fratello Will, trasferitosi in Terra Santa insieme alla sua amata Djaq che aveva poi sposato. Era stato lui a proporre a Robin un viaggio in quei luoghi per poter rivedere Will e da allora la mente di entrambi era davvero molto lontana dal piccolo villaggio inglese.
Ciò che Gisborne mostrò a Kaelee non era un semplice anello. La sua particolarità stava nella scelta delle due pietre che ne impreziosivano l'intreccio: ambra e topazio la cui sfumatura era un evidente richiamo al colore degli occhi di entrambi.
Alla giovane donna non sfuggì quel dettaglio e capì che tutte le volte in cui Gisborne si era scusato per non averle ancora regalato un anello stava soltanto prendendo il tempo necessario alla realizzazione del gioiello. Kaelee si sentì amata e importante come non le era mai accaduto prima.
«Lo voglio», soffiò la giovane donna in preda all'emozione, scatenando sonori applausi da parte dei presenti.


Da qualche parte, nei pressi della costa inglese.
«Muovetevi! Razza di perditempo!», tuonò un uomo in nero dalla sella del proprio cavallo. Lui e i suoi erano sbarcati due settimane prima e in quell'arco di tempo i più anziani si erano dedicati alla parte organizzativa della faccenda mentre i più giovani avevano preferito abbandonarsi all'ozio e a piaceri effimeri. «Non siete qui per trascinare tra le vostre sudicie lenzuola le giovani figlie dei pescatori locali!», aggiunse agitando la spada dinanzi a sé per richiamare all'ordine i cavalieri che il Principe Giovanni in persona aveva affidato al suo comando. "Sia maledetto il giorno", pensò. Se qualcosa fosse andato storto avrebbe perso la testa, letteralmente, ma non prima di aver ricevuto il perverso e raccapricciante invito per assistere allo sterminio di tutti i suoi cari. Non poteva e non doveva permettersi di commettere neanche il più piccolo degli errori. «Siete i Cavalieri Neri! Lo rammentate o il vostro cervello è troppo piccolo per questo?». La sua voce era potente e decisa.
«Sissignore! Nossignore!», risposero quelli in un cupo coro ad entrambe le domande.
Uno di loro aveva dipinto un sorriso beffardo sul suo giovane viso mentre chiedeva:
«Invidioso, mio signore?».
L'uomo sentì la rabbia montare, ma non cedette alla provocazione, consapevole che sarebbe stata la fine. «Ebbene, meritate più di qualche puzzolente sgualdrina di periferia! O siete caduti così in basso da aver già dimenticato quanto sanno essere eccitanti e perverse certe nobildonne tra liscia seta e velati pizzi a coprir le loro grazie?», continuò sfumando di malizia la voce. "Autorità. Governa il più ribelle e li governerai tutti", si disse. «Siete o no rispettabili nobili meritevoli della fiducia del Principe Giovanni e della mia?», domandò punzecchiandoli nell'orgoglio e spegnendo il sorrisetto del cavaliere che aveva osato interromperlo poco prima.
«Sissignore!». Le loro voci in coro, stavolta, si levarono alte e decise.
«A Nottingham dunque!», terminò l'uomo brandendo nuovamente l'arma e puntandola verso l'alto.
«A Nottingham!», risposero. «Lunga vita al Principe Giovanni!», esclamarono infine prima di intraprendere la cavalcata alla volta della città da poco ricostruita.




N.d.A.
La splendida notizia è che Rai4 ha deciso di trasmettere di nuovo la serie tv, ogni giorno intorno alle 17:00 (sabato e domenica esclusi). Come si può non gioirne?
Tornando a noi, essere arrivata a ultimare questo ventiduesimo capitolo equivale per me ad aver vinto un'altra piccola battaglia personale. Vincerò la guerra quando avrò pubblicato l'ultimo capitolo della storia, ma già essere riuscita ad arrivare fin qui - per una come me che si distrae facilmente e che si scoraggia altrettanto facilmente - è motivo di contentezza. Mi sento di dirvi che siamo molto vicini alla fine ormai e che la cosa un po' mi rattrista. D'altro canto, però, è necessario portarla a termine perciò spero di aggiornare molto presto.
Ringrazio chiunque di voi abbia scelto di soffermarsi su queste vicende, silenziosamente oppure no.
A presto!

   
 
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