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Autore: Michaels    05/10/2015    3 recensioni
[MIKA & Marco Mengoni]
Marco incontrò per la prima volta Mika, nel 2008, quando lavorava ancora nel bar di Frascati; molto prima di raggiungere il successo, poco più di un anno e mezzo dopo. Iniziò ad apprezzarlo come cantante, ma soprattutto come la persona delicata e simpatica che si era dimostrata.
Mika, anche se a carriera già avviata, dal canto suo non aveva mai dimenticato quel ragazzino dal ciuffone castano sparato sulla testa ed impacciato che aveva preso la sua ordinazione in quel vecchio bar.
Un lungo percorso tra incontri, rincontri, difficoltà e felicità, dal lontano 2008 al 2015.
Genere: Erotico, Fluff, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Marco Mengoni, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Milano, 24 Ottobre 2013

 
 
“Marco,” mi svegliai leggermente sentendo la voce di Michael in lontananza. O forse è un sogno. “Marco, tu è svelio? Ehi, Marco, come on. Sei svelio?” Poggiò la sua mano sulla mia spalla tirandomi verso di lui per andare a sussurrare nuovamente un “sei svelio?” contro il mio orecchio. Ma sta scherzando?
"
Mmh..." farfugliai semplicemente, quasi infastidito.
“Come on, please. Dime che è svelio.” Ma io… “Dai!” Come il peggiore dei bambini, decise di spintonarmi bruscamente. Eh, ma allora dillo.
“No, Mika. Non sono sveglio” dissi con voce ovattata sistemandomi meglio sul letto e allontanandomi appena da lui.
“Ma tu ha parlato” affermò contrariato.
“No, sono la tua coscienza e ti dico che, se vuoi rimanere vivo ancora per qualche annetto, sarà meglio per te smettere di disturbare quel povero Cristo di Marco.”
Sentii solo un leggero lamento uscire dalle sue labbra seguito da un piccolo sbuffo, mentre si sistemava dall’altra parte del letto. E subito dopo non potei fare a meno di sentirmi in colpa. Se mi aveva svegliato, un motivo doveva esserci. Che faccio? Strinsi gli occhi e li aprii cercando di mettere a fuoco tutto quello che mi circondava, rimanendo in mobile. La nostra classica stanza dalle pareti beige. Che novità. Sentivo il respiro di Michael dietro. Era distante da me, forse di spalle, in attesa di addormentarsi di nuovo e, solo quando sentii l’ennesimo sospiro, capii che c’era qualcosa davvero che non andava. Aveva bisogno di parlare, non voleva solo rompermi di prima mattina, come altre volte era successo. Allora mi decisi a girarmi. È girato anche lui, come pensavo. Il suo corpo, incredibilmente bello, era immobile, eccetto le sue braccia, che si muovevano quasi impercettibilmente e seguivano i movimenti delle sue mani, una sotto e l’altra sopra il cuscino, che probabilmente stava subendo le loro torture, a causa del suo nervosismo.
Decisi di avvicinarmi a lui lentamente, per poi poggiare sul suo fianco la mia mano, contatto che lo fece sobbalzare appena.
“Scusami” sussurrai al suo orecchio lasciandogli subito un leggero bacio sul collo. Senza dire niente, si limitò a stringere le spalle ed a fare un mezzo sorriso forzato. “Cosa ti fa stare così?” gli domandai direttamente, senza fare troppi giri di parole, poggiando poi il mento sulla sua spalla e cingendogli i fianchi.
Se aveva bisogno di parlarmi, l’avrebbe fatto senza farsi pregare troppo. Lo conoscevo.
“Ha paura” si limitò a dire mantenendo quel suo adorabile viso imbronciato.
Paura?
“Di cosa?” Continuai incerto e confuso, preoccupato e, lo ammetto, divertito anche da quel suo atteggiamento che aveva assunto, tipico di un qualsiasi bambino un po’ offeso, un po’ con la testa fra le nuvole.

“Questa serra” aggiunse stringendosi un po’ più contro di me. Questa sera? Ma ti costa tanto spiegarmi tutto direttamente, amore? Che succede questa sera? Pensa, Marco, pensa.
Aspetta.
Allora. Prima di tutto, che cappero di giorno è?! 24 Ottobre. Okay. E fin qui ci siamo.

“Marco!” Saltai sul materasso, quasi spaventato da quel suo mezzo urlo e da quella leggera gomitata contro il mio stomaco.
Spostai, sempre più confuso, il mio sguardo nuovamente su di lui, cercando di capire il perché di quel suo gesto.
"Che c'è?!" Chiesi ormai adirato d
a quel suo comportamento.
“Oggi è giovedì!” Esclamò tornando a rannicchiarsi contro il mio corpo. Giusto! Oggi è giovedì, Marco! 
E allora? Feci qualche rapido calcolo, cercando finalmente di capire in qualche modo, almeno ci provo, il motivo di tutti quei piccoli gesti al limite della sanità mentale. Poi capii. Spalancai gli occhi e quasi mi irrigidii sul letto anche io. Oggi c’è X Factor.
Oggi c’è X Factor.
Ma che cretino che sono.
“Oh Dio, Mika, scusami. Non avevo realizzato” mi limitai a dire, per poi vederlo nuovamente stringere le spalle ed abbassare lo sguardo cominciando a giocare con le mie mani, cosa che faceva principalmente quando era molto nervoso, ma cercava di controllarsi torturando le mie povere e fortunate dita.
Era vero, quella sera ci sarebbe stato X Factor. Fino a quel momento era stato felice di farlo, molto felice, ma quella sera sarebbe stato il turno del live, quindi qualsiasi errore avesse fatto sarebbe stato in diretta. Niente sarebbe potuto essere tagliato e montato. Si sentiva come improvvisamente indifeso davanti ad un mondo che lui di fatto conosceva in altro modo. Se faceva un errore durante ad un concerto, gli dispiaceva ovviamente, ma era pur sempre il suo pubblico, la sua seconda famiglia. Avrebbero riso insieme. A X Factor era leggermente diverso. A vederlo non c’era solo chi lo amava, ma anche chi non lo conosceva molto bene e era terrorizzato all’idea di fare la figura dello stupido, che non era assolutamente, ma ogni tanto aveva questi complessi ingiustificati all’improvviso.
Probabilmente in quel momento, aveva solo bisogno di una parola di conforto, di qualcuno che gli riuscisse a dare un po’ di sicurezza.
“Andrai di merda, come al solito.” si girò di scatto e mi fulminò con lo sguardo. Non potei a fare a meno di scoppiare a ridere per l’espressione adorabilmente incazzata che aveva assunto il suo viso. “E dai, lo sai che scherzo” continuai cercando di soffocare le risate. Mi spinse via, ancora più imbronciato di prima, e si chiuse ulteriormente. Tornai finalmente serio, avendo capito che quel giorno proprio di giocare non aveva voglia. “Okay, scusa, davvero. Non volevo” tentai di abbracciarlo di nuovo, ma continuava ad essere estremamente freddo e rigido. “Michael…” quasi sussurrai il suo nome, ormai preoccupato, avvicinandomi a lui.
“Leave me alone” disse irritato.
“Dai, non fare il bimbo. Stavo scherzando. Devi stare tranquillo, andrà tutto benissimo” poggiai la mia mano sulla sua spalla, nel tentativo di girarlo dalla mia parte, ma nulla, e allora feci l’unica cosa che avrei potuto fare in quel momento: feci ancora più forza mettendolo con le spalle sul materasso e costringendolo a mostrarmi quel suo visetto imbronciato. Adorabile. Mi misi delicatamente a cavalcioni su di lui, attento a non fargli male od a dargli fastidio. “Dai” aggiunsi divertito.
“Lasciame” il suo tono deciso quasi mi convinse a smettere a fare quel gioco appena all’inizio, ma… Andiamo, sono Marco Mengoni.
Lo bloccai allora per i polsi portandoglieli entrambi sopra la testa e cercai di fermargli saldamente il busto con le gambe. Anche se era più alto, di certo io ero diventato più robusto e leggermente più muscoloso. È troppo pigro quello per fare un po’ di palestra, anche se lui si definisce solo “troppo impegnato”.
“Ripetilo” soffiai sulle sue labbra con un sorriso malizioso.
Mi fissò per un po’, in silenzio, socchiudendo gli occhi, probabilmente per capire dove volessi arrivare. È semplice, caro mio.  
Improvvisamente lo vidi avvicinarsi e il mio cuore iniziò a battere ancora di più nella gabbia toracica. Deglutii quasi incantato. Fino a quel momento avevo avuto io il controllo, non potevo permettere lo prendesse lui.
Dimi una parola sola che mi sfiori e che mi faccia muovere verso di te… ora” canticchiò portando le sue mani sui miei fianchi e tirandomi ulteriormente a sé.
Sorrisi divertito avvicinando le mie labbra alle sue, facendo sfiorare appena i nostri nasi. Mi allontanai leggermente, per vedere meglio i suoi occhi. Brillavano e avevano assunto un colore chiaro, come un verde, tendente però al marrone. Erano sempre stati gli occhi più belli che io avessi mai visto. Erano i suoi occhi, solo suoi. Nessun altro li aveva. Sembravano un vortice di bellezza ed emozioni. Quegli occhi erano delle gemme, fin troppo rare. Non li potevi vedere ovunque, eppure io li avevo lì, in qualsiasi momento.
“Baciami” soffiai ancora sulle sue labbra, schiuse, cosa che faceva inevitabilmente intravedere i suoi adorabili incisivi.
Sul suo volto si dipinse un meraviglioso sorriso. Non se lo fece ripetere due volte. Unì le nostre labbra, muovendole in un modo che vagava tra il vorace e il dolce. Un modo che solo lui poteva avere. Sentii le sue mani posarsi sulle mie guance, per approfondire ancora di più quel contatto. Si mosse sotto di me sistemandosi meglio.
Una strana e piacevole scarica mi attraversò. Ancora, ancora ed ancora. Una dopo l’altra. Poi, quando spostò la sua bocca rosea sul mio collo, aumentarono ulteriormente. Non più una alla volta, ma due, tre… Finivano direttamente dritte nel petto. Piccole frecce. Ecco cosa erano: piccole frecce. Ognuna di esse andavano ad invadere ogni millimetro del mio cuore, inebriando i sensi. Mi sentivo come estraniato dal mondo ormai. Quasi avrei potuto vedere me e Michael su quel letto dolcemente disfatto, mentre ci attorcigliavamo l’uno nel corpo dell’altro, l’uno nelle labbra dell’altro. Quasi sognavo di vedere da fuori quell’attimo, per tenerlo per sempre in mente.
“Vorei tu venisi come me esta sera” mi disse affannato staccandosi.
“Purtroppo non posso” risposi turbato. Era ovvio che non potessi e di certo lui non poteva invitarmi tra il pubblico come se niente fosse. Era impossibile. “Sarò comunque sempre con te, okay?” lo rassicurai.
Annuì, ma i suoi occhi avevano come un velo di insicurezza fin troppo evidente.
“Verai ospite quest’edizione?” mi domandò prendendomi per mano.
“Dipende se mi invitano” risposi divertito scostandogli uno dei suoi piccoli ciuffetti dalla fronte.
“De sicuro lo faranno, ma io chiederà de farlo il prima posibile” affermò facendomi sorridere.
Avrei voluto baciarlo, ma per quello c’era tempo. In quel momento aveva bisogno di un abbraccio ed io avevo bisogno di abbracciarlo. Quindi mi distesi su di lui e cinsi il suo busto con le mie braccia, poggiando la testa sul suo torace. Le sue mani andarono delicatamente ad accarezzarmi i capelli. Le sue gambe si intrecciarono con le mie, quasi ad arpionarsi ancora di più al mio corpo.
Amavo quando Mika diventava così bisognoso di me. Quando aveva paura o era preoccupato per qualcosa, correva da me, non al telefono con un amico. Correva da me. Ero il suo ragazzo, ma prima di tutto ero suo amico ed era in quegli attimi in cui ce lo dimostravamo l’un l’altro.



#MyWor(l)d


Saaaalve :3
non uccidetemi, per favore. Lo so che sono esageratamente in ritardo ç_ç
Chiedo umilmente perdono. Mi sento una merdina ç_ç 
Voi come state?? Spero bene!
Lo so che il capitolo non è un granché ed è anche più corto del solito, ma... Boh, scusate ancora ç_ç
Nonostante tutto, ci tenevo a dedicarlo ad una personcina speciale: la mia piccola Mengoni! *-* nonché mio amore, nonché mia moglie, cioè ___Lilith :3 
Grazie, come sempre. Ti amo tanto, ricordalo u.u 
E ci tenevo anche a ringraziare, come al solito, chi recensisce, chi ha messo la storia fra le preferite, chi la segue e chi la legge semplicemente. Grazie mille <3 
E scusate tanto ancora.
A presto,
Michaels
  
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