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Autore: hinata 92    06/10/2015    2 recensioni
Chi non ricorda Jack-Jack Parr, il neonato dotato di capacità straordinarie? Sarà destinato a seguire le orme paterne, avrete pensato tutti. E se invece durante la crescita avesse perso ogni potere? Come potrà affrontare da solo un'impresa molto più grande di lui?
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edna Mode, Jack-Jack Parr, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Di nuovo insieme... o quasi

 

Fra mille scintille azzurrine, Jack-Jack attraversò il muro, entrando nel laboratorio. Si guardò ancora una volta le mani, mentre gli ultimi luccichii si spegnevano. Ancora gli sembrava... incredibile quello che gli stava accadendo. Si era ripromesso di non pensarci troppo, altrimenti l’ansia e la paura avrebbero potuto avere il sopravvento, ma gli era bastato trovarsi nuovamente da solo, per la prima volta da quando aveva ritrovato Steve e Melanie, per sentirsi schiacciato dal peso della responsabilità. Prese un profondo respiro, per poi diventare invisibile e uscire allo scoperto. Dove poteva essere la sua famiglia?

Come se qualcuno gli avesse letto nel pensiero, se la ritrovò davanti. Tutti e quattro erano appesi nella stessa posizione in cui era stato imprigionato il giorno precedente; suo padre e suo fratello nei loro supercostumi, sua mamma e sua sorella, invece, in abiti civili.

Flash stava cercando di dimenarsi in ogni modo, ma sua madre lo fermò: «Calmati, tesoro, ci hai già provato, risparmia le energie.»

«No, mamma, non è possibile che mi abbiano rallentato!»

Violetta sospirò: «Queste catene sono fatte in modo da annullare i nostri poteri. Mi piacerebbe poter ripetere il trucchetto che avevo fatto con Sindrome, ma non riesco nemmeno a rendermi invisibile, ora.»

Suo padre, invece, era stranamente calmo, così tanto che persino sua moglie si preoccupò: «Bob, stai bene?»

L’uomo le fece un piccolo sorriso: «Benissimo, Helen. Sto solo aspettando.»

«Cosa?»

«Chi, vorrai dire.»

Flash sbottò: «Non per disilluderti, papà, ma questi str...»

Helen alzò la voce: «Flash, modera le parole, soprattutto quando indossi quel costume! Sarai maggiorenne, ma non ti permetto di usare certi termini in mia presenza!»

«...ani professori hanno preso tutti i supereroi in circolazione, anche quelli in abito civile, compresa la mamma, che era solo al supermercato a fare la spesa, e Violetta, che si stava facendo gli affari suoi in ufficio! Odio ammetterlo, ma il loro è un piano perfetto! E, in barba a tutto il lavoro del governo per proteggere le nostre identità segrete, gli è bastato analizzare il nostro DNA per capire che siamo tutti imparentati! Non c’è scampo!»

Bob non perse il suo sorriso: «Ti sbagli. Io so che c’è ancora un supereroe in libertà, e che volente o nolente tornerà a prenderci. Deve solo... fare il punto della situazione, ma tornerà. Me l’ha promesso.»

Anche se invisibile, J.J. avvampò.

Helen abbassò il capo, con gli occhi lucidi: «Lo spero, Bob, lo spero tanto... vorrei solo avere le mani libere per strappare Jack-Jack dalle loro grinfie... spero che non gli abbiano fatto del male...»

Violetta le sorrise rassicurante: «Non credo, mamma, hanno ipnotizzato i civili, ma non hanno fatto loro del male. Vedrai che starà bene.»

«Non si può difendere e io... se gli accadesse qualcosa e non fossi lì con lui... io...»

«Mamma, ti prego, non piangere. Non serve. Va tutto bene.»

Helen alzò il volto. Proprio lì, di fronte a lei, c’era il suo bambino, con aria tesa e preoccupata, e per un attimo pensò di avere le allucinazioni.

«Jack-Jack?»

Il ragazzo, che si era tornato visibile e si era tirato giù il cappuccio, annuì.

«Ciao.»

Flash sbarrò gli occhi: «J.J., che ci fai qui?»

Violetta era sconvolta quanto lui: «Non ti ho visto entrare!»

Il ragazzo ridacchiò imbarazzato, avvicinandosi al pannello di controllo: «Ne discutiamo dopo, va bene? Adesso cerco di tirarvi fuori da lì...»

Bob non disse nulla, si limitò a sorridere orgoglioso al figlio minore, che però non stava capendo davvero nulla di quel pannello.

Flash esclamò: «Ok, ma che ci fai conciato così? Sembri...»

Jack-Jack lo interruppe immediatamente: «Edna. Era il prezzo per il suo aiuto per entrare qui. Non piace neanche a me, te l’assicuro.»

Le sue dita continuavano ad armeggiare sul touch screen senza risultato e J.J. iniziò a perdere la pazienza: «Oh, basta!»

Senza rifletterci troppo, caricò il braccio destro all’indietro, per poi attraversare con tutta la mano lo schermo. In qualche modo, era riuscito ad entrare letteralmente dentro il programma, aggirando tutti i codici di sicurezza e trovando finalmente quello che stava cercando. I ceppi improvvisamente cedettero e tutta la famiglia Parr si ritrovò sbalzata sul pavimento, libera. Jack-Jack tolse la mano dal pannello, notando che, per qualche secondo, era rimasta virtuale, formata da reticoli verdi, per poi tornare del solito colore e consistenza.

«Ok, questo non mi era ancora capitato... dovrò aggiungerlo alla lista...»

Si voltò per controllare che tutti stessero bene, ma subito dietro di lui si trovò sua madre, che fissava alternativamente il suo volto e la sua mano con aria sconvolta.

«J.J. ... tesoro... cosa...»

Il ragazzo iniziò a scrollare la mano velocemente, come a voler far schizzare dell’acqua: «Ehm... no, niente, mamma, è tutto a posto!»

«Tu... hai... dei superpoteri?»

J.J. arrossì così violentemente che temette di prendere fuoco, mentre Bob si limitò a dargli una fortissima pacca sulle spalle: «Sedici anni di attesa, ma ne è valsa la pena, eh?»

Helen divenne rossa almeno quanto il figlio, ma di rabbia: «Bob Parr! Tu sapevi che nostro figlio, ripeto, nostro figlio, ha dei superpoteri?»

«Te l’avevo detto di stare tranquilla, no?»

Helen non si tranquillizzò neanche un po’: «E da quanto lo sapevi?»

«Solo da quando mi hanno catturato, prima non lo sapevo neanche io, te lo giuro!»

«Tu hai sempre qualche segreto! Speravo che la storia con Sindrome ti fosse bastata, e invece guarda qua!»

«Guarda qua cosa? Nostro figlio è salvo e tu ti lamenti!»

«Io...»

Helen iniziò ad aprire e chiudere la bocca, ma senza emettere alcun suono. Lo stesso fece Bob, fino a che entrambi non si resero conto di aver perso la voce. J.J. era in mezzo a loro, con le braccia aperte e l’espressione esasperata.

«Sentite, non cominciate, va bene? Sì, mamma, ho dei superpoteri nuovi di zecca da meno di mezza giornata. No, papà, capisco che non volessi che mi trovassero, ma potevi dare qualche segnale in più alla mamma per tranquillizzarla. Tutto il resto della discussione sulla vostra fiducia di coppia la rimandiamo a quando avremo risolto questo enorme casino, va bene?»

Tutta la famiglia lo guardò sconvolta dal piglio del ragazzo, che per la prima volta non si sentì affatto in imbarazzo.

«Adesso, se smettete entrambi di litigare, io vi ridò la voce e andiamo a salvare tutti gli altri, d’accordo? Fate sì con la testa se accettate.»

I genitori annuirono e Jack-Jack abbassò le braccia.

Flash diede una gomitata alla sorella: «Mi sa che stavolta il gene del supereroe gli si è risvegliato davvero...»

«Buono tu, o zittisco anche te.»

Violetta gli si avvicinò: «Scusami, J.J., ma esattamente... che poteri hai?»

«Quello è parte del problema che devo risolvere una volta finita questa storia. Adesso scusate, ma devo andare a recuperare gli altri, non so quanto possano resistere ancora.»

«Gli altri chi?»

«Steve, Melanie ed Edna

Bob lo guardò indignato: «Perché hai portato qui dei civili? È pericoloso...»

J.J. sbottò: «LO SO! Ma davvero hai creduto che mi bastasse una notte per imparare a usare i miei poteri? Per ora ho bisogno di una valvola di sicurezza e finora loro erano gli unici disponibili. Adesso che siamo tutti insieme, magari li teletrasporto fuori di qui, non so... ma per ora limitiamoci a raggiungerli, per favore.»

Il ragazzo si avvicinò alla porta senza più degnare i parenti di uno sguardo. Aveva creduto che liberandoli si sarebbe tolto quel peso che gli opprimeva il petto, ma quello era rimasto beffardamente lì, intatto. Ora il suo pensiero era per gli amici che aveva lasciato da soli. Era questo quello che provava sempre un supereroe? Ansia continua? Come si poteva vivere così ogni giorno? Più tempo passava e più si convinceva di non avere la stoffa dell’eroe.

Aprì la porta di colpo e si sentì mancare il fiato.

Il corridoio era deserto.

Niente guardie.

Niente amici.

Le mani di J.J. iniziarono a tremare, mentre l’ansia lo assaliva come una bestia selvaggia, portandogli via a morsi violenti tutto il suo autocontrollo.

Cosa aveva fatto?

Cosa aveva permesso loro di fare?

Flash si avvicinò: «Bé, dove sono?»

La voce che udì dal suo fratellino fu poco più di un sussurro spezzato dai singulti: «Dovevano... essere... qui...»

Per salvare i suoi amici aveva messo in pericolo la sua famiglia.

Per salvare la sua famiglia aveva messo in pericolo i suoi amici.

Non c’era modo di uscire da quel circolo vizioso?

Che razza di eroe era?

Anzi, no, che razza di persona era?

Jack-Jack avvertì distintamente qualcosa incrinarsi nella sua anima, come se fosse sul punto di rompersi. Se fosse accaduto non ci sarebbe stato più ritorno, lo aveva capito. Se le sue emozioni avessero preso il sopravvento, lui...

Improvvisamente si sentì abbracciare con forza.

«Non pensarci nemmeno. Ti ho detto che ti avrei fatto da valvola di sicurezza e manterrò la parola.»

J.J. sussultò: «Melanie? Ma che...»

Poco più in là si udì anche una voce maschile: «Aspetta, aspetta, forse l’ho trovato... eccolo!»

Scariche elettriche comparvero dal nulla, per poi far apparire Steve, sempre col cappuccio calato sul volto, ma con una specie di pistola in mano che prima non aveva.

«Che... cosa...»

Steve lo ignorò per qualche secondo: «Melanie, premi la seconda J della felpa, quella in basso.»

Dopo pochi secondi, con lo stesso effetto ottico, anche Melanie ricomparì fra le braccia di Jack-Jack.

La ragazza gli sorrise: «Finalmente! Quando siamo stati attaccati, Edna ci ha fatto qualcosa ai costumi e improvvisamente eravamo invisibili...»

Steve, abbassato il cappuccio, armeggiò un po’ con la sua felpa: «Interessante... sembra che si comportino come la pelle dei camaleonti, si mimetizzano con l’ambiente circostante...»

Melanie si staccò da J.J. e iniziò ad attaccare l’altro ragazzo: «Ma insomma, hai passato la notte a progettare i nostri costumi e non lo sapevi?»

«Io ho passato la notte a progettare il costume di J.J. e basta! I nostri sono solo opera di Edna, non sapevo nemmeno di queste pistole paralizzanti...»

Helen, uscendo dalla stanza dov’era stata tenuta prigioniera, intervenne: «Scusate, ragazzi, ma dov’è Edna

I due ragazzi abbassarono lo sguardo: «Ecco... quegli uomini erano troppi per noi... così ci ha fatto quella manovra ai costumi e si è fatta catturare. Sembrava che le guardie avessero l’esplicito ordine di non farle del male, per cui lei li ha seguiti quasi volontariamente.»

«Quasi, anche così non ha smesso di dare bacchettate a destra e a sinistra...»

J.J. non riuscì a trattenere un mezzo sorriso, immaginandosi la scena. Mezzo, però, perché ora erano al punto daccapo.

Dov’era finita Edna?

 

 

«Signora Mode! Benvenuta, la stavamo aspettando con ansia!»

La donnina si guardò intorno con occhio critico. L’avevano trascinata in una sorta di laboratorio di chimica, in compagnia di una decina di professori in camice. Sbuffò con aria evidentemente infastidita: «Signorina, prego. E sappiate che non sono d’accordo neanche un pochino con i vostri metodi di accogliere una signora... e con i vostri camici! Insomma, ma guardatevi... c’è modo e modo di portare un abito da laboratorio, fatevelo dire da un’esperta!»

L’uomo che aveva parlato la prima volta, alto, con i capelli scuri sistemati con la brillantina e un sorriso mellifluo, annuì: «Sappiamo bene che lei è un’esperta. Le avevamo anche mandato una lettera un po’ di tempo fa per chiedere la sua collaborazione.»

La donna rispose con un gesto stizzito della mano: «E chi si ricorda? Ricevo migliaia di lettere al giorno, sono una signora molto richiesta...»

Un altro uomo, più basso, biondo, ma con i capelli fermati dalla stessa brillantina, s’intromise: «Davvero? Non ricorda una lettera firmata Fenix Genesis?»

La donna sbarrò gli occhi per un istante, sorpresa. Poi riprese il controllo, offrendo ai suoi rapitori uno dei suoi migliori sorrisi beffardi: «Oh, così eravate voi... i pazzi che pensano di sovvertire l’ordine naturale delle cose...»

Un altro scienziato prese la parola: «Oh, lei lo chiama “ordine naturale delle cose”? Cosa c’è di “naturale” nei superpoteri? La parola ordine sottintende un equilibrio che ora non esiste. Perché devono esserci persone privilegiate e altre no? Persone che sono in grado di fare cose straordinarie e altre no?»

Edna alzò gli occhi al cielo scuotendo la testa: «Voi vedete solo un lato della medaglia... il rovescio è molto più pesante di quanto voi sciocchi possiate anche solo immaginare, evidentemente.»

«Oh, si riferisce al fatto che loro “ci salvano mettendo in pericolo la loro vita”? Crede davvero in queste baggianate?»

«Sì, ci credo! O non farei quello che faccio!»

«Queste risposte mostrano una stupidità che lei in realtà non possiede, signorina Mode. Davvero crede che con i poteri che possiedono queste persone siano davvero mai state in pericolo?»

Edna scoppiò: «Voi non avete idea di quanti e quanti pomeriggi e sere ho passato in compagnia di eroi che temevano per la loro incolumità! Avere dei superpoteri non è una passeggiata, a volte, e molto più spesso di quanto pensiate, sono pericolosi persino per chi li possiede!»

«È proprio per questo che abbiamo bisogno di lei. Guardi.»

Uno degli scienziati digitò qualcosa su una tastiera e su una parete comparve un elenco di volti, nomi e dati.

La donna sbuffò: «La catalogazione dei superpoteri che ho sul mio hard disk è molto meglio.»

«Era proprio per quello che avevamo chiesto il suo aiuto. Invece, ha visto cosa ci ha costretto a fare? A dover chiedere aiuto a tutta la popolazione della città per poter stilare una catalogazione imprecisa e imperfetta.»

«Ah, ora non vorrete certo farmi credere che sia successo tutto per colpa mia! Perché non ho accettato di collaborare con dei pazzi che vogliono dare a ognuno un superpotere senza avere la più pallida idea di cosa questo comporti! E poi quello che avete fatto non lo definirei “chiedere aiuto”. Diamine, avete ipnotizzato una città intera per i vostri loschi affari!»

«Convincere tutti avrebbe richiesto tempi e risorse che non avevamo, anche con i mezzi della nostra prestigiosa università, ma a nessuno di loro è stato fatto del male. Non è nel nostro interesse, noi stiamo lavorando proprio per loro, per dare a ognuno di loro un futuro migliore. Per dare a ognuno di loro proprio quello di cui ha bisogno.»

Edna ridacchiò amaramente: «Cioè, volete farmi credere davvero che la vostra idea sarebbe prendere ogni persona, metterla davanti a questo schermo, dirle “scegli il potere che vuoi” e darglielo, così, senza nulla in cambio? Signori... potete smetterla di nascondervi dietro questa maschera di assurdo idealismo, giochiamo a carte scoperte. Voi volete quello che ogni uomo vuole. Fama, potere, soldi... la solita roba, insomma.»

Lo scienziato biondo le rivolse uno sorriso mellifluo: «Quelli potrebbero essere dei piacevoli effetti collaterali, mettiamola così.»

A quelle parole la donna si chiuse in un serrato silenzio. Gli scienziati provarono a insistere ancora per un po’, poi vedendo che non aveva la minima intenzione di collaborare, la rinchiusero.

«Torneremo fra qualche ora, per vedere se sarà più ragionevole. Potremmo toglierle fin d’ora quegli auricolari e renderla ai nostri ordini, ma preferiremmo avere a che fare con lei in modo meno... meccanico. A più tardi.»

Edna di tutta la risposta li scimmiottò finché non si furono allontanati, per poi sospirare e sedersi in mezzo alla stanza. Fenix Genesis? Insistessero pure quanto volessero, da lei non avrebbero ricavato nulla. Erano degli sciocchi che non avevano neanche le idee chiare su come costruire il guscio della loro fenice, figuriamoci il contenuto! Lei, invece, aveva già un piccolo pulcino che muoveva i suoi primi incerti passi nel mondo... e che sarebbe cresciuto abbastanza in fretta per venirla a salvare in volo.

 

Jack-Jack, nonostante le infinite capacità di cui teoricamente poteva disporre, si sentiva impotente. La sua famiglia aveva ripreso il pieno controllo della situazione: Violetta, suo padre e Steve si erano allontanati per cercare altri supereroi e liberarli, mentre sua madre, Flash, Melanie e lui erano andati alla ricerca di Edna. Il ragazzo, rimasto nelle retrovie del gruppo, trattenne a malapena un sospiro. Ma quella stupida di una stilista non poteva mettere un rilevatore anche sul suo costume? Avrebbe semplificato a tutti la vita!

«J.J.

«Dimmi, Melanie.»

«Perché hai quel muso lungo?»

Il ragazzo alzò le spalle: «Per niente di particolare. Sono solo un po’ preoccupato.»

«Per Edna

«Per lei e per tutto il resto. Però tu puoi stare tranquilla, ho finito d’improvvisare mettendovi nei guai, loro sono dei professionisti e sapranno cosa fare.»

Melanie sorrise al modo in cui l’amico, senza usare le mani, aveva indicato suo fratello e sua madre solo con il mento.

«Sei stato bravissimo, invece.»

«Loro avrebbero risolto la situazione in metà del tempo, e senza “coinvolgere civili”... e soprattutto senza perdersene per strada!»

La ragazza gli rifilò un pugno: «Tu non hai coinvolto civili innocenti, se è questo che ti preoccupa! Ci siamo messi in pericolo di nostra spontanea volontà!»

«Rassicurante... ricordatemi di portarvi tutti a fare un giro da uno psicologo quando usciremo di qui, dovete avere tutti e tre manie di autolesionismo...»

Melanie non ebbe modo di rispondere, perché Helen li interruppe: «Jack-Jack, potresti aiutarci?»

Il ragazzo alzò un sopracciglio. Cosa poteva ancora fare lui che la sua superfamiglia non potesse fare?

La donna gli indicò una parete: «Secondo me è sospetto: non è un muro portante, ma è troppo spesso per essere una parete divisoria e non c’è neanche una porta.»

J.J. iniziò a capire dove volesse arrivare sua madre: «Sospetti ci sia un passaggio segreto o qualcosa del genere...»

Senza troppi preamboli, il ragazzo infilò la testa attraverso il muro, facendo sussultare il fratello dallo spavento.

«Avevi ragione, mamma, qua c’è un laboratorio grosso almeno il triplo di quelli precedenti. Forse è la loro base operativa.»

«Puoi portarci dentro?»

Jack-Jack annuì: «Datevi la mano e formate una catena.»

Nel sentire il calore del palmo di sua madre nel suo, J.J. non riuscì a trattenere un piccolo sorriso. A volte non li sopportava, ma in fondo non poteva fare a meno di loro. Avrebbero affrontato il pericolo insieme, come dei veri eroi, come una vera famiglia, per una volta, una famiglia di cui finalmente poteva ritenersi membro a pieno titolo.

Non doveva più avere paura, continuava a ripetersi.

Ma anche così quel groppo allo stomaco non voleva saperne di sciogliersi.

 

 

Ed eccoci qua. La famiglia Parr è di nuovi riunita, ma i problemi non sono finiti...

E mentre questa storia si avvia alla conclusione (ma il prossimo, credetemi, sarà un capitolo col botto!), ringrazio Fogli e mergana per i loro commenti.

Vi aspetto al prossimo capitolo!

CIAO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Hinata 92

  
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