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Autore: Duncneyforever    09/10/2015    3 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Portare me ad una festa? Ad una festa a Berlino? Nel quarantadue? 

Ma non scherziamo! E come dovrei presentarmi, coi miei shorts di jeans e le scarpe da ginnastica? Non era previsto che dovessi restare tanto a lungo e imbucarmi pure ad un evento mondano, cioè... andiamo! Una ragazzina italiana, che predica " pace e amore ", che scorrazza liberamente in un covo di nazisti. 

Non oso nemmeno immaginare cosa accadrebbe. 

- Lo prendo per un no? - La sua voce squillante mi riporta in questa stanza. Se già prima mi perdevo tra mille pensieri, figuriamoci adesso: questa storia è così surreale che stento ancora a crederci. Com'è successo esattamente? Neanche io ho una risposta. 

Spero solo che i miei genitori non mi diano per morta. 

- Ho detto qualcosa di male? - 

- Io non posso venire. - Rispondo, sospirando.

- Perché? - 

Ti prego, non guardarmi così, Fried. Perfavore. Mi fai sentire una persona orribile. Ho le mie ragioni, credimi. Io non posso. 

- Sai bene che non parlo la tua lingua e poi guardami! - Dico, indicando i miei capelli scuri smisuratamente lunghi e gli abiti quasi striminziti, a confronto. - Ci vorrebbe un miracolo per rendermi presentabile! Per non parlare di questa! - Alzo leggermente la maglietta, così da fargli notare la cintura con la bandiera inglese. 

Lui mi guarda divertito e capisco di avere di nuovo quell'espressione infantile sul volto.
Di grazia, come faccio a farmi prendere sul serio? 

Sbuffo frustrata, sprofondando nel morbido materasso. Friederick si siede accanto a me, attorcigliando tra le dita un ricciolino castano. 

- Puoi vestirti come vuoi, davvero. - Sussurra, accennando un sorriso. Io mi tiro su con i gomiti e lo guardo stupita. 

Sta scherzando spero. 

Un cenno negativo del capo mi fa capire che c'è del vero nelle sue parole. 

- Basterà solo qualche piccola " modifica " e poi che ti importa di loro? Se qualcuno dovesse importunarti, ti difenderò io. -

Ci siamo conosciuti poche ore fa e lui già mi promette mari e monti, autoproclamandosi mio " angelo custode ". 

Non vorrei che questa gentilezza gli costasse cara, ma non intendo neppure deluderlo. 

- Verrò, se proprio insisti. - 

Vedere quegli occhioni celesti illuminarsi è davvero impagabile e non mi fa affatto pentire della mia decisione. 

- Che aspettiamo allora? Prepariamoci. - Continuo, stiracchiando le labbra all'insù. 

Mima un " seguimi " e decido di affidarmi a lui. Mi conduce in una stanza adiacente a quella in cui ci trovavamo, una cabina armadio: ci sono due grossi mobili in legno, uno specchio e un comò con molti gioielli, che si intravedono dai cassetti semiaperti. Le pareti sono completamente bianche e dalla finestra penetra una fioca luce color arancio. La vista che offre, del sole che tramonta sulla città, è a dir poco suggestiva. 

- Molti degli abiti di mia madre sono inutilizzati da anni... Se ti piacesse qualcosa, non esitare a farmelo sapere. - M'informa, leggermente impacciato. Agito su e giù la testa, mettendomi a curiosare, tentennante; apro uno dei cassetti del primo mobile e vi trovo una serie di morbidissimi foulard di seta: sono molto belli e colorati, ma la mia attenzione viene catturata da un paio di stivali neri in pelle, di tipo militare, abbandonati ai piedi del comò. Non mi sono mai piaciute le cose fru-fru da bambolina, né quei vestitini, a parer di mia madre graziosi, che mi sono stati comprati per le occasioni speciali, nell'attesa vana che li indossassi almeno una volta. 

- Sono nuovi. Non sono molto il genere di mia madre; le sono stati regalati e lei, non indossandoli mai, li ha lasciati qui a prender polvere. Te li regalo, se li vuoi. - 

- Fried io... Danke. - Vado a prendermeli con entusiasmo, stringendoli forte al petto.

- Bitte. -

- Vado anch'io a prepararmi, ti aspetterò al piano di sotto. Se vuoi farti un bagno caldo, sai dove andare. - Si congeda con quel bel sorriso sulle labbra, per poi uscire dalla stanza.

Sotto suo invito, decido di farmi un bel bagno, in modo che possa rinfrescarmi prima di mettermi addosso dei vestiti puliti. Scelgo un completo sobrio: dei pantaloncini di stoffa macramé ed una canottierina bianca, l'unica a non sembrare un top da spiaggia o da passeggio. Mi do una leggera spazzolata, sposto i capelli mossi da un lato e, a completamento dell'opera, metto ai piedi gli immancabili stivali in pelle. Non ho mai usato trucchi: la mia pelle è così delicata e sensibile che si potrebbe rovinare se usassi prodotti cosmetici. 

Mi presento in soggiorno, tremante d'ansia e di nervosismo. Friederick è già qui, vestito di tutto punto, ad aspettarmi pazientemente. Sembrerebbe quasi una scena ripresa dal film " Titanic ", se solo non fossi vestita come una bagnante snob. 

- Non farlo, perfavore. Io ti trovo tanto bella così... - Se un minuto fa ero paonazza, ora sono completamente purpurea. Riesco a biasciare un " grazie ", prima di tendergli la mano. 

Usciamo di casa senza incrociare Herr Miller, per fortuna, e sono quasi certa che, se a pranzo avesse davvero voluto, ci saremmo già ritrovati con la Gestapo alle calcagna. 

Percorriamo " Goethestraße " sotto un cielo intercalato da innumerevoli puntini luminosi: la via è silenziosa e tranquilla e la strada completamente deserta; il tutto rende il paesaggio circostante ancor più ombroso, ideale per me, che ho sempre favorito il buio alla luce. 

Una città illuminata dal cielo notturno è una meraviglia incomparabile. 

E Berlino è davvero una bellissima città, nonostante tutto. Fa solo strano vederla così desolata, visto che ai miei tempi è la capitale europea della vita notturna. Ho visto molti filmati di Berlino in fiamme, demolita e straziata dalle bombe e provo pietà nei suoi confronti. La guerra ha distrutto i vinti quanto quanto i vincitori, ma le città tedesche hanno pagato uno scotto troppo grande, perdendo il settanta per cento di tutto il loro patrimonio storico e culturale. 

Tanto sono presa dai miei pensieri, che nemmeno mi sono accorta di essere arrivata di fronte ad un palazzo signorile: quattro piani di finestre illuminate, attico incluso, sicuramente proprietà di un singolo possidente. 

Il loggiato aggettante in stile ottocentesco, con tanto di paraste e fregio corinzio, è un autentico capolavoro eclettico e sarebbe un peccato, se fosse andato perduto. 

Meriterebbe di esser contemplato per ore, tuttavia, ho come la strana sensazione che qualcuno mi stia osservando. 

In effetti, è così. 

Una sagoma, all'ombra di una delle finestre al piano terra, mi da tutta l'impressione di qualcuno che non si sia affacciato per puro caso... 

Anche perché qui, oltre a noi, non c'è nessun altro. 

- La vedi anche tu? - Fried strizza gli occhi, iniziando ad incupirsi man mano che pare riuscire, o almeno così credo io, ad identificare il profilo della persona incriminata. 

- Sara non guardarlo. - Accosta una mano al mio viso, più pallido di un cadavere, poi mi punta addosso quei suoi occhi spaventosamente vacui, facendomi promettere che mai e poi mai mi sarei avvicinata a quella persona. 

Alla finestra, però, quell'ombra che sembra terrorizzarlo così tanto, è scomparsa, salvo riapparire, qualche istante dopo, sulla soglia del portone. 

Fried mi spinge dietro di sé, impedendomi di vedere di chi si tratti. 

È un uomo, che intercede verso di lui a passo sicuro; lo sento dal ticchettio delle scarpe da ballo, che ci è particolarmente vicino. 

- Miller. - Si manifesta, laconico, l'uomo del mistero, provocandogli un tremito. 

- Standertenführer Schneider... - 

 

 

  
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