Aveva otto anni e non si ricordava come fosse successo, sapeva però che ad un certo punto mamma e papà avevano smesso di vederlo. Anche i nonni e gli zii sembravano che non si accorgessero di lui.
Non capiva perché ma nessuno faceva più caso a lui e non lo chiamavano più per dirgli di fare i compiti o di svegliarsi per andare a scuola.
Passando davanti ad uno specchio non vide la sua immagine riflessa e sua mamma lo attraversò senza però scontrarsi.
Scappò di casa e corse lungo tutto il viale fino a che non si fermò accorgendosi che non era stanco. Si sedette lo stesso e si rannicchiò come faceva sempre quando aveva paura.
Aveva paura di restare da solo e si mise a piangere anche se era un fantasma e non versava lacrime.
Alzò il capo quando si accorse di non essere più solo, notando un cane che gli si era seduto accanto e lo guardava con due occhietti curiosi.
Solo quando l'animale si alzò sulle zampette, il bimbo si accorse della medaglia con inciso un nome: Fulmine.
Sorpreso di ritrovarsi il suo cane che, ormai, credeva di non poter più rivedere, perché andato in un posto migliore, gli elargì qualche carezza e gli chiese: “Sei qui per farmi compagnia?”
In risposta ottenne solo un guaito ma a lui bastò.
Posando la manina sul dorso evanescente del cane, entrambi scomparsero attraverso la nebbia milanese di fine novembre.