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Autore: Lady1990    18/10/2015    3 recensioni
Archibald è un ragazzino di quindici anni quando compie la scelta che gli cambierà la vita. Col passare del tempo, accanto al suo maestro, il signor Fires, scoprirà su cosa si fondano i concetti di Bene e Male, metterà in dubbio le proprie certezze, cercherà di trovare la risposta alle sue domande e indagherà a fondo sul valore dell'anima umana. Tramite il lavoro di assistente del Diavolo, riscuoterà anime e farà firmare contratti, sperimenterà sulla propria pelle il potere delle tenebre e rinnegherà tutto ciò in cui crede.
Però, forse è impossibile odiare il Bene e l'unico modo per sconfiggerlo è amarlo. Proprio quando gli sembrerà di aver toccato il fondo, la Luce farà la sua mossa per riprenderselo, ma starà ad Archibald decidere da che parte stare. Se poi si somma un profondo sentimento per il misterioso e affascinante signor Fires, le cose non si prospettano affatto semplici.
[Revisionata]
Genere: Dark, Horror, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il sole è sorto da un paio d’ore e ancora non ho trovato una soluzione al dilemma esistenziale che mi tormenta. Una parte di me vorrebbe lasciar perdere, ma l’altra rifiuta di arrendersi e ciò risulta in un conflitto interiore che non mi dà pace. 
Titus ha detto che Laura è la chiave per la mia redenzione e questo, se facessi quel che si aspetta che faccia, non può che implicare il mio ritorno all’umanità, spoglio dei miei poteri e di tutto quello che ne deriva. Dovrei rinunciare a Samael, voltargli le spalle, cosa che ho giurato non avrei mai fatto. E non voglio nemmeno, ad essere onesto, perché, per quanto possa sembrare illogico, lo amo. Tuttavia, il pensiero che un innocente, come lo era Marco, precipiti all’Inferno solo per aver venduto l’anima per salvare una persona cara mi provoca la nausea. Per non parlare della perdita dei poteri: mi dispiacerebbe venirne privato, sono abbastanza fighi.
Non ho idea se il maestro abbia subodorato qualcosa, la sua natura enigmatica mi impedisce di decifrarlo, nonostante col tempo io abbia imparato a cogliere le piccole sfumature. 
Quando siamo rincasati, ho trovato una torta deliziosa, sbucata da chissà dove, ad aspettarmi sul tavolo della sala da pranzo e Samael mi ha invitato a gustarmela con calma, mentre lui rifletteva a voce alta sui pro e i contro di rimanere a Londra.
“Siamo gli unici emissari presenti in questa città, al momento.” ha detto, “Non abbiamo compagni su cui contare. Siamo solo in due, tralasciando Laeriel, di cui non mi fido per niente. È troppo rischioso indugiare. Ieri notte, durante il combattimento, in effetti ho notato qualcosa di strano, ma lì per lì ero troppo preso per ragionarci: ti ho accennato che gli Spennati che ho ucciso erano delle reclute fresche fresche, prive di una concreta esperienza, soprattutto nella lotta contro un demone del mio livello, e dapprima ho pensato che fosse a causa della carenza di personale. Però poi ho realizzato che, se il loro ordine avesse realmente voluto abbattermi, avrebbe mandato dei guerrieri più forti, di certo non gli mancano. Chiaro è che dovrei tener conto di alcune variabili, come il fatto che forse adesso non sono io la loro priorità, quindi hanno deciso di immolare i deboli per risparmiare la forza bellica dei più forti, ma qualcosa non quadra. Intendo che ieri non mi pareva che quelle reclute stessero cercando di farmi fuori, piuttosto mi stavano trattenendo. Questa ipotesi viene avvalorata proprio dal fatto che Titus, uno dei più abili fra gli Exurge Domine, a quanto mi è dato sapere, sia andato dietro a te, snobbandomi completamente. Deduco che mirasse a te sin dall’inizio, di conseguenza non posso esimermi dal preoccuparmi per la tua incolumità. Sembra che tu abbia attirato il suo interesse e non è un bene, specialmente se dovesse scoprire cosa sei. Per tale motivo insisto per partire subito, devo metterti al sicuro. Ci sarà tempo per addestrarti e aiutarti a sviluppare i tuoi poteri.”
Mi sono morso l’interno della guancia per non emettere un verso frustrato o fare commenti caustici e ho continuato a mangiare la torta fino all’ultima briciola. Era davvero ottima, una delle migliori che io abbia mai assaggiato. 
Ad ogni modo, è evidente che non la spunterò con Samael, non così a buon mercato. Mi occorre trovare una scusa plausibile e convincente, ma è più facile a dirsi che a farsi. Sto rimuginando da ore e non sono giunto a nulla. 
Samael è seduto sul divano del salotto al pian terreno, concentrato a digitare qualcosa sul suo computer - forse sta aggiornato quel suo stupido blog -, mentre io me ne sto spaparanzato su una poltrona, lo sguardo rivolto verso la finestra. Il cielo terso fa a pugni con la depressione che avverto montare in me di minuto in minuto. E il peggio è che non posso neanche uscire alla chetichella accampando un pretesto qualsiasi, perché il maestro mi farebbe il terzo grado e mi seguirebbe come “un’inseparabile ombra”. So che mi tiene d’occhio, persino se cambio stanza. Percepisco le sue iridi infuocate sulla schiena, anche se è fuori dal mio campo visivo. Comunque l’istinto mi suggerisce di non allontanarmi da lui per più di tre metri finché mi trovo in questa casa, infestata da spiriti maligni appartenenti al mio passato e chissà cos’altro, in agguato dietro ogni angolo. Avrei preferito un infimo ostello della gioventù, invece che rimettere piede in questo postaccio.
A questo punto mi pare ovvio che da solo non riuscirò mai ad aiutare Laura, sempre se è quel che desidero. Mi servirebbe un aiuto esterno, un diversivo, che distragga Samael il tempo necessario a prendere contatto con mia nipote, illustrarle la situazione e convincerla in qualche modo a pentirsi. E non è qualcosa che posso fare in cinque minuti. Non so nemmeno come aggirare l’incantesimo che mi impedisce di mostrare ai peccatori la via di fuga: non posso parlarne direttamente, quindi dovrei, che ne so, mimarlo? O fare un disegnino, magari? Bah. E non è detto che l'ovatta che riempie il loro cervello si lascerà togliere per far spazio al sale.
Ma perché devo sempre lasciarmi coinvolgere in faccende complicate? E perché continuo a esitare e avere dubbi dopo tutti gli anni passati accanto a Samael? Il mio stato psicologico, costantemente altalenante, mi innervosisce e mi confonde. È tanto difficile costruirsi dei pilastri solidi? Sembra di sì, soprattutto se ti trovi a metà tra due mondi molto diversi che, in quanto a ideologie, fanno a pugni tra loro. Cosa voglio davvero? Qual è per me la cosa più importante in assoluto? Rispondere sarebbe facile: Samael. Ho immaginato spesso di trascorrere l’eternità con lui e l’idea mi fa attorcigliare lo stomaco, ma non in maniera spiacevole, anzi. 
D’altro canto, abbandonare Laura al suo immeritato destino non è giusto. Devo fare qualcosa, o almeno tentare. Perché? Beh, perché so. Sono stato informato delle sue vicende, perciò ormai ci sono dentro. Conoscenza è potere, dicono, ed è proprio così. Se non agissi, mi sentirei in colpa e odio sentirmi in colpa. È già successo con Marco e non voglio ripetere l’esperienza, grazie. Ma se agissi, perderei Samael, poco ma sicuro. Perché lui scoprirebbe il mio piano, cercherebbe di sventarlo e alla fine mi ucciderebbe per aver… per avere fatto cosa, in effetti? Non intendo tradirlo. Si tratterebbe di una questione personale da risolvere a sua insaputa, per poi tornare da lui e proseguire per la strada che ho scelto. Sarebbe solo una piccola deviazione, nulla di grave, insomma. La vita è piena di deviazioni, no? Non rinnegherei la causa di Lucifero, il cui scopo è punire i peccatori, sono d’accordissimo su questo punto. Ma Laura non è una vera peccatrice, quindi devo impedire che Sua Eccellenza Oscura commetta un errore madornale, che lo screditerebbe agli occhi di Dio e nella guerra in corso. Ecco, lo sto aiutando. E contemporaneamente aiuto Laura. 
Ok, sono piuttosto bravo a trovare giustificazioni o alibi, ma il problema di come eludere la stretta sorveglianza di Samael resta. 
Dov’è Laeriel? Potrei usare lui come esca. Non lo vedo da un pezzo e ammetto di essere un po’ in apprensione. Cosa gli ha fatto Samael?
“Sam.” lo chiamo svogliato.
Distoglie subito lo sguardo dallo schermo del portatile e lo posa su di me, scrutandomi con curiosità.
“Sì?”
“Mi serve Laeriel.”
“Per cosa?” domanda inarcando un sopracciglio.
“Per allenarmi e come guardia del corpo.”
Esala un sospiro teatrale e alza gli occhi al cielo: “Alastor, ne abbiamo già parlato. Per favore, non ricominciare.”
“Voglio vedere Laeriel e se tu continuerai a impedirmelo, troverò da solo il modo.” replico con fermezza, tenendogli testa.
Stavolta solleva entrambe le sopracciglia e abbozza uno sbuffo divertito. Poi le sue labbra si curvano in un sorriso sghembo e da esse rotola fuori una risata roca che mi fa accapponare la pelle. Con un movimento fulmineo, che a malapena riesco a captare, è già di fronte a me, sopra di me. Le sue braccia sono ai lati del mio corpo, le sue mani arpionate ai braccioli della poltrona e il suo busto piegato in avanti, come un predatore in procinto di divorare la preda. Sono in trappola. Le sue iridi brillano di una luce sinistra, ma sono anche cariche di una lussuria che mi travolge come lava ardente, mi fa rimescolare e mi trasforma in un budino tremolante.
“Le rare volte che mi remi contro susciti in me sensazioni contrastanti, Alastor: da un lato penso ti occorrerebbe un po’ di disciplina, dall’altro mi ecciti all’inverosimile, tanto che sento l’impulso di possederti con furia animale, montarti e schiacciarti finché non gridi il mio nome, supplicandomi col viso bagnato di lacrime cristalline. Non istigarmi.” sibila a un centimetro dalla mia faccia, il suo fiato caldo che mi accarezza le guance e mi spedisce brividi di anticipazione in tutto il corpo.
“Perché non…” deglutisco, mi schiarisco la gola e mi faccio coraggio, “Perché non vuoi farmi vedere Laeriel? Cosa gli è successo?”
“L’ho punito per aver permesso che un nemico ti ferisse. Doveva proteggerti, invece sei arrivato a tanto così dal restarci secco. Credevi che avrei lasciato correre?” rivela, mentre il suo ghigno si allarga.
Assumo un’espressione perplessa e corrucciata.
“Se non vado errato, a Firenze sono morto a causa del tuo piano 'geniale'. Perché non ti sei punito? Tu puoi sbagliare e Laeriel no?” lo sfido, “E poi, se dobbiamo andarcene, non dovrebbe essere in forze per seguirci? Oppure vuoi portarti appresso un peso morto?”
“Ho pagato per quello che ti è successo a Firenze, credimi.” borbotta incupito, lo sguardo perso e lontano in balia di brutti ricordi che non ha mai condiviso con me, “Per quanto riguarda Laeriel, sto ponderando di mettere fine alle sue sofferenze. Ce la siamo cavata egregiamente per anni senza di lui, solo io e te, non vedo il motivo per cui un terzo dovrebbe fare la differenza. All’inizio credevo che ci sarebbe stato utile, grazie alla sua apparentemente immotivata devozione nei tuoi confronti. Insomma, avrei potuto usarlo attraverso di te. Però si è dimostrato più una palla al piede che uno strumento a nostro vantaggio, perciò lo trasformerò in cenere prima di partire.” mi fissa intensamente con un sorriso cattivo dipinto sulla bocca e quasi mi sembra di scorgere dei fili di fumo uscire dalle sue labbra, “Ci sono obiezioni, vostro onore?”
Lo guardo incredulo e, di nuovo, mi pare di vederlo per la prima volta. Perché si comporta così? Oddio, è geloso?
“Sei geloso?” chiedo titubante, a bassa voce, per non irritarlo ulteriormente.
Schiocca la lingua e fa una smorfia: “Un pochino, lo confesso. Ma non è la gelosia che mi muove, quanto accurati calcoli in previsione del futuro. Non ho tempo né voglia di addestrare Laeriel, che è un demone da troppo poco per poterci fidare interamente. È ancora troppo vicino alla Luce, capisci cosa intendo? I Caduti sono vulnerabili nel primo periodo, perché potrebbero decidere di tornare a far parte delle schiere divine in ogni momento. Serve una grande forza di volontà e un chiaro obiettivo per opporsi alla tentazione e Laeriel… beh, non me la racconta giusta. Ho come la sensazione che stia facendo il doppio gioco e sai quanto detesto che mi si prenda per i fondelli.”
L’ultima frase la pronuncia ringhiando e sibilando, poi serra di scatto i denti come se volesse mordermi e lo schiocco mi fa sussultare. Con la coda dell’occhio noto la sua mano destra che si solleva e infine sento la consistenza delle sue dita sul collo, che sfiorano la pelle disegnando fantasiosi ghirigori e si aprono sempre di più, fino a cingermi delicatamente la gola, senza stringere, facendomi però temere che voglia strangolarmi qui e ora. Un secondo più tardi il suo sorriso si addolcisce, si china ancora un po’ e sfrega il naso sulla mia fronte, inspirando il mio odore a pieni polmoni.
“So che tu non lo faresti mai, Alastor, mi fido di te. La mia paura è che qualcun altro possa influenzarti negativamente e portarti via. L’ho visto, sai? Ho visto come qualche volta esiti e quasi leggo le tue domande sulla tua faccia, come se tu fossi un libro aperto. Spesso vorrei rispondere, dipanare tutti i tuoi dubbi, ma non sei pronto per conoscere ogni singolo segreto. La strada è lunga e piena di ostacoli. Io resterò con te e ti guiderò, ti proteggerò, di questo puoi esserne certo. Tuttavia, per farlo bisogna che tu ti affidi a me, ciecamente. Te l’ho detto e ripetuto in precedenza, ma sembra che non ti entri in testa: io non ti abbandonerò mai. Potrai sempre contare su di me, per qualsiasi cosa. Ok?”
Le nostre labbra si sfiorano, affogo nei suoi occhi e mi arrendo al bacio famelico in cui mi coinvolge un attimo dopo, esplorando la mia bocca con foga, alla stregua di un assetato. Mi sbottona la camicia con gesti rapidi e tasta il mio torace con tocchi decisi, per nulla gentili ma non per questo meno piacevoli. Ansimo forte e Samael beve i miei gemiti con desiderio, per poi liberare la mia cavità orale e scivolare lungo il collo e il petto, depositando una scia di baci infuocati al suo passaggio. Aggredisce i miei capezzoli strappandomi un grido, al che mi mordo due dita e chiudo gli occhi per trattenermi dall’emettere versi ancora più osceni.
All’improvviso una forza invisibile si avvinghia intorno ai miei polsi e me li inchioda allo schienale della poltrona, ai lati della testa, e adesso non c’è più niente che mi impedisca di esprimere il mio godimento a voce alta.
Samael scende più giù, mi morde la pancia, la pelle attorno all’ombelico, e lecca la porzione appena sopra la cintura dei pantaloni, che sono diventati fastidiosamente stretti. Me li toglie con movimenti veloci, così veloci che neanche me ne rendo conto. Percepisco solo un lieve sobbalzo e l’istante successivo vedo le mie gambe nude appoggiate sulle sue spalle e i suoi lunghi capelli corvini adagiati sul mio ventre e sulle cosce, un manto di pura seta in cui vorrei affondare il naso e le mani. Mi scruta dal basso con espressione languida e predatrice insieme, dopodiché impugna la mia erezione e in un attimo vengo inghiottito in un universo bollente e umido che mi mozza il fiato. Roteo gli occhi all’indietro per l’indescrivibile estasi che sto provando e gemo incontrollato. Non riesco a muovermi come vorrei, perché le braccia sono bloccate, così mi limito a far ondeggiare i fianchi, per quanto possibile, visto che Samael me li tiene fermi. L’aria si riempie dei miei sospiri e gridolini beati, ma, benché sia imbarazzante, non me ne vergogno più di tanto, poiché so bene quanto gli piaccia sentirmi urlare il mio apprezzamento, quasi questi versi andassero a rimpolpare il suo ego virile. Spesso, in passato, mi ha detto che la certezza di essere l’unico a cui è concesso di accompagnarmi oltre il baratro e innalzarmi nell’ebbrezza sessuale gli provoca una grande soddisfazione, come se fosse un privilegiato. È solo un bastardo egocentrico. Però è innegabile che il piacere che lui mi ha regalato non l’ho mai provato con nessuno. E mi pare ovvio, visto che i miei partner erano dei depravati pedofili. A volte mi sono domandato se sarei stato capace di provare le stesse emozioni con qualcun altro, magari un umano, uno normale, senza disturbi mentali, devianze o strani fetish. Oppure con una donna.
Squittisco sonoramente e contraggo i muscoli, poi abbasso lo sguardo su Samael e lo osservo sorpreso: mi ha morso, proprio lì, sulla punta. Non è stato forte, ma l’ho sentito comunque e ha fatto un po’ male. Mi imbroncio e gli scocco un’occhiata risentita.
“È colpa tua, Alastor. Dove eri con la testa?” chiede sogghignando, dando una veloce lappata sul glande e facendomi fremere d’impazienza.
“Sc-scusa…”
“A cosa pensavi?” insiste.
“Mi chiedevo se un altro sarebbe in grado di donarmi questo piacere. Magari una donna.” rispondo sincero.
“O-ho! Cos’è, una sfida? O forse stai ponderando di tradirmi? E poi, una donna? Davvero?” commenta divertito.
“Eh? No, cioè, no- ah!”
Mi riprende in bocca e in poco tempo raggiungo l’apice, sciogliendomi sulla sua lingua in gemiti estasiati. Ma se penso che sia finita qui, mi sbaglio di grosso e la spinta secca che assesta col bacino, unita al leggero dolore che si propaga nella mia carne alla sua intrusione, me lo confermano. Perdo la cognizione del tempo e dello spazio e la realtà precipita nel caos.
Quando Samael esplode dentro di me per l’ennesima volta - dopo la terza ho smesso di contare -, mi desto un po’ dallo stato di trance in cui sono caduto. Realizzo che la sensazione di ruvidità sotto la schiena è data dal tappeto polveroso e che l’oscurità che avvolge il salotto è da ricondurre al fatto che è notte fonda. I lampioni filtrano appena dalle finestre, ma non arrivano ad illuminare i nostri corpi avvinghiati e ansimanti. O perlomeno io sono a corto di fiato, Samael sembra uscito da una S.p.a. Come cavolo fa ad apparire sempre così impeccabile, anche dopo una maratona di sesso selvaggio? Sì, ok, ha un paio di ciocche fuori posto, ma per il resto pare una statua di marmo, perfetta in ogni dettaglio. Io, invece, sono sicuro di essere un disastro, a partire dallo sperma - il mio - che mi imbratta lo stomaco.
“Sei bellissimo.” sussurra al mio orecchio, come se mi leggesse nel pensiero, lambendomi il lobo con la lingua.
“Seee…” sbuffo scettico.
“Sul serio. Hai questa…” mentre si sorregge su un braccio per non gravarmi addosso, compie un gesto vago con la mano e mi indica in generale, “quest’aria sbattuta che ti dona assai.”
“Perché mi hai sbattuto. Tante volte. Per tutta la giornata. E non ricordo nemmeno quand’è che sono finito sul pavimento.”
Si esibisce in un ghigno sornione e per un secondo mi sembra che stia per mettersi a gongolare felice. Mi aspetto pure di vederlo fare la ruota come un pavone.
“Allora? Piaciuto? Credi che qualcun altro riuscirebbe a soddisfarti come ho appena fatto?”
“Non lo so. Per saperlo dovrei… farlo con qualcun altro.” ribatto per stuzzicarlo.
“Puoi scordartelo. Non lascerò che qualcuno a parte me ti tocchi.”
“Eh, ma così non posso fare paragoni.”
“Continua a non farli, starai bene lo stesso.”
“Mmm… però la curiosità rimarrebbe inappagata.”
“Posso conviverci.”
Ridacchio e gli stampo un bacio giocoso sul naso: “Gelosone.”
Stringe le labbra e piega gli angoli all’ingiù.
“Tu non saresti geloso se io scopassi con altra gente?”
Questa domanda mi trafigge in pieno cuore e boccheggio, punto sul vivo: “Non osare! Sei mio.”
“Ecco, non osare nemmeno tu.”
“Mh.”
“Siamo d’accordo?” bisbiglia, accorciando di nuovo le distanze.
“Mh.”
Mi bacia con passione e la sua erezione, premuta contro la mia coscia, si risveglia.
“Ehm… Sam? Sam, no, basta, altrimenti non mi reggo in piedi.” dico, cercando di scostarlo senza riuscirci, “Ugh! Quanto pesi?”
“Non devi per forza reggerti in piedi.” borbotta e cosparge di morsetti le mie clavicole.
“Perché no?”
“Tanto non andremo da nessuna parte stanotte. Non hai niente da fare, è il tuo giorno libero. Possiamo spassarcela quanto vogliamo.”
“E chi ha deciso che è il mio giorno libero?” 
“Io.”
“Ah.”
Subisco docile i suoi assalti successivi, mirati al mio collo, finché ad un tratto, un momento prima che la sua mano ricominci a stimolarmi, si pietrifica. Il suo sguardo si fissa su un punto a caso del tappeto e le palpebre si assottigliano. Allora mi irrigidisco anch’io e scandaglio il salotto. Solo adesso faccio caso ad un particolare che dianzi non ho notato, ancora frastornato dall’ultimo orgasmo: tutto sembra immobile, sospeso nel tempo. Dall’esterno non giungono suoni, l’aria stessa pare bloccata.
“Dove siamo?” lo interrogo, diventando irrequieto.
“Nell’altra dimensione.”
“C-cosa?! E quando-”
“Mentre stavamo facendo sesso. Non volevo essere disturbato.” snocciola sbrigativo.
Lo scruto ansioso, in attesa di risposte. Si scansa bruscamente e si alza in piedi, focalizzando l’attenzione fuori dalla finestra. Contemplo i muscoli della sua schiena e delle natiche, che guizzano mentre cammina e si avvicina al vetro, e non posso fare a meno di deglutire, smanioso di riportare le mani su tutto quel ben di dio. Mi tiro a sedere in silenzio, trattenendomi a stento dal sommergerlo di domande.
“Dei ratti si sono introdotti nella villa.” esordisce dopo qualche minuto.
“Ratti?”
“Tanti ratti. Urge un’immediata disinfestazione.” sibila rabbioso.
Rabbrividisco e mi rannicchio. Sicuramente non si riferisce agli animali che popolano le fogne.
“Exurge Domine?”
“Sì.”
Balzo in piedi anch’io, agguerrito e determinato a partecipare, e mi affretto a recuperare i vestiti sparsi a terra alla rinfusa. Vengo fermato inaspettatamente dalla presa salda di Samael su un polso e dal dito indice dell’altra mano che oscilla a destra e a sinistra, parato davanti al mio viso.
“No, Alastor, tu resti qui. Me ne occupo io.”
“Cosa?! Perché?” chiedo stringendomi al petto pantaloni e camicia.
“Se stanno dando la caccia a te, è meglio che rimani in questa dimensione, per loro inaccessibile. Qui sei al sicuro.”
Mi libera e in una frazione di secondo, giusto il tempo di un battito di ciglia, è già vestito. Un giorno dovrà insegnarmi come fa.
“Obbedisci, Alastor. Fa’ il bravo.” mi intima perentorio, senza darmi la possibilità di replicare.
La sua voce è così schiacciante che per un attimo mi dimentico di respirare. Incapace di proferire verbo, lo guardo sparire oltre la porta del salotto, inghiottito da una spessa e torbida oscurità.
Indosso i miei abiti lentamente e mi metto a riflettere sul da farsi. Tecnicamente non sono prigioniero di questa dimensione, poiché posso accedervi anch’io con i miei poteri quando riscuoto un’anima. Di conseguenza posso anche uscirne senza problemi. Il punto è che Samael mi ha ordinato di restare qui. Per quanto tempo? E se avesse bisogno di me?
Poi realizzo un dettaglio cruciale: gli Exurge Domine hanno fatto irruzione nella villa. Samael aveva detto che c’era una barriera, grazie alla quale i nemici non avrebbero potuto entrare, ma a quanto sembra ha sbagliato alla grande. Comunque, se gli Spennati sono qui, forse significa che c’è anche Titus e se Titus è qui, allora…
È un diversivo.
Non so come faccio ad esserne sicuro, ma lo sono. È lampante. Titus deve aver capito, chissà come, che non avevo modo di compiere la mia missione con Laura e mi sta offrendo una via di fuga. Però se abbandonerò questa dimensione, Samael se ne accorgerà e mi verrà dietro. Non posso disobbedirgli. Cioè, posso? Potrebbe finire in tragedia. Che faccio?
Non mi viene data l’occasione di rimuginarci sopra a lungo, poiché la finestra cede di schianto e migliaia di schegge di vetro esplodono e volano sul pavimento o si conficcano nei muri. Mi osservo e appuro che per fortuna sono illeso. Ma non è questo l’importante: qualcuno ha appena forzato i cancelli dell’altra dimensione e mi ha raggiunto. Chi? Solo un demone può riuscirci.
Sto per fiondarmi verso la porta del salotto, quando odo una voce chiamarmi.
“Archie!”
Mi volto di scatto e sul marciapiede vedo Laeriel, affiancato da Titus, che mi fa cenno di sbrigarmi. È agitato, ma sembra stare bene. Esalo un sospiro di sollievo. No, aspetta, che diavolo ci fanno quei due insieme? Esito e faccio un passo indietro.
“Non posso…” soffio dispiaciuto.
Titus digrigna i denti, scambia un’occhiata d’intesa con Laeriel, prende la rincorsa e salta attraverso la finestra. Atterra sul tappeto cosparso di frammenti di vetro, si protende verso di me e mi agguanta per un polso, trascinandomi fuori con la forza prima che possa elaborare cosa sta accadendo.
“Andiamo, presto!” mi incita.
Spicca un balzo e in un istante stiamo volando sopra i tetti di Londra, con Laeriel alle calcagna che tiene il nostro passo, anzi quello di Titus, senza apparente fatica. Io vengo sbatacchiato modello bandiera, ma fa niente.
“Dove stiamo-”
“All’ospedale, da Laura.” taglia corto Titus, rinsaldando la presa sul mio polso.
“Ma Samael-”
“I miei lo terranno occupato.”
“Sono troppo deboli!”
“Non stavolta. Ho chiamato dei compagni abili, che gli daranno del filo da torcere. Hai bisogno di tempo, noi lo guadagneremo per te.”
Fisso allibito la sua nuca castana, troppo intontito per riordinare il caos di domande e pensieri che mi affollano il cervello. Mi giro e incrocio gli occhi bianchi di Laeriel, che abbozza un sorriso rassicurante.
“Voglio che qualcuno mi spieghi subito cosa sta succedendo. Laeriel, perché fai coppia con lui? E perché diamine gli Exurge Domine si danno tanto da fare per me?”
“Non ora, Archie. Se avremo tempo e modo, te lo dirò più tardi.” risponde pacato.
“Forza!” ci sprona Titus, mentre aumenta la velocità.
L’angoscia mi pervade il cuore e la paura mi attanaglia le viscere. Ho un brutto presentimento e la netta sensazione che non finirà bene.










 

  
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