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Autore: Dryas    23/10/2015    1 recensioni
E’ l’anno 1950 e Lettie Daly è stanca dei pomeriggi passi al jukebox a bere frappè. Sa cucinare solo bignè e il suo sogno è Los Angeles, ma nessuno sembra credere in lei, né i suoi genitori né l’odioso tenente Roger Cooper. Sfidando tutti, Lettie lascia Elsinore e la felicità sembra completa quando l’affascinate attore Mike Davis si innamora follemente di lei. Tuttavia, per quanto si ostini a negarlo, la realtà è ben diversa dai suoi sogni. Gli Stati Uniti sono lacerati dalla minaccia nucleare e dallo scoppio della guerra in Corea, per la quale Roger si è imbarcato e che sembra perduta quando l’esercito annuncia la ritirata sotto il 38° parallelo. Tra l’attesa del ritorno del marines, che scopre essere tutt’altro che presuntuoso, e la tormentata storia con Mike, si inseriscono accuse di spionaggio e rifugi antiatomici. Lettie si scontrerà con le contraddizioni di un’epoca che l’ha riempita di illusioni e che la vedrà costretta a lottare per trovare se stessa.
Storia partecipante al concorso ‘Epic Love’ di Lady Crazy sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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38°Parallelo








Capitolo Tre




Il signor Daly ignorò l’accaduto. Continuò a sedersi sulla poltrona e a leggere il giornale come se non fosse successo niente. Nemmeno il suo atteggiamento verso Lettie era diverso. Non era arrabbiato né risentito. Si comportava come al solito, da bravo padre autorevole. Le sequestrò la bandana e le vietò di comprare qualsiasi altro oggetto che ricordasse anche lontanamente le candy girls di Los Angeles.
La signora Daly le mise lo smalto sulle unghie e cercò di portarla a fare shopping a tutti i costi. Le promise addirittura che le avrebbe comprato quei bellissimi guanti in seta di Gucci che avevano visto la settimana prima. Costavano una fortuna, ma non c’era niente che non avrebbe fatto per la sua meravigliosa figlia. Le sarebbero stati così bene a un ricevimento serale! Lettie li trovò sul tavolo della cucina la sera stessa, impacchettati come un regalo di Natale in anticipo. Inoltre le preparò i suoi piatti preferiti e fu gentile con Marta quando venne a trovarla.
La sua migliore amica aveva una grande notizia da darle: aveva trovato lavoro a Los Angeles! Ma le dispiaceva lasciarla in quel mortorio di Elsinore e le sarebbe mancata più di sua madre. A quel punto Lettie confessò di essere nella sua stessa situazione, ma di non riuscire a decidersi ad accettare il posto. I suoi genitori erano contrari.
-Anche i miei- disse Marta. –E con questo? La vita è la mia e anche tu faresti bene a ricordarglielo. Ci pensi? Noi due insieme a Los Angeles! Potremmo dividerci un appartamento, cosa ne dici?-
-Non lo so Marta, non credo che i miei genitori mi aiuterebbero se accetto il lavoro.-
-Non c’è problema, ti anticipo io i soldi. Alla fine i miei hanno capito che i tempi sono cambiati e che è più che normale che una ragazza abbia un po’ di ambizione. Non dico diventare presidente, ma almeno segretaria!-
Lettie abbassò lo sguardo. -Ho solo loro, Marta.-
-Questa è una scusa bella e buona- rispose, ed ebbe il tatto di addolcire il tono. –Sei tu che hai paura di cambiare. Loro sono i tuoi genitori, ti vorranno bene sempre e comunque, che tu viva ad Elsinore o Los Angeles. Non è questo che proveresti anche tu per i tuoi figli?-
Invece di sua madre le venne in mente la signora Cooper. Trattava Roger con dolcezza e affetto nonostante avesse deciso di rischiare la vita rimanendo nell’esercito. Era esattamente quello che Marta voleva farle capire e non appena lo realizzò si sentì leggera come una piuma.
-Ok!- esclamò con un sorriso.
-Ok?- chiese Marta.
-Ok, accetto il lavoro. Vengo a Los Angeles con te!-
Le settimane che seguirono furono difficili. I signori Daly volevano impedire alla figlia di fare una scelta tanto avventata, ma al tempo stesso si resero conto che non potevano. Suo padre non le rivolse più la parola, mentre sua madre bruciò più torte in quei giorni che in tutta la sua vita, ma poi cominciò a proporle nuovi look d’ufficio che trovava sulle riviste e Lettie si sentì un po’ meglio. Marta aveva ragione ed era sicura che con il tempo anche suo padre avrebbe capito.
Le difficoltà di trasferirsi a Los Angeles invece furono superiori a quanto si aspettava. La ditta le rispose che avrebbe iniziato ad agosto, quindi aveva ancora un mese da trascorre ad Elsinore, ma doveva trovare una casa ed era difficile farlo senza l’aiuto di suo padre. Si affidò completamente a Marta, che però in quel periodo era impegnata a frequentare Paul Fleming, l’amico di Roger, e non aveva più molto tempo per lei. Sperò solo che il padre di Marta fosse più responsabile della figlia.
-Buongiorno signora Cooper, le ho riportato i suoi vestiti- disse con un sorriso. Se ripensava a quella serata si sentiva ancora male, ma non poteva dimenticare le buone maniere. -Lavati e stirati! La ringrazio ancora per essere stata tanto gentile da prestarmeli.-
Fu invitata ad entrare e accettò volentieri: aveva notato che l’auto di Roger non era nel vialetto. Si sedette in salotto mentre la signora Cooper andava a prendere i biscotti e il tè freddo. Sembrava così felice di vederla che non le aveva detto di avere pochi minuti a disposizione. Doveva vedersi con Marta per parlare di Los Angeles.
-Stai molto bene, i colori pastello ti donano davvero, Letitia- le disse sorridendole. La ringraziò, ma non le disse che in realtà non vedeva l’ora di disfarsene per indossare i tubini lunghi e stretti da segretaria.
-Il signor Cooper sta ancora lavorando al suo progetto?- chiese.
-Sì, temo che arriverà al centro della terra a forza di scavare- ironizzò la signora Cooper. –Allora, hai pensato alla mia proposta?-
Fu combattuta. Dirle di no avrebbe significato deludere la terza persona nel giro di poche settimane e gli occhi della signora Cooper erano davvero tristi. –Magari qualche lezione? Però a fine mese mi trasferisco a Los Angeles, quindi non avrò molto tempo.-
-A Los Angeles?- le chiese sorpresa. Giusto, pensò Lettie, l’avrebbe delusa comunque. E ora si trovava costretta a prendere delle lezioni che nemmeno voleva.
-Ho trovato lavoro, come segretaria.-
-Ma è meraviglioso!-
La reazione della signora Cooper la spiazzò. Era contenta, molto contenta! Si alzò e la baciò sulle guance, neanche le avesse annunciato che si sposava. Lettie cominciò a raccontarle con entusiasmo di cosa si trattava e di cosa si sarebbe occupata. Non era niente di difficile, semplici conti e burocrazia spiccia, ma le avevano detto che se avesse imparato bene avrebbe anche avuto la possibilità di migliorare la sua posizione.
-E la casa? Tuo padre te l’ha già trovata?-
Lettie esitò nel rispondere. –In realtà … -
-Mio figlio James vive a Los Angeles, fa l’agente immobiliare. Potrebbe trovartela lui! Cosa ne dici?- le propose. –Così tuo padre non dovrebbe scomodarsi.-
Lettie la travolse con il suo sorriso e andò all’appuntamento con Marta continuando a sorridere. Stava andando tutto per il meglio e la signora Cooper l’aveva incoraggiata così tanto da sentirsi invincibile.
Il Grab’Ol faceva i migliori frappè di Elsinore ed era il posto più frequentato dai giovani. Lettie arrivò a piedi, sventolando la sua ampia gonna color carta da zucchero. La cintura rosa le faceva un vitino così stretto che era impossibile non guardarla due volte. Era un amore. Per nulla volgare, ma naturale e femminile.
Il posto era affollato come al solito, ma Marta doveva essere già arrivata perché lei era in ritardo di almeno dieci minuti. Rispose al saluto dei numerosi compagni di scuola che come loro avevano deciso di passare il pomeriggio al jukebox e ricevette i primi inviti a ballare. Li declinò tutti con un sorriso dolce. All’improvviso quei ragazzi con la brillantina in testa le sembravano così banali e noiosi. I ragazzi di Los Angeles sì che sarebbero stati interessanti!
-Lettie!- Finalmente si sentì chiamare. Scorse Marta che sventolava la mano in fondo al locale. Già da quella distanza poteva vedere che indossava una camicia legata in vita, rossa come la bandana che portava in testa. Sperò almeno che avesse la gonna e che fosse lunga, o suo padre l’avrebbe rinchiusa in camera per l’eternità piuttosto che farla partire con lei.
Aveva così tante cose da raccontarle che quasi corse, ma avvicinandosi capì che non era sola. Al suo tavolo c’erano due ragazzi e non avevano la brillantina in testa, ma un classico taglio militare. Uno doveva essere certamente Paul Fleming, ma l’altro non aveva idea di chi fosse. Quando riconobbe Roger Cooper si fermò.
-Lettie- Mark Robinson la chiamò afferrandole il polso. Mark si era diplomato con lei e ora lavorava nella ferramenta del padre. –Ti va di ballare con me dopo?-
-Certo- gli rispose automaticamente. Roger la stava guardando e, come lei, non sembrava troppo felice di passare un pomeriggio in sua compagnia. Sperò solo che se ne andasse presto. Quando arrivò al tavolo Lettie salutò tutti e si sedette nell’unico posto libero, accanto a Roger. Marta indossava degli short che mettevano in bella mostra le gambe. In pratica solo i piedi erano coperti, da dei calzini bianchi con i bordi in pizzo.
-Prendi qualcosa?- le chiese Paul.
-Un frappè alla fragola.-
-Arriva!- alzò la mano e chiamò la cameriera. Marta le lanciò un’occhiata significativa. Nessun ragazzo di Elsinore aveva mai avuto tanta iniziativa. Si limitavano a qualche complimento sul loro cerchietto e aspettavano che qualcuno mettesse una canzone ballabile. Poi strusciavano le mani sul loro corsetto.
-Dobbiamo festeggiare- esclamò Marta, alzando il suo bicchiere non appena arrivò anche quello di Lettie.
-Cosa? Che non fumi da una settimana?- scherzò Paul.
-Io e Lettie presto saremo delle donne in carriera. Ci trasferiamo a Los Angeles!-
-Voi? E cosa ci andate a fare a Los Angeles?-
-A lavorare, scemo!-
Marta non aveva preso un frappè, ma un martini. Lettie si accorse solo in quel momento di essere l’unica ad avere un drink che avrebbe potuto bere anche una bambina di cinque anni e si sentì a disagio.
Marta e Paul sembravano conoscersi da sempre. Avevano una sintonia pazzesca, si capivano al volo e Lettie era contenta che Marta avesse trovato qualcuno così simile a lei. I ragazzi di Elsinore in pratica ne avevano paura, aveva un carattere troppo deciso per i loro gusti, ma Paul non sembrava per nulla intimorito, anzi, di fronte alla sfida sembrava tirar fuori il meglio di sé.
-E vivrete insieme?- chiese. Era piuttosto scettico.
-Certo, siamo migliori amiche, no?-
-Tu e lei? Ti prego, non farlo.-
-Non fare cosa?-
-Non rovinare questa bella bambina.- E dicendolo allungò una mano e le pizzicò la guancia. Lettie non riuscì ad evitare il contatto, ma lo guardò storto e non esitò un attimo: prese il suo frappè e se ne andò, lasciando Paul a bocca aperta.
Stava camminando così in fretta ed era così agitata che si fece sorprendere un’altra volta da Mark Robinson. Prima che se ne accorgesse le aveva tolto il frappè di mano e l’aveva trascinata a ballare prendendola per il braccio. I suoi tentativi di protesta furono scambiati per uno scherzo giocoso, tanto che Mark divenne ancora più insistente. Le mise una mano attorno alla vita e la avvicinò così tanto a sé che andò a finirgli addosso. Lettie, rossa di vergogna e con le lacrime agli occhi, cercò di nuovo di liberarsi, ma non furono le sue dita minute a fermare Mark, ma quelle grandi di un uomo. Gli si appoggiarono alla spalla e lo spinsero indietro con una facilità sorprendente.
-Fatti da parte, non vedi che non vuole ballare?- Era Roger. Accanto a lui Mark sembrava un ragazzino appena entrato nella pubertà, magrolino e impaurito. Quelle poche parole bastarono perché Mark si allontanasse e Lettie tornasse libera. Roger a quel punto la seguì verso l’uscita.
-Ti do un passaggio a casa- le disse, indicandole la macchina. Lettie era ancora scossa per quello che era appena successo. Sapeva che Mark Robinson era un idiota e non poteva farci niente, ma era stata sgarbata con Paul andandosene via così. Rimase ferma dov’era, indecisa se rientrare o fuggire via.
-Se stai pensando a Paul e a Marta non preoccuparti, si sono già dimenticati di quello che è successo. Io e te ora saremmo di troppo.-
Lettie si voltò a guardare Roger nell’esatto momento in cui saliva in macchina. Non le andava di stare in sua compagnia e la sua gentilezza forzata era fastidiosa. Tuttavia non poteva essere maleducata anche con lui, così lo raggiunse e si sedette al posto del passeggero. Il viaggio fu silenzioso come il primo, ma questa volta fu ciò che era appena successo a rendere Lettie taciturna. Paul l’aveva definita una bambina e non era certo il primo. Anche il signor Cooper si era rivolo a lei in quel modo e sapeva che i suoi genitori la consideravano immatura. Si chiese se ci fosse qualcosa di vero e non fosse solo il suo aspetto ad essere ancora un po’ infantile, visto che tante persone avevano così poca fiducia nelle sue capacità. Forse avevano ragione loro, non aveva la forza per vivere da sola a Los Angeles, forse stava sbagliando tutto.
-Los Angeles quindi? E’ un bel passo.- Roger intavolò il discorso dopo appena due isolati.
-Sì, anche se sembra che io non sia in grado di sopravvivere in una città più grande di Elsinore - La sua risposta amara fece sorridere Roger. Per un po’ non disse niente, era come se stesse pensando alle parole giuste da dire.
-A Los Angeles c’è pieno di gente strana, molto più strana di quel tizio al bar. Sono solo preoccupati per te. Hai già trovato una casa?-
Lettie si voltò a guardarlo. Non le sembrava vero che Roger Cooper fosse interessato a ciò che le stava succedendo. –Ci penserà tuo fratello James. Tua madre è stata l’unica delle persone a cui l’ho detto che non mi abbia trattata come un’incapace.-
-Lo avete già chiamato?- le chiese.
-Sì, è stato molto gentile.-
-Bè, mi sembra un’ottima soluzione. James ha molto occhio per gli affari, ti troverà sicuramente qualcosa di buono. E il lavoro com’è?- Quando scese dalla macchina l’opinione di Lettie su Roger Cooper era decisamente migliorata e la buonanotte che gli augurò, a differenza della prima, fu sincera. Non solo l’aveva tolta da una situazione imbarazzante, ma l’aveva anche trattata da persona adulta e responsabile. Forse la sua gentilezza non era finta come credeva, ma era solo introverso. Le venne addirittura il dubbio di aver sentito male quel pomeriggio, al ricevimento dei suoi genitori. Non era possibile che la persona che l’aveva insultata senza troppi giri di parole fosse la stessa che stava aspettando di vederla entrare in casa, al sicuro, prima di andarsene.


Dryas


   
 
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