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Autore: Duncneyforever    23/10/2015    3 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Amico mio, dimmi qualcosa. Non puoi risolvere i tuoi problemi in questo modo, parlami. Ora non sei più solo. 

- Friederick... Spero di aver capito male. - Attiro finalmente la sua attenzione dopo infiniti minuti di silenzio. La mia non è una vera e propria domanda bensì una certezza da confermare. 

- Temo tu abbia compreso benissimo. Tra una settimana dovrò partire. - Replica, abbassando il capo e tirandosi una manica della camicia sugli occhi rossi.

- Per la Francia. - Poggio una mano sul suo braccio, esercitando una piccola pressione.
Cerco di aiutarlo come meglio posso; è il minimo che io possa fare dopo tutto ciò che lui ha fatto per me. 

- Sì, per la Francia. Parigi presumo.- Sospira, spossato, come se la conversazione avuta con Schneider lo avesse privato di tutte le sue forze. 

Avere a che fare con quell'individuo ogni giorno dev'essere un incubo. In Francia ha detto... La Francia è già occupata, ho un'idea di quel che potrebbe essere chiamato a fare, ma non voglio neppure pensarci. Sta di fatto che me lo vogliano portare via, situazione molto pericolosa per noi. 

- Per favore, no. Non riprecipitare nello sconforto. - La sua voce flebile mi fa scattare, facendomi tornare sulla Terra. - Vedrai che la situazione si aggiusterà. - 

Più triste di quel sorriso triste, vi è solamente la tristezza di non saper sorridere. 

La guerra gli ha portato via ogni cosa e la sua bella risata è tutto ciò che gli rimane. Gli ho addossato un peso che non può portare da solo, addizionandolo alle preoccupazioni che ha già. 

- Torniamo a casa Fried. Questo non è posto per noi. - Indico un uomo piuttosto robusto e alticcio cantare stonatamente " Deutschland über alles " su uno dei tavoli... Una scena così pietosa e ridicola che, in altri frangenti, ci avrebbe fatto piegare in due dalle risate. 

Ripercorriamo quelle strade buie in silenzio. Grande carro, piccolo carro... Mi piacerebbe ricordare il nome delle costellazioni solo per distrarmi almeno per un po'. Il biondo, invece, cela i suoi pensieri dietro ad una calma quasi spettrale.

Dal caos di quella sala, dalla musica e dalle luci appariscenti siamo passati alla penombra e alla più totale tranquillità.

La lieve brezza notturna ci accompagna per tutta " Goethestraße ": permetto al venticello di scompigliarmi i capelli, di farli svolazzare. Amo questa sensazione; a volte vorrei essere leggera come una piuma per avere la capacità di levarmi in aria e farmi cullare dal vento. Ma io desidero troppe cose, cose che, a quanto pare, per quanto impossibili, si potrebbero persino realizzare. Chissà, magari tra qualche minuto, mi ritroverò a fluttuare nell'aria. 

Non noto neppure lo guardo del tedesco su di me. 

Quando mi volto verso di lui, i suoi occhi sono colmi di dolcezza, ma nostalgici, come se rivedesse in me qualcosa del suo passato.

Eppure non diciamo nulla, nonostante quegli sguardi.

Arriviamo davanti alla porta di casa sua, finalmente. Saliamo silenziosamente le scale in modo da non svegliare i suoi genitori, specialmente Herr Miller. Chi avrebbe sentito la sua ramanzina altrimenti?

Questo pensiero per poco non mi fa cadere per le scale.

- Eccoci qua. - Bisbiglio, impacciata, tra il corridoio e la camera degli ospiti. 

- Ja, io... - A fatica riesce a comunicarmi ciò che pensa; - voglio trascorrere questi giorni con te. - Sbotta, d'un tratto, per poi schiaffarsi nervosamente una mano sulla nuca.

- Che cosa? - Credo di essere sobbalzata per la sorpresa, non posso davvero crederci.

- Ma Fried, tu devi tornare in Polonia! - Gli faccio presente, mortificata.

Io vorrei davvero passare del tempo in più con lui, però... 

- Io non voglio andarci Sara, voglio restare qui. - 

- Sei matto forse? Ti verranno a cercare in ogni dove! - Lo rimprovero, guardandomi intorno per paura che ci sentano. 

Tenta di dire qualcosa ma io non glielo consento; - è troppo rischioso. Per questo motivo, ho pensato che potrei venire io con te. - Intuendo che vorrebbe sbraitarmi contro qualcosa, gli poso un dito sulle labbra, facendogli segno di non parlare ad alta voce. 

- Stai scherzando, vero? Sei poco più che una bambina, non posso portarti laggiù. Non... non mi perdonerei mai una cosa simile. Inoltre è severamente proibito diffondere notizie sui campi di concentramento; è vero, tu sei un caso a parte, sai perfettamente che per " campo di prigionia " si intende " mattatoio ", ma questo nessun altro oltre me lo può sapere. - La sua premura è qualcosa di emozionante, quasi mi commuove sapere che qualcuno si preoccupi così tanto per me. 

- Se verrai mandato in Francia, io non ti vedrò per molto tempo; ti tratterranno sicuramente, lo sai. Non abbiamo ancora capito come funzioni ciò che ci è successo: non sappiamo se è dovuto ad uno di noi, ad entrambi o ad un fattore esterno. Non è prudente separarci e, in ogni modo, non voglio restare sola: tu sei il ponte tra i nostri due mondi, non posso allontanarmi da te. So che in Francia non potrei seguirti, ma lascia almeno che trascorra questa settimana con te ad Auschwitz. Chi può sapere... magari in questo tempo il varco si riaprirà ed io potrò riapprodare negli anni duemila. Non è necessario che io veda il campo, anche perché so che a poca distanza dal lager si trovano delle case, dove alcuni soldati si sono stabiliti con moglie e figli... Qualcuno potrebbe ospitarmi, se non posso accedere al dormitorio. Conoscerai qualcuno disposto a farlo... un amico. - 

- Non ne sono sicuro, Sara. Non voglio che tu veda quelle... cose. Il problema dell'alloggio non si porrebbe; ho una stanza per me, dove potrei benissimo ospitarti. Non è una questione di spazio. Però... ecco... capisco che... - 

- Ne riparliamo domani, Friederick. - Sbadiglio lievemente, rimandando il discorso a quando saremo più lucidi.

Non è certo il momento adatto per discutere di un tale argomento.

- Gute Nacht, allora. - 

- Buonanotte. - Sorridiamo entrambi nervosamente, un sorriso nervoso ma carico di speranze. 

Mi dirigo verso il letto, dopodiché mi cambio e mi rannicchio sotto le coperte. 

Lascio che il sonno porti via tutte le mie preoccupazioni, seppur momentaneamente...

Mi attende una lunga, lunghissima giornata. 

 

 

  
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