Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Kaleido_illusion    23/10/2015    1 recensioni
Benvenuti a Cardia-Y 311, una città stato post apocalittica.
Tra edifici crollati, piogge acide e severe leggi, si intrecciano le vicende di due giovani di realtà completamente diversi: lei, April, una ragazza disillusa e sospettosa con un caratterino da vendere, vive nei Sobborghi lottando ogni giorno per sopravvivere; lui, Nagìl, un curioso ragazzo privileggiato del Centro, che stufo dei favoreggiamenti riservatigli decide in un attimo di ribellione di visitare quei luoghi che la cupola di vetro gli impedisce di raggiungere. Il caso vorrà che i dui si incontrino e da quel momento in poi le loro vite cambino drasticamente ...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 6

 

 

 

Senza neanche togliermi i vestiti mi butto letteralmente sul letto con il braccio appoggiato alla fronte. Ho accompagnato Chanel a casa, sorbendomi un estenuante interrogatorio da parte dei genitori, non che non avessero ragione, però è stata un’esperienza che non vorrei ripetere. Per fortuna la ragazza mi ha aiutato ad inventare una storia verosimile a cui hanno creduto, altrimenti non so come sarebbe andata a finire, e adesso non ho più energie.
Sospiro esausto, mentre le immagini di questa allucinante giornata mi scorrono davanti agli occhi, susseguendosi sul soffitto come se fosse lo schermo di un videoproiettore: Le case, la gente con il loro vociare, la fuga, i teppisti e tutto il resto, poi la ragazza (quella pazza furiosa). C’è mancato poco che arrivasse alle mani, ma che problemi ha?
Non odia te in particolare”, mi ha detto il ragazzo biondo Kid, alla biforcazione nei tunnel “odia solo il posto da cui provieni e quello che quel luogo implica… Senti lo so, è una situazione strana, ma April ne ha passate tante perciò non ti chiedo di capirla, ma almeno di  ignorarla finché puoi”.
Perché covare un odio così profondo? Cosa le sarà mai capitato?! Mah! Poi che mi importa di un’estranea? Non la rivedrò più!... e allora perché ho fatto quella foto alla mappa dei tunnel?
Fisso rapito il display del palmare come se, guardando quello specchio nero, le risposte che mi servono possano saltar fuori come nelle sfere magiche. Non sarà mai così facile, rifletto amareggiato.
I colpi sulla porta infrangono i miei pensieri e mi affretto a sedermi composto, acquisendo un atteggiamento formale.
<< Ed, sei tu!>> dico sollevato, rilassando i muscoli e sciogliendo le spalle << … pensavo fosse mio padre.>>
<< No signorino, i suoi genitori non sono ancora rientrati. Le hanno lasciato un messaggio: torneranno tardi poiché sono fuori a cena. Vuole che gli riferisca della telefonata dell’istituto?>>
Edward ha capito al volo la situazione, come sempre.
<< No, grazie. Lo scopriranno comunque, anche se spero di poter gestire tutta la faccenda prima che ciò avvenga. Perciò non preoccuparti mi prenderò io tutta la responsabilità se dovessero venire a sapere che non sono stati avvisati >> sospiro.
<< Come vuole. Le ho portato le medicazioni che mi ha chiesto, le serve qualcos’altro?>> appoggia la cassetta bianca con la croce rossa sul letto. È ancora nuova di zecca con i colori sgargianti e tutto il resto, si vede proprio che qui non succede mai nulla per la quale ci si debba medicare, eppure noi abbiamo gli ospedali con tutte le attrezzature, mentre la gente là fuori no, curioso.
<< Bastano queste, grazie. Ah, Ed! ha chiamato qualcun altro oltre la direzione?>> aggiungo.
<< Sì, ha telefonato il signorino Spike, ha detto che sarebbe passato stasera e che vuole sapere tutto di oggi>> termina lanciandomi un’occhiata curiosa e severa allo stesso tempo.
Seccato, mi lascio sfuggire grugnito appoggiando le braccia sulle ginocchia << Immagino di doverglielo, d’altronde è stato lui a tirarmi furi dall’impiccio>>
<< Suppongo di sì. Vengo a chiamarla per la cena?>> mi chiede.
<< No grazie, scendo tra poco. Potresti farmi preparare qualcosa di leggero per favore? Non ho molta fame>> dichiaro apatico, mentre lo stomaco si ripiega su se stesso al solo sentire la parola “ cibo”. Non posso non cenare, altrimenti la servitù potrebbe pensare male ed adesso è meglio evitare pettegolezzi.
Cosa ho combinato ancora, rimugino passandomi una mano nei capelli, con un gesto troppo rude per sembrare casuale agli occhi di Ed. Il maggiordomo fa un cenno di assenso con la testa per poi sparire chiudendosi la porta alle spalle. Mi lascio sfuggire un altro sospiro, stavolta di rassegnazione.
Dopo una breve doccia, rovisto per un po’ nella cassetta del pronto soccorso finché non scelgo una delle tante poltiglie piene di tutto, ma che in sostanza non contengono nulla, che spacciano per pomate applicandola sui lividi, mentre sulla gamba ancora dolorante applico un cerotto antinfiammatorio, sperando basti. Devo ringraziare anche la mia carnagione leggermente più scura che nasconde abbastanza il colore violaceo degli ematomi che vanno formandosi, altrimenti avrei dovuto spiegare qualcosina in più ai signori Moores.  Alla fine, quando penso che lo strato di pomata sia sufficiente, decido di scendere di sotto. 
La sala da pranzo è come l’ho lasciata stamattina: squallidamente deserta. Trascino di malavoglia i piedi fino al posto apparecchiato aspettando che la cena venga servita ed intanto il mio stomaco si annoda sempre di più per la tensione e le domande ancora irrisolte che si stanno accumulata dopo “l’evasione dalla scuola”(così Chanel l’ha descritto in un tragico soliloquio una volta al sicuro e sulla strada de ritorno). Ormai hanno preparato il pasto e non posso rifiutarla, perciò sbocconcello un po’ di pasta e ben presto anche quel poco di fame che ho se ne va miseramente. Prendo il piatto e mi trascino fino alla cucina, fortunatamente i cuochi si sono già ritirati nelle loro camere e rimane solo il vecchio Ed a controllare le ultime faccende, così mi intrufolo buttando gli avanzi nel tritarifiuti, guardandoli scendere verso la rete fognaria. Chissà  se sbucheranno in una delle gallerie che ho attraversato oggi? Quando anche l’ultimo pezzo scompare inghiottito dalle fauci metalliche ed il piatto è pulito, mi avvio nello studicciolo vicino alla porta sul retro ad aspettare l’arrivo di Spike, come da tempo immemore siamo soliti fare.
Sono quasi le undici, il coprifuoco è ormai passato da un pezzo, quando mio cugino bussa con due pugni brevi e uno secco dato con il palmo sull’assito. Apro la serratura magnetica, lasciando uno spiraglio. Poco dopo compare la nera e ordinata massa dei capelli di Spike, il suo occhio celeste luccica ferino nella fioca luce dell’ingresso di servizio.
<< ’Sera cugino!>> bisbiglia abbastanza forte per farsi sentire da me che sono a diversi passi di distanza per controllare i corridoi.  Alzo una mano e lo invito a seguirmi, quando Ed si dirige verso la sua camera facendomi l’occhiolino per indicare il via libera: non c’è più nessuno alzato. Attraversiamo silenziosamente i corridoi bui fino alla mia stanza, solo allora abbandoniamo la cautela e ci rilassiamo.
<< Non la smetteremo mia con le vecchie abitudini>> scherza Spike malinconico, sedendosi a cavalcioni sulla sedia della scrivania.
<< L’infanzia non si dimentica>> ribatto con lo stesso tono però irritato. Parlare del passato mi mette sempre in uno stato di indisposizione, oltre a lasciare un sapore acido di fiele in bocca. Eppure non possiamo fare a meno di ritornare a quei tempi, come si dice: il passato ci ha fatto diventare ciò che siamo. Mai fu detta cosa più vera, infatti questa complicità e tutti i gesti appena eseguiti li abbiamo messi in pratica diverse volte da bambini quando c’erano questioni importanti da discutere lontano dai grandi o semplicemente per parlare e sfogarci delle ingiustizie della giornata. Ciò nonostante a distanza di anni non abbiamo smesso e, per quanto mi ostini a dire come non lo sopporti, Spike è il migliore amico che abbia mai avuto e credo sia lo stesso anche per lui.
<< Allora fuggitivo! Non si è parlato d’altro nella scuola. Spero ne sia valsa la pena! … e i lividi mi urlano: certo che sì amico! Hai pestato qualche cencioso dei Sobborghi?>>
<< Qualcosa del genere>> rispondo vagamente, prima di raccontargli di malavoglia, per filo e per segno cos’è accaduto da quando ho lasciato l’aula magna…

 << Fiuuuu … però te ne sono capitate oggi! Molte di più che nella tua piccola e breve vita>> mi schernisce sarcastico appoggiandosi a braccia incrociate sullo schienale.
<< Ma va all’inferno>> erompo spazientito tuttavia lui ridacchia divertito << Non eri lì, non hai visto quella gente, Spike! È completamente diversa da …tutti noi.>>
<< Ne sei sicuro? >> la domanda, unita al suo sguardo serio, mi spiazza. È troppo greve per un tipo come lui. Mi nasconde qualcosa, ma continuo incapace di riflettere con calma.
<< Se ne son sicuro?!? Certo, che domande!>> sbotto stizzito e confuso, lasciando che queste emozioni guidino le mie parole.
<< Sei sicuro che sia questo il punto: la nostra e la loro diversità?>>
<< Ma guardaci Spike! In confronto a loro sembriamo degli alieni di un altro pianeta>> però le mie stesse parole non mi convincono, ho la sensazione che in qualche modo siano sbagliate.
Tuttavia, dopo questa dichiarazione, non posso evitare di confrontarmi fisicamente con il ragazzo Kid: lui così magro e normale; io che non ho mai sopportato la diversità dei miei occhi o il pallore dei miei capelli, spettralmente in contrasto con la carnagione. Cosa buffa la genetica, anche spaventosamente crudele sotto certi aspetti. “ Ma non dovremmo far parte della stessa condizione? Siamo esseri umani alla fine” mi ritrovo a pensare amareggiato … poi qualcosa si sblocca, come un interruttore che viene premuto portando alla luce un’idea che da tempo mi chiedeva di essere scoperta. Finalmente posso dare un senso al perché della fotografia della mappa dei tunnel, a quella sensazione che ci fosse qualcosa di errato nel modo in cui ragionavo prima.
<< Sì, il punto è questo. Non siamo poi così diversi giusto? Siamo sempre persone … però ci preoccupiamo che questa differenza tra noi e loro venga marcata!>> espongo con fervore, Spike mi sorride complice, insinuandomi il sospetto in una domanda che esprimo subito << Tu ci eri già arrivato vero?>>
<< Da un po’>> fa spallucce con fare indifferente, come se fosse normale riflettere in quel modo.
Dannato psicopatico! Ecco cosa celava dietro a quegli indizi velati.
<< E adesso che pensi di fare?>> mi chiede oscillando sulla sedia.
Cosa penso di fare, io?! … Ho causato una marea di guai oggi che mai avrei pensato di combinare e nonostante tutto non mi pento di aver visto com’è là fuori, anzi sono ancora più curioso, poiché ormai so che quello che accade intorno a me non mi va più bene; sono consapevole che tutto quello che ci hanno detto, mostrato nei corsi sul senso civico e tutte le altre chiacchiere erano soltanto balle! Nulla è vero di quello che ci hanno insegnato, nulla, NULLA! Se non il messaggio sott’inteso che ci vogliono tenere separati. Ma perché? Perché comportarsi così con un intera popolazione.
È questo il primo nodo da sciogliere oltre a trovare il capo da cui partire per le mie indagini. Una cosa è certa, non qui: a casa, dove tutto è strettamente controllato, né a scuola o dovunque nel Centro; sarebbe troppo sospetto fare domande in giro, per non parlare del fatto che informazioni di questo tipo saranno di sicuro inaccessibili. Mi rimane solo un’alternativa, cioè tornare nei Sobborghi. Tuttavia prima di comunicare la mia nuova decisione ad uno Spike trepidante d’attesa, gli chiedo cosa lui abbia fatto quando è giunto alla stessa conclusione.
<< Lo ammetto, quasi nulla … non potevo fare molto essendo l’unico ad aver capito che le cose facevano schifo. Perciò ho aspettato il momento che anche tu ci arrivassi da solo. Ho seriamente pensato di non vedere mai questo giorno! Stavo per spifferarti tutto, ma alla fine ne è valsa la pena. In due è molto meglio ed infatti sei mooooolto bravo nell’evadere. Oggi ne è la prova! Hai letteralmente fatto perdere le tue tracce hahahahahaha>> sembra intrigato dalla cosa.
<< Ci mancherebbe! Ho passato anni a nascondermi da qualcuno!>> sibilo un po’ soddisfatto dell’abilità sviluppata che ora potrà tornarmi molto utile.
<< Muhahahahahaha! Era tutto premeditato>> gongola.
<< Sei un bastardo sociopatico!>> ci spanciamo tutt’e due dal ridere.
<< Ho deciso cosa farò>> dichiaro ad un tratto, attirando la sua attenzione. << Voglio scoprire il perché di tutto questo. La cupola, i Funzionari con i reparti segreti e tutto il resto. Sono stufo di vivere in una prigione dove ogni mia mossa è registrata dalle telecamere ed analizzata da esperti del comportamento per vedere se ho qualche mania rivoluzionaria>>
Adesso che so cosa voglio fare, so anche da cosa o meglio da chi partire: la ragazza sospettosa dei sobborghi. Se ha una bestia nera, ovvero l’odio per il Centro che la perseguita a causa di un passato burrascoso, dovuto proprio al luogo da cui provengo, allora è la “complice” numero una da avere dalla nostra parte. Inoltre il suo lavoro come corriere copre tutta la città e sarebbe perfetto come espediente di raccolta d’informazioni.
<< Ben detto cugino! Siamo una squadra adesso!>> mi batte una pacca sulla spalla. Poi il viso gli si illumina di un sorriso malizioso << Allora rivedrai la moretta?! Sembra proprio il mio tipo! Forte, coraggiosa e contorta! La conoscerai e poi me la presenterai vero? Vero?! Dai, dai, dai, dai, dai…>>
<< Spike abbiamo appena deciso di infrangere una marea di divieti per capire cosa diavolo sta succedendo e tu pensi a quella tipa?! Abbiamo cose più importanti a cui prestare attenzione>> dico indignato.
<< Ma questa è una cosa importante?!>> piagnucola.
<< Sei scemo o cosa! Dobbiamo ancora stabilire i compiti e …>>
<< Frena! I compiti sono già stabiliti: io farò la talpa nelle file interne, mentre tu sarai la spia infiltrata tra gli esterni visto che già “conosci” un paio di persone; quindi non ci sono altre cose da concordare, visto! Tornando alla ragazza…>>  mima con le dita delle virgolette.
Sono esasperato. Crede davvero  che sia tutto così semplice? Basterebbe un errore o una distrazione per finire i nostri giorni in carcere o peggio nelle segrete della quartier generale dei Funzionari?! … anzi, probabilmente lo sa, ma non gliene frega niente perché ha la testa marcia e piena di mosche! Ma gliela rimetto a posto io alla vecchia maniera, ne ho abbastanza del suo straparlare per oggi.  E si inizia con le prese di lotta libera che mi ha insegnato proprio lui. Lo sorprendo alle spalle con una presa per togliergli il fiato, ma non stringo troppo, non vorrei sbagliare i tempi e lasciarlo diciamo… un po’ morto.
<< Credi ancora che non ci sia niente da concordare? È in gioco la nostra vita >> dico di getto.
<< Va bene, ho capito … lasciami! N-non respiro>> arranca.
<< Sicuro?>> chiedo scettico e lui scuote il capo per assentire.
Lo lascio andare perché ha un leggero colorito rossastro tendente al blu, decisamente poco normale.
<< Però, hai imparato bene!>> appoggia un ginocchio a terra per riprendere fiato << ma … mai abbassare la guardia!>> con un movimento rapido mi tira un calcio sulla gamba malandata. Il dolore si ripresenta violentemente come nel pomeriggio, facendomi barcollare all’indietro.
<< È un colpo basso! Schifoso…>> ringhio, ma la nuova fitta di dolore mi toglie le parole.
<< Lo so, sono un bastardo nato, me lo dicono spesso>> sorride trionfante.
Mi rimetto in piedi a fatica, imprecando mentalmente per non urlare e svegliare gli inservienti.
<< Tu ...>> lo guardo in cagnesco, ma sorrido anch’io un po’ divertito, ma decisamente incavolato.
Spike stende un braccio e con l’indice fa segno di farmi sotto. Non me lo faccio ripetere due volte e mi scaglio contro di lui. Ci scambiamo colpi e parate, pugni e calci finché non siamo sfiniti e collassiamo sul pavimento come due bambini.
<< Bastaaaaaaaaaaaaaa! Pietà, non ce la faccio più>> si lamenta.
<< Sei una schiappa… per essere… il capitano del club>> ansimo.
<< ha ha ha ha … allora è deciso?>> chiede tra un respiro e l’altro, alludendo all’altra questione.
<< Sì>> sputo fuori in un soffio a corto di fiato.
Ma ho compreso appieno quello in cui mi sto cacciando? No, ma voglio farlo comunque, ho bisogno di farlo. A questo punto la questione ha troppi buchi aperti per lasciarla così ed il mio stesso senso pratico nel risolvere i problemi, mi impedisce di lasciare correre. Devo riempire quei vuoti di informazioni e trovare una risposta alla classificazione della nostra società o non troverò mai pace. È quasi una questione di principio.
<< Da adesso le cose di fanno interessanti>> Spike si sdraia sulla moquette a pancia in su, guardando il soffitto, tracciando cerchi invisibili nell’aria.
<< Si fa anche tutto più incasinato>> ribatto appoggiando la schiena contro il muro e piegando il ginocchio della gamba sana contro il petto per appoggiarvi il braccio.
<< Non lo era già?>> bofonchia infastidito lui.
Su questo non posso dargli torto.

 

***

 
Le sirene dell’erogazione si sono appena spente, segno che i rubinetti sono stati chiusi e per oggi ho perso la mia occasione di lavarmi. Che giornata di merda e giustappunto non è ancora finita. La sala d’attesa dello studio del dottore Rosenberg è vuota al momento, fatta eccezione per un piccolo orsacchiotto di peluche che ammicca dalla sedia difronte. È un po’ troppo sfacciato per essere un orsetto, tuttavia non resisto alla tentazione di coccolarlo. Guardandolo da vicino, gli manca un occhio, ha il farfallino celeste storto ed un braccio più corto, ma tutto sommato è meglio di niente come consolatore. Gli arruffo il pelo sintetico, appoggiando i gomiti sulle ginocchia, aspettando che il dottore abbia finito di raccogliere l’acqua e possa ricevermi. Per lui non sarà certo una novità vedermi, ormai posso dire che la clinica sia la mia seconda casa viste le innumerevoli volte che gli faccio visita. Meno male che il posto è così familiare che quasi riesco a rilassarmi e far sbollire il nervosismo provocato da Kid e quei due rampolli impomatati del centro, bleah! Al solo pensarci vorrei strangolare qualcuno e sfortunatamente il malcapitato di turno è il pupazzetto che affretto a sistemare. Non voglio ripensarci, non adesso che la tempia ha ripreso a farmi un male cane. Appoggio la schiena contro lo schienale di plastica e la testa sul freddo e ruvido muro, poi, allungando le gambe, stringo Mr. Boo, ( così ho ribattezzato l’orso) sperando di riprendermi un po’ per non sembrare un rudere.
<< Cos’hai combinato stavolta?>> mi chiede una voce graffiata da anni di sigarette.
 << Niente dottore!>> rispondo alzandomi dal sedile e raggiungendo l’uomo.
Ha ancora l’asciugamano sulle spalle ed i lunghi capelli scuri sono umidi, deve aver appena finito di lavarsi. Peccato, credo di avergli rovinato l’unico momento in cui la clinica è tranquilla e silenziosa.
<< Certo e io sono al fatina dei denti. Entra>> mi dice mantenendo la porta aperta per farmi passare.
Non posso fare a meno di immaginarlo in gonnella azzurra e bacchetta alla mano, scoppiando a ridere per il prodotto partorito dalla mia fervida fantasia, ma il karma mi rimette in riga con una fitta terribile al sopracciglio.
<< Fammi indovinare perché hai una garza attaccata alla fronte… magari una rissa con una banda di teppisti? E potrei azzardare si tratti dei Demon’s. Ho indovinato?>> mi incalza, mentre indossa il camice e si lega i capelli in un corto codino dietro la nuca.
<< Non le si può nascondere nulla dottore. Nonostante abbia superato la quarantina, la memoria le funziona ancora bene!>> ribatto sedendomi sul lettino e posizionando Mr. Boo al mio fianco. Purtroppo ho constatato che il mio malumore non è svanito e rischio di prendermela anche con il dottore.
<< Sarcasmo intatto, quindi non hai subito danni al cervello, almeno sembra. Starei attento fossi in te al possibile trauma cranico. Problema serio quello>>
<< Che razza di dottore direbbe mai una cosa del genere ad un suo paziente?!>> scherzo, per addolcire la battutaccia di prima.
<< Quello che rimprovera una sua aiutante scavezzacollo che, se vuole essere curata per evitare una ramanzina, farà meglio a dirmi il motivo di questa>>
<< Ahi! >> urlo, quando il dottore Ian Rosenberg, preme con molta malagrazia nell’esatto punto della ferita. << Per il suo bene è meglio che non lo sappia>> aggiungo secca.
<< Io invece credo, per il TUO bene, che lo debba sapere>> insiste, puntando i suoi  arrabbiati occhi nocciola nei miei. Se non fosse per gli occhiali da vista che schermano un po’, temerei un  incenerimento con lo sguardo.
<< E va bene!>> cedo alla fine, regalando la vittoria a Ian << io e Kid abbiamo tolto dei forestieri dalle grinfie di Marcus & co e questa è la mia ricompensa>>
<< Centriani?!?! Che diavolo … dove sono adesso?>>
Davvero non gli si può nascondere nulla?!
<< Io sto bene, davvero grazie per l’interessamento! … Sono tornati a casa>> rispondo concisa, preferirei lasciare incompiuto il discorso. Magari la botta in testa avesse cancellato una parte di memoria! Il mio interlocutore coglie al volo l’indisposizione nel parlarne e non torna più sull’argomento. Inizia a svolgere la fasciatura sulla testa, sospirando poi alla vista della taglio.
<< Cavolo April … è molto profondo ci vorranno dei punti>>
<< Punti?! O signore, no! Chi li spiega poi a Catherine>> pensando alla nuova sfuriata di  mia zia. Adesso sono io quella che sospira, di frustrazione però.
<< Già bel problema, ma se non li mettiamo rischierai di prendere infezione e perdere altro sangue eeeee visto il tuo fantastico colorito smorto, direi che ne hai perso abbastanza per il momento.>>
Non posso oppormi, il medico è lui. Così gli do il via libera alla sutura del sopracciglio, mentre i suoi fantastici zoccoletti sanitari picchiettano sulle mattonelle dello studio. Sfortunatamente gli anestetici sono un bene di lusso e, quei pochi e sacri in possesso del dottore, vanno usati per i casi più gravi. Non il mio, ovviamente. Perciò stringo i denti e trattengo le lacrime quando Rosenberg fa il primo passaggio con filo e ago, sterilizzato su fiamma. Il dolore è bruciante e impreco mentalmente come se fossi il camionista della peggiore specie. Devo inoltre stringere a più non posso il bordo del lettino, altrimenti rischio di: 1- svenire, 2- allontanare con uno spintone il dottore, il che non  mi sembra molto carino. Così digrigno ni denti e penso alla punizione che riserverò al mio amico domani.
Quando finalmente il supplizio finisce, la fronte che scotta e ho le lacrime agli occhi per averli serrati troppo forte.
<< Brava bimba, ti meriti questo>> mi prende in giro il medico, regalandomi un lecca-lecca scarlatto ed una carezza sulla testa.
Una caramella! Erano secoli che non la mangiavo; di solito quelle che ci sono alla clinica sono per i bimbi e perciò devo regalarle ai mocciosi, invidiandoli nel vedere la loro soddisfazione nel succhiare gli zuccherini.
Un sorriso tirato e stanco, mi distende le labbra. È bello ricevere un premio ogni tanto. Scarto l'involucro piena di aspettative e lascio che lo sciroppo, un po’ troppo dolce, indori la bile che ho ingoiato fin'ora.
Solo dopo che ho finito il globo di zucchero, scopro il dottore seduto sulla sua sedia girevole, intento ad osservarmi concentrata tra una boccata e l’altra della sua sigaretta preferita.
<< Qualcosa non va?>>
<< Niente di che, stavo solo pensando. Ad ogni modo, il pagamento per le cure è la tua prossima giornata di riposo, da mettere al servizio dello studio. E visto che sono immensamente buono ti permetto di restare qui a dormire, così potrai rimandare almeno di un po’ la ramanzina che ti aspetta. Affare fatto?>>
<< Affare fatto>> concordo. Mi sento leggermente sfruttata, ma le condizioni sono troppo allettanti per essere rifiutate.
<< Ah! Inoltre dovrai darmi una mano se stanotte ci saranno dei pazienti. Eloise è in malattia e non ho una degna sostituta>> si lamenta.
<< Brutto doppiogiochista!>> inveisco. Adesso si che mi ha fregato ed in segno di scuse il dottore mi scocca un ghigno furbesco. << E va bene! Sei peggio di uno strozzino>>
Rosenberg scoppia a ridere. Mi affretto a scegliere una branda libera ad un capo dell’infermeria e tiro la tenda per riposarmi prima che arrivi gente, scegliendo Mr. Boo come compagno di letto. Stesa sul fianco ascolto il dottore comporre un numero ed annunciare a mia zia che resterò lì a dargli una mano, poi scivolo nell’incoscienza non pronta ad affrontare una nottata quasi insonne.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Kaleido_illusion