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Autore: potterfanlalla17    27/10/2015    4 recensioni
Dopo il peggior finale di sempre nella storia di pap, ho deciso che il personaggio di Gaetano meritava più di quanto ha avuto. Questa è la mia personalissima visione di come dovrebbe proseguire il rapporto schizofrenico tra Gaetano e Camilla, sempre che tra i due un rapporto sia ancora possibile.
Un paio di avvertimenti: primo, non ho idea di come andrà finire, perciò non assicuro il lieto fine da favola come tutti vorrebbero vedere oggi. E secondo, astenersi fan sfegatati di Camilla Baudino: la prof. questa volta mi ha proprio deluso e non credo che sarà facile per lei recuperare la mia fiducia....figuriamoci quella del povero Gaetano.
A tutti coloro che invece vorranno seguirmi auguro buon viaggio insieme a me in questa nuova avventura targata pap.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Camilla Baudino, Gaetano Berardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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FACCIA A FACCIA

Il suono della campanella, già molesto di per sé soprattutto per la popolazione studentesca, era insopportabile anche per le orecchie di Camilla quella mattina.

La professoressa Baudino presentava tutti i classici sintomi del post-sbronza: mal di testa, occhi gonfi e arrossati, difficoltà di concentrazione, agitazione. Le sarebbe piaciuto poter affermare di aver almeno goduto dei benefici di quella sbronza! Invece, se si ritrovava in quelle condizioni pietose, non doveva ringraziare una buona dose di alcool (preferibilmente vermouth), ma la lunga (anzi, oserebbe dire la più lunga della sua vita) sessione di pianto mattutina, sdraiata nel suo letto cullata dal silenzio di quelle quattro mura che già altre volte l’avevano trovata in lacrime.

Quando era rientrata in casa quella mattina, sorretta a forza da Renzo e da Livia, era corsa a rifugiarsi in camera, con la non tanta velata idea di chiudercisi dentro per sempre ed isolarsi dal mondo: aveva appena perso l’amore della sua vita, la sola persona che le era sempre stata accanto “nella buona e nella cattiva sorte” (ironico, a pensarci), l’uomo che (e di questo ne era assolutamente certa) non l’avrebbe mai tradita o fatta soffrire…che altro poteva contare di più? Di fatto, Camilla sapeva che c’erano ancora alcune persone che, inspiegabilmente, dipendevano da lei: Livia, sua nipote Camilla, i suoi studenti…

Aveva trovato la forza di rialzarsi, rendersi presentabile quanto le circostanze lo permettevano: in bagno si fermò a guardare lo specchio che le rimandò l’immagine di una donna che proprio non riusciva a riconoscere. E le parole dette all’amica Francesca qualche mese prima proprio in quel bagno la colpirono con un’intensità indescrivibile: “mi sa che l’ostacolo sono io”. Dio, quanto aveva avuto ragione! Lei aveva fatto e disfatto la sua relazione con Gaetano, lei lo aveva illuso e poi abbandonato senza spiegazioni…o meglio con quel terrificante discorso davanti alla macchinetta del caffè. Poteva forse biasimarlo se ora lui se n’era andato senza nemmeno un saluto, una parola? No, chiaro. Non poteva pretendere più nulla da lui. Eppure, sentiva una vuoto talmente grande dentro di lei…addirittura più grande di quello lasciato dal tradimento di Renzo: forse perché una parte di lei (anche se piccola e tenuta ben nascosta) aveva sempre saputo o temuto che Renzo potesse tradirla nuovamente, come era già capitato in precedenza, ma con Gaetano…si aspettava che Gaetano ci sarebbe sempre stato per lei. Aveva tirato la corda una volta di troppo e ora la corda si era spezzata.

Il leggero bussare di Livia alla porta l’aveva costretta ad uscire e a mostrarsi per quello che era: una donna distrutta e senza più energie. Con Gaetano se n’era andata anche una parte di lei.

-Mamma, se vuoi chiamo a scuola e chiedo ai tuoi colleghi di sostituirti per oggi.

Camilla aveva scosso il capo e abbozzato un sorriso che le era costato un’immensa fatica.

-No, tesoro. Lavorare un po’ mi farà bene. E comunque entro alla terza ora, oggi. Ho ancora tempo per rendermi presentabile.

-Mamma…

-Davvero, Livietta, sto bene. Starò bene.

Livia era rimasta ancora qualche secondo davanti alla porta, l’espressione di chi vorrebbe dire ancora milioni di cose, ma non ne ha il coraggio.

Ripensandoci ora, chiusa nel bagno del Nelson Mandela nel vano tentativo di asciugare le lacrime che a tradimento continuavano a scendere, avrebbe fatto bene a seguire il consiglio della figlia e restarsene a casa, sepolta sotto le coperte e nascosta agli occhi del mondo che sembravano giudicarla ad ogni passo.

La campanella arrivò puntuale ad annunciare implacabile la fine dell’intervallo.

Camilla raccolse la sua borsa e rassegnata si indirizzò verso la sua 5B, l’ultima classe che avrebbe voluto avere quel giorno: Sara, Ambra e Niccolò le avrebbero sin da subito ricordato lui, Gaetano. E non era certa di riuscire a sopportare i ricordi che quei tre volti avrebbero portato con sé.

Cercò di tenere gli occhi bassi, puntati sulla cattedra e sul registro.

-Prof., non sta bene?

Ma perché tra tutti proprio Ambra doveva aprire bocca per prima? Era una ragazza dolce e simpatica, ma in quel momento l’avrebbe strozzata volentieri…con affetto parlando. Ambra tra tutti comportava una serie di ricordi particolarmente dolorosi: alcuni dei momenti più belli trascorsi con Gaetano erano legati alle indagini per l’omicidio della sua amica Nancy. “Dovunque tu vada, io vengo con te”…ormai non era più così. Lui era andato e lei non poteva più seguirlo. Una nuova ondata di pianto si affacciò prepotentemente nei suoi occhi, ma con una forza che non sapeva nemmeno di avere Camilla ricacciò tutto indietro.

-No, Ambra, oggi non sto molto bene, in effetti.

-Vuole che vada di sotto ad avvertire il suo amico commissario? Così la accompagna a casa, se vuole.

Camilla sentì la stanza girare vorticosamente attorno a lei. Doveva aver capito male: pure le allucinazioni uditive, adesso!

-Prof.?

Ambra, sempre più preoccupata, lanciò un’occhiata verso i compagni.

-Vado io a chiamare il commissario- intervenne Niccolò.

-No!- allora non aveva sognato, non era preda di allucinazioni. Gaetano era lì! Era talmente sconvolta da non riuscire a comprendere cosa provava in quel momento: gioia, sollievo, paura, ansia, inquietudine…e altre mille emozioni tutte insieme, unite in un mix esplosivo che le stava togliendo il respiro.

Riuscì ad alzarsi dalla sedia e a mantenere una parvenza di autocontrollo.

-Ragazzi, voi ora state tranquilli qui, mentre io raggiungo il commissario Berardi- poter pronunciare quel nome…non le era mai suonato così bene con in quel momento.

I primi passi furono lenti e titubanti, poi dovette controllarsi per evitare di correre. In altre circostanze, il primo pensiero sarebbe stato quello di domandarsi perché un vicequestore era appena entrato nella sua scuola, ma in quel momento la sua mente era rivolta solo ed esclusivamente solo a Gaetano, al fatto che era a pochi metri da lei, proprio nel giorno in cui credeva di averlo perso per sempre. Potevano chiamarlo destino, fato, caso, coincidenza…non gliene importava nulla! Il suo Gaetano era lì e lei aveva la possibilità di chiarire quell’assurda situazione.

Giunta a pian terreno, Camilla si rese subito conto che il suo compito sarebbe stato più difficile del previsto. A guardia della sala professori erano stati lasciati la Lucianona e Torre, ma mentre la prima le rivolgeva un timido sorriso (senza farsi scorgere più di tanto dal marito, a quanto sembrava) l’espressione del secondo era dura e severa. Evidentemente era stato messo al corrente da Gaetano di quanto accaduto qualche settimana prima e come il migliore degli amici si era schierato dalla parte del commissario.

-Professoressa- la salutò la Lucianona, ignorando l’ultima eloquente occhiata di disappunto da parte del marito.

-Buongiorno- rispose con una timidezza che non le era mai appartenuta; non riusciva nemmeno a sostenere lo sguardo di rimprovero di Torre: sapeva di meritarlo, questa era la verità, ma questa consapevolezza non la faceva sentire meglio. –Come mai qui?

-C’è stato un omicidio- si affrettò a precisare l’agente Balocco.

-Omicidio? A scuola?

-No, ma è la vittima è…

-Ehm, ehm…- si intromise Torre riportando la moglie al silenzio.

La Lucianona alzò gli occhi verso Camilla cercando di farle capire che se fosse stato per lei avrebbe già spiattellato tutto, ma non era aria in confidenze. Perlomeno non con lei.

Camilla comprese, ma arrivata a quel punto non poteva andarsene di lì senza sapere se lui era a pochi metri da lei, separato solo da una insignificante porta in legno, peraltro malandata.

-Il dottore è dentro?- non sapeva dove aveva trovato il coraggio per fare quella domanda, soprattutto alla presenza di un Torre deciso più che mai a proteggere il suo superiore da altre batoste.

Fortunatamente non fu necessaria una risposta da parte di Torre: la porta alle sue spalle si aprì pochi istanti dopo e davanti a lei si materializzò la figura alta, snella e perfetta di Gaetano.

Al commissario sembrò mancare la terra sotto i piedi. Incrociava quegli occhi per la prima volta da settimane e nonostante tutto il dolore che la donna davanti a lui gli aveva causato non riusciva a smettere di sentire quel suo stupido cuore galoppare come un cavallo impazzito. Poteva comandare alla sua testa ed al suo corpo di allontanarsi da lei, ma non poteva fare nulla per quell’organo che continuava a battere per lei. Lei gli sorrise timidamente, un accenno all’angolo della bocca. Gaetano la guardò con attenzione e non poté fare a meno di notare gli occhi gonfi e l’espressione stanca: la nipotina doveva tenerla sveglia la notte…o forse era qualcun altro a tenerla sveglia e in modi che gli stavano facendo desiderare di strapparsi mente e cuore.

Fu quel pensiero, che lo attraversò come un fulmine, a ridestarlo e a dargli la forza di mantenere il distacco da lei.

-Torre, Balocco. Accompagnate la professoressa Ronco in commissariato. Io devo passare dal medico legale e poi vi raggiungo.

-Comandi, dottò!

Torre sembrò felice di avere una scusa per allontanarsi dalla linea di fuoco; indicò con gentilezza alla collega di Camilla di precederlo verso l’uscita dell’istituto, seguito poi a ruota dalla Lucianona, che, invece, sembrava voler restare per sapere come sarebbe andata a finire tra i due.

-Gaetano- il tono di voce usato era talmente basso che Camilla stessa non fu sicura di aver davvero pronunciato il nome dell’uomo.

Sentire il suo nome pronunciato da Camilla, fece perdere un altro battito al cuore già malconcio del commissario Berardi: non poteva evitare di restare lì in mezzo al corridoio a fissarla, le mani infilate in tasca per precauzione, onde evitare che una parte di lui arrivasse a comandar loro di sfiorarle il viso. Quegli occhi continuavano nonostante tutto ad ipnotizzarlo, quelle labbra ad attirarlo a lei. Sarebbe mai arrivato il giorno in cui il suo corpo non avrebbe più reagito agli stimoli che la vista di Camilla gli provocavano? Probabilmente no, questa era la verità. Forse quella doveva essere la sua punizione per aver osato innamorarsi di una donna sposata, madre di una bambina piccola, ora però nonna…single ed indipendente.

-Gaetano, ti prego, possiamo parlare?- nel pronunciare quelle parole, Camilla appoggiò una mano con delicatezza sul braccio del commissario, che si ritrasse come scottato.

L’uomo fissò il punto in cui Camilla lo aveva sfiorato incapace di comprendere come anche solo quel lieve tocco potesse ferirlo e farlo sprofondare ancora di più nel baratro da cui stava disperatamente tentando di uscire.

-Devo andare- fu l’unica cosa che riuscì a dirle, senza nemmeno più guardarla negli occhi, senza voltarsi indietro nonostante lei lo stesse chiamando, questa volta a gran voce.

Mentre usciva dall’istituto Mandela una leggera folata di vento primaverile gli accarezzò il viso e sentì freddo; estrasse la mano destra dalla tasca e si toccò la guancia: era umida. Stava piangendo.

***

-Mi scusi, commissario, non sarebbe possibile fare entrare anche Camilla?

Non era per niente facile dire di no a quella richiesta avanzata da Anna Ronco. Innanzitutto, era leggermente da ipocrita invocare proprio ora quelle regole che impedirebbero l’interferenza dei non addetti ai lavori durante un atto di polizia giudiziaria: il commissario aveva infranto talmente tante volte (e soprattutto con enorme piacere) quelle regole che era un miracolo non l’avessero ancora sbattuto a dirigere il traffico o peggio cacciato dalla Polizia di Stato. Inoltre, Anna Ronco gli piaceva: sembrava una donna gentile, seriamente afflitta per la morte del marito e bisognosa di un conforto, di una spalla cui appoggiarsi in quello che poteva essere il momento peggiore della sua vita.

Certo, Gaetano avrebbe preferito che la professoressa scegliesse una spalla diversa da quella di Camilla, ma nel momento esatto in cui gli era stato comunicato che la vittima era il marito di una professoressa del Nelson Mandela, aveva subito capito che non ci sarebbe stato modo di tagliarla fuori dalle indagini. E benché una parte di lui fosse felice di questa coincidenza, si stava sforzando in ogni modo di mettere dei confini, di tenere Camilla lontana da lui il più possibile. Del resto, tutto era cominciato così, no? Un cadavere, un vermouth e lui era capitolato prima che potesse rendersi conto del casino in cui si stava andando ad infilare. Perciò, quando Torre gli aveva timidamente suggerito che forse quello era destino, Gaetano l’aveva guardato torvo e aveva replicato che se proprio bisognava dare un nome a quella circostanza, il più appropriato sarebbe stato “sfiga”!

Ad ogni modo, lui restava un uomo perbene e davanti a una simile richiesta non poté fare altro che acconsentire e con un cenno del capo diede a Torre l’ordine di fare entrare la prof.. Prima ancora che Camilla entrasse nel suo ufficio, lui ne percepì il profumo; Dio, stava diventando completamente pazzo, questo era certo. Inspirò profondamente, alla ricerca delle energie necessarie per tenere sotto controllo da un lato la rabbia ed il dolore, dall’altro la forte attrazione che provava ancora per quella donna.

Alzò gli occhi quanto bastava per indicarle con la mano la sedia libera accanto a quella della professoressa Ronco; poi, tornò ad ignorarla, cercando di autoconvincersi che lei non fosse affatto lì.

-Come le dicevo, sig.ra Ronco, vorrei solo farle qualche domanda su suo marito per cercare di ricostruire i suoi ultimi movimenti.

La donna annuì dopo aver lanciato un’occhiata a Camilla.

-Ho mandato alcuni dei miei uomini a perquisire il vostro appartamento e mi hanno riferito di aver rinvenuto delle borse da viaggio, piene di effetti personali di suo marito, sig.ra Ronco.

-Sì, sì. È così. In effetti, io e mio marito ci siamo lasciati qualche settimana fa. Ieri mi ha telefonato per informarmi che sarebbe passato per ritirare alcune delle sue cose. Io ho preferito restare fuori…sa, non era una situazione facile.  

-Quindi lei e suo marito non eravate in buoni rapporti a causa del divorzio?

-Beh…

-Divorziare non comporta necessariamente non essere in buoni rapporti con il proprio ex- intervenne Camilla, incapace di resistere alla tentazione di commentare ogni affermazione o domanda del commissario, come suo solito, come se nulla tra loro fosse cambiato.

L’occhiata gelida che le restituì Gaetano le ricordò che, invece, le cose erano totalmente differenti, ora.

-Lo so benissimo anche da me, mi creda, professoressa Baudino.

Camilla non seppe dire cosa le fece più male: se il tono assente usato da Gaetano, il significato sottointeso delle sue parole o il fatto che l’avesse chiamata per cognome, tornando addirittura a darle del “lei”. “Adesso per ripassare dal tu al lei ci vuole una buona ragione”: alla fine, a quanto pare gli aveva dato un buon motivo per rimangiarsi quel “tu” venuto tanto spontaneo molti anni prima.

Camilla incassò il colpo cercando di dissimulare la sua delusione per quanto avvenuto e per la calma che ostentava Gaetano mentre la torturava con ogni singola parola che usciva dalla sua bocca. Ma era tutta apparenza: il vicequestore era tutto fuorché calmo. Dentro di lui il cuore pulsava così forte che, ne era certo, prima o poi sarebbe schizzato fuori dal petto…almeno avrebbe messo fine alla sua agonia, si ritrovò a pensare!

-Quello che volevo dire…

-Non importa- la interruppe Gaetano. -Può rispondere tranquillamente la sig.ra Ronco, o sbaglio?

-Certo! certo! Io…non posso dire che Marco avesse preso bene la mia decisione- continuò Anna - ma del resto ci eravamo già lasciati nove mesi fa…quindi in un certo senso ci era già passato.

-Mi scusi, non credo di aver capito. Quando ha lasciato suo marito? Nove mesi fa o poche settimane fa?

Anna Ronco sorrise: -Ha ragione, commissario, mi scusi. Forse è il caso che cominci dall’inizio.

Gaetano annuì preparandosi a prendere appunti con la sua fidata Montblac che anni prima gli aveva regalato sua madre, quando era stato nominato per il suo primo incarico importante nella capitale. In sostanza pochi giorni prima di incontrare Camilla.

-Circa dieci mesi fa ho scoperto che mio marito mi tradiva con la sua ex…

-Pure lui- commentò Gaetano mentre segnava la circostanza sul suo taccuino; il silenzio che ne seguì lo informò che il suo pensiero si era effettivamente espresso ad alta voce, così da essere udito sia dalla professoressa Ronco che da Camilla. Avvampò all’istante e incapace di aggiungere altro invitò la donna a proseguire il suo racconto con un gesto della mano.

 -Sì, insomma, ho provato per qualche tempo a passarci sopra, ma alla fine non ce l’ho fatta e l’ho lasciato. Qualche mese dopo ho intrapreso una relazione con un mio collega, il vicepreside Maffei, e andava tutto bene, fino a quando mio marito non è tornato a farsi avanti.

-Davvero?- questa volta Gaetano sapeva perfettamente di aver dato voce ai propri pensieri e non nascose nemmeno il suo tono sarcastico, che Camilla colse al volo.

-Già. Mi chiese scusa, disse che si era pentito, che eravamo una famiglia e che gli dovevo una seconda possibilità, se non per lui almeno per nostro figlio.

-E lei che ha fatto?

-Quello che credevo giusto al momento. Ho lasciato Maffei e mi sono ripresa mio marito. Ma è stato uno sbaglio: ero ormai innamorata di un altro e ho deciso di buttarmi, come mi ha consigliato Camilla. Così qualche settimana fa ho lasciato mio marito…questa volta definitivamente.

Gaetano quasi si strozzò con la sua stessa saliva.

-Mi scusi…Camilla, voglio dire la professoressa Baudino le avrebbe suggerito di buttarsi?- gli occhi del commissario si voltarono di scatto verso Camilla fissandola con espressione indecifrabile.

-Già. Lei mi ha davvero aperto gli occhi: stavo per commettere un grandissimo errore tornando con mio marito. Non so come avrei fatto senza il suo aiuto.

-Immagino- il sarcasmo era ormai alle stelle e francamente al commissario importava ben poco di celarlo. Vide Camilla muoversi a disagio sulla sedie che le era stata assegnata e provò una buona dose di soddisfazione nel vederla abbassare gli occhi in imbarazzo. 

Il resto del colloquio fu un buco nero per Camilla, che non riuscì più ad ascoltare una sola parola di quel dialogo. La sua mente si era cristallizzata su quanto detto da Anna e sul consiglio di buttarsi il passato alle spalle e di viversi la sua storia con Maffeis: in effetti, non aveva proprio usato quelle parole, ma il sunto era nella sostanza piuttosto corretto. E tutto sommato lo pensava ancora: Anna aveva fatto bene a chiudere con il marito per dedicarsi a Matteo. Ma quello che proprio non riusciva a comprendere era il motivo per cui le era risultato tanto facile ed ovvio dare quel consiglio ad Anna, mentre quando si era trattato di seguire le sue stesse parole non ce l’aveva fatta. Non solo aveva in qualche modo permesso a Renzo di rifarsi avanti (anche se lei non l’aveva mai vista in quel modo), ma aveva anche dato l’impressione a Michele che potessero riprendere da dove avevano interrotto più di vent’anni prima. Invece di andare avanti, lei aveva continuato ad andare indietro, sempre più indietro. Poteva correre verso Gaetano, verso un futuro nuovo e sereno, invece…

-Camilla?- la voce di Anna la richiamò dai suoi pensieri.

-Sì?

L’amica era già in piedi, mentre Gaetano la guardava perplesso, con un sopracciglio ad altezza preoccupante.

-Il commissario ha detto che possiamo andare.

-Ah, sì. Sì!- Camilla raccolse la sua borsa che giaceva accasciata sul pavimento. Mosse i primi passi verso la porta seguendo Anna, ma a pochi centimetri dall’uscita si voltò verso Gaetano, un’espressione sul volto che era un misto di sollievo e delusione, e tornò verso la scrivania, piazzandosi proprio davanti al commissario, che ora, abbandonata ogni traccia di delusione, la guardava torvo. –Tu vai pure, Anna; io devo dire ancora un paio di cose al commissario.

Lo sguardo di sfida negli occhi di Camilla convinse Gaetano a cedere prima di dare vita ad una lotta che lo avrebbe visto soccombere alla prof. davanti non solo ad alcuni dei suoi sottoposti, ma anche a quella che per lui era a tutti gli effetti un’estranea.

Camilla attese che Torre chiudesse le porte dell’ufficio di Gaetano alle sue spalle, garantendole una certa dose di privacy; poi tornò a puntare le sue iridi nocciola in quelle azzurre del commissario, notando solo in quel momento quanto quel colore di solito brillante e luminoso era stato rimpiazzato da una sfumatura più cupa e fredda.

-Ho visto Renzo stamattina- esordì, ma si pentì immediatamente della scelta delle parole quando vide Gaetano irrigidirsi ed incupirsi ancora di più.

-Mi fa piacere per voi- ribatté piccato. Era già abbastanza spiacevole essere stato costretto a “subire” nuovamente la sua intrusione proprio ora che aveva deciso di mantenere le distanze da lei; dover pure assistere al ritrovato idillio tra Camilla e Renzo gli pareva francamente troppo.

-No! Non intendevo…

-Non mi importa cosa intendevi, Camilla. Avrei da lavorare, se non ti dispiace- disse con tutta la calma che riusciva ad ostentare indicando con fermezza la porta.

-Invece adesso mi devi ascoltare, Gaetano!

La determinazione di Camilla non riuscì a scalfire almeno in apparenza la normale compostezza del commissario: per la prima volta la professoressa si ritrovò a rimpiangere gli scatti d’ira di Gaetano di qualche giorno prima. Almeno quelle esplosioni erano la prova evidente che lui provava qualcosa per lei. Ora sembrava essergli totalmente indifferente. Era possibile che Gaetano fosse andato avanti così rapidamente?

-Devo, Camilla? Sul serio?

-Beh, almeno sei tornato a darmi del tu- commentò acida la donna. –E comunque sì, mi devi ascoltare.

-Come hai sempre fatto tu con me, vero?

- D’accordo, sei arrabbiato, lo capisco.

-Lo capisci? TU LO CAPISCI?- sbottò il vicequestore ormai incapace di trattenersi oltre. Per troppo tempo aveva ascoltato e subito tutto, o quasi, dalla prof. nella convinzione che sarebbe arrivato anche il suo momento, prima o poi. E proprio quando aveva creduto che finalmente fosse giunto il suo turno, lei aveva di nuovo scombinato tutte le carte lasciandolo con niente in mano, ma con un gran senso di vuoto dentro di sé. Non era in grado di fingere ancora che tutto andasse bene. –No, Camilla, tu non capisci, perché se davvero tu capissi sapresti che mi hai distrutto, in tutti i modi in cui un uomo può essere distrutto, e non avresti mai avuto il coraggio di presentarti qui a pretendere che io ti ascoltassi!

Gaetano si rese conto di aver pronunciato quelle parole praticamente in apnea; inspirò a fondo nella speranza di recuperare un minimo di controllo, ma il contatto visivo con Camilla non gli rendeva la cosa piuttosto semplice, al contrario. Lei lo fissava con quei due occhi cioccolato sbarrati, evidentemente sorpresa dalla reazione irruenta del commissario.

-Mi dispiace- riuscì a mormorare sottovoce la donna ancora colpita e confusa da quelle parole, il tono decisamente più mite rispetto a qualche istante prima. Avrebbe voluto continuare, dire molto altro oltre a il solito e banale “mi dispiace”, ma il commissario fu più veloce di lei.

-Per cosa ti dispiace?- era come se in Gaetano si fosse aperta una diga: per la prima volta da tempo riusciva davvero a dare voce ad ogni suo pensiero ed era difficile ora arginare quel fiume in piena, anche se razionalmente sapeva che continuando per quella via avrebbe finito col dire qualcosa di irreparabile, qualcosa che non avrebbe mai potuto ritrattare. Ma, del resto, giunto a quel punto non vedeva comunque un futuro con Camilla. – Per cosa esattamente ti dispiace? Per aver lasciato tuo marito? Per essere venuta a letto con me? Perché ti amo e ho continuato a ripetertelo e dimostrartelo in ogni modo, nonostante tu continuassi a tenermi lontano? Per aver lasciato che Renzo si mettesse tra noi con mezzi subdoli che tu hai assecondato? Per il “vi amo anche io” in ospedale? Per avermi mentito guardandomi negli occhi dando un alibi a Michele? Per avermi detto di aver passato la notte con lui, sapendo che mi avresti spezzato il cuore come uomo, prima che come tutore della legge? Per aver goduto nel vedermi geloso e fragile? O, infine, per avermi mollato come un idiota davanti ad una macchinetta del caffè senza nessuna spiegazione? Dimmi, Camilla, per cosa esattamente ti dispiace?

Camilla puntò gli occhi sul pavimento, ripassando nella sua mente tutti i momenti della loro breve relazione che Gaetano aveva appena elencato con rabbia e frustrazione. Quanto era stata stupida a pensare di poter parlare semplicemente con l’uomo davanti a lei e sistemare la situazione! L’aveva ferito tante di quelle volte e in tanti di quei modi che stentava a riconoscersi lei stessa…dopo quello che aveva passato con Renzo, dopo quanto aveva sofferto per amore, aveva inflitto lo stesso dolore alla persona più importante della sua vita, dopo Livietta.

-Io…io…mi rendo conto di aver fatto cose di cui nemmeno io stessa vado fiera, ma…vorrei che tu…tu capissi che per me non era una situazione semplice.

La risata di Gaetano risultò fin troppo sarcastica alle orecchie di Camilla.

-Io devo capire? Di nuovo?

-Non voglio trovare giustificazioni, Gaetano, te lo assicuro- ribatté la donna, la cui vista era sempre più annebbiata: se per le lacrime che minacciavano di esplodere o per l’arrivo dell’ennesimo attacco di panico, ancora non le era chiaro. Quello di cui era assolutamente certa era che se non fosse riuscita a spiegarsi con Gaetano avrebbe finito col perderlo definitivamente. Era una sorta di ultima possibilità e non poteva permettersi che delle stupide debolezze le impedissero di ritrovare il suo Gaetano. Cercò di mettere ordine nelle sue idee, peraltro ancora molto confuse, perché se da un lato sapeva di volere Gaetano nella sua vita, dall’altro non riusciva ancora a rendersi conto delle ragioni che l’avevano davvero portata ad essere così scostante con lui negli ultimi mesi. -È solo che dopo il tradimento di Renzo io non mi sono sentita in grado di fidarmi più di nessuno. Nemmeno di te, anche se so che tu sei sempre stato l’unico di cui avrei mai potuto fidarmi ad occhi chiusi. E non potevo rischiare, capisci? Se avessi sbagliato e ti avessi perso…per me sarebbe stato…orribile. Avevo solo bisogno di tempo. HO solo bisogno di tempo.

Gaetano scosse il capo incredulo: quante volte aveva già sentito quel discorso?

-E te lo avrei dato se solo tu mi avessi dato qualche certezza in più. Ma tu pretendevi i tuoi tempi e i tuoi spazi, mentre io dovevo restarmene buono in un angolo ad aspettare che tu mi cercassi, che tu fossi pronta. Non volevo che tu mi sposassi, ma che almeno mi facessi capire che contavo qualcosa per te, che non era solo una questione di sesso, che vedevi un futuro. Se ti chiedevo di chiudere con Renzo, di firmare quella maledetta separazione, non era per gelosia. Non solo, almeno. Per me significava mettere in chiaro come stavano le cose con me, con Renzo, con tutti: avere dei punti di riferimento. Invece ti ha fatto piacere essere corteggiata da Renzo, ora persino da Michele. È la tua rivincita, in un certo senso. Ma io? Cosa dovrei fare io? Restare a guardare, ad aspettare, mentre tu decidi chi di noi avrà la meglio? No! Io non sono quel tipo di uomo: ho sopportato per dieci anni e l’ho fatto unicamente perché eri sposata e rispettavo la tua scelta di mettere sempre e comunque al centro la tua famiglia. Ma questo teatrino no, non chiedermi di sopportarlo. Se dopo dieci anni hai ancora bisogno di capire se sono l’uomo giusto, se devo ancora essere messo sotto esame e passare il test contro Renzo e adesso pure contro Michele, no. Lascio la partita. Io mi tiro fuori da questa equazione.

Il tono si fece improvvisamente più tranquillo e questo spaventò Camilla molto più delle urla di poco prima. Gaetano circumnavigò la scrivania finendo col trovarsi davanti alla professoressa e guardandola negli occhi.

-La verità, Camilla, è che non saresti mai dovuta venire da me quella notte- disse, anche se far uscire quelle parole dalla bocca gli costò uno sforzo immenso.

-Cosa?- la voce stridula di Camilla tradì la sua delusione, il suo cuore che si spezzava.

-Non saresti mai dovuta venire da me quella notte: non eri sicura di me, di te, di noi. Ma sapevi quanto io tenessi a te, quanto per me fosse importante quel momento: ho aspettato dieci anni…ti ho amata per tutto questo tempo accontentandomi del poco che potevi darmi e mi andava bene così. Poi hai bussato alla mia porta e, nonostante non fossi affatto sicura di noi, hai deciso comunque di illudermi, di farmi credere che finalmente eri pronta per accettare quello che c’era tra noi. Ancora una volta era tutto solo nella mia testa: per tutti questi anni ho sempre creduto che tu fossi innamorata di me, ma…ero solo una tentazione, tutto qui.

-No! No! Non è così!- la battaglia con le lacrime era ormai persa: Camilla riusciva a malapena a scorgere i contorni del viso di Gaetano. -Io…io volevo stare con te. Voglio stare con te.

-Ma non siamo una coppia, giusto? Quindi, come funzionerebbe questo rapporto? Verresti a letto con me ogni tanto, magari quando non sei troppo impegnata a fare la mamma o la nonna, scivoleresti via nel cuore della notte per non farti scorgere da Livia, ti intrufoleresti nelle mie indagini, ma poi ognuno a casa sua? Questo è quello che vorresti?

Camilla era perfettamente a conoscenza che non esisteva una risposta corretta a quella domanda.

-Vedi? Non lo sai nemmeno ora. Sei qui a cercare di convincermi di cosa, esattamente? Che vuoi stare con me senza stare con me? Io voglio tutto, Camilla: non voglio qualche ora di sesso o una serata di coccole sul divano. Te l’ho già detto una volta: io non ho intenzione di ricoprire il ruolo dell’amante…e nemmeno dell’amico da portarsi a letto senza impegno. Non so cosa tu pensi di me, ma non sono quel genere di uomo.

Gaetano fece appena in tempo a terminare la frase, quando la mano di Camilla colpì il suo viso costringendolo ad arretrare di qualche passo. Con la mano ancora a mezz’aria la donna cominciò a tremare: -Scusami, scusami…io non…io non…

-Professoressa!- la voce di Torre la raggiunse alle spalle. Camilla si voltò e vide l’espressione stupita e delusa di Torre che evidentemente doveva aver assistito alla scena, probabilmente richiamato dalle urla di poco prima.

Guardò di nuovo Gaetano, forse per accertarsi che quello schiaffo fosse davvero avvenuto, e poi Torre. Senza aggiungere una parola, raccolse di nuovo la sua borsa da terra, dove era caduta nel bel mezzo della conversazione, si diresse verso la porta passando oltre l’ispettore Torre e la richiuse alle sue spalle. Aveva solo peggiorato la situazione.

 

 

Angolo dell’autrice:

Mi rendo conto che il capitolo è stato un pochino lungo, ma non potevo spezzarlo a metà. Volevo che ci fosse un primo scontro tra i due. Chiaramente è stato il turno di Gaetano che ha espresso tutti i suoi dubbi su questa strana relazione che si porta dietro da dieci anni: nella serie secondo me non si sono visti granchè i pensieri di Gaetano se non la sua gelosia per Renzo, cosa che secondo me è un po’ riduttiva e sbrigativa. Perciò da qui nasce questo scontro…come ho già detto nel gruppo fb il problema è che per lui la relazione va avanti da dieci anni in un certo senso e il suo risentimento oggi va letto alla luce di tutto questo lungo periodo di attesa.

Spero che la lettura non vi abbia annoiato…e ci vediamo al prossimo capitolo.

A presto.

L.

   
 
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