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Autore: Yutsu Tsuki    27/10/2015    2 recensioni
“Improvvisamente mi accorgo che non dovrebbe andare così. Io in questo momento dovrei seguire il consiglio di Rosalya; dovrei dichiarami a lui, non rispondere con lo stesso tono alle sue provocazioni! Ma con lui è inevitabile. Come puoi confidargli di essere innamorata, quando fa così l'arrogante?!”
 
“«Cosa sarebbe dovuto succedere?» sbuffo, sforzandomi di apparire indifferente.
Castiel non risponde. Continua a scrutarmi col suo sguardo di ghiaccio. Ma è ghiaccio bollente, perché riesce a sciogliermi come un gelato al sole.
Rimaniamo a fissarci per svariati secondi, senza dirci nulla. Ad un tratto comincio a sentire caldo per davvero.
Non riesco a capire: non si è mai comportato in questo modo. Che ha intenzione di fare?!”

- - - Attenzione, Spoiler episodio 27! - - -
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Priya
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~ Devil in Paradise'
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II




La sapete la novità? A quanto pare ho la capacità di diventare invisibile.
Dovrei esserne felice, direte voi. Eppure, difficile da credere, ma mi fa irritare e non poco. Soprattutto se nel frattempo proprio davanti ai miei occhi una nuova compagna di classe sta dialogando amichevolmente con quella che dovrebbe essere la persona più scostante della scuola, nonché l’unica che mi interessi veramente, in tutto il liceo.

E se poi ci aggiungete che lo sta facendo con una calma e una spontaneità a dir poco inumana e che allo stesso tempo lui sembra pure apprezzare la conversazione, allora ne deduco che questa sia proprio la fine.
Ma guardatela, Priya, mentre fa la spaccona con nientepopodimeno che Testa di Peperone! Yu-huu, ci sono anch’io! Qua, di fianco a voi.
...Niente.

Sinceramente non voglio neanche sapere di cosa stanno parlando. Qualcosa su un ninja, mi sembra... Ma sta di fatto che si stanno riempiendo di complimenti, così, senza motivo. E senza senso, perché non è certo da Castiel esprimere ammirazione verso un altro essere umano, figuriamoci se si tratta di una nuova arrivata. E io ne so qualcosa.
«Potrei sorprenderti...»
Potrei sorprenderti!? Vedi di fare meno la ruffiana, bella mia.

Mi chiedo che cosa sarebbe successo se fossi stata io a farla pagare ad Ambra, tagliandole i capelli. Se Castiel si fosse messo ad adulare me come adesso sta adulando Priya. Ne dubito fortemente.
Ma a questo punto avrei potuto benissimo vendicarmi di quell’oca in mille altre occasioni. Non l’ho mai fatto semplicemente perché non desidero abbassarmi al suo livello.

Mentre i due stanno ancora parlando, mi convinco che devo reagire. Un intervento, un commento, qualsiasi cosa per far loro capire che esisto anch’io, che, sebbene totalmente inutile ai loro occhi, gli sono di fronte e sto ascoltando il loro botta e risposta personale. Ma qualcun altro mi precede.

«Invece tu sembri tanto indifferente verso gli altri, ma scommetto che sotto sotto sei un buon osservatore.» Per quanto io non abbia assolutamente nulla contro Priya, dopo le sue parole mi sale istintivamente l’impulso di strangolarla a mani nude.
Ma questo è nulla in confronto alla reazione di Castiel a quella lusinga. Quando lo guardo rimango a bocca aperta. Non ci posso credere: sta arrossendo!
Ora è decisamente abbastanza. Non lascerò che le mie povere orecchie ascoltino un’altra sillaba di quella odiata voce.

Senza riflettere mi giro e mi incammino adirata verso il portone del liceo. So che prendere e andarmene non è la soluzione migliore, ma tanto sono già finite le lezioni e stiamo aspettando solo il suono della campanella. Spero soltanto che questo mio gesto non venga male interpretato. Che non sia inteso come un ammettere di essermi sentita esclusa ed infastidita dal loro dialogo. Ma la situazione è talmente insopportabile che non posso farne a meno.

Il problema, piuttosto, è che non ho molte altre opzioni. Priya non sta facendo nulla di male, solo socializzando con un nuovo compagno di scuola: non mi pare di avere il diritto di lamentarmi. E in più non ho alcuna relazione con Castiel.
Almeno per ora, s’intende.

Sono quasi giunta all’uscita, ma non smetto di udire le loro forti voci. Significa che sono vicino a me? Che mi stanno seguendo? Sì, per forza... Ma perché non mi fermano per chiedermi scusa?!
Non è possibile, mi hanno completamente ignorata e se ne stanno andando pure loro, continuando tranquillamente a chiacchierare!
È incredibile. Quando si dice “oltre al danno, pure la beffa”!

La campanella suona proprio mentre sto per aprire la porta d’ingresso. Una volta fuori, accelero il passo per arrivare alla fermata dell'autobus. Non mi preoccupo di sembrare maleducata non salutandoli, perché sicuramente non si sono nemmeno accorti della mia presenza.

Ancora non voglio ammetterlo, ma mi sono davvero offesa per ciò che è successo. Potrà anche essere una lamentela stupida - o meglio, ingiustificata - ma non posso sopportare che a Priya siano bastati pochi minuti per poter scherzare con Castiel, mentre io ho dovuto impiegare mesi e mesi per farlo anche solo aprire con me.
L’abbiamo tutti capito che lei è molto più intelligente, colta, sveglia ed esperta della sottoscritta, ma un minimo di coerenza non guasterebbe.

In questi ultimi giorni, tra l’altro, ho potuto notare come abbia tentato di farsi amici tutti i ragazzi della classe, e, per carità, non mi ha fatto né caldo né freddo: è giusto che cerchi di integrarsi parlando con più compagni possibili. Infatti quando Melody si era sfogata con me per il dolore provato a causa dell’attenzione - se si può definire tale - di Priya verso Nathaniel, avrei voluto prenderla a testate per la sua assurda gelosia.

Confesso, però, che già poco tempo dopo l’accaduto avessi cominciato a preoccuparmi per quando sarebbe arrivata a Castiel. Certo, pensavo che non fosse il tipo da interessarsi alle nuove arrivate, però più passavano i giorni e più l’ansia in me cresceva. E ora che è lui l’oggetto dell’interesse di Priya, capisco finalmente quello che provava la mia amica.
È come se ti portasse via un pezzo di te. Okay, magari sto esagerando, ma è giusto per farvi capire il mio stato d’animo attuale.
Intanto sono arrivata alla fermata dell’autobus, e, come ogni volta, attendo l’arrivo del mezzo seduta sulla panchina.

Poco più tardi dalla mia destra giunge una voce tagliente e molto familiare. «Salutare è diventato fuori moda?»
Girandomi, incontro due occhi grigi e severi. E in quel preciso istante accadono tre cose diverse.
Primo: rimango confusa e stupita del fatto che Castiel mi abbia seguita fin qui, nonostante lui abiti dall’altra parte della città.
Secondo: ah, ma quindi ti eri accorto che prima c’ero anch’io? Vuol dire che non sono del tutto invisibile!
Ma terzo: confesso sotto sotto di essere felice che non mi abbia dimenticata.

Ragiono sulla risposta da dare alla sua ironica domanda. Ovviamente non voglio dargli a vedere che mi sono offesa. Non farebbe altro che alimentare le sue frecciatine.
«Ho fretta di tornare a casa», dico tranquilla. In realtà eravate così impegnati a parlare, tu e Priya, che non volevo rischiare di disturbarvi.
«Ho come l'impressione che il motivo sia un altro», ribatte infatti lui.
Sinceramente non mi va di far finta di non capire, quindi lo rassicuro: «Ho capito cosa intendi, ma non è come pensi.»
«Ammettilo, eri gelosa perché parlavo con la nuova.»
E te pareva.

«Non ti ricordi neanche come si chiama! Perché mai dovrei essere gelosa? Di te, poi!», gli sbotto con smodata ferocia.
Improvvisamente mi accorgo che non dovrebbe andare così. Io in questo momento dovrei seguire il consiglio di Rosalya; dovrei dichiarami a lui, non rispondere con lo stesso tono alle sue provocazioni! Ma con lui è inevitabile. Come puoi confidargli di essere innamorata, quando fa così l'arrogante?! Non c'è modo, è impossibile.

«D'accordo, quindi presumo non ti darà fastidio se iniziassi a frequentarla», proclama in tono serio, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni e facendo per tornare da dove era venuto.
Mi sento il sangue raggelarsi nelle vene. La mia bocca è completamente paralizzata.
«Non sembra affatto male. È sveglia, divertente... e poi è pure carina», aggiunge, tanto per rigirare ancora di più il coltello nella piaga.
Il mio primo impulso è quello di vomitare. Poi piangere. E poi ancora vomitare.

Ripresami a fatica da quelle parole, mi alzo rumorosamente dalla panchina, per cercare di non farlo andare via. Vedendomi, lui si ferma.
«Perché dovrebbe darmi fastidio?», gli urlo, allarmata.
No no, così non va! Non devo mettermi sulla difensiva, altrimenti perderò tutto!
«Perché io ti piaccio, ammettilo», mi sorprende beffardo, in un ghigno malizioso.

Rimango per metà sbigottita e per metà disgustata dalla sua sfacciataggine. Non mi sarei mai aspettata un atteggiamento tanto diretto da parte sua!
Poi però capisco.
Ma certo, è questo il momento giusto! È l’unica l’occasione che ho per farmi finalmente avanti! Per confessargli quello che provo per lui.
Ormai è inutile negare l'evidenza; non potrò tenerlo nascosto per sempre. Se non lo faccio ora, poi sarà troppo tardi.
Potrà andare bene ma anche male, ma non lo scoprirò mai se non ci provo.

«E va bene, hai ragione», pronuncio con disinvoltura ed eccitazione, meravigliandomi io stessa del coraggio inaspettato che mi è venuto. Noto il suo sorriso affievolirsi a questa mia frase.
...O adesso o mai più.
«Hai ragione, mi piaci.» Mentre lo dico sento le mie guance divenire incandescenti, ma non mi scompongo ed incrocio le braccia davanti al petto.

Silenzio.
Non dice niente. Rimane a fissarmi quasi interdetto, poi il suo sguardo si fa per un attimo corrucciato. In seguito, con mia grande sorpresa - ma anche no - scoppia in una fragorosissima risata.
Non può essere vero, sta accadendo sul serio! Ciò che avevo immaginato e temuto si sta realizzando proprio davanti ai miei occhi! Non voglio crederci.

In meno di un secondo sento le lacrime inondarmi il viso e il respiro mancare. Mentre lui continua a sbellicarsi, io mi volto velocemente.
Non capisco più nulla, ho la testa che potrebbe scoppiare da un momento all’altro. Mi sento come una bambina di otto anni. Umiliata e calpestata.
Guardo le mie mani: stanno tremando.
In quell’istante fortunatamente arriva l’autobus. Mi fiondo dentro cercando di non farmi vedere in faccia da Castiel, ma lui da dietro mi prende per un braccio, impedendomi di salire.
Non so come, ma riesco a liberarmi della sua presa e corro velocemente verso i sedili in fondo.

Ancora sconvolta, cerco di fare lunghi respiri per riprendere fiato. Poco dopo avverto qualcuno sedersi nel posto accanto a me.
«Ma la pianti di seguirmi?»
«Allora eri seria», si stupisce Castiel, accorgendosi delle mie lacrime.
Mi giro subito verso il finestrino. Non posso sopportare di farmi vedere in tale condizione da lui.
Con la coda dell'occhio, però, intravedo che riesce comunque a scorgermi a causa del riflesso del vetro, quindi piazzo una mano fra quest’ultimo e il suo campo visivo, per nascondergli la mia faccia gonfia dal pianto.

Passano diversi minuti di silenzio.
Metà del mio cuore lo odia per essere ancora qui ad infierire sull’accaduto. Possibile che non abbia niente di meglio da fare che perseguitarmi anche dopo la scuola?!
Ma l’altra metà si chiede come mai mi abbia seguita pure sull’autobus, nonostante casa sua sia da tutt’altra parte.
Nel frattempo smetto finalmente di piangere.

«Che avevi da fare di tanto importante, quel giorno dopo il picnic?» se ne esce di punto in bianco, come se nulla fosse.
Ragiono su ciò che intende dire e mi torna alla mente la settimana precedente, quando lo avevo invitato ad uscire al parco. L’unico ricordo positivo in mezzo a tutti i suoi scherni verso di me.
«C'era mia zia al telefono», rispondo in modo pacato, dopo essermi sfregata gli occhi.
«E cosa le è successo di così urgente? Le è morto il gatto?» insinua con un tono piuttosto brutale, che mi fa rimanere abbastanza sdegnata. Stranamente, però, sembra ci sia del malcontento nella sua voce.
«Le si sono chiuse le ali nelle porte dell'autobus», snocciolo con lo stesso suo tono.
Castiel soffoca una risata. «Patetica come scusa», esclama, «anche se devo ammettere che è parecchio originale; non l’avevo mai sentita prima!»
«Ma non è una... Oh...!» È inutile stare ad insistere: non mi crederebbe mai.

«Quindi ne deduco che tua madre non gradisse la mia presenza», continua. Se prima c’era disappunto, ora scorgo una nota di rassegnazione nella sua calda e bassa voce.
Ma perché fa questi discorsi? Perché questo interesse improvviso? Perché insiste?!
«Ti ho detto che c'era mia zia al telefono. Mia madre non ce l'ha affatto con te», gli spiego, stufa. Penso piuttosto a mio padre, che di certo sarebbe stato tutt’altro che contento a vedermi insieme ad un ragazzo.
Poi lui, con voce ancora più bassa, aggiunge «Chissà cosa sarebbe successo se non ci avesse interrotti.»
Mi volto a guardarlo seria. Rimango per un attimo colpita dall’intensità con cui mi sta fissando, ma riesco lo stesso a sostenere il suo sguardo.

Comunque ricordo benissimo cos’era accaduto quel giorno. Finito il picnic, mi aveva accompagnata a casa. Io ero sul punto di entrare, ma lui mi aveva detto qualcosa del tipo “Ehi, non così in fretta” e mi si era avvicinato pericolosamente.
Ma proprio in quel momento - indovinate un po’ - mia madre ci aveva interrotti, dicendo che mia zia mi voleva al telefono.

Tralasciando il tempismo perfetto di quelle due disgraziate, confesso che mi fossi fatta parecchi viaggi mentali riguardo l’improvviso e del tutto inaspettato atteggiamento di Castiel.
In seguito, tuttavia, non avevo più avuto l’occasione di parlare con lui riguardo a quell’episodio. Sia perché c’era stato di mezzo l’arrivo di Priya, sia perché non speravo in nulla di positivo per me.

«Cosa sarebbe dovuto succedere?» sbuffo, sforzandomi di apparire indifferente.
Castiel non risponde. Continua a scrutarmi col suo sguardo di ghiaccio. Ma è ghiaccio bollente, perché riesce a sciogliermi come un gelato al sole.
Rimaniamo a fissarci per svariati secondi, senza dirci nulla. Ad un tratto comincio a sentire caldo per davvero.
Non riesco a capire: non si è mai comportato in questo modo. Che ha intenzione di fare?!

Prima che possa conoscere la risposta, però, avvisto dietro le sue spalle, fuori dall’autobus, le case accanto alla mia, e mi accorgo che devo scendere.
«È la mia fermata.»
Gli lancio diverse occhiate per fargli capire che con lui parato davanti non posso uscire, ma non sembra intenzionato a spostarsi.
«È la mia fermata», ripeto. Faccio per scavalcarlo, ma lui si muove apposta in modo da restringere gli spazi vuoti e da bloccarmi ogni possibile via di fuga.
Non mi faccio problemi a spingerlo indietro a suon di gomitate, ma la sua forza supera la mia e, nel giro di pochi secondi, le porte del mezzo si sono già richiuse e io mi rendo conto che non ho fatto in tempo a scendere dall’autobus.







Buonasera!
Vi ringrazio per aver letto anche questo capitolo :) Sono proprio curiosa di sapere che ne pensate x)
Ne approfitto per ringraziare ancora tutti coloro che hanno recensito questa storia: siete dei grandi♡

   
 
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