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Autore: Duncneyforever    28/10/2015    4 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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- Sara? - Sento la voce di Friederick che mi chiama, tuttavia decido di non svegliarmi. 

Sono decisamente troppo assonnata. 
Mi rigiro nel letto, seppellendomi tra le coperte soffici. 

- Mmm... - Un mugugno di disappunto è la sola cosa che mi esce dalla labbra. Povero Fried, lo sto paragonando a mia madre, che le provava tutte per farmi alzare da letto. Una volta, ricordo che mi aveva lanciato un bicchiere d'acqua addosso... risparmiandomi il bicchiere, ovviamente. 

Non intendo trascorrere tutto il giorno a dormire ma, ogni tanto, un po' di riposo è gradito! 

- Peccato. Volevo solo informarti dello strüdel servito in cucina e... - 

- Perché non me lo hai detto subito! Così si raffredda! - Cibo? Qualcuno ha parlato di cibo? Balzo fuori dalle coperte, non curandomi nemmeno dei capelli arruffati a nido di rondine. 

Lo vedo ridere, forse più per la mia reazione che per il mio aspetto a dir poco disastroso. 

Mi do un'occhiata allo specchio appeso alla parete e, nel complesso, mi trovo davvero inguardabile. 

- Ehi, non mi prendere in giro! - Esclamo, fingendomi offesa. - Non sono poi così male. -

- Infatti, sei sempre splendida. - Risponde lui, mandando in tilt la mia capacità di autocontrollo. 

- Oh, grazie. - Riesco a dire solo questo, arrossendo vivacemente.  

Il biondino si alza dal bordo del letto, forse proprio per spezzare questo momento d'imbarazzo. 

Mi alzo dal letto anche io, pettinandomi prima di scendere di sotto. 

Fried non porta più la divisa, bensì una polo a maniche corte bianca e dei normali pantaloni scuri, arrotolati fino alle ginocchia. 

" Molto tedesco " penso, ripensando alla tenuta che sfoggiano di solito i turisti teutonici sulle nostre spiagge: cappello da pescatore, occhiali, bermuda, sandali con annessi calzettoni bianchi e una bella scottatura rossa sulle spalle chiarissime. 

No dai, sono certa che Fried si risparmierebbe almeno i calzini. 

Resta il fatto che vederlo in abiti civili mi faccia dimenticare di essere nel ventesimo secolo, visto potrebbe benissimo confondersi con il tipo di ragazzo che sono abituata a vedere solitamente.

È così strano... 

- Aspetta qui. Vedo se mio padre è nei paraggi. - Scende gli ultimi scalini, sporgendosi oltre la parete, prima a destra e poi a sinistra. Flette persino le ginocchia. 

- Campo libero? O potremmo sempre acquattarci per terra e strisciare fino alla cucina. -  Suggerisco, divertita dalla situazione. 

- Sarebbe un'idea. - Ribatte, ridacchiando anche lui. 

Arriviamo in cucina, trovandoci di fronte ad una tavola imbandita.

L'oggetto, o meglio, la pietanza da me desiderata è proprio lì, fumante, al centro del tavolo. C'è un buonissimo profumo di cannella nell'aria. 

- Ne vuoi una fetta, cara? - Mi chiede gentilmente la signora Miller, sopraggiunta solo ora all'interno della stanza. 

Accenno un gesto affermativo del capo, prima di sedermi accanto al tedesco. 

- Dimmi che ci hai ripensato, perfavore. - Implora, tutto d'un tratto. 
​Mi ero quasi scordata di ciò che avevo proposto ieri sera... Evitavo persino di pensarci. 

- No, sono sicura. - Ripondo dopo qualche minuto di silenzio, guardandolo. 
Uno sguardo tanto profondo da farlo sospirare per la rassegnazione. 

- Se è questo ciò che ti fa sentire più tranquilla... - Al suo " sì ", gli circondo le spalle con le braccia, abbracciandolo. 
Sono felice di poter passare questi giorni in sua compagnia, ma anche terribilmente preoccupata. 

- Ti prometto che non sarai obbligata a vedere nulla che tu non voglia. Ti proteggerò io. - 

Un casto bacio sulla fronte riesce davvero a farmi sentire al sicuro. 

- Perché parli ad alta voce? Ilde lo sa? - Mormoro, non avendo ben capito il perché di così poco riservo. 

- Qualcosa le ho detto, anche se non sa tutta la verità. - Ribatte, abbassando il tono. 

- Intendi seriamente portare quell'italiana in Polonia? -  L'intromissione di Herr Aaron ci fa scattare verso la porta.

Scuote la testa con fare scettico mentre sorseggia una tazza di caffè, in piedi, proprio dietro di noi. 

- Ja, Vater. - Conciso, ma non del tutto sicuro di se stesso. E si sa, che una simile insicurezza non può che ammettere obiezioni.

- Non sai ciò che stai facendo, Sohn. - Continua a negare col capo in segno di disapprovazione, per poi aggiungere con un'inflessione severa; - non lo hai mai saputo. - 

Lui respira quasi a fatica, come se in queste parole fosse contenuto un significato più profondo, semplificato in poche glaciali sillabe. 

- Töte eines dieser schmutzigen Tiere, Friederick. Oder ich schwöre bei Gott... Ich werde dich als Sohn verleugnen. / Uccidi uno di quegli sporchi animali, Friederick. O giuro su Dio... ti disconoscerò come figlio. - Proferisce, allontanandosi. 

Fried è d'un pallore innaturale, come se il sangue non circolasse più nelle sue vene. 

Io non ho compreso soltanto una parola di ciò che suo padre ha detto, e purtroppo, non mi era indispensabile per capirne il significato. 

Vi era tale freddezza negli occhi di quell'uomo... È stato orribile. 

- Mein Freund - provo a richiamarlo, preoccupata. 

- Andiamo - risponde meccanicamente, prendendo un po' di colore. - La valigia te la procuro io. - 

Prendiamo strade diverse. 

Io salgo le scale velocemente, fino alla camera da letto; prendo frettolosamente ciò che ero riuscita a portarmi da casa, ossia qualche capo, biancheria e poco altro. Avessi saputo di dover restare, mi sarei riempita di borse, borsoni e tracolle. 

Tutto ci avrei fatto stare. 

Scendo le scale con altrettanta velocità prima di arrivare in salotto: il nordico è già di sotto ad aspettarmi, con due valigie in mano. Opto per il piccolo bagaglio di color nero lucido, dove ripongo non troppo ordinatamente le mie cose. Anche Fried mi imita, riponendo ciò che gli occorre in un bagaglio altrettanto piccolo di color marrone pelle.

Non comprendo ancora il motivo di tanta fretta, eppure decido comunque di non polemizzare. 

Lo vedo afferrare un paio di chiavi da una delle mensole affisse nel corridoio principale e, solo dopo, mi rivolge finalmente la parola; 

- prenderemo l'auto di mio padre e non voglio che lui lo sappia. - Afferma, riacquistando un po' della sua caratteristica vivacità.

- Potevi dirmelo prima! - Rispondo, sorridendo mestamente. - Di solito come ci andavi. - 

- In treno e veniva un amico a prendermi alla stazione. - 

- Aspetta e tua madre? Non l'ho nemmeno salutata! - Questo pensiero mi rattrista molto, anche perché Ilde, dopotutto, mi ha accolta come una figlia, mentre io non sono riuscita nemmeno a ringraziarla.

- Non ti preoccupare per questo. Ci sta aspettando fuori. - 

Tutto perfettamente pianificato, allora? 

 

 

  
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