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Autore: itsuselessbitch_    31/10/2015    1 recensioni
Louis Tomlinson è il rappresentante d'istituto, amato da tutte le ragazze e invidiato da tutti i ragazzi. E' gentile, disponibile, sempre vivace e pronto ad aiutare gli altri. Forse è questo che fa innamorare Harry Styles, chiuso in se stesso, solitario e taciturno; nonostante il suo carattere introverso, troverà il coraggio di parlare con lui, fino a diventare amici. Poi, alla Festa d'Autunno, il mondo di Harry verrà ribaltato completamente, cambiando la sua esistenza.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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λιαρ.
(bugiardo)







Senza che me ne sia accorto, è passata una settimana esatta. Forse per me il tempo non è andato avanti, perché è come se fossi costantemente in trance, per colpa di… Louis Tomlinson, e non so nemmeno con quale coraggio riesco ad affibbiargli questo errore. Per tutta la settimana, dopo quella riunione con le classi, ogni volta che ci incontriamo per i corridoi chiacchieriamo anche per più di cinque minuti. Di solito veniamo interrotti dai suoi compagni di classe, o dai professori che hanno bisogno di qualcuno che sbrighi le faccende al posto loro. Quello che mi stupisce è che ormai non c'è nemmeno un secondo di silenzio, non smettiamo mai di parlare. Mi spiego meglio, non mi sorprende lui, che so quanto sia bravo a intrattenere, ma… io? Fino ad un mese fa non guardavo nemmeno in faccia le persone. Poi, per una coincidenza, avevo parlato per la prima volta con Louis. Da quel momento, anche se di fretta, quando mi incontra per le scale o all'uscita di scuola, mi saluta con un grande sorriso che mi rapisce completamente. Poi pare successo tutto così rapidamente: la fine dell'assemblea, la passeggiata fino a scuola, l'incontro con i rappresentanti. Sento un forte groppo in gola solo a ripensare a quei momenti.

In realtà, nessuno si emozionerebbe per quello che è avvenuto in seguito. Abbiamo semplicemente chiacchierato di tutti gli argomenti possibili, riso dei professori che impazziscono per colpa degli altri studenti e discusso sui problemi della scuola. Ciò che mi rimane impresso nella mente è il suo sorriso mentre mi parla, il modo in cui mi guarda, la sua mano che mi dà una pacca amichevole sulla spalla. Per lui sono sicuramente cose banali che fa con tutti i suoi amici, ma per me non è affatto così.

Parli del diavolo, e spuntano le corna. Louis va così velocemente che rischia quasi di investirmi. Fa in tempo a schivarmi, si gira e mi saluta affannato. «Oh, ciao Harry… scusa, per poco non ti uccidevo, ma sono in ritardo!» sventola la mano, noto che sta sudando davvero molto. Deve aver fatto le cinque rampe di scale tutte d'un fiato.

«Non ti preoccupare, vai!» gli rispondo con un sorriso, lui mi fa l'occhiolino e poi scappa di nuovo correndo. Non mi accorgo di aver trattenuto il respiro fino a quando non tiro un sospiro di sollievo. Guardo l'orologio, sono in ritardo anche io per la prossima lezione. Varco la porta dietro di me e percorro il corridoio verso la mia classe. In un attimo perdo l'equilibrio e cado per terra. Quando riapro gli occhi, mi ritrovo davanti Louis che si scusa più volte con me. Stavolta non è riuscito ad evitarmi, mi è arrivato contro e nemmeno l'ho visto. Allunga una mano per aiutarmi. «Sono veramente un imbranato, perdonami. Dovevo consegnare un modulo importante al professor Dannis, solo che con tutti gli impegni che avevo ho dimenticato che la scadenza era oggi alle dieci… ero in ritardo di due ore. Sto iniziando a perdere colpi...» si spiega subito, e mentre lo fa mi passa le mani sulla giacca per pulirmela. Mi viene da ridere, perché il suo tocco è quasi paterno.

«Ah, comunque, ti avrei cercato più tardi. - sussulto. Avrebbe cercato… me? - Non so se ne sei al corrente, ma il giorno prima delle vacanze di ottobre, ci sarà la Festa d'Autunno. Perché non vieni anche tu? E' garantito un drink gratis, e questo secondo me ti ha già convinto.» ridacchia. Tento di essere spontaneo, ma sono rimasto paralizzato. Mi sta praticamente invitando ad una festa, personalmente, voleva cercarmi per dirmelo. In effetti non sapevo nulla, perché di solito queste cose non mi interessano, e la voce si sparge tra gli studenti che… insomma, parlano tra di loro. Quindi, io sono già escluso da questo circolo. Ora che Louis mi ha chiesto di andarci, però, mi pento di non essermi informato prima. Visto che sono ancora in tempo, accetto senza pensarci due volte. «Mi avevi già convinto a “Festa”.» dico ridendo. Lui si illumina quando gli confermo la mia partecipazione, poi sorride e mi saluta. Vorrei quasi gridare dalla felicità, ma mi limito a raggiungere l'aula, dove mi aspetta un professore dall'aria arrabbiata.

Mentre mi fa la ramanzina, tuttavia, non sento nemmeno le sue parole. Sono troppo occupato a pensare alla Festa d'Autunno. Mancano solo tre giorni.

 

oκτoβερ



23 Ottobre.

Chiudo la camicia fino al penultimo bottone, mentre mi guardo allo specchio. E' l'unica che ho nell'armadio, è leggermente attillata perché la comprai quando avevo quindici anni. Forse i pantaloni sono un po' stretti, ma ho solo questi che possano essere considerati eleganti. Guardando i miei vestiti, si capisce che non sono abituato a cose speciali come queste. Ho solo camicie a quadri, jeans, t-shirt e maglioni. Mi sistemo i capelli per quanto sia possibile: non posso neanche spazzolarli, o diventerebbero peggio di un nido di uccelli. Nessuno è tanto pazzo da pettinarsi avendo i capelli ricci... li dovrò tenere arruffati. Non li taglio da un po', infatti mi arrivano quasi alle spalle. Mi siedo sul letto per potermi infilare le scarpe, anch'esse le uniche indossabili ad una festa importante, le Oxford nere. Mia madre entra in camera, mi guarda per un attimo. «Dov'è che devi andare?» chiede.

Prendo la giacca nera e la indosso. Sembro quasi raffinato. Ho cercato di rispettare il tema, “Gala d'Autunno”. «Ad una festa organizzata dalla scuola.»

«E da quando ti interessano queste cose?» sentenzia lei, accigliandosi. Sbuffo infastidito, si diverte a stuzzicarmi, ma ignoro la sua provocazione.

«C'è sempre una prima volta, mamma. Vado, ciao.» prendo il giubbotto ed esco, facendo sbattere la porta. Mi tremano le mani dalla rabbia. E' stata menefreghista fin da quando ero piccolo, ma quando si tratta di sottovalutarmi è sempre presente. Riflettendoci, non ha mai provato a cambiarmi o migliorarmi, semplicemente perché non era di suo interesse: so bene che non mi odia, perché sono suo figlio, ma quello che le è sempre importato sono i soldi. Per questo, appena mio padre non ne ha più avuti, ha chiesto il divorzio. Non è una madre cattiva o violenta, è solo indifferente. In fondo non è un mio problema, finché non mi rivolge la parola, cosa che fa molto raramente. Solo che a volte penso: perché tutti hanno genitori che fanno qualsiasi cosa per loro, che darebbero la vita per i figli, e io non ho questo privilegio? Non soffro di mancanza di affetto, non pretendo attenzioni da un momento all'altro, ma è ingiusto. Suppongo che la realtà sia questa, bisogna accettarla e basta. Mi faccio passare il nervoso perché non è un gran modo di iniziare la mia serata, che spero vada bene. E' la prima volta che partecipo ad un evento del genere, non so neanche cosa si faccia precisamente, ma non voglio essere pessimista. Salgo in macchina – mi stupisce il fatto che mia madre mi abbia permesso di usarla – e prima di girare la chiave, prendo un grande respiro, stringendo il volante. Deve essere tutto perfetto.

Faccio partire l'auto.


Arrivo alla location, che è una discoteca molto famosa; da fuori è un edificio basso e largo, con le pareti bianche, a cui sono appoggiati alcuni studenti che fumano, e un portone nero in mezzo. Davanti a quest'ultimo c'è un ragazzo di quinta, con una cartellina in mano, che controlla chi entra. Bisogna avere un bracciale al polso per poter partecipare. Alzo la manica del giubbotto per mostrarlo, lui mi fa cenno di passare. Per adesso è andata bene, ma inizio già a tremare per l'ansia. Varco la porta e una musica assordante mi riempie le orecchie. E' una di quelle tipiche canzoni “minimal”, sound ripetitivo e – se li hanno, ma succede raramente – testi monotoni e senza alcun significato. Perfette per ballare come pazzi, e per non sentire quello che si dice l'uno all'altro. Le luci sono psichedeliche, di vari colori accesi come blu, rosso, giallo e verde, e attaccata al soffitto c'è una sfera specchiata che gira dando ancora più confusione alla sala. Di tanto in tanto, due macchine del fumo sparano vapore colorato, producendo uno sbuffo simile a quello di una locomotiva. Alla mia destra c'è un bancone nero con degli sgabelli davanti e dei camerieri che servono i drink. Alle loro spalle ci sono scaffali di vetro con sopra le bottiglie di alcool delle più svariate marche. Dall'altra parte ci sono delle poltroncine su cui sono seduti studenti che non hanno voglia di scatenarsi in pista. A vederla così dall'entrata, pare una normale festa, quelle che si vedono nei film. Il problema è che per me non è così consueto come lo è per tutti. Dovrò adattarmi.

Riconosco alcuni miei compagni, li saluto con un cenno della testa, poi vedo Louis. Ha lo smoking nero, i capelli tirati indietro che gli mettono in risalto il viso appuntito e gli occhi azzurri, nonostante la sala sia buia. Appena mi vede, si avvicina salutando con la mano. E' ancora più bello. Penso che abbia proprio azzeccato il tema della Festa, perché è davvero elegante. Gli sorrido, e mi preparo ad urlare per chiacchierare con lui. «Ehi, i drink aspettano solo te! Ti accompagno a prenderne uno!» esclama subito lui. Pare che tenga molto a bere, non pensavo fosse il tipo che alza il gomito spesso, ma accetto e raggiungiamo il bancone. Scelgo un alcolico alla menta, e lo bevo mentre Louis mi parla di un gruppo di suoi amici che si sono già ubriacati e stanno facendo casino sui divanetti. Lancio uno sguardo e noto dei ragazzi che saltano e ridono, completamente persi. Lui ridacchia e beve.

«Come ti sembra? L'ho organizzato anche io, in parte.» chiede mentre una luce speranzosa nei suoi occhi si accende. Sembra quasi in trepidante attesa di sentire il mio verdetto sull'allestimento del party. Arrossisco, e ringrazio che non possa vedermi bene.

«E' fantastico. Avete fatto un ottimo lavoro» commento poi. Lui mi rivolge un grande sorriso, poi si gira perché uno di quei gorilla sulle poltroncine lo ha chiamato. Mi fa segno di andare con lui, lo seguo finché non arriviamo da Jake, o almeno credo sia lui. Inizia a sghignazzare e non si riesce a capire ciò che sta cercando di comunicarci, fino a quando non smette di balbettare, guarda fisso un punto del pavimento e all'improvviso urla: «TI AMO, CAROLINE!». La ragazza che dovrebbe chiamarsi Caroline sussulta imbarazzata mentre le sue amiche si coprono la bocca con la mano guardandola con gli occhi spalancati. Jake fa un giro su se stesso e riprende a ridere come se non fosse successo nulla. Louis mi mette un braccio intorno alle spalle. «Ha una cotta per lei da anni. Gli ubriachi dicono sempre la verità, sai?» mormora con un ghigno. Annuisco. Ben presto comincia a presentarmi ai suoi amici, e tutti mi riconoscono come il ragazzo riccio che non apre mai bocca. Mi sento completamente a disagio, ma più parliamo, più inizio ad abituarmi a quell'atmosfera calorosa. Ridiamo tutti insieme, alcune ragazze di quarta mi fanno i complimenti dicendomi che sono molto carino. Non voglio darmi false speranze, ma sento come se fossero già miei amici. Guardo Louis mentre racconta cos'è successo prima della festa, sorride e ha delle fossette intorno alle labbra. Ai lati degli occhi, quando ride, gli vengono delle piccole rughe. Per lui è una cosa assolutamente normale, essere circondato da persone a cui vuole bene.

Ti sei mai chiesto se la tua realtà è uguale a quella degli altri, Louis?

Hai mai pensato di esistere solo dentro la testa di qualcuno?

Ovviamente no. Tu sei perfetto. La tua vita è perfetta. Provo quasi rabbia a pensarlo. Quel suo bel viso, vorrei prenderlo a pugni. Vorrei poterlo odiare, ma non ci riesco. Perché vorrei che quella perfezione la condividesse con me.

Un bicchiere tira l'altro, Louis ha bevuto tantissimo. Lo vedo strano, barcolla e ride senza motivo. Credo proprio che sia ubriaco, ma non pensavo fosse così irresponsabile da prendersi una sbornia. Si lancia sulla pista e balla in modo scomposto, sembra fuori di testa. I suoi amici con una scusa si allontanano per andare al bancone dei drink, ma non tornano più. Siamo solo io e lui.

Ti sei mai chiesto se stai vivendo una falsa esistenza?

Hai mai pensato che che i tuoi amici fossero dei bugiardi?

No, lo so. Conosci bene chi ti sta intorno, non ti lascerebbero mai da solo. Cade per terra, ma si rialza subito circondandomi le spalle con un braccio, per tenersi in piedi. Ha gli occhi vitrei, nessuna espressione, trema e suda, respira a fatica. Si sta sentendo male, perciò lo porto in bagno a vomitare. Non credevo mi sarei mai trovato in questa situazione. «Harry...» sussurra. Chiudo la porta dietro di me, e finalmente le mie orecchie possono riposarsi da quel chiasso insopportabile. Sento solo il picchiettio di una goccia d'acqua che esce dal rubinetto, e i lamenti di Louis, accasciato vicino al water. Mi inginocchio per cercare di tenergli ferma la testa, ma lui pare aver perso tutte le forze.

In un attimo, la perfezione di Louis si disintegra.

Quel manichino incapace di sbagliare appare finalmente come un umano.

Avevo lasciato stare quel giorno in cui aveva dimenticato la consegna del modulo, perché non era un errore importante, considerata la sua infallibilità. Non so cosa fare, sono pietrificato dal terrore e dallo shock. Ho gli occhi sbarrati, perché non posso davvero credere alla scena che ho davanti: Louis Tomlinson sta piangendo.

Singhiozza, piange, trema. Pare un bambino indifeso.

Lo scuoto per farlo riprendere, ma lui è così debole che può solo stare appoggiato al water. «Harry… vieni qua, vieni qua.» cantilena, e con la mano mi prende una guancia per farmi avvicinare. Accosta la bocca al mio orecchio. «Voglio morire.»

Scandisce le parole, come se avesse paura che non le capissi. E invece io le ho capite benissimo, anche troppo. Vorrei non averle sentite. Rimango in silenzio.

Mi fissa per alcuni minuti, poi in mezzo alle lacrime, vedo un sorriso disperato, che mi fa quasi male al cuore. Ride con una tale infelicità che sento gli occhi bruciare. Il suo pianto si trasforma in un urlo, un forte ululato, mille emozioni che si scontrano una contro l'altra. Non so come riesca a provarle tutte contemporaneamente senza scoppiare. Tento di calmarlo ma lui mi spinge via.

«Tu non puoi capire, stupido. Siete tutti uguali, vi lamentate di qualsiasi cosa… pensi che la mia vita sia bella, vero? Non sai un cazzo, non sai un cazzo di me.» mi grida addosso, mi batte il dito contro il petto. Adesso vedo solo rabbia e disprezzo. Si alza di scatto ma crolla subito dopo, arrivandomi addosso. Mi ritrovo il suo viso a pochi centimetri, il respiro ansante sa di alcool. «Louis, non...» farfuglio.

Si mette un dito sulla bocca per zittirmi. «Sei bellissimo». I pochi centimetri che ci dividevano spariscono. Il suo viso è così vicino che i nostri nasi si toccano. Non so che diamine stia succedendo, non riesco neanche a muovermi perché il suo corpo mi blocca completamente. Non è quello che sto pensando io, giusto?

Le sue labbra si appoggiano sulle mie, un tocco leggero e delicato. Ha la bocca umida. Avverto un sapore lievemente salato, a causa delle sue lacrime. Accosta le mani sulle mie guance che immagino siano completamente rosse; mi accarezza con le dita mentre approfondisce il bacio. Dirige lui il tutto, perché io non so bene cosa fare. Forse la mia mente non si è ancora resa conto che Louis Tomlinson mi sta baciando in questo momento. Sento che si sta allontanando, e spero quasi che cambi idea e rimanga così per sempre, perché ho paura che finisca tutto come è iniziato. Rimane sopra di me, poi finalmente pare essersi calmato, anche se continua a piangere.

«Scusa… è che tutto mi sta crollando addosso. Sento la pressione che mi schiaccia, chiunque si aspetta qualcosa da me, non solo gli studenti e i professori, ma anche… i miei amici, la mia famiglia. Non posso sbagliare, perché non è nella mia natura, per loro… e poi, pensavo di aver superato la scomparsa di mio padre, ma è come se fosse morta una parte di me, mia madre beve ed è ubriaca ogni notte, abbiamo anche litigato e siamo arrivati a picchiarci… non ce la faccio più… non mi piacciono nemmeno le ragazze, sono un fallimento continuo, chi lo vuole un figlio gay? Sono circondato da persone, e allora perché mi sento così solo? Harry… voglio morire.»

Lo rivela tutto d'un fiato, interrotto solo da qualche singhiozzo. Lo ascolto senza credere a quello che sto effettivamente sentendo.

Bugiardo.

Quella tua vivacità.

Bugiardo.

Il tuo continuo umorismo.

Bugiardo.

La tua positività contagiosa.

E' solo una maschera che si è creato, è l'eroe di cui si leggono le avventure solo nei libri, è solo un fantoccio senza anima all'interno. Lo prendo per le spalle e lo faccio alzare, poi mi metto in piedi e mi accorgo che sto tremando… dalla rabbia. Stringo le mani a pugno. «Smettila. Smettila, razza di cretino. Non vedi quanto sei patetico? Ti stai piangendo addosso, cosa sei, un bamboccio? Dov'è finito quel Louis che tanto ammiro? Hai mentito a tutte le persone che ti vogliono bene, e cos'hai intenzione di fare, allora? Morire? E a cosa serve? Ti ricorderanno come il falso che non ha avuto il coraggio di cambiare le cose. E' questo che vuoi? Alzati, e ringrazia che non ti sto prendendo a pugni, perché vorrei tanto farlo.»

Chi sta parlando?

Io? Harry Styles? Non credo proprio. Forse l'Harry del mondo parallelo sta gridando così forte che posso sentirlo quasi come se fossimo nella stessa stanza. Il vero me non avrebbe la forza di dire queste parole a qualcuno, è impossibile. Eppure l'eco che sento è così reale.

Louis mi fissa esterrefatto. Lo capisco, nemmeno io saprei cosa dire al suo posto. Si alza lentamente, con la testa china, ma lo vedo ancora instabile, perciò lo sorreggo. Non dice una parola, e per un momento credo di aver esagerato. Poi però lo sento farfugliare. «Scusami» questo riesco a capirlo perfettamente.

Credo non sarà in grado di guidare fino a casa sua, perciò lo accompagno alla mia auto, lo aiuto a sedersi e poi chiudo lo sportello. Mi faccio dare le indicazioni per casa sua, per poi far partire la macchina. Fortunatamente lui vive qui, perciò il viaggio non è lungo quanto quello che devo affrontare io.

Quando arriviamo, mi giro verso di lui. Sembra così debole, non ha parlato per tutto il tempo. Si slaccia la cintura di sicurezza e rimane fermo a guardare il cruscotto. «Grazie, Harry.» mormora. Ormai le lacrime si sono seccate sulle sue guance, ha gli occhi rossi e gonfi, e la voce rauca per quanto ha urlato. Scuoto la testa.

«Sei sicuro che puoi tornare a casa ridotto così?» chiedo, per cercare di cambiare argomento. Preferisco non aggiungere altro, perché sono troppo confuso; credo di avere usato tutta l'energia che avevo nel momento in cui gli ho urlato contro quelle cattiverie. Louis apre lo sportello e sospira.

«Per questa sera, mia madre non sarà l'unica a tornare a casa ubriaca.»

λιαρ

SPAZIO AUTRICE

Ok, forse ho aggiornato un po' troppo presto, ma non ho potuto resistere çç
Volevo assolutamente continuare, perché sono troppo curiosa di sapere cosa ne pensate ahaha
Grazie mille per le 115 visualizzazioni, che speriamo aumentino, e grazie anche per le prime recensioni!
Se vi sta piacendo, per favore, fatemelo sapere in una recensione, così da darmi anche idee e consigli :)
Bye byee

  
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