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Autore: Pandora86    02/11/2015    5 recensioni
Spoiler quinta stagione.
Artù e Merlino. Il re e il mago. Due facce della stessa medaglia.
Due anime legate da un filo indissolubile che finisce, inevitabilmente, per spezzarsi in ogni tempo e in ogni luogo.
Ma forse, era finalmente giunto il tempo in cui le due facce della medaglia avrebbero potuto riunirsi, portando a termine il proprio destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio, Nel futuro
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Ecco il nuovo capitolo.
Come sempre, grazie per le bellissime recensioni.
Grazie anche a chi continua a inserire la storia tra le preferite le seguite e le ricordate.
E, ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Per adesso, buona lettura.
 
 
Capitolo 67. Infinito
 
Merlino sospirò, provando a raccogliere le idee. In realtà, non sapeva nemmeno lui da dove cominciare. Cominciare a fare cosa poi? Raccontare, certo! Sì, ma cosa?

Era quello il vero problema: come si faceva a raccontare un’eternità?

Artù aveva assistito allo spettacolo pietoso e, al contempo, splendido della massima potenza del Diamante Nero.

Di sicuro, era quello il punto da chiarire, almeno nella testa del Re. Quello che però il Re non sapeva, era proprio il fatto che non si trattava di un semplice avvenimento che richiedeva una semplice spiegazione.

Il Diamante Nero era il male originario del suo cuore.

Male che poi aveva assorbito il potere della spada di Mordred, arrivando a rappresentare il male del mondo.

Mordred.

Sussultò a quel nome.

Il nome di colui che aveva trafitto il cuore del suo Re.

Sì, perché – a quei tempi – Artù era il suo Re. Il Re valoroso e nobile che avrebbe unito le terre di Albion.

Era questo, quello che credeva a quei tempi. Era questo, quello per cui combatteva.
Sospirò, trovando strani quei pensieri. In fondo, erano i suoi ricordi e forse era questo, quello che più lo sorprendeva.

Lui, dopo la morte del Re, aveva pianto. Lui voleva bene a quell’uomo. Un uomo che, in fondo, non gli aveva fatto proprio nulla, almeno analizzando il tutto in maniera oggettiva. Che colpa ne aveva Artù, se lui, il Mago, a quei tempi manipolava di nascosto e giostrava gli avvenimenti?

A fin di bene, certo, e per la salvezza dell’intero Regno. Tuttavia, cambiava il contenuto ma non la sostanza. Merlino aveva passato i primi vent’anni della sua vita a nascondere, manipolare e occultare.

Cosa gli aveva fatto, a conti fatti, Artù?

Gli fece strano porsi quelle domande. In fondo, era stato così facile odiare. Era stato così facile, in tutti quegli anni, avere qualcuno da accusare.

Lui, mille anni prima, avrebbe dato di tutto pur di rivedere nuovamente il Re, vivo, innanzi a lui.

Cosa stava succedendo?

Cosa mai si aspettava Artù da lui?

Perché era tornato? Non avrebbe potuto farlo mille anni prima?

Cosa si aspettava da quello che un tempo era il suo buffo servitore?

Era tornato nell’era moderna quando lui, il Mago, era oramai devastato. Devastato nella mente e nel cuore.

Devastato nell’anima e nel corpo.

Devastato come uomo ma potentissimo e splendente come Mago.

Che strano paradosso!

Cosa doveva fare adesso?

Era stato così facile appellarsi al rifiuto di mille anni prima. Un rifiuto che gli aveva lacerato il cuore, anche se non aveva potuto darlo a vedere.

Infatti, a quei tempi – gli oscuri tempi del rifiuto – era andato avanti. Aveva continuato a sorridere, cercando di infondere coraggio a un Re morente.

Al suo migliore amico.

A quei tempi, aveva perdonato.

Non gli era costato, a conti fatti. Il suo comportamento, in quel momento, era stato dettato dall’istinto, come quasi tutto quello che faceva a quei tempi.

Perché ora dovevano crollare le sue certezze?

Perché doveva ricordare proprio quelle cose?

Doveva cominciare a parlare ma non riusciva a trovare un nesso tra tutti quei pensieri sconnessi.

Non riusciva a trovare un appiglio a cui aggrapparsi.

Artù, nel frattempo, non aveva mai staccato gli occhi da lui e sembrò capire lo stato del Mago.

In fondo, bastava guardare lo sguardo smarrito di Merlino per capire cosa stesse pensando.

Anche lui, mentre osservava, si era preso un istante per riflettere a sua volta e, almeno in quella particolare occasione, non ebbe difficoltà a capire quello che l’altro stesse provando.

Evidentemente, Merlino si trovava in difficoltà a raccontare la sua vita e quello che provava.

D’altro canto, era sempre stato così, in fondo. Merlino, anche nella sua giovinezza, non aveva mai raccontato nulla in realtà.

Certo, si era confidato con il suo mentore, Gaius, ma si trattava comunque di una figura paterna che già conosceva la grande incognita che rappresentava la sua vita. Già conosceva il suo segreto e Merlino, di conseguenza, non aveva bisogno di un faccia a faccia sulla cosa più importante della sua esistenza. Gaius c’era per i buoni consigli e, in molte occasioni, per tramare alle spalle di Camelot insieme al Mago, per il bene del Regno stesso. In altri casi, però, nemmeno Gaius era a conoscenza dei piani di Merlino; il Mago, infatti, tendeva più a tenere tutto dentro che a confidare ogni piccola cosa all’unica persona con la quale potesse parlare. Essere nato in quell’epoca, dopo la grande epurazione e con un segreto sulle spalle pesante come un macigno, lo aveva reso schivo e riservato. Ma non riservato e chiuso come le persone che affermano di esserlo, in pratica, quelle taciturne e poco socievoli. Quella tipologia di persone veniva troppo notata e Merlino non aveva intenzione di attirare l’attenzione su di sé. Tutti, infatti, cercano di far integrare una persona solitaria. Tutti, o quasi, cercano di interagire con una persona cupa e scontrosa. Il più delle volte, avviene per curiosità; molti cercano, infatti, di sapere quali siano i grandi misteri della persona in questione, del perché si chiuda al mondo e cose di questo genere. Al Mago, invece, questo non succedeva. Merlino, infatti, aveva fatto molto più di questo: aveva imparato la sottile arte della recitazione.

Nessuno, al castello, pensava che Merlino avesse un qualche segreto. Nessuno, al castello, pensava che Merlino potesse avere problemi con il mondo. In effetti, non avrebbe potuto nascondersi in maniera migliore.

In sostanza, Merlino non aveva mai veramente dovuto raccontare di se stesso. I Guardiani sapevano tutto di lui e sicuramente conoscevano, ancora prima del proprietario, la sua illimitata magia e gli effetti del Diamante.

Quindi, nonostante la sua vita millenaria, Merlino, in quel momento, si trovava a dover fare qualcosa per la prima volta.

E questo pensiero, faceva male al cuore di Artù, un male lancinante.

Perché si rendeva conto, ancora una volta, del grande uomo che aveva dinanzi e di quanto, questo grande uomo, non avesse fatto altro che dare tutto agli altri, fino a devastare se stesso.

Fino a diventare una pallida imitazione di essere umano che andava avanti senza scampo e senza poter interrompere il ciclo infinito della sua vita.

“Cosa volete sapere, esattamente?”

La voce stanca e rassegnata di Merlino lo distolse dalle sue riflessioni. La domanda che il Mago gli poneva era legittima e di importanza fondamentale. La risposta lo era altrettanto, dato che avrebbe generato tutto il resto.

Tuttavia, Artù, non aveva bisogno di riflettere prima di parlare. Finalmente, infatti, aveva la possibilità di sfatare i suoi dubbi una volta per tutte e conoscere le informazioni che più gli stavano a cuore.

“Che cosa significa, realmente, avere mille anni?”.

Merlino alzò il capo guardandolo sorpreso.

“Mi avete già fatto questa domanda” disse lentamente e Artù annuì.

Era vero! Ricordava perfettamente di avergli rivolto quella stessa identica domanda, la sera del loro secondo incontro.

“Tuttavia” continuò a parlare Merlino, “anche stavolta non ne capisco il significato” vide che Artù provò a rispondere e lo interruppe con un cenno della mano.

“Quello che voglio dire” provò a spiegare, “è che le sfumature di questa domanda sono infinite.
Io ho mille anni di età; in questi mille anni di età, sono racchiusi mille anni di conoscenza e di apprendimento” e fece un istante di pausa. “Ancora… ho mille anni di vita, nei quali ho accumulato molte esperienze di vita quotidiana. Non ho mille anni solo nel corpo ma anche nella mente” ci tenne a specificare.

“So che a voi non è la mia mente che interessa” e sorrise leggermente. “Tuttavia, ci tenevo a specificare questo dettaglio, inutile per voi ma fondamentale per me, e quelli come me” aggiunse, calcando di proposito le parole.

“Ho vissuto in tutte le epoche conosciute, Artù” disse con voce severa.

“Questo lo so!” puntualizzò il Re.

“Sapere una cosa come un dato, non è la stessa cosa” lo riprese Merlino.

“Perché siete così interessato alla mia vita immortale?” chiese poi, accavallando le gambe e congiungendo le mani.

“Oh, che sbadato” e lo sguardo si fece attento e scrutatore, “forse, perché siete immortale anche voi” e sorrise. “Oppure, credevate davvero che non me ne fossi accorto?” terminò, attento a non perdersi nessuna reazione da parte del Re.

Improvvisamente, il silenzio calò nella stanza.

Artù non abbassò lo sguardo, provando l’insensata voglia di prendere l’altro a schiaffi.

Quindi sapeva!

Quando e come lo avesse capito, rimaneva un mistero dato che, fino a poche ore prima, Merlino sembrava all’oscuro di come il suo corpo si fosse ricomposto dopo la transizione ad Avalon.

E, tanto per cambiare, aveva frainteso!

Lui non era interessato all’immortalità di Merlino ma all’effetto che questi dieci secoli avevano avuto sul suo corpo e sulla sua mente.

Scosse la testa con esasperazione!

Un senso di frustrazione mai provato cominciò a serpeggiare nel suo animo.

Perché era sempre tutto così difficile?

A Camelot, lui e Merlino si capivano al volo.

Certo, Artù non conosceva la sua vera essenza ma sapeva con precisione quello che il Mago pensava in molte occasioni. Non faceva fatica a cogliere gli sguardi di disappunto, quando Artù commetteva un’azione sbagliata, né quelli orgogliosi, quando Artù esercitava il suo ruolo di principe o Re con magnanimità e giustizia.

Allo stesso modo, anche Merlino gli leggeva dentro con una facilità impressionante; sapeva perfettamente quando era triste, di malumore o scoraggiato.

Invece, nell’era in cui si trovavano adesso, nessuno dei due sapeva cosa pensasse l’altro ed entrambi si facevano idee sbagliate sui rispettivi pensieri che avevano uno per l’altro.

Erano due rette parallele che procedevano senza mai incontrarsi.

Artù, in quel momento, capì di dover porre rimedio a tutto quello.

“Sì, sono immortale” affermò, guardandolo dritto negli occhi e senza alcuna titubanza nella voce.

“Credevo, sinceramente, che lo sapessi sin dal primo momento in cui mi hai visto in questo tempo” concluse con un tono che non ammetteva repliche. Merlino gli aveva parlato rivolgendogli l’accusa velata di voler nascondere la sua immortalità.

Beh, con quella frase, Artù aveva pienamente smentito le ipotesi del Mago.
Merlino, infatti, sbuffò e preferì non commentare quella provocazione da parte del Re.

“Me ne sono accorto stasera, a casa di Perce” ammise. “O meglio, l’ho sospettato in quel momento e voi mi avete dato la conferma ora” ci tenne a precisare.

“Avete usato il Diamante Bianco” affermò poi pensieroso, come se, solo in quel momento, stesse collegando tutti i pezzi di quel puzzle infinito e complesso.

Quel pensiero, suscitò un ricordo nella mente di Artù.

Un ricordo che apparteneva a un altro tempo e a un’altra dimensione.
 
 

***
 

“L’immortalità è un fardello molto pesante da portare per un semplice corpo umano” spiegò la Dama, accomodata nella sua poltrona di velluto rosso.

“Non sarà come ora, che sei soltanto energia” concluse.

“Ne sono consapevole” rispose Artù, facendo vibrare la sua energia nervosamente, fino a occupare quasi tutta la stanza.

Freya sorrise.

L’energia di Artù era pura luce dorata, a tratti bianca, molto più scintillante delle altre, molto più intensa di tutti coloro che risiedevano ad Avalon.

“Eppure, non ti spaventa tutto questo” affermò con voce pacata.

“No”.

“E se ti dicessi che una cosa del genere non è possibile da realizzare?” domandò la Dama, inclinando leggermente la testa di lato.

L’energia di Artù vibrò fino a scuotere gli oggetti che lo circondavano.

Era questo Avalon: un mondo di pura energia, molto simile, per composizione, a quello dei Guardiani.

Un mondo immateriale e adimensionale, con oggetti immateriali e adimensionali. Un mondo che avrebbe potuto essere ovunque dato, che non era soggetto ai limiti dimensionali che caratterizzavano tutti gli altri mondi.

“Ti direi che stai mentendo!” rispose sicuro Artù. “L’immortalità mi spetta dalla nascita, e tu lo sai”.

Freya sorrise e annuì.

Era vero, l’immortalità spettava al Re tanto quanto spettava al Mago. Il problema era che al Mago veniva data alla nascita, al Re, invece, no. Era stato questo l’errore di tutti i Guardiani: non aver dato ad Artù i mezzi per ricongiungersi, definitivamente, alla sua anima spaccata.

Inoltre, anche Artù sembrava aver capito bene questo concetto, per questo lo aveva messo alla prova, provando a insinuare un dubbio sbagliato. Prova superata in maniera eccellente!

“Sai che le prove da affrontare saranno molte” disse ancora.

“Sono pronto!”.

“No!” lo riprese Freya. “Non dire una cosa del genere, se non sai cosa ti aspetta”.

“Il Diamante Nero?” chiese Artù.

“Anche, ma non solo” e, a quelle parole, l’energia di Artù vibrò impaziente.

Freya ridacchiò. Artù non aveva perso la sua impulsività anche sotto forma di energia.

“Dovrò controllare il Diamante Nero” affermò Artù, cercando di arrivare al dunque della questione, infastidito dai continui giri di parole della Dama.

No!”.

La voce di Freya risuonò severa nella stanza facendo vibrare gli oggetti contenuti in essa.

Artù si fece attento; la Dama non era mai così severa e non si arrabbiava mai. Di conseguenza, il motivo che giustificava un cambio d’umore così repentino doveva essere di importanza vitale.

“Non dire una cosa del genere, mai più” parlò ancora Freya, addolcendo leggermente il tono di voce. “Non pensarlo neanche. Il padrone di quell’anello è uno, e uno soltanto. Mai dovrai mai pensare di poterlo sostituire” e fece un istante di pausa.

“Quell’anello non è un nemico ma un amico, necessario al mondo quanto ognuno dei quattro elementi” concluse.

“E come riuscirò a contrastare il Diamante Nero?” domandò allora Artù.

“Non dovrai contrastarlo ma bilanciarlo” lo corresse Freya. “Inoltre, il Diamante Nero sarà l’ultimo dei tuoi pensieri, quando ti ricongiungerai al tuo corpo”.

“Non capisco” ammise Artù vibrando con impazienza.

“Molte cose ti saranno chiare una volta tornato. Tuttavia, anche se le comprenderai, sarà difficile per te controllare la tua energia, essendo bloccato in un corpo unico e indivisibile”.

“Quindi, in qualsiasi modo la si metta, devo improvvisare al momento?” sbottò Artù definitivamente, facendo cadere un vaso su uno dei tavoli nella stanza.

Freya rise di gusto e, con un cenno della mano, riporto il vaso al posto giusto.

“Posso darti, però, un consiglio”.

“Ti ascolto” rispose Artù con ironia.

“Dovrai pensare di avere a che fare con l’infinito”.

“Grazie tante” perse definitivamente la pazienza Artù. “Come faccio a conoscere una cosa che, per definizione, non finisce mai?” e Freya ridacchiò.

“Con dei limiti” suggerì.

“Scusa?” chiese perplesso Artù sentendo arrivare un feroce un mal di testa.

Va bene, era impossibile che lui, sotto forma di energia avesse mal di testa – o un dolore di qualsiasi altro genere – eppure, ogni volta che parlava con la Dama, la sensazione era proprio quella. Quindi sì, anche se era impossibile, Freya aveva il potere di fargli scoppiare la testa dopo ogni colloquio.

Inutile specificare che, in quella forma, Artù non aveva nessuna testa. Però, in passato aveva avuto un corpo, quindi anche questo era un dettaglio insignificante.

“Conosci la parola matematica, Artù?” chiese Freya con un sorriso.

Ovvio che la conosco” e Freya rise. Cosa diavolo avesse da ridere, poi, Artù non lo capiva proprio.

“Scusami” disse ancora la Dama, “ma faccio fatica a ricordare nel dettaglio le conoscenze del tuo tempo” si giustificò.

Artù la guardò senza parlare.

Era anche il tuo, di tempo!

Questo avrebbe voluto dirle ma si trattenne. Spesso non ci pensava quando era al suo cospetto – tutta la regalità che emanava, rendeva facile una cosa del genere – ma la Dama era la stessa persona che Merlino aveva amato.

Colei per la quale il Mago avrebbe lasciato Camelot – avrebbe lasciato lui – senza pensarci due volte.

Colei che lui, il Re, aveva ferito portandola poi alla morte.

“Cosa c’entra la matematica?” chiese, ad allontanare quei pensieri inutili.

In fondo, Freya non poteva più tornare nel mondo di Merlino. Non ne aveva nemmeno intenzione dato che Avalon era la sua casa.

Inoltre, nonostante fosse legata a Merlino, Artù non vedeva l’amore nei suoi occhi quando parlava del Mago.

“C’entra eccome!”

La voce di Freya lo riscosse dalle sue riflessioni.

“Nel tempo in cui andrai a vivere, ti troverai davanti al cosiddetto paradosso dei numeri” provò a spiegare con termini che lui potesse comprendere.

“In pratica, tutti sapranno, in quel tempo, che fra due e tre, ad esempio, ci saranno infiniti altri numeri. Eppure, nonostante siano infiniti, questi numeri, tu ne conoscerai sempre l’inizio e la fine: due e tre, in questo caso!”.

“Com’è possibile?” chiese Artù scettico. “Come possiamo conoscere l’inizio e la fine dell’infinito?”.

“Lo studierai nell’era che ti accoglierà” lo rassicurò Freya.

“Così come studierò che la Terra è tonda” le fece il verso Artù.

“Esattamente” non si scompose Freya, facendo finta di non cogliere l’ironia.

“Quale sarà l’anno che mi accoglierà?” chiese ancora Artù.

“Sai che posso dirti solo il secolo” lo riprese ancora Freya e Artù vibrò di nuovo emanando stizza. Molte volte ne avevano parlato e la Dama aveva sempre risposto che era impossibile definire con esattezza l’anno.

“Ricorda” disse ancora Freya, “ti troverai a dover controllare l’infinito. Per poterlo fare, senza perderti all’interno di esso, dovrai capire quali sono il punto d’inizio e quello di fine”.
 

***
 

Ora lo sapeva!

Sì, adesso comprendeva tutto.

Il puzzle che Artù doveva comporre era infinito ma poco importava.

I cardini principali di questo infinito mosaico erano sempre e soltanto due: il Bene e il Male.
 

Continua…
 

Note:

Innanzitutto, no, non sono sparita ma, come vi sarete accorti, i capitoli cominciano a essere più complessi e richiedono correzioni accurate. In ogni caso, cerco di fare del mio meglio e vi rassicuro sul fatto che la storia non rimarrà incompleta e non me ne sono dimenticata. Come tutte le storie che ho pubblicato, anche questa vedrà la parola fine.

Passiamo al capitolo:

Spero vi sia piaciuta la parte tra Artù e la Dama. I pezzi cominciano a incastrarsi e, da questo capitolo in poi, andremo molte volte ad Avalon, sia come ricordi che nel presente.

In questo capitolo affronto l’immortalità di Artù e faccio qualche approfondimento su come l’abbia ottenuta e perché gli spetti.

Anche Merlino comincia a fare due più due e, spero si noti nella sua introspezione, sta diventando sempre più lucido.

Il percorso di crescita dei personaggi però è complesso e quindi molto lungo. Spero di non avervi annoiato ma lo sapete: mi piace approfondire ogni cosa per essere il più credibile possibile.

A voi l’ardua sentenza!

Piccola precisazione: la matematica si è sviluppata, come scienza, molto prima del Medioevo.

Addirittura, i primi metodi di conteggio appaiono nella preistoria. La prima forma di geometria si trova in Egitto, molto prima dell’anno mille. Un prima sistema di numerazione in base dieci, invece, si sviluppò dopo il 1400.

In Europa, invece, la matematica, dopo l’Impero Romano non fece grandi progressi tuttavia e veniva studiata prettamente dagli intellettuali.

Ovviamente, la storia della matematica e delle sue origini è immensa, soprattutto se non si considera un singolo continente. Ho dato giusto qualche accenno, per giustificare il dialogo tra Artù e la Dama del Lago.
 
Come sempre, spero che il capitolo vi sia piaciuto e che non vi abbia annoiato.

Mi raccomando, fatemi sapere i vostri pareri che ci tengo molto!

Alla prossima,

Pandora86
  
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