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Autore: Kaleido_illusion    03/11/2015    1 recensioni
Benvenuti a Cardia-Y 311, una cittą stato post apocalittica.
Tra edifici crollati, piogge acide e severe leggi, si intrecciano le vicende di due giovani di realtą completamente diversi: lei, April, una ragazza disillusa e sospettosa con un caratterino da vendere, vive nei Sobborghi lottando ogni giorno per sopravvivere; lui, Nagģl, un curioso ragazzo privileggiato del Centro, che stufo dei favoreggiamenti riservatigli decide in un attimo di ribellione di visitare quei luoghi che la cupola di vetro gli impedisce di raggiungere. Il caso vorrą che i dui si incontrino e da quel momento in poi le loro vite cambino drasticamente ...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 7

 



Sebbene non sia ancora consapevole di tutti i rischi che questo piano comporta, alla fine mi ritrovo nello stesso tratto di tunnel attraversato quattro giorni fa. Volevo ritornare prima nei sobborghi per iniziare a raccogliere informazioni utili, ma purtroppo la situazione non me l’ha permesso, visto che, anche se son riuscito a sistemare lo scompiglio che ho creato all’Istituto prima che la notizia trapelasse in tutto il paese, ho dovuto promettere di annunciare il discorso per la chiusura del semestre ed i miei movimenti sono stati tenuti d’occhio per qualche giorno. Tuttavia non potevo rischiare che scoprissero le mie “escursioni”, così ho dovuto aspettare che le acque si calmassero un po’ e soprattutto mi lasciassero in pace, prima di rimettere piede fuori dalla cupola. Sono fortunato che i miei spostamenti siano stati controllati solo per due giorni! Altrimenti non mi sarei liberato prima di due o tre settimane. Nonostante tutti gli sforzi, ho dovuto rendere conto ai miei genitori dell’accaduto e salvandomi con un patetico “ ero sotto pressione e non ho retto” (espresso non in questi termini, soprattutto difronte a mio padre, ma il succo è stato questo).
Dopo tanto penare eccomi qui a rammaricarmi di non essere rimasto a casa o per lo meno di non aver pensato a salvarmi dal tanfo dei cunicoli che mi sta uccidendo! Se non è qualcos’altro. Non si può certo immaginare che odori così intensi possano piegare un essere umano sotto la loro morsa, ti s’insinuano nelle narici fino a raggiungere il cervello e s’infilzano come tanti spilli, con un dolore lancinante. Perciò accelero l’andatura e, tenendo sempre sott’occhio la mappa fotografata, mentre mi copro la bocca e il naso con il colletto della vecchia maglia, indossata per l’occasione, mi dirigo a passo di marcia verso l’uscita. Una volta fuori, tolgo dal marsupio un berretto per nascondere i capelli e schermo lo sguardo da alieno con un paio di lenti scure. Sono conciato come il peggiore dei rapinatori e, sfoggiando una tuta stinta e dimenticata nell’armadio, mi aggiro indisturbato tra la folla.
Adesso dove potrei trovare la mia, si spera, collaboratrice? Non se ne parla di cercare il suo indirizzo perché potrei trovarmi nella parte sbagliata della città e poi non conosco il suo cognome, ammesso che la gente la conosca. Perciò opto per l’agenzia in cui lavora, almeno di quella sono assolutamente certo. Girovago un po’ per le strade senza la minima idea di dove stia andando e quando decido di arrischiarmi nel chiedere informazioni, m’imbatto nuovamente nelle bancarelle viste il primo giorno e che ancora una volta mi sorprendono con i monili e gli oggetti esposti, tutte cose che non potrei mai trovare al Centro neanche pagandole a peso d’oro, eppure qui sono così comuni!
<< Hai trovato qualcosa che t’interessa ragazzo?>> sussurra una vocina da dietro il banchetto che ha attirato la mia curiosità. Dal fresco dell’ombra, proiettata dal telo che copre il suo banchetto, è seduta una piccolissima signora anziana dai capelli canuti raccolti in una crocchia e, con gli occhi stretti per l’intensità della luce, mi fissa ansiosa di sapere se uno dei suoi manufatti le potrebbe fruttare qualche moneta.
<< Veramente non m’interessa niente, ero solo curioso>> rispondo.
<< Peccato>> le sfugge una smorfia di delusione.
Decido allora che forse potrei chiedere a lei l’ubicazione dello stabile che sto cercando. Mi sembra una persona a posto.
<< In verità avrei bisogno di un’informazione>> azzardo e sul viso della vecchietta splende di nuovo un barlume di speranza per un possibile guadagno << sa dove si trova l’agenzia di spedizione Eolo express?>>
<< Certo, chi non la conosce?!>> questo semplifica molto le mie ricerche. << Ma tutto, anche la più piccola informazione ha un prezzo giovanotto!>> dice la vecchia affilando furbescamente lo sguardo.
Sta cercando di estorcermi del denaro?!? Appena realizzo il tutto, faccio per andarmene ma la nonnina, sporgendosi dal suo sgabello sulla bancarella, mi afferra con sorprendente velocità.
<< Non credere che qualcun altro possa darti ciò che cerchi>> sussurra tra i denti. Non posso evitare di chiederle il perché.
<< Proprio perché tutti conoscono la Eolo, non tarderebbero a guardarti con diffidenza se lo chiedessi in giro. Però sono disposta a darti le indicazioni in cambio di un giusto pagamento>>
Rimango per un attimo sbigottito dal modo di fare dell’anziana… troppo arzilla per i miei gusti.
<< E sarebbe …>> incalzo, ma la nonna indica semplicemente la bancarella << Vuole che compri le sua merce?>>
<< Minimo due pezzi!>> ribatte portandosi i pugni sui fianchi sfoggiando la sua aria da donna d’affari.
Intanto valuto la situazione: rischiare di essere scoperto chiedendo a qualcun altro o scucire qualche moneta e finirla qui? Non credo ci sia da discutere.
Do un’altra occhiata superficiale agli oggetti esposti e proprio quando ho deciso, la signora mi affibbia un collanina di pietruzze grezze e un polsino di cuoio con un gufo ricamato sopra.
<< Ottima scelta! Fanno 37 bire>>
Mi sta prendendo in giro, o qui tutti hanno questo modo di fare? 37 bire per un paio di ninnoli inutili?! Per tagliare corto, anche se la sensazione di essere truffato è forte, saldo il conto e attendo le informazioni “ adeguatamente pagate”.
<< Cosa ti spinge ad andare in quell’agenzia?>> chiede d’un tratto la vecchietta una volta finito di istruirmi sulla strada da prendere.
<< Signora ogni informazione ha un prezzo>> ribatto sarcastico, ma suscito solo una risata divertita dopo un attimo di stupore.
<< Ragazzo, mi piaci! Perciò ti do un consiglio>> questa volta mi metto sulla difensiva. << Tranquillo è completamente gratuito. La prossima volta che passi di qui scegli meglio il tuo guardaroba. È vero c’è gente strana in giro, ma non così stramba da conciarsi in questo modo!>> e detto ciò si rintana dietro al banchetto, ridendo di gusto.
Rimuginando sull’affermazione della vecchia, osservo preoccupato il mio abbigliamento. Cos’ha che non va? Guardo curioso la gente intorno a me, non mi pare che abbiano vestiti dalla foggia o stile molto diverso dal mio.
Seguo attentamente le indicazioni fornitemi e dopo parecchie svolte in quel mare caotico di gente e piccoli animali d’allevamento, sbuco da una stradina laterale nei pressi dell’agenzia. Sono indeciso sul da fasi: entro e chiedendo direttamente di April, pregando che lì dentro non ci siano altre ragazze con il suo nome, o aspetto fuori che finisca il turno? Bel dilemma. Il primo punto mi mette direttamente alla mercé del primo a cui chiederò e, dopo l’esperienza di poco fa, preferisco evitare, non ho così tanto denaro con me. Così mi appoggio a un muro tenendo sotto controllo l’ingresso principale. Dopo mezz’ora di posta si presenta un’ opportunità che non posso lasciarmi sfuggire. La persona che sto cercando, si catapulta fuori dallo stabile inseguendo una macchia arancione.

<< Felipe! Vieni qui maledetto!!>> inveisce contro la creatura << ridammi quelle carte!>>. Il felino si gira di scatto in atteggiamento scherzoso, con il sedere puntato verso l’alto mentre il resto del corpo si appiattisce al suolo, così appena la ragazza si avvicina per afferrare le pagine che tiene in bocca, la scarta e riprende a correre verso il vicolo nella mia direzione. È il momento di intervenire per avvicinarla, ma per far sì che la tipa mi ascolti devo impossessarmi dei fogli che vuole recuperare. Perciò attiro l’attenzione del micio con la collanina presa al banchetto (almeno adesso serve a qualcosa) e, non appena è a portata di mano, prendo i fogli mentre la bestiola è intenta a cercare di afferrare con la zampa le perline. La ragazza, che ha assistito alla scena, si avvicina. È il mio momento.
<< Avrei potuto prenderlo da sola quel disgraziato!>> dichiara allungando la mano per farsi consegnare l’oggetto dell’inseguimento.
Per lo meno è simpatica come al solito, ma non è l’ora di procrastinare e decido di farmi riconoscere. Sfilo gli occhiali scuri, lasciando che siano gli occhi a parlare al mio posto << Alla fine ci rivediamo >> gongolo trionfante, vedendo la ragazza sbiancare per l’improvvisazione.
Ebbene sì, poteva aspettarsi chiunque, ma non il sottoscritto. Sorpresa! La guardo dritto negli occhi specchiandomi nelle sue naturali iridi color cioccolato.
<< Che diavolo ci fai TU qui?!>> sbotta di rabbia superato il momento di shock, poi si guarda freneticamente intorno.
<< Devo parlarti>> dichiaro.
<< Non credo>> sibila sulla difensiva indietreggiando di qualche passo. Penso non voglia farsi vedere con me nel caso sopraggiungesse qualcuno.
<< E invece credo proprio di sì, se rivuoi indietro le tue carte. Non vuoi discutere con il tuo capo>> le sventolo sotto il naso i fogli ormai bellamente spiegazzati e inzuppati i saliva di felino. Non sono bravo a ricattare la gente e spero che la minaccia vada a buon fine, altrimenti non so che fare. Pare, però, che la cosa funzioni perché la ragazza non replica né cerca di picchiarmi. Evidentemente sta valutando le possibilità con tutti i pro e i contro.
<< Spero per te che sia importante>> si sta sforzando di restare calma, ma la cosa le brucia probabilmente; scendere a patti con una persona odiata non dev’essere per niente facile. È lo stesso per me quando devo relazionarmi con Spike, perciò un minimo posso capirla.
Cerca in un ultimo disperato tentativo di afferrare le carte, cogliendomi impreparato, ma non perdo il bottino.
<< Non così in fretta, voglio una prova che manterrai la parola, altrimenti salta tutto>> dirle una cosa simile è un azzardo, ma non posso rischiare; soprattutto adesso. La vedo diventare paonazza ma, in seguito a due bei respiri profondi, sembra calmarsi, poi trae dalla tasca dei pantaloni la sua mascherina depura-aria e me la lancia in malo modo.
<< Soddisfatto?!>> ringhia.
<< Adesso sì>> ripongo al sicuro il pegno nel marsupio e le restituisco i fogli; devono essere importanti, per renderla così collaborativa.
Sto per dirle se c’è un posto dove poter parlare senza problemi, ma lei mi anticipa. << Non qui>> intima, poi mi squadra dalla punta dei capelli ai piedi, scuotendo la testa.
Le chiedo quale sia il problema.
<< Sei inguardabile! Dove hai preso questi … cosi? >> dice schifata arricciando il naso.
La guardo di traverso. Che problema hanno tutti quanti con i miei vestiti? È solo una tuta da ginnastica con motivi militari e una maglia nera! Uno scintillio metallico nella mano della ragazza mi mette in allerta.
<< Metti giù quell’affare>> le ingiungo in tono serio.
<< Se vuoi che l’accordo prosegua, sta’ zitto e lasciami fare. Non mi va di finire nei guai per colpa tua>> ribatte con una smorfia di rabbia. Cerco inutilmente di rilassarmi, visti i precedenti non mi fido per niente di questa matta! Comunque allargo le braccia in segno di resa. La lama si avvicina alla spalla e … taglia le maniche?! Che …?
<< Che stai facendo?>> chiedo palesemente disorientato.
<< Tu che dici? Ti do un aspetto decente!>> passa all’altra manica e anche questa dopo un paio di tagli e strappi viene via. In seguito prende una manciata di polvere rossastra da terra e la butta sui pantaloni, poi con brutalità ne strofina un po’ anche sulla maglia. “ Questa sarebbe una ragazza? Non ha niente a che vedere con i  modi pacati e femminili di Chanel” penso, perché il paragone viene istintivo.
<< Adesso arrotolati una gamba del pantalone almeno sotto il ginocchio>>
Eseguo di cattivo umore, vedendo come questa tizia mi tratta. Eppure non le ho salvato la vita qualche giorno fa deviando la catena del malvivente?
<< Il cappello e gli occhiali vanno bene. Se qualcuno ti chiede qualcosa, sei uno di quei fissati con la break-dance e parla solo se necessario … anzi sta zitto, è meglio>> mi ammonisce.
<< C’è qualcos’altro che devo fare, sergente?>> bofonchio infastidito. Non mi piace che qualcuno m’imbecchi su cosa devo fare e dire. Né ho già abbastanza dalle mi parti e un’altra persona da aggiungere alla lista non mi va proprio. Infilo istintivamente le mani in tasca e la guardo in segno di sfida attraverso le lenti.
<< Cretino, non capisci proprio eh?!>> mi volta le spalle e si avvia verso le porte della Eolo express ditta di spedizioni.
La seguo spazientito. Ed io dovrei aver a che fare con lei?!?! Sono impazzito di colpo.
Una volta all’interno il rumore assordante mi assale. Non lo ricordavo così caotico! Ma ecco che dopo pochi passi, veniamo fermati da un omone di colore alto almeno un metro e novanta.
<< Piccola A, hai acciuffato il mostriciattolo?>> dice affabilmente con la possente voce baritonale.
<< Quel sacco di pulci è un flagello! Dovremmo dire a Chris di prendere un cane per tenerlo lontano>>
<< Andiamo, lo so che un po’ ti piace averlo intorno! Ehi, è lui chi è?>> si rivolge a me.
<< beh, lui è …>> incomincia la ragazza, ma la anticipo nei tempi.
<< Sono Nagìl, il breake-dancer del quartiere, ho recuperato io le carte alla signorina>> mi atteggio a spaccone e gli porgo la mano per una stretta tra fratelli, come ho visto fare a un certo parente demente.
<< Signorina?! Ha ha ha ha ha ha. Ehi, April hai sentito sei una signorina adesso? Mi sorprende che tu non lo abbia già preso a calci in culo>> scoppia a ridere.
La ragaza mi fulmina con lo sguardo, forse sta rimpiangendo di non averlo fatto. Le sorrido ammiccando, il che la fa imbestialire. Me la farà pagare, ma al momento mi piace prendermi qualche piccola rivincita.
<< Amico, io sono Zedd Turner!>> dice giulivo agguantando la mano con la sua possente presa.
<< Avete finito? C’è del lavoro da fare. Zedd, ecco le carte per quella spedizione da dare a Chris. L’altra consegna è pronta?>> chiede acida, ma professionale. Vedendola al lavoro mi rendo conto che ho fatto bene a scegliere lei come prima (e direi unica) “confidente”, anche se ho ancora qualche dubbio su una nostra futura collaborazione. È insopportabile!
<< Sì, è stata caricata adesso sul carrello>>
<< Allora vado a fare la consegna, ci vediamo più tardi per il rapporto>> si allontana per impossessarsi della maniglia del carrello su cui è posizionata una spessa scatola di cartone e, sollevando una saracinesca nel fianco della ditta, aspetta che la raggiunga.
<< Informo il capo. Ehi, Nagìl! Fatti vedere in giro così mi dai qualche dritta>>
<< Contaci fratello>> gli rivolgo un amichevole gesto di saluto con la mano e mi avvio molleggiando verso l’uscita. Come attore non sono affatto male!
April mi aspetta spazientita all’esterno e, appena la tenda di metallo ci separa dalla vita dei corrieri, sbotta. << Ti ha dato di volta il cervello?!?! “sono il dancer del quartiere”!! Hai idea della balla che hai detto?>> scimmiotta.
<< Quanto la fai tragica!>>
<< Non hai idea di come stanno le cose qui! Pensi che le parole siano solo suono che si disperde nell’aria? Non per noi! Qui tutto ciò che dici può essere usato per te o contro di te, perché tutti sanno tutto di tutti! E cosa pensi succederà quando la voce del ballerino di strada si diffonderà e non troverà nessuna conferma tra gli abitanti dei dintorni? A chi pensi che chiederanno del misterioso mostro di bravura delle piroette per strada?>>
<< Non lo so>> sono costretto ad ammettere di malavoglia.
<< Certo che non lo sai!!! Non hai nemmeno usato un nome falso! Non posso passare dei casini per colpa di uno come te>>
<< È già la seconda volta che lo dici … aspetta, con uno come me?!>> ribatto offeso. Ma sentite questa! Che diamine, non sa che sto passando dei guai anch’io per portare avanti questo progetto?
<< Sono stufa di averti tra i piedi, facciamola finita. Dimmi cosa hai di così urgente e poi sparisci>> cerca di liquidarmi ferocemente.
<< Sta calma, è una questione delicata, sei sicura che possiamo parlare per strada?>> ribatto accigliato lanciandole un occhiataccia eloquente; così sentenzia << prenderemo una strada laterale tra due svolte a sinistra>>

 
Le racconto per filo e per segno le congetture che abbiamo elaborato io e Spike, aggiungendoci qualcosa di mio; ad esempio i computer che ho visto al loro rifugio e dell’aiuto che potrei dargli con i file che dovessero trovarvi. Le riferisco anche il fatto che dovrei passare molto tempo nei Sobborghi per studiare la situazione e tutte le ipotesi che mi vengono in mente, non tralasciando nessun dubbio o ipotesi. Alla fine sembra pensierosa, spero di averla almeno un po’ incuriosita, ma non parla per tutto il tragitto. Non chiede spiegazioni, né fa domande per saperne di più. Dalla postura rigida delle spalle e dallo sguardo di sottecchi che mi rivolge, capisco che non sa se credermi. La sua diffidenza può essere una caratteristica molto utile da aggiungere al suo curriculum di alleata, tuttavia spero comunque di averla convita più di quanto lo sia io.
Non ho fatto attenzione a dove mi stava portando, finché un enorme edificio semidistrutto non ci blocca la visuale e ci accoglie un enorme porticato coperto d’edera essiccata e dall’intonaco scrostato che lascia nudi i rossi mattoni che ne sono lo scheletro. Seguo la ragazza tra cumuli di cemento e calcinacci e, dopo aver superato una fila di finestre, di cui alcune saltate e rattoppate alla meglio con nastro isolate e pannelli di plastica, ci attende un portone divorato dai tarli. Dopo aver bussato, da uno spiraglio della porta si intravede un occhio sospettoso e la porta si richiude, un frettoloso rumore di catenacci e poi il battente viene nuovamente spalancato con uno strattone.
<< April! Quanto tempo!!>> una ragazza sui ventisette anni, dai capelli scuri ed arruffati, raccolti alla meglio in due lunghe trecce, salta al collo della ragazza in questione, tra lo svolazzare della sua ampia gonna grigia abbinata ad una severa camicia bianca.
<< Anche per me è bello rivederti Rose … però potresti staccarti? Sto soffocando!>>
<< Scusami!!>> si allontana sistemandosi sul naso la tonda e grande montatura degli occhiali da vista, poi si accorge della mia presenza << Oh! E il tuo accompagnatore chi è? Sono  Rosemary Highfield, piacere di conoscerti!!!>> esordisce vivacemente scuotendomi a più non posso la mano. Ha energie da vendere.
<< Nagìl, piacere mio>> biascico preso alla sprovvista dalla sua esuberanza e dalle sue formose curve che sobbalzano seguendo i suoi movimenti.
<< Rose, ho portato una nuova donazione>>
<< Davvero?! Oh! Che bello, i bambini saranno contentissimi, aspetta che vado a chiamarli, stavano finendo i compiti!>> finalmente molla la presa e si precipita dentro urlando a squarciagola.
<< Dove siamo?>> dico ancora frastornato, ma non ottengo risposta.
Neanche il tempo di dirlo che una mandria di circa trenta marmocchi, tra i 3 e i 9 anni, si catapulta fuori circondandoci e salutando calorosamente April: alcuni l’abbracciano, altri le saltellano intorno cantilenando “ Ben tornata, ben tornata” e lei ricambia la loro esultanza. È strano non vederla arrabbiata, sembra quasi normale.
Un bimbetto dalla pelle olivastra e fitti capelli corvini, mi scruta curioso, finché non esordisce con il classico: “ lui chi è?? ”.
La domanda non mi coglie alla sprovvista, ma istintivamente guardo irritato April per vedere se, anche in quest’occasione, ha intenzione di parlare al posto mio; sorprendentemente è a braccia conserte e mi guarda con aria di sfida. Vuole vedere se ho il coraggio di mentire anche a questi innocenti bambini?! Me ne infischio dei suoi presunti sospetti.
<< Sono Nagìl! Il break-dance del quartiere!>> dico spavaldo.
<< Davveroooooo?? E cos’è?>> chiede il bimbo con una smorfia inclinando il capo.
<< E’ un modo di ballare>> spiego paziente, mentre si solleva un coro di “Oh!”
<< Che bello!! Facci vedere>>; << Sì, sì facci vedere>> urlano i bimbetti.
Non aspettavo altro! Lancio uno sguardo beffardo ad April poi, dopo aver chiesto che si dispongano in un cerchio abbastanza largo, faccio appello a tutte le memorie sulle lezioni di break e mi lancio in una performance.
Mi alzo poco dopo con il fiato corto tra gli applausi scroscianti di Rosemary e le bocche spalancate dei bambini. Il marmocchio di prima mi strattona la tasca dei pantaloni con gli occhi spalancati e pieni d’ammirazione << Fratellone, mi insegni a ballare cm te?!?!?>> e subito una manciata di bambini lo imitano.
Cerco con lo sguardo la ragazza per lanciarle un’occhiata alla “ adesso hai la conferma che cercavi” ma April intanto si è rivolta a Rosemary, e insieme stanno scaricando il carrello. Ferito nell’orgoglio decido che dovrei darle una mano, ma non prima di aver risposto a “capelli neri”.
 << Certo! Intanto esercitatevi con questi passi>> gli mostro alcuni semplici mosse base, poi chiedo alle ragazze cosa fare, non sapendo da dove iniziare.
È April che con mala grazia, mi getta tra le braccia un sacco da almeno cinque chili, intimandomi di non farlo cadere, e, dopo essersene caricato uno sulle spalle, si avvia dietro alla Governante all’interno dell’edificio.
Attraversiamo un piccolo vestibolo e un soggiorno spartano, fin troppo, sembra quasi che non abbia visto abitanti da almeno qualche anno, e giungiamo alle cucine. Le ragazze appoggiano quanto trasportato sul ripiano di cottura e ripetiamo l’operazione almeno cinque volte, finché non svuotiamo tutto il contenuto dello scatolone. In ultimo sistemiamo le vettovaglie nella dispensa e quel poco che c’è di deperibile nella sottospecie di frigorifero, un ammasso di ferraglia pitturato alla meglio di bianco.
Mentre sistemiamo, mi arrischio a chiedere a Rosemary di che posto si tratta.
<< Il tuo amico è nuovo di queste parti>> scherza la ragazza rivolta ad April, mentre questa fa una smorfia di disappunto. Non deve aver ancora superato lo scoglio della nostra diversa provenienza.
<< Questo è un Orfanotrofio Comunale, viviamo con le donazioni delle compagnie o dei pochi spiccioli che ci da il governo>>
<< Come mai ci sono così tanti bambini se guerre non ce ne sono?>> dico senza pensare. Sul viso della ragazza si delinea un sorriso tra lo stupito e il triste.
<< Non sai proprio nulla allora?>> chiede sbalordita.
Scuoto la testa improvvisamente a disagio, uno sguardo fugace alla mia guida, che non sembra tesa, ma visibilmente stanca. Non tenta di intervenire a riparare al mio errore, ma va avanti a sistemare le provviste sulle mensole.
Distolgo lo sguardo non appena la ragazza inizia a parlare.
<< Non ci sono guerre, è vero, ma la situazione nei sobborghi non è facile come saprai. La gente qui vive, anzi sopravvive con quel poco che il Centro distribuisce, con le Donazioni e dei miseri prodotti che riesce ancora a coltivare o allevare. Perciò molte persone, i più deboli, chi non ha spazio per coltivare o perché non ha più nulla, non sopravvivono e i figli vengono spediti qui. Ma la maggior parte dei bambini qui ha un’altra storia>> fa una pausa per osservare April che, girata  di spalle, ha smesso di sistemare delle lattine nelle dispensa in alto, è tesa ma non si volta, anzi decide di cambiare stanza, alludendo a nascondere ai vandali il montacarichi che ci siamo portati dietro. Questo da alla ragazza un incitazione per riprendere il discorso. << La maggior parte è arrivata per colpa delle “ Stelle nere”>> dice d’un fiato come se il solo pronunciare quella parola portasse enormi disgrazie << si presentano senza preavviso alla porta delle persone e portano via gli interessati imponendo le ragioni più disparate: abilità uniche o molto sviluppate, necessarie in un determinato ambito nel Centro; l’essere stato scelto per la missione di avanscoperta alla ricerca di altre città superstiti come la nostra e molte altre cause. Perciò i bambini che non hanno più un posto dove andare o stare, giungono al nostro orfanatrofio. Purtroppo molti non vengono accettati e finiscono per morire di fame in strada>>
Un nodo mi sale alla bocca dello stomaco, guardo i bambini che saltellano sul patio visibilmente contenti e una sensazione subdola e infida mi striscia addosso, mi sento colpevole! Colpevole, per tutti gli anni passati nell’ignoranza, chissà quanti hanno affollato le strade in cerca di ricovero e quanti  non hanno potuto ottenerlo. Sono colpevole, per tutti quelli che non hanno cibo da mangiare ed io l’ho sprecato, buttato nello scarico, per capriccio e ripenso a quanti sprechi avvengono nel Centro. La rabbia per la mia ottusità e anche per un altro motivo di cui devo parlare al più presto con Spike, monta inesorabile.  
<< Perché non dite nulla? Perché non vi ribellate?>> prorompo spinto dalle emozioni del momento. Rosemary mi guarda colpita, non si aspettava una domanda del genere. È perplessa e forse ha capito la mia vera identità, perciò mi maledico di essere così stupido. È già la seconda persona a cui stupidamente ho rivelato la mia provenienza.
<< A cosa servirebbe? Abbiamo imparato dal passato. Una volta hanno tentato, ma è finito con una sconfitta schiacciante seguita da una povertà che ha dimezzato la popolazione. Ormai la gente è stanca e disillusa, non spera più nel futuro perché non vede via d’uscita. Non si può più cambiare…>> Rosemary è costernata e abbattuta, con il capo reclinato verso il petto.
La gente si è arresa, ecco la verità che mi brucia. Non credono più in un cambiamento, pensano di essere soli e abbandonati. Potrò mai fare qualcosa con il progetto che abbiamo in mente?
Cala un silenzio pesante come un macigno, non so che dire; di solito cosa si aggiunge in queste occasioni? Non lo so, non ne ho la più pallida idea.
È la governante a riportare tutti al presente.
<< Quasi dimenticavo. April! Il dottore ti cercava. Oggi non ti sei presentata per togliere i punti, dice di andare prima che chiuda. , perciò sbrigati!>>
April sbuffa seccata ricomparendo nella cucina, ma non sembra realmente infastidita, perciò la informa che ci andrà dopo sotto lo sguardo severo della ventiseienne.
Salutiamo i bambini tra un coro di “no” delusi. Alcuni addirittura si attaccano alle tasche e al marsupio, tirandomi da tutte le parti. Non sono mai stato bravo con i marmocchi, perciò non riesco a scollarmeli di torno. Devo promettere a un paio che tornerò a dargli lezioni affinché mi lascino andare i pantaloni, dove si sono avvinghiati. Gli altri li rimette in riga l’istitutrice. Poi imbocchiamo la strada del ritorno. Nessuno dei due parla, ognuno ha i suoi pensieri da riordinare ed impilare. Arriviamo fin troppo presto all’ormai noto ingresso ai tunnel, e lì ci fermiamo, eppure anche a questo punto non viene pronunciata una parola. Lei allora fa per andarsene, ma non posso lasciarla andare via così, ho bisogno di togliermi un peso perciò la chiamo. Si volta dubbiosa e seccata.
<< Mi dispiace! Mi dispiace per tutto, in parte comprendo perché ci odi e farò del mio meglio per aiutarvi, perciò pensa alla mia proposta. Mi farò vivo io.>> affermo deciso portando una mano sul cuore come giuramento e rilanciandole il pegno per la nostra conversazione.
Che idiota che sono, non potevo trovare qualcosa di meglio da dire?! Non mi sono mai sentito così impacciato e incapace. Anche sembra irritata dalla veemenza delle mie parole, avevo bisogno di dirglielo, avevo bisogno che capisse che ho compreso, almeno in parte, le sue ragioni e soprattutto che sono sincero. Le cose che ho detto le penso davvero e voglio impegnarmi a fare ciò che ho detto.
La ragazza mi guarda senza rispondere rimettendo nella borsa a tracolla la sua mascherina depura aria, forse ha capito o forse no, non posso saperlo adesso. Poi semplicemente si volta e ritorna sui suoi passi, sparendo per le vie aranciate dal tramonto ormai vicino.
Percorrendo i cunicoli, ormai memorizzati, rifletto sulla giornata: mi sento sconvolto dalle poche informazioni scoperte e mi sorprendo a pensare al perché mi abbia portato lì con sé, poteva benissimo troncare il discorso e lasciarmi a macerare nel dubbio della sua risposta, invece no, ha fatto in modo che vedessi l’orfanotrofio. Pura coincidenza o voleva che vedessi l’oppressione del nostro governo? Quante altre cose non so sul Centro? Quanti orrori si celano per quel dedalo di edifici che cadono come tessere di domino?
Oppure voleva punirmi perché provengo dal luogo che detesta, mettendomi così difronte alla verità?! Non lo so, non conosco quella lunatica e perciò non posso farmi un’idea delle sue intenzioni. Tuttavia di una cosa sono certo, da più di una stamattina sono convinto che quello che abbiamo intrapreso io è Spike sia necessario. Per tutti questi anni sono fuggito da quelli che ritenevo essere stupidi vaneggiamenti, da parte di gruppi di sediziosi, sul nostro amato governo e ora mi accorgo che mi sarebbero tornati immensamente utili come base da cui partire! Comunque a questo punto non serve a niente rimuginarci sopra, tuttavia posso perlomeno avvisare il mio complice delle nuove scoperte, perciò cerco il cellulare nel marsupio per controllare la strada.
Sparito! Il palmare non è da nessuna parte. Maledizione come ho fatto a perderlo?! Cerco freneticamente nelle tasche ma nulla. È troppo tardi per tornare indietro, se non rientro immediatamente mi scopriranno. Vorrà dire che invece di chiamarlo appena lasciata questa rete sotterranea, dovrò andare direttamente da lui. Adesso però ho un altro problema immensamente rilevante da risolvere; devo riuscire a ricordare il percorso, altrimenti sono fottuto, in ogni senso.

 
<< Alleluya Spike ce ne hai messo di tempo!!>> sentenzio spazientito.
Mio cugino mi osserva sbadigliando e con i capelli ancora arruffati da un pisolino appena interrotto.
<< Che vuoi?>> biascica.
Spero mi stia prendendo in giro. Lo scanso, puntando verso camera sua. Non è cambiata di una virgola: stesso letto a baldacchino nero, le identiche ante con specchio della sua “stanza-armadio”, l’angolo studio in acciaio satinato, il soppalco con libreria anche esso in acciaio ed i suoi immancabili scatti fotografici in bianco e nero. È rimasto un narcisista.
<< Non è cambiato nulla. Da quanto non vengo a casa tua?>>
<< Da quando hai deciso di fare il ribelle-che-cerca-di-far-incavolare-il-padre andandotene a zonzo>> mi rinfaccia innervosito con i capelli in disordine e una smorfia indispettita.
<< Ti sei alzato con il piede sbagliato?>> ribatto guardolo in cagnesco.
<< No, mi hai svegliato! Stavo sognando di passeggiare in riva al mare con una bella bionda>> si lagna << e visto che mi hai interrotto sul più bello spero sia molto importante!>>
<< Non trovo più il palmare altrimenti ti avrei chiamato >>
<< Ho ho ho Nagìl che perde qualcosa, finalmente una notizia interessante. Meglio di quella del governatore che chiede del figlio scomparso>> cerca di fare il sarcastico.
<< Oh finiscila, sono venuto per il nostro progetto ricordi? Cosa mio padre ha chiamato?>> lo canzono prima di rendermi conto di cosa abbia detto. Mio padre non chiama mai nessuno, specialmente di persona, perciò che diavolo stava succedendo?
<< Ebbene sì! Ho dovuto pararti di nuovo il culo. Tanto per cambiare>> dice con un sorriso beffardo e canzonatorio che gli solleva un angolo della bocca.
Già sono infuriato, ci manca solo lui a peggiorarmi l’umore. È stata una pessima idea raggiungerlo per aggiornarlo sui fatti, e non ho voglia di perdere fiato e tempo con un rincoglionito come lui! “ Ma chi me l’ha fatto fare di allearmi con lui?!” Penso mentre cerco di porre fine alle sue scenate da attrice capricciosa e farmi dire cosa è successo dalla telefonata del Governatore in poi.

   
 
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