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Autore: NightWatcher96    04/11/2015    2 recensioni
Spesso le malattie ritornano e talvolta più forti di prima. Mikey è stato un bambino colpito dalla leucemia infantile, si sa... ma sarà in grado di sconfiggere il vecchio nemico adesso che è molto più forte? Sequel di "My Peace of Heart"
Genere: Azione, Fluff, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Donatello Hamato, Leonardo Hamato, Michelangelo Hamato, Raphael Hamato/ Raffaello, Splinter
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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N/A  Buonasera! Eccomi puntuale (?) come al solito a straziarvi un po'. E con questo capitolo vi anticipo che rientra nella fascia azione/avventura di cui vi avevo già parlato inizialmente. Suggerirei di ascoltare qualche canzone incalzante come Outta My Sistem o In by Simple Plan (ci vado pazza per questo gruppo, lo so!). Questo capitolo è la prima parte, quindi, bando alle ciance e ricordando un Mega Abbraccio a coloro che mi seguono sempre in numerosi (siete magnifiche, Imooto!!!) enjoy!



Qualche settimana più avanti...

Un leggero rumore raspante proveniva da una porta alla fine del corridoio della zona notte sfumato da una leggera luminescenza bluastra. 
Era la stanza del giovane Michelangelo.

Il disordine regnava lì dentro più del solito; tante cinture elasticizzate di differenti tonalità di marrone giacevano abbandonate sul letto e sul pavimento pad di protezione più o meno rovinati di varie misure, usati nel corso degli anni.

La tartaruga generalmente felice non era in vena di rimodernare il guardaroba: da qualche tempo il suo normale equipaggiamento ninja gli era diventato troppo largo e lo intralciava durante le sessioni di allenamento quotidiane.

Almeno di quelle in cui non era costretto a patire un crampo alla gamba e poteva permettersi di abbandonare la dannata stampella.

Rovistava nel suo cassetto, sotto al letto e in un box di plastica da una mezz’ora, ormai e solo un completo ninja gli era sembrato quello giusto.
“Indossavo questi quando avevo dieci anni!"- ridacchiò, mentre si specchiava.

Improvvisamente, al giovane, un dettaglio ben definito saltò all’occhio: si avvicinò con sguardo curioso e diteggiò l’avvallamento evidente appena sotto la linea di congiunzione dei piastroni superiori con quelli centrali e due bozzoletti duri poco sotto ai fianchi.

Mikey inclinò il capo con perplessità; la durezza che stava palpando rappresentava senza ombra di dubbio parte del costato e soprattutto il suo minuto bacino.
Poteva essere? Addirittura mostrare le proprie ossa così?

Un po’ sconcertato, il giovane osservò attentamente tutto il suo corpo e numerose altre differenze gli comparvero. La clavicola era piuttosto evidente, le sue braccia più piccole di spessore, le sue gambe meno spesse del solito e alle cosce mancavano i suoi soliti centimetri.

Il piccolo ninja spalancò gli occhi, stupefatto e per non gridare si premette entrambe le mani sudate e tremanti sulla bocca.
Non poteva essere! Non stava perdendo troppo peso così velocemente!
“Devo mangiare di più... devo mangiare di più!"- sussurrò con lieve isteria.

Mikey era spaventato e voleva solo qualche fratello accanto che riuscisse a consolarlo.

Ironia o non, in quell’attimo di pura angoscia, l’udito fine del mutante catturò un rumore leggero fuori dalla porta della sua stanzetta.
“C... chi... è?"- disse, con lievi balbuzie.

“Sono io. Ora della pattuglia, Mikey!".
La voce di Donatello sembrava la più angelica che avesse mai udito; il piccolo ninja si asciugò frettolosamente una lacrima randagia di paura dal suo occhio e si precipitò fuori dalla stanza troppo fredda e silenziosa per lui.

Donnie era quasi di spalle quando per poco non si ritrovò in terra, soggiogato da un tornado arancione chiamato Mikey. Quest’ultimo, pur di liberarsi dell’angoscia nel suo stomaco, gli era saltato sul guscio e si teneva aggrovigliato con le gambe agganciate in vita e le braccia ciondolanti sulle spalle dell’altro.
“Si può sapere che ti prende?"- rimproverò Don, giocosamente.

“Sono una tigre io!"- esclamò l’altro, felice. “E sei la mia preda!”.

Donatello sbuffò una risatina e riuscì a coglierlo di sorpresa correndo verso l’uscita della tana, dove sia Leo sia Raph stavano parlando con il maestro Splinter. Appena questi ultimi si accorsero di Mikey in groppa al genio, l’orrore dipinse i loro volti precedentemente incupiti.

“Non gli è successo nulla. In questo momento, io, il cacciatore Donatello, ho appena catturato una rara specie di tigre verde e arancione con occhi azzurri!"- ridacchiò.

Il genio aveva scherzato con quella battuta perché non gli era passato inosservato il terrore della sua famiglia verso il più giovane, del tutto ignaro e beatamente sulle sue spalle.

“Dico, non ti stanchi, adesso? Mikey, si sa, pesa!"- sogghignò Raphael.

D’un tratto, il sorriso del giovane genio si spense e al suo posto crebbe un’espressione del tutto indefinita. Era vero ciò che aveva profferito suo fratello; generalmente, le altre volte in cui Mikey gli saltava in groppa, poteva rimanere al massimo per qualche minuto e non di più... ma ora gli sembrava leggero come una piuma.

“Non ho sottoposto il mio fratellino a una dieta...” pensò Don, sconcertato.

“Ho fame!"- squittì, improvvisamente il più giovane. “La mangiamo una pizza, vero?”.

Un palpito di sollievo per un’esclamazione tipica di Mikey e il sorriso inarcò nuovamente le labbra di Donnie che, ovviamente, annuì vigorosamente.

“Evviva! Pizza! Pizza!"- esclamò il più giovane.

Ben presto, però, un feroce colpo di tosse lo fece quasi trasalire. La famiglia si ammutolì e rimase con il fiato sospeso per dodici secondi netti.

“Leonardo, prendi la giacca di Michelangelo. Ne avrà bisogno."- ordinò subito il maestro.

“Sensei, non ce n’è bisogno! Mi è solo andata la saliva di traverso!".

L’ex maestro Yoshi lo penetrò con lo sguardo, mentre Leonardo attendeva il consenso finale per obbedire all’ordine e invece giunse una leggera negazione con il capo.

“Andiamo."- disse, infine, Leonardo...


La luna era meravigliosa. Bianca e pallida, rasserenava la notte scura, cosparsa di una miriade indefinita di stelle. Sotto di essa, New York viveva tranquilla e beata.
Riflessi argentei increspavano il fiume sotto al Brooklyn, risaltavano la corona acuminata della Lady Liberty e allungava dolcemente ombre nette erte fieramente su un cornicione, appena sulla 39esima.
Quattro ninja osservavano in silenzio l’ammaliante paesaggio notturno, ascoltando le storie che il maestro vento raccontava in vari sussurri. Era tutto così incredibile...

“Non mi stancherei mai di vedere questo bocciolo urbano!”- sospirò felice Mikey.

“Caspita che poeta!”- ridacchiò Donnie.

Il più giovane era seduto sul cornicione, con le gambe penzolanti nel vuoto; era stranamente silenzioso, con lo sguardo fisso nel vuoto e di tanto in tanto si mordicchiava le labbra quando dalla gola partiva il solletico tipico di un colpo di tosse.
Questi particolari non erano sfuggiti ai suoi fratelli, però.

“Non è proprio una serata adatta a massacrare teppisti, sapete? E’ più per amoreggiare.”- fece Donnie, mentre pensava ad April.

“Disse il Romeo.”- sogghignò Raphael.

Il mutante in viola arrossì vistosamente e si vendicò con una bella linguaccia ma per il rosso mascherato fu un motivo in più per ridere.

Il giovane Mikey si alzò in piedi, traballando: purtroppo la gamba aveva ricominciato a dolere e da come pulsava sicuramente correre gli sarebbe diventato complicato; nonostante tutto, cercò in tutti i modi possibili di mascherare il problema con un’aria sprezzante e un ghigno di sfida.
Perché una corsa in stile ninja era proprio quello di cui aveva bisogno.

Ricordava chiaramente di quando soffriva di crampi e ammazzava il dolore con del sano allenamento ninja; nei movimenti che compieva, precisi o non, la sua mente imbottigliava la sgradevole sensazione di malessere e il suo corpo tornava perfettamente sano.
Chissà se anche adesso poteva fare la medesima cosa.

La sua idea era riferita a crampi leggeri, dopotutto, non veri e propri dolori articolari, perché da qualche tempo aveva riscontrato che non si trattava di semplici crampi bensì di traumi ossei.

“Che c’è, Mikey?”.

Per poco, il piccolo non si trovò a sbattere il naso contro i pettorali di Leo; il fratello gli era comparso davanti come un fantasma e dal suo tono basso, cupo e teso intuiva che ancora una volta stava impensierendo per nulla.

“Sono pensieroso, tutto qui. Per il disegno, intendo...”- rispose mogio.

“Sei sicuro? Come va la gamba?”- formulò l’azzurro, guardandola.

Il più piccolo negò debolmente e fece per replicare quando un aroma gustoso cominciò a insinuarsi nelle sue narici. Mikey dimenticò in pochi attimi la risposta secca da dare al primogenito... quell’odore era un richiamo forte e ipnotico!

“Pizza...!”- farfugliò con aria sognante. “Succulenta, gustosa, pizza!”.

I tre maggiori sghignazzarono mentre si avvicinavano al bordo del cornicione: in basso c’era il negozio ormai famoso di Mr. Murakami e a giudicare dall’invitante aroma, aveva appena sfornato la sua gustosa invenzione...

“La Pizza Gyoza!”- esclamarono in perfetto sincrono.

“Non so voi, ma preferisco mangiare piuttosto che restarmene qui ad aspettare che piombino nemici da pestare!”- sogghignò Raphael.

“Io lo seguo!”- esclamò perfino Mikey.

Scavalcato il cornicione con balzi degni di felini di media taglia, le due tartarughe si calarono nel vicoletto oscuro proprio a fianco al ristorantino di Murakami: una volta assicurati, poi, che non vi sarebbero stati occhi curiosi ad osservarli, sgattaiolarono fulminei nella loro meta finale.
Ancora dall’alto, sia Don sia Leo si scambiarono un’occhiatina curiosa, poi li imitarono...


Nel negozio di Murakami l’odore della Pizza Gyoza era ancora più forte.

La bianca pasta morbida a forma di piccolo ventaglio, con bordi ondeggianti di croccantezza ben cotta galleggiava nel ristorante. La succulenta salsa di pomodoro risaltava i bocconi di pasta al forno con quel pizzico perfetto di sale e il ripieno di formaggio, mozzarella, prosciutto, funghi e basilico ammaliava perfino lo stomaco.
Un ringhio unisono dalle pance dei quattro fratelli fu un campanello di sorpresa del cuoco cieco, di ritorno dalla cucina con una teglia di scuro legname zeppa di Pizza Gyoza.

“Salve, amici miei. Che gioia risentirvi qui nel mio modesto negozio”.

“Abbiamo sentito l’odore succulento e abbiamo pensato di venire a fare una capatina... ovviamente anche per salutarti!”- esclamò il più giovane, già seduto su uno degli alti sgabelli marroni al bancone.

“Un pensiero veramente gentile.”- sorrise Murakami. “Voi credete alla telepatia?”.

I quattro si fecero perplessi e per un solo attimo dimenticarono la lauta cenetta.

“Io sì.”- rispose Donnie.

“Pensavo a voi mentre sfornavo la Pizza Gyoza e voi siete venuti. Questa è telepatia nella tradizione cinese ma... sono certo che anche nella cultura americana si tratti della medesima cosa. Il pensiero è forte. L’amicizia altrettanto.”- spiegò il mite uomo.

I fratelli con il guscio si guardarono l’un l’altro con uno sguardo addolcito: Murakami era come un altro padre per loro, anche uno zio orientale; poi, con un piccolo ringraziamento com’erano soliti fare al momento del pasto, iniziarono voracemente a mangiare.

“Oggi userò le bacchette!”- esclamò il piccolo Mikey.

“Sempre se le sai usare, ovvio!”- schernì Leonardo. “Sai che è complicato, Otouto”.

La tartaruga in arancione fece una sonora pernacchia e si cimentò subito nella consumazione del pasto muovendo abilmente le minute bacchette. Leo si sorprese non poco dell’abilità del fratellino ma non replicò nient’altro perché l’acquolina era ormai troppa da contenere in bocca e l’attesa un vero oltraggio.

“Buon appetito, amici miei!”- augurò Murakami, tornando in cucina.

Il piatto era sublime, una vera delizia per il palato e un vero toccasana per l’umore.

Per i quattro ninja, la Pizza Gyoza aveva effetti del tutto diversi; per Leonardo rappresentava un calmante per i suoi pensieri più profondi. I nervi di Raph e il relativo temperamento venivano curati per ogni boccone deglutito. Il cervello di Donnie funzionava meglio e idee schematiche di futuri progetti prendevano in esso forma.
Per il giovane Mikey era una soave melodia per la sua mente fantasiosa e un sollievo alla fame dentro la pancia sempre più piena.

Eppure, dopo il terzo Gyoza, dallo stomaco crebbe una forma ingente di nausea, la quale cominciò a insidiarsi nell’esofago, eliminando la fame e oscurando la bontà di quel piatto cinese tanto fantastico. 
Mikey spalancò gli occhi, mentre si fermava col mangiare; adesso non si sentiva molto bene, aveva freddo e l’idea di un bagno cominciava a prendere il sopravvento nel suo conscio.
“Devo... vomitare...!” pensò la tartaruga.

Poiché il vomito fu imminente, si trascinò indietro con lo sgabello ferocemente e i piedi di legno strigarono odiosamente sulle toghe altrettanto lignee del pavimento del locale.
Michelangelo si fiondò verso la porta della cucina bianca e successivamente nella porta a soffietto nera per il bagno; non appena si chinò sulla toilette, rigettò più e più volte, a colpi di tosse anche, tutto quello che aveva mangiato.

E intanto i suoi fratelli rimanevano nella completa perplessità.
Il gesto dell’Otouto rappresentava un seme che sbocciato avrebbe intrecciato le piccole radici del dubbio nella già ramificata pianta della preoccupazione. 
Perché il giovane si era rinchiuso in bagno? 

Nel momento in cui Donnie era pronto a dire qualcosa per spezzare l’imbarazzante silenzio piombato nel caldo negozio, una serie di conati di vomito riecheggiarono dalla porta a soffietto semichiusa.

“Andiamo a vedere...”- propose Leonardo.

Improvvisamente, però, un boato sembrò rallentare il tempo: le tre tartarughe ebbero solo il tempo di guardare una vetrata del locale frantumarsi in mille pezzi a causa di un proiettile.

“Dietro al bancone!”- gridò Leo.

Abilmente, i tre Aniki scavalcarono il marmo ampio del bancone e si acquattarono sul pavimento, mentre il cuore batteva all’impazzata nel petto. Potevano quasi percepire i battiti dentro le orecchie e le guance riscaldarsi d’adrenalina pura.

Nel locale, ben presto, quattro Purple Dragon e un orientale con Ray Ban sugli occhi chiamato Hun fecero tranquillamente irruzione, scavalcando quel che rimaneva della vetrata con affaccio sulla strada.
“Cercateli. So che sono qui.”- ordinò con freddezza.

Leonardo ringhiò e pregò con tutte le sue forze che il suo fratellino non si fosse deciso a uscire dal bagno e tornare da loro proprio in quel momento. Guardò poi sia Don sia Raph, facendo loro cenno di rimanere in silenzio.

Purtroppo, rimanersene nascosti lì dietro non fu un’idea felice: un‘ombra possente si allungò su di loro e a quel punto la copertura saltò definitivamente.

“Attenti!”- gridò Donatello, saltando dall’altra parte del bancone.

Uno dei Purple Dragon teneva puntato contro loro tre un mitra ben carico e da come faceva pulsare l’indice sul grilletto moriva proprio dalla voglia di scaricare tutte le munizioni, spaccando anche tutto il resto.

“Non ci pensare nemmeno!”.

Raphael balzò con un felino dal suo nascondiglio, atterrando a piedi uniti sulla testa pelata dell’energumeno tutto muscoli e senza cervello; con i suoi Sai riuscì a infilare le lame più lunghe sia nel grilletto sia nella cintura di munizioni che il nemico teneva sulla spalla sinistra e a scaraventarli fuori il negozio.

“NO!”- gridò il Purple Dragon, con il terrore evidente stampato sul volto.

Donatello fu altrettanto rapido a disarmare il suo avversario più minuto: evitare pugni gettati alla cieca e guidati dalla paura di un aspetto umanoide gli avevano già visualizzato il punto cieco del nemico.
Il genio eseguì una piroetta e con il suo Bo colpì seccamente la noce del collo dell’avversario, spedendolo, così, al tappeto. Don se la rise ma qualcosa gli catturò l’attenzione; Hun non era più nell’area destinata a mangiare!

Mentre il cuore pulsava nuovamente nell’ansia, guardò la porta socchiusa della cucina e solo allora si rese conto che erano stati giocati!

“Hun è andato da Murakami e Mikey!”- gridò nel terrore.

La frase così cruda e spinosa raggiunse completamente Raphael che, abbassando la guardia per guardare il genio in escandescenze, ricevette un pugno violento nella guancia e nel perdere l’equilibrio crollò su Leonardo, impegnato a combattere il terzo Purple Dragon.

“Urgh...”- gemette il rosso, palpandosi la guancia.

“Scusa, Raph!”- sorrise il genio, nervosamente.

In quell’attimo di apparente calma otto ombre nere piombarono nel negozio, armati fino ai denti, anche se non li avevano, dopotutto; scaltri, oscuri, silenziosi e con un simbolo ben in mostra sulla fronte o sul petto...

“Oh, no...”- sussurrò Leo, per poi gridare: “Foot Bots!”.

“E da quando i Purple Dragon si sono schierati con Shredder?”- esclamò Donnie, sbigottito. 

“Perché Hun è il gorilla di Shredder.”- rivelò Raph mentre si tirava faticosamente in piedi e aiutava anche l’azzurro. “Almeno questo è quello che mi ha detto Casey, quando si infiltrò a China Town!”.

Adesso la sfida si faceva molto più dura... alle tre tartarughe premevano solamente Mikey e Murakami, in grossi e sicuri guai a causa di Hun.

“Questo complicherà un po’ le cose...!”- ruggì Raphael...
  
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