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Autore: potterfanlalla17    05/11/2015    1 recensioni
Dopo il peggior finale di sempre nella storia di pap, ho deciso che il personaggio di Gaetano meritava più di quanto ha avuto. Questa è la mia personalissima visione di come dovrebbe proseguire il rapporto schizofrenico tra Gaetano e Camilla, sempre che tra i due un rapporto sia ancora possibile.
Un paio di avvertimenti: primo, non ho idea di come andrà finire, perciò non assicuro il lieto fine da favola come tutti vorrebbero vedere oggi. E secondo, astenersi fan sfegatati di Camilla Baudino: la prof. questa volta mi ha proprio deluso e non credo che sarà facile per lei recuperare la mia fiducia....figuriamoci quella del povero Gaetano.
A tutti coloro che invece vorranno seguirmi auguro buon viaggio insieme a me in questa nuova avventura targata pap.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Camilla Baudino, Gaetano Berardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LE PAROLE CHE NON TI HO DETTO

-Aspetta, fammi capire…gli hai dato uno schiaffo?

L’espressione di Livia strappò un sorriso a Camilla che, riflessa negli occhi della figlia, riuscì a vedere con un pizzico di leggerezza in più la sua attuale situazione: non che ora potesse definirsi serena o quantomeno lucida, ma almeno non provava più l’impellente desiderio di andare a buttarsi sotto un treno in stazione. Considerate le ultime ore, questo per lei era già un enorme traguardo.

-Un piccolo schiaffo- precisò Camilla dovendo suo malgrado sorridere a quel ricordo imbarazzante.

Livia alzò un sopracciglio scettica, ricordando benissimo uno schiaffo dato anni prima da sua madre al padre in occasione della prima separazione, che non poteva certo definirsi “piccolo”; anzi, a ripensarci ora, in qualche modo quel gesto le aveva fatto rivalutare la madre, non tanto perché capace di un sano (e del tutto giustificabile) atto di violenza quanto per la forza che aveva saputo esprimere.

Forse proprio perché sapeva di quanta forza era capace sua madre, ora era ancora più spiazzata nel vederla così spaurita e vulnerabile. E quello che la faceva sentire ancora peggio era la consapevolezza di non poter fare nulla per lei; a dire il vero, non era nemmeno certa di quello che avrebbe dovuto fare: aiutare la madre a lasciarsi alle spalle Gaetano o a riprenderselo? Non era neppure tanto sicura che sua madre stessa sapesse cosa volesse fare in proposito. Anzi, a dirla tutta non le era chiaro nemmeno cosa sua madre provasse per Gaetano.

Oddio, era assolutamente evidente che lei lo amasse, ma d’altro canto lo aveva anche mollato come un idiota solo qualche settimana prima, quando tutto sembrava andare bene. E alla scomparsa di Gaetano si era associata una sempre maggiore presenza di quel Michele: chiamate, messaggi, visite a sorpresa. Camilla sembrava gradirle, o forse tollerarle. Le era persino capitato di trovare sua madre seduta sul divano intenta a frugare in una scatola che non aveva mai visto prima; così, incuriosita, una mattina in cui sua madre era a scuola per gli scrutini di fine anno scolastico, Livia aveva preso quella scatola (contro il parere del marito, grande fan della privacy di chiunque) e aveva dato un’occhiata. In sostanza era un viaggio nel tempo nella vita di sua madre, dall’adolescenza ad oggi: aveva trovato foto sue e di quello che intuiva essere Michele (senza barba e capellone), passando per le immagini di una Livia ancora in fasce, fino ad arrivare alla piccola Camilla Junior. C’era tutta la vita di Camilla Baudino in quella scatola, tranne un pezzo, quello che Livia credeva essere forse il più importante degli ultimi dieci anni. Mancava Gaetano. Se non fosse stato per un disegno di Tommy, una grande stella da sceriffo che racchiudeva due figure piuttosto stilizzate che potevano benissimo essere Camilla e Gaetano, dell’uomo non c’era la minima traccia.

Questa cosa proprio non le tornava. Come era possibile che l’uomo che l’aveva più volte portata al punto di dover scegliere tra lui e la sua famiglia (e non senza un immenso sacrificio) non avesse trovato un posto in quella scatola?

-Posso chiederti una cosa?- domandò Livia dando voce ai suoi pensieri prima ancora di rendersene conto. -Non sei obbligata a rispondermi se non vuoi…

Camilla si fece di nuovo seria, gli occhi azzurri di Livia puntati nei suoi, così fermi, così preoccupati.

-Ok- si limitò a dire, con la consapevolezza che la domanda di sua figlia non avrebbe richiesto una risposta semplice.

-Tu ami Gaetano?

A Camilla mancò il respiro. Tra tutte le domande possibili, proprio quella. Quella. La sola domanda a cui tentava invano di darsi una risposta da mesi, anzi forse da anni, da quando aveva incontrato Gaetano su quel ballatoio davanti alla casa di Nicola Esposito. Perché era così difficile identificare quello che provava per Gaetano? Non erano amici, non lo erano mai stati…ma nemmeno era riuscita ad ammettere con lui che erano una coppia. Perché aveva reagito così? Perché lo aveva respinto?

Eppure, in quel momento per la prima volta da quando ne aveva memoria, Camilla sentì di avere un coraggio che le era sempre mancato; sentì che dare una risposta a quella domanda non solo le risultava estremamente facile e naturale, ma addirittura le sembrava di non poter più contenere quello che provava.

-Sì- disse semplicemente, mentre sentiva che delle calde lacrime cominciavano a rigarle il volto. –Sì, io lo amo. Moltissimo.

-Mamma, scusami, io…

-No- la interruppe Camilla. –Non devi scusarti. Non sto piangendo…voglio dire, sto piangendo, ma è un pianto liberatorio.

Livia aggrottò la fronte perplessa davanti alla bizzarra reazione di sua madre. Sembrava contenta di riuscire a piangere. Il che era parecchio strano, in effetti, dato che Camilla aveva pianto praticamente in modo costante negli ultimi due giorni…avrebbe ormai dovuto avere i condotti lacrimali prosciugati! Invece, ora era in lacrime, scossa dai singhiozzi…ma sorridente, come non lo era da settimane.

-Mamma, sei sicura di stare bene?

-Sì. Sì. Sto benissimo. Io sto benissimo- ripeteva come un disco rotto. Ed era la verità: stava davvero bene. Riuscire ad ammettere ad alta voce i suoi sentimenti, dare un nome a ciò che provava, era immensamente appagante. Sentiva il suo cuore battere più forte che mai, una corsa forsennata ora che lo aveva liberato di quelle catene che lo avevano reso insensibile ai gesti, alle parole dell’uomo che amava da dieci anni.

Il problema è che lui, l’uomo che amava, ancora non lo sapeva. E forse non lo avrebbe mai saputo, visto che con ogni probabilità non voleva più avere a che fare con lei. Glielo aveva detto molto chiaramente proprio quella mattina. Il cuore continuava a corre, ma ora lo sentiva mancare qualche battito: ora che aveva la certezza dei suoi sentimenti, che aveva trovato il coraggio per guardare Gaetano negli occhi e dargli finalmente la gioia più grande, era forse troppo tardi.

-Devo parlare con lui- disse con voce ferma, decisa come non era da anni. –Devo dirglielo prima che lui…devo dirglielo.

Livia la fissò confusa.

-Aspetta, vuoi dirmi che in tutto questo tempo tu non gli hai mai confessato di amarlo? Sei andata a letto con lui senza dirgli che lo amavi?- Livia si rese conto del tono leggermente accusatorio con cui aveva appena formulato le ultime domande quando vide Camilla abbassare gli occhi, vergognandosi per quella sua mancanza.

-Io…no. Non ancora. Volevo essere sicura di quello che provavo. Non volevo commettere errori, illuderlo.

-E non pensi che questo tuo silenzio dopo dieci anni di attesa da parte sua possa aver contribuito a far aumentare la sua insicurezza e gelosia al punto da farlo allontanare?

Perché sua figlia continuava a mettere nero su bianco le sue debolezze e i suoi sbagli con quella lucidità disarmante? Visto attraverso gli occhi di Livia il suo comportamento le risultava con tutta evidenza non solo (e non tanto) sbagliato, quanto piuttosto devastante per Gaetano e per il rapporto così nuovo e fragile.

Camilla sospirò mentre si alzava finalmente da quel letto che l’aveva accolta ormai molte ore prima.

-Credo tu abbia ragione, ma purtroppo la paura è stata più forte di tutto, persino dell’amore che provo per Gaetano. Non è giusto, non è razionale, e probabilmente questo fa di me una donna orribile e capirei se…se Gaetano non volesse più starmi ad ascoltare. Ma il fatto è che non riuscivo a dirglielo: ogni volta che lo lasciavo la sera per tornare qui da voi, una parte di me sentiva di dover dire qualcosa, di dover fare qualcosa…ma non riuscivo ad afferrare cosa. Era come se tutte le volte io stessi leggendo un libro di Agatha Christie fermandomi prima di scoprire chi è l’assassino: sentivo che c’era ancora una parte, che non avevo finito, ma per quanto volessi continuare qualcosa mi bloccava.

-La delusione con papà?

Camilla sembrò rifletterci per un momento: in effetti, aveva sempre usato il tradimento di Renzo come schermo, come scusa per rimandare e prendere tempo, ma non era affatto certa che le cose stessero davvero in questo modo. O meglio, una parte di lei era davvero ancora scottata per quello che aveva dovuto passare (di nuovo), ma c’era qualcosa di più.

-Non solo, sai? Credo di aver avuto paura di Gaetano, in un certo senso. In tutti questi anni lui non si è mai arreso e probabilmente si è sempre costruito un’immagine di me che…beh, non mi rispecchia totalmente. Ho sempre pensato che un giorno si sarebbe svegliato e avrebbe trovato “solo” me ad attenderlo. Una “me” molto normale, non la perfezione che lui immaginava.

-Io non credo che Gaetano ti abbia mai considerata “perfetta”.

“Perché tu non conosci il significato del fiore dell’ananas” pensò Camilla non potendo evitare di sentire una morsa afferrarle lo stomaco al ricordo di quei momenti meravigliosi che avevano preceduto la loro prima notte insieme.

-Forse no, ma devi ammettere anche tu che paragonata alle sue ex, io non faccio esattamente una grande figura.

Livia roteò gli occhi in un modo che a Camilla ricordò (in modo preoccupante a dire il vero) sua madre, Andreina.

-Davvero, mamma? A parte il fatto che devi essere proprio cieca per non accorgerti di come Gaetano ti guarda e di come non abbia mai guardato così nessuna delle sue ex, come le chiami tu…e poi, quale ragazza si sente all’altezza del proprio compagno? Anche io penso che George avrebbe potuto avere di meglio rispetto a me, ma credo che sia un pensiero comune, no?  Per noi loro sono sempre il meglio su piazza: è chiaro che ci sentiamo inadeguate e che abbiamo paura che qualcuno ce lo possa portare via.

-Posso sapere quando sei diventata così saggia?- scherzò Camilla, ma sapeva che Livia aveva ragione da vendere su tutta la linea. Tutte le paure che aveva coltivato su Gaetano e sulla loro relazione ora le apparivano in tutta la loro inconsistenza. La verità era molto semplice: era terrorizzata dall’enormità del sentimento che la legava a lui. Non aveva mai provato niente di così intenso, né per Renzo, né per Michele; sentiva di dipendere da lui più di quanto fosse possibile, o forse accettabile.

Livia si affiancò alla madre in evidente difficoltà e la abbracciò.

-Adesso, ti vai a fare un bel bagno caldo e rilassante mentre io ti preparo la cena. Tranquilla, ordino qualcosa in rosticceria visto che la mia pasta è un disastro!- aggiunse Livia davanti all’occhiataccia terrorizzata di Camilla. –Poi una bella camomilla e a letto…per dormire questa volta, non per compiangersi.

Camilla si ritrovò suo malgrado a sospirare: era destino che tutto la riportasse a lui, anche le cose più semplici e quotidiane. –Vada per il bagno e la rosticceria, tesoro, ma niente camomilla, grazie. 

***

La suoneria del cellulare lo costrinse ad aprire gli occhi. Guardò lo schermo e vide l’immagine di Torre che lampeggiava ritmicamente accompagnata da quel trillo fastidioso. Ricordava con esattezza il momento in cui aveva deciso di assegnare al collega quella particolare melodia, tutt’altro che piacevole: era stata un’idea di Camilla, che una sera, sdraiata sul divano tra le sue braccia, gli aveva suggerito di identificare le chiamate del suo sottoposto con la colonna sonora di “profondo rosso”.

“Del resto, quando Torre chiama non può che essere successo qualcosa di terribile” aveva affermato Camilla divertita. Da allora ogni volta che Torre lo contattava, il primo pensiero nel sentire le note dei Goblin era per Camilla.

Anche in quel momento. Nonostante tutto.

Si beò di ascoltare quella melodia e di indugiare nei ricordi ancora per qualche istante prima di rispondere.

-Torre, che c’è? Capisco. Arrivo subito.

La sua giornata si prospettava tutt’altro che facile.

Si alzò dal suo giaciglio e solo in quel momento realizzò che aveva dormito in camera di Tommy. Nel suo appartamento.

Riorganizzò le idee ed i ricordi della sera precedente: dopo la chiacchierata con Torre aveva deciso di tornare a casa sua, affrontando il rischio di incontrare Camilla. Non era successo, e una parte di lui ne fu estremamente delusa, ma d’altro canto forse dopo tutto quello che si erano detti nel suo ufficio c’era bisogno di tempo per entrambi, per meditare e lasciare che le parole facessero il loro effetto.

Aveva aperto la porta del suo appartamento con un nodo in gola, che crebbe non appena mise piede all’interno di quelle mura: tutti i ricordi, i momenti con Camilla, riaffiorarono prepotenti nella sua mente, tanto da non riuscire nemmeno ad arrivare in camera propria. A malapena aveva sopportato la vista del divano, figuriamoci rivedere il letto che li aveva accolti tante volte nei momenti che Gaetano riteneva i più belli della sua vita. Alla fine aveva optato per la stanza di Tommy, dove Camilla non aveva mai dormito. Inaspettatamente il sonno non aveva tardato ad arrivare, come sempre però popolato da incubi in cui Michele e Renzo a turno si portavano via la sua donna mentre a lui non restava che rimanere lì impalato senza poter fare nulla per impedirlo.

Si diresse verso il bagno per sciacquarsi la faccia, come se quel gesto potesse cancellare o almeno allontanare i segni peggiori che quegli incubi lasciavano sul suo volto. In realtà, non appena si fissò nello specchio vide solo profonde occhiaie e un’espressione così dura che stentava a riconoscersi. Sospirò maledicendo se stesso per la sua debolezza e anche per aver dato retta a Torre: doveva fare a modo suo e non mettere più piede in quella dannata casa!

In fretta e furia si preparò per uscire, come se le pareti di quell’appartamento si stringessero attorno a lui ad ogni secondo che passava lì dentro. Pochi minuti dopo, senza essersi fatto né barba né caffè, varcò di nuovo le porte di casa, prendendo di corsa la via delle scale.

Sembrava di nuovo stesse scappando, come la notte precedente. Ed esattamente come in quell’occasione, una volta arrivato al cortile, il destino ci mise del suo.

-Ehi!

La voce di lei, già per lui inconfondibile, venne accompagnata dal guaito di un cane.

Gli sembrò di vivere al rallentatore, proprio come gli era capitato qualche anno prima, il pomeriggio in cui l’aveva incrociata per la prima volta a Torino fuori dal commissariato per il caso Lalami.

Come allora si voltò lentamente, tenendo gli occhi bassi con la speranza o forse il terrore di incrociare quelli di lei color cioccolato.

-Ehi- riuscì a dire in risposta, la voce tremante.

-Sei…sei tornato allora?- chiese Camilla, persino più titubante di lui, mentre gli si avvicinava poiché Potty, non appena aveva visto Gaetano, gli era corso incontro scodinzolando.

-Non lo so, ancora.

-Capisco.

Tra i due calò un silenzio irreale, per loro assolutamente nuovo, perché mai nei dieci anni trascorsi si erano trovati in una situazione simile. Del resto, come poteva essere diversamente? Quello che era successo tra loro aveva cambiato tutto per sempre e non era possibile tornare ad essere solo amici, vicini, dirimpettai. Non c’era un modo per tornare a prima di quella notte, riavvolgere il nastro e ripartire come se nulla fosse. Gaetano lo aveva sempre saputo, mentre Camilla si rendeva conto della reale portata delle sue azioni solo in quel momento. Non aveva solo perso l’amore della sua vita, ma anche il suo migliore amico e non avrebbe potuto fare nulla per rimediare al danno che lei stessa aveva causato, se non sperando che lui la perdonasse e la riprendesse con sé.

-Mi dispiace per ieri- dissero all’unisono come nella più classica delle commedie romantiche.

Gaetano sorrise e gli sembrò di farlo per la prima volta da secoli: i muscoli protestavano mentre si distendevano in quella che per lui era sempre stata un’espressione naturale quando aveva al suo fianco Camilla, ma il suo cervello registrò quella sensazione piacevole come del tutto logica e assurdamente familiare.

Dal canto suo, Camilla, ammirando quel sorriso così sincero e allo stesso tempo timoroso, si sentì a casa: come aveva anche solo potuto pensare di restare lontano da lui per più di due minuti?

Con un cenno della mano Gaetano invitò Camilla a parlare per prima.

-Ok…beh, stavo dicendo…mi dispiace per ieri, per lo schiaffo, intendo. Non volevo…

-Non volevi darmelo e basta o non volevi darmelo così forte?- chiese l’uomo con sincera ironia.

-Era davvero così forte?

-Non è bastato tutto il ghiaccio del commissariato per evitare il gonfiore- rispose indicando la leggera protuberanza all’altezza dello zigomo sinistro.

Camilla istintivamente sfiorò con la punta delle dita il punto che Gaetano aveva indicato; entrambi furono attraversati da una scossa con cui avevano da anni imparato a convivere, rimanendo incatenati uno all’altra con lo sguardo. Attimi interminabili, cui Gaetano dovette porre fine prima di rischiare di avventarsi sulle labbra della donna e perdere il controllo.

-Non è stata solo colpa tua. Voglio dire, anche io non sono stato granché gentile. Ho detto delle cose che…beh…ero…ero…

-Arrabbiato. Lo capisco, Gaetano. Davvero. E a questo proposito- Camilla inspirò profondamente alla ricerca del coraggio per continuare per quella strada. –io avrei delle cose da dirti. Insomma, vorrei parlarti. Ho bisogno di parlarti di quello che ci è successo. Di noi.

Quel plurale riaccese speranze che Gaetano credeva ormai morte. Quel “noi” rimbombava nella sua mente scandendo i suoi pensieri ed impedendogli di accorgersi che Camilla in piedi davanti a lui attendeva una risposta, come un condannato davanti al boia.

-Gaetano?- gli occhi preoccupati di Camilla erano puntati dritti nei suoi e lo imploravano di non respingerla di nuovo.

-Scusami…sì, io…sì, va bene. Vuoi parlarne qui? Adesso?

-No. Io pensavo a cena- continuò la donna cui la risposta di Gaetano aveva ridato un po’ di coraggio. Forse tra loro non era ancora tutto perduto. Lui era arrabbiato, aveva urlato, l’aveva allontanata e si era allontanato, ma forse erano solo tutte fasi necessarie ad entrambi per elaborare quanto significassero l’uno per l’altra.

-Però niente giapponese questa volta, professoressa- ribatté pronto il commissario stupendosi nel sentirsi pronunciare quel “professoressa” con la naturalezza e la dolcezza che da sempre lui ricollegava a quell’appellativo. Era inevitabile: per quanto lui potesse pensare di allontanarsi da Camilla, quello che lo legava a lei era resistente a tutto. Non poteva sciogliersi da lei. Ma forse non era più costretto nemmeno a provarci…

Camilla sorrise e a fatica dovette trattenersi dal lasciare che alcune lacrime di gioia scappassero al suo controllo.

-Niente giapponese, d’accordo. Anche se la serata non era poi finita così male- non le sembrava vero di poter usare ancora quel tono malizioso con Gaetano. Se era un sogno, pregava di non svegliarsi mai. –Allora…ti andrebbe stasera?

Camilla attese una risposta che tardava ad arrivare e mentre aspettava vide l’espressione sul volto di Gaetano mutare radicalmente: il sorriso caldo e gentile era stato sostituito da quell’espressione dura che aveva tristemente imparato a conoscere negli ultimi giorni.

-Gaetano?

Ma la ragione di quel mutamento le fu fin troppo chiara pochi istanti dopo. Le bastò una voce che proveniva alle sue spalle per capire.

-Camilla!- si sentì chiamare.

Si voltò, gli occhi chiusi sperando che fosse solo un’allucinazione. Quando li riaprì l’allucinazione era ormai a pochi passi da lei. Michele.

 

Angolo dell’autrice:

non odiatemi, dai…ci vuole un bel “finale aperto”. Come dite? Non vi piacciono i finali aperti? (come sono perfida, lo so).

Scherzi a parte, mi ha divertito molto scrivere questo capitolo a dire il vero: tra Livietta che cerca di capirci qualcosa della psiche contorta di sua madre (che manco Freud riuscirebbe a venirne a capo) e il primo incontro in campo neutro dei due (disturbato dall’arrivo di ‘sto barbone ciabattaro), ho riso un bel po’.

Ovviamente Camilla ha un bel po’ di cose da chiarire e non solo con Gaetano….ha praticamente dato speranze a tutti! Ora deve rimettere tutto a posto se vuole riprendersi Gaetanuccio mio.

Ho già per la testa un bel po’ di idee e tanto ho come l’impressione che di tempo per metterle per iscritto la rai me ne darà un bel po’….perciò, preparatevi!

A presto!

L.

 

   
 
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