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Autore: Duncneyforever    06/11/2015    3 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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Angolo autrice:

Eccomi tornata con il nuovo capitolo; spero molto che questo capitolo di " transito " possa essere di vostro gradimento! 



 

                                                         

Oświeçim.

Oświeçim era una cittadina polacca, bella e rigogliosa. Vi erano uomini, donne e bambini, un tempo. Posso immaginare quei bambini correre e giocare per le strade, tuttavia non posso vederli.
Non posso vedere nulla di tutto questo, perché Oświeçim non esiste più.
Nell'aria non si percepisce più né felicità né gioia; solamente il silenzio. Un silenzio orribile, vuoto ed innaturale. 

Osservo il paesaggio nei dintorni, eppure non vedo nulla... Nulla che mi faccia pensare ad un luogo particolare. 
Forse è colpa mia: sono ancora stanca, la mia vista non è nitida. Vedo una distesa grigia e senza fine, come se non percepissi i colori; tutto ciò che vedo è una landa desolata, nulla di più nulla di meno. 

Ecco, tuttavia, che la vista migliora. Inizio a scorgere il color azzurro del cielo ed il verde del prato, ai bordi della strada. 

- È orribile come immagino? - Chiedo, volgendo lo sguardo verso il tedesco.  

 - È molto peggio. - Sospira, tristemente. 

Torno a rimirare il paesaggio circostante, percossa da costanti brividi, fin quando non scorgo la linea dei binari in lontananza. 

Binari. Treni. Stazione. Selezione. Campo... Il susseguirsi di immagini nella mia mente si conclude proprio con questo. 

Siamo vicini.

Quando sento la mano del biondo sulla mia, volgo lo sguardo prima verso di lui e successivamente in avanti: una serie di strutture delimitate dal filo spinato fa capolino nel mio campo visivo. 

- Ich bin hier, mit dir. / Io sono qui, con te. - Friederick cerca in ogni modo di rassicurarmi, senza ottenere risultati. 
Il mio cuore, ad ogni metro, accelera sempre più. 

Avanziamo.

L'ingresso è ora perfettamente visibile, anche se non è quello principale, quello immortalato nelle foto più celebri del Lager. Comunque sia, vedere tutto ciò in fotografia non è neanche minimamente paragonabile alla realtà; non avrei mai neppure immaginato di poter sentire un brivido di freddo nel vedere le palizzate metalliche... E tutto questo è solamente l'inizio. 

Non oso guardarmi intorno, il mio volto è completamente paralizzato. 
Chiudo gli occhi per distrarmi, per fuggire da questa situazione in cui io stessa mi sono cacciata. 

- Gott hilf uns diesen Schmerz zu tragen. / Che Dio ci aiuti a portare questo dolore. - Un bisbiglio appena accennato sfugge dalle labbra del germanico.  

- Che hai? - Domando preoccupata, dischiudendo le palpebre. 

- Vorrei tanto che non aprissi gli occhi, Sara. - Afferma, sconsolato. 

Quando finalmente apro gli occhi, mi rendo conto di essere a pochi metri dalla prima fila di baracche di Auschwitz II.

Guardandomi attorno vedo molti soldati, alcuni di loro molto giovani; un gruppo di SS siede addirittura sul cofano di un grosso veicolo militare. Un contrasto impressionante rispetto ai prigionieri, privi di forza, che riesco a scorgere all'interno. 

Ma non riesco a vedere con chiarezza quelle persone; mi paiono come puntini bianchi e neri che a fatica si trascinano sulla terra.
E, in fondo, questo sono diventati: puntini senza alcun rilievo, pronti per essere cancellati. 

Evito di guardare oltre il filo, concentrandomi maggiormente sulla figura che si avvicina baldanzosamente verso l'auto: riconosco la divisa da ufficiale e il ghigno stampato sul viso chiaro.

Non ho più dubbi su chi sia.  

- Miller, ich merke, dass du auch deine kleine Freundin mitgebracht hast! / Miller, noto che hai portato anche la tua amichetta! - Esclama sarcasticamente Schneider, dopo essersi sfilato il berretto.             

- Herr, ho giurato che non l'avrei mai lasciata sola. Cerco solamente di mantenere la mia promessa. - Ribatte a modo il biondo, guardandomi premurosamente. 

- Tu lo hai già fatto, Fried. - Penso fra me e me, senza darlo a vedere. 

- Suppongo avrai notato che oggi le strade sono inagibili, Soldat... Lavori di manutenzione. Credo proprio che la parte opposta del campo sia raggiungibile solamente a piedi. - Ci informa il rosso, slargando ampiamente quell'agghiacciante sorriso. 

- Was? Alle Straßen?! - Non vogliamo credere a queste parole... Ed io non ho intenzione di passare lì in mezzo!  

Scendiamo dall'auto, ancora increduli. 

- Ci deve pur essere un'altra entrata! -  
Non può essere vero, no. Mi rifiuto. Non voglio attraversare il campo! Non riuscirei a percorrere mezzo metro in quella topaia, figuriamoci chilometri! 

- Nein. - Ribadisce il nazista, che non si sforza neppure di sembrare convincente. Scommetto che è opera sua! Maledetto!

Non ho mai imprecato a voce alta, tuttavia, ne sono davvero tentata in questo momento.
Solamente per Fried mi mordo la lingua e resto al mio posto. Soltanto per lui.

- Dove dobbiamo andare? - Rivolgo la parola proprio a Friederick, o meglio, alla statua di sale che ha preso il suo posto. 

- La caserma si trova al di là della recinzione, oltre il campo. - Emette, con un fil di voce. 

Terrore. 

La paura lentamente mi assale e non riesco a pensare a nient'altro che a queste parole. Intanto, un tremolio incontrollato parte dalle ginocchia e si propaga in tutto il corpo. 

Birkenau. Attraversare Birkenau sarebbe un viaggio negli Inferi, un viaggio che nessun essere umano potrebbe realmente affrontare. Anche se si tratta di un solo settore, non me la sento comunque. 
Non si parla di osservare foto, di guardare un film o visitare un campo chiuso da più di settanta anni... Si parla di orrore, di morte e distruzione. Quelle persone, le stesse persone che compativo guardando delle immagini riprese da internet, sono qui... Gli stessi uomini che, in foto, non riuscivo mai a guardare per più di cinque secondi perché troppo impressionata dai loro corpi divorati dall’anoressia... Sono qui. 

Sono pietrificata, come se d’un tratto avessi perso la capacità di muovermi. 

- Ma saranno chilometri! - Mi esprimo, dopo qualche minuto, con le lacrime agli occhi. 

- Non dovrai guardare, nè sentire, nè fermarti per nessun motivo, ma sopratutto... Non dovrai mai e poi mai voltarti indietro. - Mi consiglia il colonnello, pregustando già gli effetti del trauma futuro. 

- Che cosa!? - Pigolo, scandalizzata, prima di essere interrotta. 

- Stai calpestando la bocca dell’inferno, paperella. Herzlich willkommen. -

 

         

                                                          

 

Angolo autrice (2): 

Eccomi di nuovo! Scrivo questo secondo angolo autrice perché tenevo a precisare che non conosco esattamente la sistemazione degli alloggi dei soldati nel lager... non ho trovato nessuna informazione di questo tipo a dire il vero. Ho basato e baserò tutto sull'intuito e sulla mia immaginazione. 

 
  
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