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Autore: _Kurai_    06/11/2015    1 recensioni
La luna piena, un sakura ormai quasi del tutto sfiorito, e i passi leggeri di sandali di paglia sul tappeto di petali rosa e bianchi. Un fruscìo, poi un lieve sciabordìo d'acqua in una tinozza.
Anche stavolta, la missione di Arakita Yasutomo era conclusa. Alzò lo sguardo alla luna, mentre il suo corpo seminudo accoglieva la brezza notturna e le macchie di sangue sul kimono immerso nell'acqua andavano sbiadendo.
Imprecò piano, quando un rumore improvviso gli fece estrarre la spada.
Era solo un gatto.
Ripose la katana nel fodero, non senza aver accarezzato distrattamente l'incisione di un lupo alla base della lama, per poi abbassarsi a coccolare la piccola creatura nera come la notte.
Genere: Angst, Storico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Team HakoGaku, Team Hiroshima Kureminami, Team Kyoto Fushimi, Team Souhoku
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo VII

Retreat


C'era qualcosa che non andava.

Non riusciva a definire precisamente cosa, ma ne era certo.
L'aveva notato anche poco prima con i suoi uomini in mezzo alla battaglia: i colpi andavano a segno molto meno del solito, la spossatezza assaliva le membra di guerrieri abituati a combattere molto più a lungo, gli errori fatali si moltiplicavano.
Sangaku inizialmente aveva pensato che si trattasse del morale delle truppe, in inferiorità numerica schiacciante e incalzate da un nemico particolarmente minaccioso, poi aveva ricordato la nebbia velenosa del giorno prima e l'espressione seriamente preoccupata di Toudou la notte precedente: la sua assenza e quella spossatezza generale dovevano avere un collegamento. E sentiva che Komari ne era la chiave.

Il ragazzo kitsune danzava con la sua falce acuminata in una mano e la catena nell'altra, in attesa di un suo passo falso. Non attaccava, ma si limitava a parare i suoi colpi e a cercare di intrappolare la sua lama con la catena della kusarigama. Che sapesse della sua scarsa resistenza ai lunghi combattimenti corpo a corpo?

Non doveva pensarci, non era il momento.
Non poteva lasciare che il sospetto lo indebolisse. Si concentrò, seguì i movimenti apparentemente imprevedibili di Kishigami e riuscì a individuare uno schema: prima di attaccare con la catena faceva un impercettibile passo in avanti col piede destro, mentre quando contrattaccava con la falce spostava prima il peso verso sinistra. Poteva prevedere le sue mosse, per quanto l'arma dell'avversario fosse subdola e insidiosa. Il suo intuito colpì nel segno: mirò un affondo nel momento in cui Komari si preparava a contrattaccare, aprendogli un taglio sul fianco scoperto e passando oltre. 

Manami però si accorse un istante troppo tardi di essere caduto nella sua trappola: la catena si ancorò saldamente al suo piede sinistro per limitare i suoi movimenti, cercando di fargli perdere l'equilibrio.
Si rimise in guardia, cercando nel profondo del suo animo quella calma che provava solo sulle pendici della montagna, quando si allenava con l'arco in solitaria. 
Bastava fargli perdere la presa, e si sarebbe liberato in un attimo.

Era emozionante, e il cuore che batteva a mille nel suo petto gli ricordava con ogni battito che la sua vita era sul filo di una lama, e che danzare sulla mano della morte era così dannatamente divertente.

Con un movimento rapido, Sangaku scartò nella direzione opposta a quella della catena e mirò la mano di Komari, con un fendente preciso che gli recise di netto le prime due falangi delle dita che stringevano le maglie metalliche, cosicchè la stretta di colpo si allentò. Kishigami non sembrò provare dolore, ma i suoi occhi si accesero di una rabbia incontrollabile.
Manami era libero. Approfittò dello slancio per ributtarsi in avanti, la punta della lama diretta in mezzo a quegli occhi innaturalmente azzurri, che sembravano pugnalarlo solo con uno sguardo.

E poi, eccolo.

Quell'istante che può decidere il destino di una persona, quella minima vibrazione della lama che divide la vita dall'abisso. 
Per un lunghissimo momento, a metà dell'affondo, il mondo davanti ai suoi occhi si confuse, come se tutt'intorno ogni cosa si stesse sdoppiando. Anche la sua lama perse la traiettoria, e nello stesso istante sentì un dolore bruciante al centro della schiena. Si riscosse appena in tempo per capire che si trattava di uno shuriken, e che Komari sicuramente aveva dei rinforzi sugli alberi lì intorno.

"Ecco la differenza tra me e te, Manami Sangaku. Io studio accuratamente le mie mosse" sibilò Kishigami, parlando per la prima volta dall'inizio del combattimento.
Sentì di nuovo la catena avvolgere la sua caviglia, stretta dalle mani sanguinanti del suo avversario, ma vi erano anche mille catene invisibili che lo immobilizzavano, ramificandosi nei suoi nervi a partire dalla ferita sulla schiena. Gli si gelò il sangue, mentre cadeva all'indietro a causa di uno strattone della kusarigama, incapace di contrastarlo. La caduta spinse la lama dello shuriken ancora più a fondo. Era paralizzato, un'altra volta.
"Tranquillo, non è veleno. Non morirai per questo. Quando incontro qualcuno alla mia altezza, mi piace divertirmi" sussurrò Komari, avvicinandosi pericolosamente al suo viso con la lama della falce.
Manami capì. Voleva distruggerlo a poco a poco, smontarlo pezzo per pezzo. Quanto può essere crudele un essere umano? 

O forse non era... umano?

Poi, sentì solo il dolore totalizzante della lama ricurva che penetrava lentamente nel suo bulbo oculare, e non potè fare altro che urlare, mentre il sangue caldo gli imbrattava il viso.
Poi, quel suono.
Il segnale della ritirata.
Komari si fermò, indeciso per un attimo sul da farsi. Poi estrasse la lama di scatto, portandosi dietro una nuova esplosione di dolore, e svanì tra gli alberi.
Il mondo si confuse in una nebbia rossa, e poi tutto fu nero.

---

Il campo di battaglia sembrava caduto nel silenzio più totale.
Almeno quella fu la percezione di Shinkai, nel momento in cui la battaglia tra i due daimyo incontrò un nuovo stallo, a causa dell'intervento suicida di Koutarou.
Ishigaki guardava la lama che attraversava il suo petto con lo sguardo sempre più annebbiato, e voltò il viso per incontrare gli occhi del suo daimyo. Non che si aspettasse gratitudine o riconoscenza, nemmeno per l'estremo sacrificio.

"Sei sempre disgustoso, Ishigaki-kun."

Koutarou cadde in ginocchio, e la sua risposta si perse nel vento.
Midousuji scavalcò il cadavere e si lanciò nuovamente verso Fukutomi, senza alcuna esitazione o emozione.
Il daimyo di Hakone parò l'attacco con la katana appena estratta ancora imbrattata del sangue di Ishigaki, ma indietreggiò di qualche passo rischiando di perdere l'equilibrio, perchè l'osso infranto del suo braccio cedette di colpo, strappandogli una fitta bruciante che risalì fino alla spalla.  Strinse i denti.
Con la coda dell'occhio vedeva il corpo inerte di Arakita a pochi metri da lui, e un vago senso di colpa andava facendosi strada oltre la sua scorza di guerriero.

Midousuji invece sembrava sempre meno umano: il luogotenente gli aveva salvato la vita due volte e la sua morte non aveva avuto alcun effetto su di lui. Voleva forse costringere anche Fukutomi a perdere la sua umanità per affrontarlo ad armi pari?

Shinkai si riscosse dalla sua trance e si accorse della difficoltà del daimyo: per quanto cercasse di resistere al suo meglio, col braccio in quelle condizioni non poteva reggere a lungo.
Con Arakita fuori combattimento, la responsabilità di proteggerlo era tutta di Hayato: lui era il terzo uomo più forte, era il suo compito difendere l'onore del feudo. Inoltre nel suo cuore stava salendo la rabbia per come il daimyo di Fushimi aveva sminuito il sacrificio del suo uomo più devoto, che contro di lui aveva combattuto a testa alta da vero samurai, oltre che per il conto in sospeso rimasto dal giorno precedente.
Comunicò la sua risoluzione al daimyo con uno sguardo, e anche Fukutomi convenne a malincuore che era la soluzione migliore, e affidò il suo onore nelle mani del capitano della quarta squadra.

Con uno scatto Hayato balzò al posto del daimyo, che reggendosi il braccio ferito raggiunse il luogotenente nel tentativo di difenderlo da possibili attacchi. Yasutomo, nonostante i suoi ordini, si era di nuovo ferito per proteggerlo. E la strana reazione delle due spade lo confondeva, aggiungendo alla situazione già complicata una nuova domanda senza risposta.
Inoltre, la consapevolezza che il veleno si stava diffondendo nei loro corpi non gli permetteva di ragionare lucidamente: scoprire che le vite dei suoi uomini erano appese a un filo indipendentemente dalla loro sorte in battaglia scalfiva anche la sua aura inattaccabile. Doveva riconoscerlo, gli uomini di Fushimi erano sicuramente campioni di strategia. Se soltanto i rinforzi fossero già arrivati...

Arakita aprì gli occhi, sentendo la pressione della sua mano sulla spalla attraverso l'armatura.
"Fuku-chan... devo tornare... a combattere" 
I suoi occhi fiammeggiavano, ma il suo corpo non avrebbe potuto reggere oltre.
"Ora stai fermo, Yasutomo." Il tono e lo sguardo del daimyo non ammettevano repliche, e un gruppo di soldati della prima e della seconda squadra si concentrarono intorno a loro, regalando ad entrambi un momento di tregua.

---

A Shinkai sembrava un dejavu.
Mancava poco al tramonto, e la sua ombra lunga si proiettava sul terreno insanguinato, di fronte a quella del daimyo nemico, più alto di lui di una spanna e sottile come un serpente.
Si accorse che Midousuji ansimava impercettibilmente, a tempo con le strane pulsazioni che attraversavano la sua lama, come se... no, non poteva essere. Che si trattasse di una spada viva, che assorbiva la sua energia? In quel caso, forse Hayato avrebbe avuto una possibilità.

Il giorno precedente la sua tecnica personale aveva fallito, ed era in piena forma.
Sapeva che se il daimyo di Fushimi fosse stato nel pieno delle forze avrebbe fallito di nuovo, visto che la sua ferita aveva ripreso a sanguinare copiosamente e la mano era diventata quasi del tutto insensibile. Forse avrebbe dovuto farsi medicare decentemente, ma ormai era tardi per pensarci. Aveva ancora abbastanza energie per scatenare la sua tecnica del demone al massimo della potenza, anche se la sua strategia somigliava paurosamente ad un'ultima speranza. Però poteva farcela, doveva farcela.

Midousuji gli stava ridendo in faccia, e sembrava aspettare che lui attaccasse per primo.
Non una traccia di un'emozione qualsiasi si intravedeva nei suoi occhi.
Shinkai accettò l'invito, prese un respiro profondo e si trasfigurò, sparendo per un istante. La prima raffica di fendenti venne nuovamente assorbita dalla lama del daimyo, uno dopo l'altro, senza vacillare.
Ma Hayato aveva ancora un asso nella manica.
Sarebbe stato un rischio considerevole, ma era pronto ad affrontarlo.
La spada di Midousuji era sproporzionata e più lunga e pesante della sua, perciò questa volta non avrebbe potuto adeguarsi alla sua velocità quadruplicata. Alla luce di questo, Shinkai quintuplicò la velocità in uno scatto disperato, invertendo allo stesso tempo la guardia, per rendere imprevedibile lo schema del suo attacco. La pelle pallida e tesa del collo lungo e scoperto di Midousuji era lì, a un soffio dalla punta della sua katana.

Avrebbe giurato su qualsiasi cosa che la sua spada avesse colpito nel segno.
Spostò tutto il peso in avanti per affondare il colpo, ma in quel preciso istante l'immagine di Midousuji davanti a lui sparì come il riflesso di uno specchio.

Prima che potesse accorgersene, e con i movimenti e i riflessi rallentati per aver utilizzato gran parte delle sue energie residue, Shinkai venne colpito da un colpo di taglio da vicinissimo. Midousuji si era spostato ad una velocità di poco superiore alla sua, tanto che perfino lui non era riuscito a seguirne il movimento. Il peso della spada non l'aveva ostacolato minimamente.
Il contraccolpo gli tolse il respiro. L'armatura aveva retto e non era ferito, ma probabilmente si era incrinato qualche costola; rimase comunque in piedi in posizione di difesa, cercando di recuperare le energie almeno per resistere ad un nuovo attacco.

L'attacco non arrivò.

In compenso, uno scalpiccìo di cavalli accompagnato dalla marcia cadenzata di un folto gruppo di samurai attirò l'attenzione di tutti i combattenti, che videro apparire all'orizzonte il vessillo di Sohoku.

"Sei talmente disgustoso che non vale la pena di impegnarsi oltre. La fine per tutti voi è comunque imminente, e non avrai una morte onorevole in combattimento. Del resto, tutti voi siete così disgustosi che i vostri rinforzi sono arrivati solo adesso che il buio sta per scendere. Dormite il vostro sonno di morte, anche il mio sonno sarà dolce pregustando le vostre ultime ore!" Midousuji Akira rinfoderò la spada, che srotolò docilmente le sue spire dal braccio del daimyo di Fushimi, lasciandovi estesi lividi rossi. 

Fukutomi ordinò di suonare la ritirata.
Era costretto ad ammetterlo: per quanto loro fossero ancora vivi il bilancio di quella giornata era una disfatta, e poteva biasimare solo sè stesso. Solo l'arrivo delle truppe del feudo alleato li aveva salvati, e non era nemmeno una notizia del tutto positiva. Le perdite erano state pesanti, e in pochi erano ancora in grado di combattere.
---
Jinpachi era così concentrato sui suoi appunti ed esperimenti da aver tagliato fuori tutto il resto. Per questo sentire il segnale della ritirata lo fece sobbalzare, e ci mise qualche secondo di troppo a tornare alla realtà. Riprese il controllo di sé e uscì in fretta dalla stanza, deciso a controllare lo stato degli uomini. Non doveva perdere tempo, ma non poteva delegare nessuno perché gli  facesse rapporto. Inoltre aveva un presentimento, e doveva necessariamente controllare di persona.
Non appena i combattenti rientrarono nelle mura del castello la prima cosa che notò fu Arakita, che camminava al fianco del daimyo. Com'era possibile che fosse riuscito ad uscire a combattere e a tornare sulle sue gambe - seppur barcollante - in quelle condizioni?
Certo, dal suo colorito non sembrava troppo in forma, ma nessuno aveva una bella cera. Era evidente che l'effetto ritardato del veleno stava iniziando a presentarsi. Fukutomi teneva il braccio destro abbandonato lungo il corpo, e sembrava ferito piuttosto seriamente, ma tutta la sua attenzione era rivolta altrove. Tutti i superstiti rientrarono nel castello, ma non diede l'ordine di chiudere l'entrata principale.
Un rumore di passi cadenzati annunciò l'ingresso degli alleati di Sohoku, a cui sarebbe stata offerta ospitalità dentro le mura di Hakone.

Il cuore di Toudou mancò un battito.
Il suo sguardo saettò in tutte le direzioni. 
Non c'era. Non c'era da nessuna parte.
Non solo non aveva risposto alla sua lettera, ma... in un momento simile... lo aveva abbandonato al suo destino?
Non che non avesse fiducia nella sua capacità di risolvere l'enigma del veleno (anche se lentamente il suo ego stava iniziando a vacillare), ma l'incertezza di non sapere quando si sarebbero presentati i primi sintomi lo rendeva meno lucido, e la presenza del suo vecchio amico-rivale al suo fianco come alleato gli avrebbe fatto realmente comodo.
E poi... gli mancava.
Non l'avrebbe mai ammesso in sua presenza, ma provava un'enorme nostalgia dei tempi in cui avevano studiato insieme. Ottenere risultati e vittorie personali da solo non era più così divertente, da quando era entrato a pieno titolo nell'èlite di Hakone.
Poi, mentre stava per girare i tacchi e tornare nelle sue stanze con un nuovo carico di frustrazione, lo vide.
Makishima Yuusuke stava in disparte, seduto su un ramo del grande sakura al centro del giardino esterno. Tra le dita teneva un kiseru, da cui usciva una sottile lingua di fumo.
Toudou si avvicinò all'albero, dimenticando in un istante tutte le sue preoccupazioni.
"Vedo che non sei cambiato affatto, Maki-chan."
L'uomo dai lunghi capelli color smeraldo sobbalzò, e il kiseru rischiò di scivolargli dalle labbra sottili. 
"Mi avevano detto che eri disperso, Jinpachi".

 
Ed è finito anche questo... che dire, volevo andare più avanti nella storia ma già in questo capitolo accadono un sacco di cose, quindi non ho voluto appesantirlo ulteriormente con altra suspence XD Grazie per la recensione alla fedelissima GrammarNazi95, che ha sempre un sacco di belle parole che mi commuovono çAç
La tesi è in dirittura d'arrivo quindi si spera che i prossimi capitoli verranno partoriti in tempi più brevi, anche perchè qui ho lasciato il povero Manamee a dissanguarsi da solo in un bosco e non sarebbe carino lasciarlo lì a lungo (questo per tutti quelli che mi hanno fatto notare che faccio soffrire sempre tutti tranne il mio bubino preferito, ecco XD)
... quindi, alla prossima!

_Kurai_
   
 
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