Capitolo
Quattordici
"Asciugamani-mantello"
"La
guida galattica per autostoppisti dice alcune cose sull'argomento
asciugamano. L'asciugamano, dice, è forse l'oggetto più utile che
un autostoppista possa avere. In parte perché è una cosa pratica:
ve lo potete svolgere intorno perché vi tenga caldo quando vi
apprestate ad attraversare i freddi satelliti di Jaglan Beta; potete
sdraiarvici sopra quando vi trovate sulle spiagge dalla brillante
sabbia di marmo di Santraginus V a inalare gli inebrianti vapori del
suo mare; ci potete dormire sotto sul mondo deserto di Kakrafoon, con
le sue stelle che splendono rossastre; potete usarlo come vela di una
mini–zattera allorché vi accingete a seguire il lento corso del
pigro fiume Falena; potete bagnarlo per usarlo in un combattimento
corpo a corpo; potete avvolgervelo intorno alla testa per allontanare
vapori nocivi o per evitare lo sguardo della Vorace Bestia Bugblatta
di Traal (un animale abominevolmente stupido, che pensa che se voi
non lo vedete nemmeno lui possa vedere voi: è matto da legare, ma
molto, molto vorace); infine potete usare il vostro asciugamano per
fare segnalazioni in caso di emergenza e, se è ancora abbastanza
pulito, per asciugarvi, naturalmente [...]"
"Marco,
non spiega perché tu abbia un asciugamano attaccato alle spalle."
Disse Sara.
A
Fabio venne un'idea tremendamente fantastica per il pomeriggio del 24
luglio.
Per
festeggiare le prime due settimane di vacanza senza crimini
conosciuti ai più, organizzò un BBQ.[1]
Lo
pensò piuttosto bene: comprò diverse confezioni di "svizzere",
come il dialetto di Forlì recita, e ci disse di portare degli
asciugamani, visto che avremmo fatto questa grigliata ai Christchurch
Meadows, dove, per rinfrescarvi la memoria, c'è una sponda del
Tamigi e maggior parte del traffico di droga di Oxford dopo l'arresto
avvenuto il giorno prima.
Quando
preparai la borsa, controllai il meteo preventivamente, che recitava
esplicitamente "sole che spacca le pietre", quindi non
portai la felpa e misi un telo-fiume nella borsa.
Ma
è dell'Inghilterra che parliamo.
Solamente
perché non avevo preso la felpa, si alzò un vento proveniente
direttamente dall'Artico.
Con
quel poco che avevo nella borsa tentai di proteggermi dalla tempesta
sopracitata, e quel poco comprendeva un asciugamano e una copia della
Guida.[2]
Quando
scesi dal bus a Carfax, feci l'unica cosa possibile per ripararmi dal
gelo: mi legai al collo il telo e ne feci un mantello.
In
questo caso, la regola "sappi dov'è il tuo asciugamano" mi
ha salvato la vita.
Beh,
diciamo che mi ha salvato da una congestione.
"Sara,
avevo freddo."
"Sei
una delle persone più strane che io abbia mai conosciuto, Marco, non
sai neanche sopportare un po' di vento." aggiunse Sara.
"In
Finlandia, questo tempo lo chiamiamo siccità" disse Peruna, con
un accento fin troppo russo.
Da
quel punto della lezione in poi, mi rinchiusi in un bozzolo di
microfibra per pensare alla linea di mantelli-asciugamano che lancerò
come fece Beckham con le mutande, ovvero con spot in cui appaio con
solo il mantello addosso, per i quali diventerò famoso in tutto il
mondo, ma finii per addormentarmi, e dormii anche bene, finché Sara
non mi svegliò per dirmi che dovevo andare a pranzare.
"Il
tempo è un'illusione, l'ora di pranzo una doppia illusione[3],
Marco."
"Ancora
cinque minuti per favore"
"Muoviti
su che ho fame anche io. E per favore, domani non farti vedere
con quell'asciugamano addosso che è sporco di dentifricio e chissà
di cos'altro."
Nell'atrio
del centro ebraico c'era Fabio con due buste piene di hamburger e,
subito dopo aver riso per come ero vestito, me ne passò una. Il solo
fatto che era nell'atrio di quel posto con della carne poteva essere
religiosamente molto offensivo, ma almeno non eravamo in un centro
vegano.
Il
clima nel frattempo cambiò leggermente, ma cambiò quel poco che
basta per far piovere a dirotto come se Diana la mandasse.
Dopo
dieci minuti uscì Apollo, poi tornò il gelo polare, poi il sito del
meteo morì.
Fortunatamente,
appena arrivati ai Meadows, un leggero tepore si disperse per tutta
Oxford, e potemmo iniziare a scaldare le griglie usa e getta.
Il
locus amoenus sorgeva come una piccola scenetta bucolica a cui la
maggior parte dei miei lettori non potrà associare nulla perché sto
per ammettere uno dei miei più grandi difetti: la mia assurda
convinzione che tutti abbiamo il mio livello di esperienza e
conoscenza.
E
non sto parlando di vane nozioni empiristiche relative a questo o
quell'altro argomento che servono a riempire frasi, né benchemmeno a
funzioni muscolari meccaniche come "scrivere un libro". Sto
parlando della conoscenza di base del mondo. Parlo di politica, di
geografia, di storia, di filosofia e di lessico.
Forse
per un ottimismo innato penso che tutti sappiano che significhi una
tal parola piuttosto che un'altra, tuttavia attraverso dei confronti
mi accorgo che non tutti riescono a capirmi per colpa di muri che io
stesso erigo per i quali la gente mi scarta o mi sopravvaluta. E
questi muri sono miei, miei per natura.
Questo
vale per la scrittura come vale per la vita. Mi aspetto che la gente
riesca in caratteristiche che so di avere, mi aspetto che la gente
abbia la testa per starmi dietro quando mi getto in voli pindarici
che di per sé sono atti a dimostrare quanto io sia o non sia abile
con la dialettica o con qualche argomento di maggior o minor
importanza, tuttavia non sono apprezzati. Spesso mi immedesimo nella
storia di Rousseau. Chi non è stato apprezzato durante l'infanzia,
rischia di aver paura di non essere apprezzato per tutta la vita.
E
qui potrei continuare per veramente molto tempo, narrandovi di eventi
che mi hanno portato a rifiutare comunque un adattamento al viver
comune, scegliendo la mia felicità alla felicità del mio
ascoltatore, rinunciando in questo modo alla comprensione e
all'accettazione, ma questa digressione si è protratta a
sufficienza.
E
capisco anche che a molti di voi non possa fregar di meno, ma
un'autobiografia è anche questo. Introspezione.
Dicevamo,
il locus amoenus.
Il
profumo di hamburger bruciati aleggiava nell'aria da qualche minuto
quando ci ricordammo di non averne messi sulla griglia: questo perché
una delle due buste con la carne aveva preso fuoco.
Tra
l'isteria di massa generale solo Fabio mantenne la calma, e con
quest'ultima che governava ogni sua mossa, prese il mantello e lo
utilizzò per prevenire altri danni.
Il
fatto che io avessi il mantello aiutò a spegnere l'incendio, visto
che non potevamo urlare alla busta "buttati a terra e rotola".
O
avremmo potuto farlo, ma saremmo ancora lì ad aspettare la reazione
del sacchetto.
Almeno
ci mangiammo le rimanenti svizzere senza pericolo di incendi
involontari.
C'era,
tuttavia, ancora il problema delle anatre che, tra l'altro, ho
scoperto solo negli ultimi giorni come non fossero anatre ma in
realtà oche.
Non
è molta la differenza, eccetto il fatto che sono due animali
completamente differenti.
Ma
le chiamerò comunque anatre.
Quelle
creature malvagie, con denti aguzzi e mentalità da killer seriale,
provarono più e più volte a beccare la busta con il rancio
rimanente, e solo l'intervento di Fabio con un asciugamano bagnato
utilizzato come arma impropria[4] le allontanò definitivamente.
Dopo
il barbecue, la Disco aspettava.
La
Disco in sé non fu troppo malvagia, mi intrattenni con L nel patio
esterno, durante e dopo.
Durante
la Disco giocammo ad uno dei giochi più in voga in Svezia, il
"Bostongurka", ovvero al "Cetriolo di Boston", a
cui ho scoperto di essere veramente bravo, anche se non ho ben capito
le regole.
Ci
si mette in cerchio, si canta questa canzone che ritrae un cetriolo
povero in vacanza a Boston e si batte le mani.
In
qualche modo si viene eliminati, ma non ho capito come.
Sicuramente
non si viene eliminati se non si ha la più pallida idea di cosa si
stia facendo.
Dopo
la Disco, io, L, Thor e un'"amica" di quest'ultimo, andammo
a fare un giro per il centro, quando si alzò un vento gelido. Sia io
che L avevamo solo una maglietta, ma io avevo un asciugamano,
precedentemente comprato da Primark per sostituire quello oramai
carbonizzato, che ci offrì un bozzolo di intimità che scacciò Thor
e la sua amica, e che ci permise di conoscerci più a fondo.
Eravamo
accucciati a parlare su una panchina, con del sushi in mezzo a noi
due, quando lei prese l'iniziativa e mi baciò.
"Marco,
mi piaci davvero tanto." disse subito dopo.
Ah,
i vantaggi che ti può dare un asciugamano nuovo.
Fa
addirittura innamorare le ragazze di te.
[...]
la citazione continuò, ma non la riporto tutta, dovreste aver
capito il concetto. Tratta direttamente dalla Guida Galattica per
autostoppisti.
[1]
Diminutivo di Barbecue, ovvero grigliata.
[2]
Guida galattica per autostoppisti.
[3]
Altra citazione dello stesso libro.
[4]
si ricorda la pericolosità degli asciugamani bagnati o degli
studenti universitari di Forlì affamati.
Francesco
il barista probabilmente avrà una statua in suo onore.
Di
domenica ero lì, già abbastanza ubriaco, con la scusa che era il
mio ultimo giorno a Sanremo.
"Guarda,
a me fa tanto piacere che ti stia simpatico così tanto ma..."
"Sono
scappato dalla polizia una volta"
"Benissimo
ma.."
"Una
tequila sunrise, un Japanese corretto e una piña colada"