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Autore: Duncneyforever    09/11/2015    3 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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- Io, io non ce la faccio. Non ce la posso fare. - Sussurro, prima di arretrare di qualche passo. 

Voglio andarmene da questo posto e voglio andarmene adesso. 

Cerco di voltarmi indietro, ma una forte presa sull'avambraccio me lo impedisce;  

- dove credi di andare, ragazzina? - Sbotta il rosso, con un insano divertimento. - Ci sono almeno dieci sottocampi nei dintorni, lande inabitate al di fuori di essi e ferrovie che attraversano la zona per diversi chilometri... - 
Continua, strattonandomi pericolosamente verso di lui. Il mio cuore perde un battito.

Ho paura. 

- Non puoi fuggire, tesoro. - Termina a pochi centimetri dal mio viso, sollevandolo e puntando i suoi occhi grigio-blu nei miei.  

Sono così diversi dagli occhi del biondino, incutono quasi terrore; continuo a guardarli, in cerca di una possibile traccia di umanità, ma vedo solo male. 
Non vi è traccia di sentimenti, non esprimono nulla. Lui e Fried sono così diversi... Il biondo è dotato di una bellezza eterea, tanto da sembrare un angelo caduto; il nazista, invece, ha un fascino sinistro, quasi demoniaco a suo confronto. 

- Ti aiuto io. - Esordisce Friederick, tendendomi la mano e liberandomi dalla presa ferrea dell'ufficiale. Non ha idea di quanto io possa essergli riconoscente in questo momento.

- Come facciamo? - Chiedo poi, accantonando i miei precedenti pensieri. 
Siamo a pochi passi dall’ingresso e la paura mi assale già. Guardo le mie scarpette beige: non oso immaginare di che colore saranno a fine giornata. 
Ed il fango che impregna la terra non è la mia sola preoccupazione. 

- Ti porto io. - Fried non mi lascia molte alternative...  

- Ne sei sicuro? Sono troppo pesante! - 

- Sono sicuro. Sei piccola e magrolina, non mi ucciderai di certo. Il nostro addestramento prevedeva il superamento di prove ben più impegnative. - Afferma, prima di reggermi saldamente in braccio. 

Avvicino le ginocchia al petto, per agevolarlo e accosto il viso alla sua spalla. Lo guardo con immensa gratitudine. 

Non credo di aver mai pensato di poter ringraziare qualcuno così genuinamente... È Fried l’eccezione alla regola.

Pur avendolo conosciuto da poco, voglio già un gran bene a questo ragazzo, Dio solo sa quanto.  

Mi beo tra le sue braccia, accoccolandomi in cerca di calore: un breve momento di tranquillità, interrotto bruscamente da un forte cigolio metallico: i cancelli.  
 

 Schneider si incammina per primo verso l'interno, fischiettando con nonchalance. Molte delle figure bianche e nere, alla sua vista, si ritraggono impaurite e lui ne ride, una risata come non ne avevo mai sentite. 

Pagherà per questo, un giorno pagherà caro il prezzo delle sue azioni.  

- Tutto bene? - Cerca di richiamarmi il biondo, con aria preoccupata.

- Non molto. - Gli rispondo, appoggiando una mano sullo stomaco. Non mi sento affatto bene, a dire il vero. 

- Sai cosa avrei voluto fare, se non ci fosse stata la guerra? - Mi domanda, all’improvviso, cercando di distrarmi.  

Scuoto la testa, protendendomi verso di lui per sentire la risposta. 

- L'avvocato. Avrei tanto voluto studiare legge. -   

- E poi? Cosa è successo dopo? - Un sogno che si addice perfettamente a lui, così buono e giusto. - Colpa di tuo padre? -

- Sì, lui non mi ha consentito di terminare gli studi. Appena compiuti diciassette anni, mi ha costretto a prestare servizio militare... Per la grandezza della Germania, diceva. - 

Non stento a credere che l’abbia fatto, dopo quello che ho sentito in quella casa. 

Sono così dispiaciuta per questo ragazzo. 
Chi avrebbe potuto immaginare che potesse esistere qualcuno come lui? In nessun libro ho trovato simili verità. Ricordo di aver letto qualche breve resoconto sul web, ma perché non vi è scritto nulla su ragazzi come Friederick Miller? Non è forse orribile etichettare delle persone per qualcosa che magari nemmeno hanno fatto?  

- Sei nato nel posto sbagliato al momento sbagliato, mein Freund. Questa non è giustizia. - Provo a districarmi tra le sue braccia, per vedere cosa riesco a scorgere: solo alcune costruzioni in mattoni di infima qualità o, per la precisione, i loro tetti; non riesco a capire cosa vi è sotto o accanto ad esse, poichè ne intravedo solo la parte superiore. Il germanico non mi consente di guardare oltre. Per impedirmi di urlare o, forse, per precauzione. 

Non ho motivo di contestare questo gesto; io stessa non ho il coraggio di sporgermi ulteriormente. Non voglio. 
Non voglio vedere più di ciò che sono obbligata a sentire. 

Percepisco delle voci a pochi metri da noi e comprendo perfettamente l'intento del tedesco di distrarmi.

Alcune di queste sono appena percepibili, altre sono vere e proprie urla soffocate. Sento il dolore in queste voci consumate dai pianti, dalla rabbia e dalla disperazione. 

Mai sentito nulla che possa minimamente essere paragonato a tutto questo e il mio corpo scosso da brividi ne è la prova. 

Schneider aveva ragione e detesto doverlo ammettere. 
La nausea inizia a farsi sentire, ora.
Scosto le braccia di Fried in cerca d’aria; mi sono allungata in modo da rivolgere gli occhi a terra. Una terra insolitamente grigia. 

- Come fai? Devi dirmelo. - Mi volto nuovamente verso di lui, seppur questa volta con occhi pieni di lacrime.  

- Cerco di evitare i loro sguardi, non li guardo mai negli occhi. Credimi, non ci riuscirei. - 

Sfioro la sua mano, poggiata sulla mia vita, prima di esporre il mio pensiero a riguardo.

- Ne ho paura. Ho sempre avuto paura di loro. Non vorrei mai offendere quelle povere persone; so che non è colpa loro, eppure non riuscivo nemmeno a guardarne le foto. I musulmani*, a parer mio, sono il crimine più grave commesso dal Terzo Reich... Nessuno, nemmeno le bestie, meritano di essere trattate in questo modo. - 

- Avrei voluto essere un uomo migliore. - Sospira, con immensa delusione. 

Sono quasi scandalizzata da questa affermazione, come può dire una cosa simile? Lui è speranza, forza, gentilezza; cosa si può ancora pretendere di questi tempi... 

- Cosa dici Fried! Tu... tu sei il mondo migliore! -   

- Io non ho fatto nulla, guardati intorno: può un uomo restare a guardare mentre questa gente muore? Io avrei potuto fare più di questo. Quale significato ha la mia vita? Un vile codardo... Sono solamente questo, dopotutto. - 

Una dura critica verso se stesso, tanto che una lacrima solitaria gli solca una guancia. 

Mi sono sbagliata ancora una volta. 

Non vi è più speranza in questo campo di morte. 

Ma sarà davvero tutto perduto come sembra? 

 

                                                         

 

Note : 

* Musulmani : termine che veniva attribuito ( dai nazisti ) ai prigionieri ridotti pelle e ossa, stremati dalla fame e dagli stenti. Si pensa che la parola fosse usata per definire la posizione in cui i deportati cadevano sfiniti a terra, molto simile a quella assunta dai musulmani in preghiera.  

  
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