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Autore: Artefenis    11/11/2015    6 recensioni
[Il re leone]
E se la storia "Il re leone" fosse stata vissuta da persone?
Da cosa è nato l'odio di Scar verso suo fratello Mufasa?
Questa storia nasce dalle mie mille domande e dalla storia originale del Re Leone, ma trasformata in personaggi umani. Vedremo un Scar (il vero nome è Taka) ed un Mufasa giovani, crescer insieme, mentre l'interesse per il potenere nasce inevitabilmente.
Genere: Angst, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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N.B. Questa storia è nata dalla mia curiosità di vedere Scar e Mufasa muoversi come persone. Il Re leone è il mio cartone preferito, e avendo fatto delle ricerche sulla storia originale, mi son detta "perchè non scriverla? Perchè non spiegare cosa è successo prima del cartone che conosciamo tutti?". Qui, racconterò come si è formato in special modo Scar, e perchè è diventato il cattivo che tutti conosciamo. Spero vi piaccia. Per me è un esperimento.
 
                             

 


Capitolo 1
 
Enormi alberi vegliano su due figure che sembrano quasi danzare, muovendosi intorno, studiandosi, sfidandosi. Il suono sordo dellegno che si scontra si espande sotto ai loro piedi, mentre piccole nuvole di terra rossa si alzano, per poi disperdersi nell’aria. Le risa di due giovani uomini animano quella radura, giocano in una lotta fraterna dove non esiste vincitore.
«È tutto quello che sai fare, fratello?» dice il maggiore, bloccando il colpo indirizzato alla sua spalla.
L’altro sorride di rimando.
«Spero proprio di no!» Fa un passo indietro, allontanandosi per poi ritornare all’attacco, fin quando i loro visi sono ad un palmo di distanza.
«Perdi colpi! Lasci sempre la sinistra scoperta…» lo disarma il maggiore.
«Forse sei tu che migliori, Mufasa.» i suoi occhi verdi smeraldo si piegano in un sorriso.
«Non disperarti, Taka… riuscirai  a battermi, un giorno. Forse quando sarò vecchio!» le sue parole non contengono cattiveria.
Taka si piega sulle ginocchia riprendendo fiato. Entrambi si avvicinano ai cavalli, legati al maestoso albero dai lunghi rami che sfiorano il terreno.
Mufasa rivolge lo sguardo verso il sole alto nel cielo. «Nostro Padre sarà già tornato dalla battaglia?»
«Sì, credo di sì…» risponde Taka, e prendendo la maglia bianca dalla sacca legata alla sella del cavallo si terge il sudore dalla fronte. La ripone, non indossandola, rimanendo a torso nudo. Accertatosi che la sella fosse stretta bene, monta a cavallo per dirigersi al palazzo.
«Vuoi farti sgridare di nuovo da nostra Madre?» Mufasa scuote la testa, facendo scorrere una mano tra i suoi capelli rossi.
«Ho caldo… e poi, hai visto gli sguardi delle cameriere?» Taka lascia trapelare una leggera malizia in quella domanda, alla quale in fratello preferisce non rispondere per pura complicità.
 
Le grandi e pesanti porte del palazzo si aprono, permettendo ai due fratelli di entrare. Sono sudici e la terra ricopre gran parte della loro pelle.
«Due selvaggi!» qualcuno gli urla contro, fermando la loro salita verso le stanze «Siete proprio due animali selvaggi!» sentenzia.
Zazu, il maggiordomo, si avvicina a gran passi verso di loro, con la disperazione stampata in viso. Entrambi i fratelli ridono, schernendolo.
«Oh, Zazu, un po' di terra non ha mai ucciso nessuno!» Taka gli posa una mano sulla spalla.
«A me farà prendere un colpo al cuore, uno di questi giorni!» li osserva indispettito.
«Non devi preoccuparti di questo, Zazu. Non potrà mai accadere…» Taka riprende a salire le scale, seguito da Mufasa «Tu non hai un cuore!» pronuncia sporgendosi leggermente dal cornicione della scala.
Seppur infastidito, il maggiordomo continua a mantenere la sua espressione impassibile, abituato ormai a quei due ragazzi che non gli prestano mai veramente ascolto.
Si schiarisce la voce, cercando di attirare di nuovo la loro attenzione.
«Vostro Padre è arrivato. È nel salone grande e vi attende.» sistema la sua giacca, tirandone le estremità e voltandosi si incammina verso il corridoio.
Gli occhi di Taka si incontrano con quelli del fratello, e subito iniziarono a scendere le scale, saltandole, correndo verso la sala grande. Scansano qualche cameriera che ignara della loro foga si ritrova sulla loro strada. Entrambi si fiondano con il loro peso sulle porte della sala aprendole di colpo e rumorosamente.
Loro padre, il Re Ahadi è in piedi, davanti a sua moglie e regina Uru, e le tiene le mani.
«Padre!» urlano, correndo verso quella figura che tanto gli è mancata in quelle settimane.
«Mufasa! Taka!» lascia le mani di Uru, per poter sollevare le braccia e abbracciarli, stringendoli a sé.
«Figli miei, non sapete quanto ho sofferto la vostra mancanza…» lascia un breve bacio sulla fronte di entrambi.
«Ma guardatevi quanto siete…» li allontana per osservarli, accorgendosi delle loro condizioni «quanto siete sudici!» cerca di mantenere un tono severo, ma ci riesce ben poco.
«Taka, quante volte devo ripeterti di mantenere un certo decoro dentro il palazzo?» la Madre lo canzona, notando il figlio senza la sua maglia.
«Milioni di volte, mia Regina.» specifica Zazu, entrando nella stanza «Il pranzo verrà servito tra un ora.» annuncia, per poi congedarsi con un inchino.
 
Dopo essersi fatti un bagno, i fratelli raggiungono i genitori per pranzare insieme.
«I ribelli si sono avvicinati davvero molto al confine…» parla Ahadi, mentre unisce le mani davanti al suo viso, poggiando i gomiti sul tavolo.
Taka alza lo sguardo dal suo piatto per rivolgerlo al padre, scambiandosi un’occhiata con Mufasa seduto di fronte a lui.
«Hanno saccheggiato un piccolo villaggio… Quando sono arrivato era tutto distrutto, in cenere. Non ne è rimasto niente…»
La regina Uru allunga una mano verso quelle del marito, scioglie il loro legame per poterne prendere il possesso e, consolandolo silenziosamente.
«Cosa hai intenzione di fare, Padre?» gli chiede Taka, mostrando tutto il suo interesse per l’argomento.
«Non lo so ancora… Non possiamo inseguirli fino alle Terre di Nessuno… Sarebbe troppo pericoloso.»
Le Terre di Nessuno è il territorio più ostile che possa esistere. Lì sono stati esiliati i traditori del regno e chi si ribellava al volere delRe, ma negli ultimi anni la popolazione in quelle terra era aumentata, perché altri popoli di altre terre si sono mosse radunandosi in quel territorio.
«Padre, se permetti la mia opinione… Hai abbastanza uomini per assicurarti una vittoria e per sentirti al sicuro. Perché hai così paura di quelle terre? Tu sei il Re, tutto ti appartiene.»
Ahadi guardò Taka negli occhi. «Non sono re di quelle terre, non sono re di quel popolo…»
«Ma potreste diventare il loro re, se solo glielo imponeste…»
«Taka, non posso imporre un re ad un popolo che vuole essere libero…»
«Ma con i vostri uomini potreste…»
«Smettila, di dire sciocchezze!» lo interrompe Ahadi, adirato per l’insistenza di Taka «Non sai di cosa stai parlando, figlio. Non tutto è risolvibile con la morte di un altro, non tutto si risolve con l’imposizione!»
Taka continua a guardare il padre negli occhi, che sembra non comprendere più. Non capisce il perché le sue parole risultino così sbagliate.
«Ahadi, ti prego, ritorna alla tua calma…» gli sussurra Uru, e lui rilassa le spalle.
«Potresti cedergli un piccola parte di qualche terra al confine, così che loro possano coltivare e nutrirsi…» pronuncia Mufasa, attirando l’attenzione del padre, che guarda un’ultima volta Taka. Uno sguardo che Taka sente entrargli nella pelle, sentendosi ancor più in errore dopo le parole del fratello.
«Era quello che avevo pensato anch’io, Mufasa. Ne discuterò più tardi nello studio con il mio Generale… Vorrei che tu ci fossi.»
Perché solo Mufasa? Perché non anche Taka? Parlare della situazione in cui tergiversano le loro terre è una questione che interessa anche lui.
Mufasa posa per un attimo gli occhi sul fratello notando il suo sguardo vuoto, perso nei meandri della sua mente.
«Certamente, Padre… ma non sarebbe dovuto che ci fosse anche…»
«Bene, adesso raccontatemi delle vostre giornate in mia assenza…» lo interrompe il re.
Quell’interruzione è voluta, non voleva che Mufasa pronunciasse il nome del fratello, e di questo Taka ne è certo.
«Vogliate scusarmi, ma io ho terminato il mio pranzo ed ho necessità di allontanarmi.» annuncia Taka alzandosi dalla sedia.
La madre lo guarda con occhi comprensivi, e gli fa un cenno chinando il capo.
Si allontana in silenzio da quella tavola e da quella stanza.
«Io non ti ho dato il mio permesso!» Sente la voce del padre, prima di chiudersi la porta alle spalle,  ma non se ne cura.
«Principe Taka, dove va? Stavano per servire il dolce…» Zazu lo osserva camminare silenzioso per il corridoio.
«Non ho fame…» lo supera.
Lo stomaco ha iniziato a rifiutare cibo nel momento in cui i suoi occhi si sono incontrati con quelli del padre. È ormai da tempo che non riescono ad avere una discussione che non finisca con quell’orribile sensazione che prova sulla pelle. Le sue idee, le sue proposte per quel regno che in parte è suo, non valgono mai quanto quelle di Mufasa. Vorrebbe solamente esser ascoltato, perché non sente più di avere la stessa importanza.
 
***
 
Osservare le terre dal lungo balcone in pietra del salone grande è qualcosa di meraviglioso. Poter guardare i giochi di luci e ombre creati dalla luce argentea della luna ed il nero della notte, rendono quel paesaggio maestoso e pauroso al tempo stesso.
Taka se ne sta su quel balcone, con le braccia poggiate sulla pietra, leggermente chinato in avanti. Per tutto il pomeriggio non ha visto Mufasa, intento a discutere con il padre ed il Generale nello studio. Avrebbe voluto esserci anche lui in quella stanza. Poter apprendere nei dettagli cosa accade attorno a lui.
«Ecco qui il giovane principe…» una voce calda, rassicurante e  saggia lo richiama alla realtà.
Dopo pochi secondi, una figura leggermente ingobbita lo raggiunge, tenendosi ben salda in un alto bastone di legno.
«Rafiki…» lo saluta.
«Cosa osservi figliolo?» gli chiede l’uomo dalla lunga barba bianca.
«Niente di importante…»
«Quindi le tue terre non hanno importanza per te?»
Taka guarda Rafiki, mimando un leggero sorriso, perché sa che le sue domande hanno sempre un secondo fine.
«Certo che hanno importanza per me, Rafiki…»
«Però, a quanto pare, c’è qualcuno che non lo sa…» si accarezza la barba, guardandolo con la coda dell’occhio.
Taka si volta verso di lui, ma non riesce a mantenere lo sguardo fisso  e continua a vagare sui contorni argentei immersi nell’oscurità.
«Vorrei solamente che le mie idee venissero prese in considerazione… Io non potrei mai voler il male del Regno…»
«Mio giovane Taka, le tue idee sono valide come tutte le altre, ma la tua giovane età ti conduce ad una strada dettata dalla voglia di ottenere qualcosa e subito. Hai ancora molta strada da percorrere ed un giorno riuscirai a capire come trovare l’equilibrio nell’ottenere quello che desideri in armonia con quello che ti circonda…»
Le parole sagge di Rafiki si scalfiscono nella mente di Taka, ed è come se l’oppressione che gravava sul suo petto si sia dissolta.
«Ero venuto qui per darti una notizia…» Rafiki gli posa una mano sulla spalla, invitandolo a camminare insieme a lui.
«Una notizia?» Taka lo guarda incuriosito.
«Domani arriverà tua cugina Sarabi… Era arrivata la sua lettera qualche settimana fa, ma perdona questo vecchio e la sua memoria che ormai va e viene…»
L’ultima volta che Taka aveva visto Sarabi erano ancora bambini, ma era sicuro che fosse rimasta come la ricordasse, con i suoi lunghi capelli color bronzo e gli occhi scuri, così espressivi e dolci.
Avrebbero trascorso molto tempo insieme e lui l’avrebbe portata allo stagno, dove si recavano per poter osservare gli animali abbeverarsi.
Era felice di rivederla, lo avrebbe distratto dai suoi pensieri verso il padre. 


 
Ciao, eccomi qui con il primo capitolo!
Che ne pensate? Allora, so che non sono capitoli lunghissimi, ma non voglio mettere troppi elementi in un solo capitolo. 
Penso che andando piano con gli eventi, si possa notare ancor di più il cambiamento di Taka/Scar. Questi sono i suoi passi, insomma. In questo capitolo si mostra la figura di Ahadi, il loro padre, che come tutti manifesta la sua autorità, e questo ferisce Taka. 
Beh, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate!
A presto,
Arte
   
 
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