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Autore: Stellalontana    25/02/2009    1 recensioni
________Postato l'ultimo capitolo_________ Siamo giunti alla fine.
-Capisco- replicò Briseide. [...]-Allora è meglio se per questa volta sono io ad occuparmi di te- ridacchiò lei, baciandogli la fronte -sei d’accordo?-
-Come potrei non esserlo?- chiese allora Will, cercando di non perdere la presa sulla realtà.
Ma poi, non riuscendoci, la lasciò andare, e scoprì che in quel momento non importava poi così tanto.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 9


Capitolo nove


Desra era nata un millennio prima della Guerra, dall’unione di paesi agricoli e confederazioni di artigiani. Le sue mura, alte ottanta piedi, avevano il pregio di essere perfettamente il linea con gli affluenti del Fiume Iride, perciò ben difendibili, anche se, di contro, ben attaccabili dal fiume.
La cosa che più sconcertava Will, mentre lo strano quartetto si avvicinava alla piana di Desra, era come il popolo della Solea fosse completamente diverso dal suo e da quello dell’Aschart. Non riusciva a comprendere un tale dispendio di beni preziosi per le armature dei guerrieri o per i ferri dorati dei cavalli. Oro e argento abbondavano in Solea, ma non era certo un buon motivo per sprecarli. Will era vissuto in una terra fertilissima, e si era sempre ritenuto soddisfatto di quello che poteva trarre da essa, come suo padre gli aveva insegnato, ma in Solea la coltivazione della terra sembrava non affascinare troppo i suoi abitanti. La catena dei Monti dell’Ammar manteneva il clima temperato, almeno in quella porzione di Solea, e i campi potevano crescere e prosperare. Essendo isolata dall’Aschart dalle montagne, la Solea non poteva contare sul commercio, né terrestre né tanto meno marittimo. Will non sarebbe mai riuscito a capire come in una terra così fertile esistesse ancora la schiavitù legata alla coltivazione. Durante il viaggio verso Desra avevano incontrato numerosi contadini, curvi sui propri aratri, che si affaccendavano intorno ai mulini o ai frantoi. Molti di loro avevano offerto ai viaggiatori il primo olio estratto dalle olive, piene e mature che caricavano gli ulivi, altri il pane bianco, croccante e senza sale, che i fornai cuocevano all’interno di forni a legna, protetti dal vento da grosse cupole in pietra. Avevano visto asini che trainavano le ruote di pietra per poter frantumare i chicchi di grano, che avrebbero dato una farina profumata e bianca come la neve. Ma non tutti in Solea avevano lavoro. Molti minatori avevano ormai esaurito le proprie miniere, e non rimaneva loro altro da fare che andare in città in cerca di lavoro.
-Will?-
Il ragazzo si voltò. Astro stava indicando una colonna di fumo proveniente da ovest. Will aggrottò le sopracciglia.
-Che cosa c’è da quella parte?- chiese Dann, una delle due guardie. Will rivolse alle guardie uno sguardo sarcastico.
-Le steppe. Terre incolte e prive di vegetazione. A circa venti miglia da qui cominciano le steppe, e poi il Grande Deserto. Non consiglierei a nessuno di andare in quella direzione. A meno che non voglia uccidersi- rispose alzando le spalle.
Le guardie si scambiarono un’occhiata preoccupata. Will ridacchiò.
-Oh, niente di cui preoccuparsi. In quelle steppe girano soltanto predoni, ma non si avventurano mai oltre il confine di colline- indicò alcune curve che si distinguevano nella bruma dell’alba. -Non c’è nessun motivo di averne paura-
-Sarà così- lo interruppe Saen, l’altro soldato, -ma sarà meglio entrare a Desra prima che faccia buio-
Will arcuò un sopracciglio. -Questo è poco ma sicuro- commentò -chi tenta di entrare dopo il tramonto viene ucciso seduta stante-
-Davvero?- chiese Astro, preoccupata. Will le rivolse un sorriso.
-Arriveremo a Desra prima del tramonto,- voltò il cavallo, incitando gli altri a seguirlo -se non perdiamo altro tempo-
Will ricordava bene le possenti mura della città. I maschi si ergevano imponenti a ogni porta, e ve ne erano ben sedici. La città risultava così simile ad una grandiosa palizzata, con picchi acuminati, sgraziata, certo, ma inattaccabile. Essendo Desra la capitale politica e sede del Re, doveva essere una città protetta e inespugnabile. Fino a quel momento niente e nessuno era riuscito a conquistare Desra, sebbene molti generali ci avessero provato. Will aveva un brutto ricordo delle celle di Desra, anche se vi aveva trascorso soltanto una notte. Lo zampettio dei topi e lo sgocciolare dell’acqua dalle pareti, lo avevano quasi fatto impazzire. Le sue orecchie erano state martoriate per dieci lunghissime ore, fino a che non lo avevano scarcerato, portandolo al cospetto del Re. Will aveva diciassette anni, e non aveva nessuna intenzione di morire. Aveva tentato di ribellarsi, ma le guardie lo avevano trattenuto come se si trattasse di un bambino capriccioso. Ricordava ancora perfettamente il sogghigno malvagio che si era allargato sul volto scarno di Ashat mentre veniva costretto a prostrarsi di fronte al Re. Un gesto al cui ricordo, l’orgoglio di Will ruggiva violentemente. L’umiliazione che aveva subito era di gran lunga più forte dell’odio che provava nei confronti del Primo Ministro.
Arrivarono in vista delle mura a giorno fatto. Le sentinelle che perlustravano le mura avvisarono coloro che, dalla porta principale li avrebbero fatti entrare in città. Will dovette mostrare i lasciapassare, pregando che la sua falsificazione fosse sufficiente. Quando, finalmente, furono ammessi all’interno della città, le guardie li perquisirono e tolsero le armi a Dann e Saen. I due soldati avrebbero voluto protestare, ma Will da buon “padrone”, li zittì. Furono scortati all’interno del palazzo da ben quattro soldati, e lasciati in attesa in una sala quadrata, dove vennero praticamente obbligati a sedersi in alte poltrone di broccato. Will si sedette accanto ad Astro, che sedeva, torcendosi le mani, su una poltrona blu scuro. Will le pose una mano sul braccio: -Andrà tutto bene, vedrai-
-Lo spero- sospirò lei -Non voglio che qualcosa vado storto- i suoi occhi blu lo fissarono con ansia.
Will stava per replicare ma un momento dopo al di là di una porta color ocra scoppiò il finimondo. Il ragazzo si alzò, mentre Dann e Saen accorrevano accanto a lui. Will sogghignò. Almeno erano bravi a salvare le apparenze. La porta si aprì con un tonfo sordo e una figura avvolta in una lunga tunica bianca irruppe nella sala. L’espressione di Will s’inasprì. Conosceva quella tunica bianca.
Ashat non era cambiato dall’ultima volta che l’aveva visto. Portava, come suo solito, i capelli grigi raccolti in una treccia, strettamente legata da un nastro dorato, dello stesso colore del mantello che svolazzava dietro di lui. La tunica avorio era legata in vita da un’alta fascia dorata.
Il volto scarno era acceso dal furore. -TU!- urlò indicandolo con un lungo dito scheletrico -Tu, piccolo bastardo! Tu, traditore, bugiardo, sabotatore...-
-... fuggitivo e irresponsabile ragazzino... sì, Ashat questa solfa l’ho già sentita un anno fa- completò seccato Will, appoggiando le mani sui fianchi. -Ma come vedi adesso non porto più l’armatura- allargò le braccia, mostrando il gilet di broccato. Ashat ansimava. Sembrava che non avesse più veleno da sputare.
-Tu... quando ti vidi andartene pregai perché tu potessi cadere da un precipizio!- abbaiò -Ma la sorte mi ha deriso. Che cosa vieni a fare qui? Proprio tu, che sei già stato graziato una volta dal nostro eccellentissimo...-
-Calma, Ashat, calma- una voce roca sopraggiunse da dietro il Primo Ministro -Una cosa alla volta-
Will conosceva quella voce, l’aveva già sentita. Chinò il capo, invitando Astro e i due soldati a fare lo stesso. -I miei omaggi sire- mormorò.
Re Lyone I avanzò fino a lui. -Alza la testa, ragazzo, così che io possa riconoscerti-
Will lo guardò negli occhi. Lyone appariva invecchiato. Il suo volto abbronzato aveva più rughe intorno ai penetranti occhi neri, mentre i capelli erano neri come l’ultima volta che l’aveva visto. Indossava la tunica purpurea dei re, legata in vita dalla cintura con spadone e pugnale, i pantaloni neri e gli stivali di cuoio alti fino al ginocchio. Non indossava il mantello.
-William di Monte Argento, ci incontriamo di nuovo- inaspettatamente il re sorrise. Will ricambiò un po’ sconcertato il sorriso. -Vieni con me, dobbiamo parlare-
-Sire mia...-
-Sì, la tua compagna può venire con noi, ma le tue guardie dovranno rimanere qui- rispose Lyone eludendo la domanda di Will. Il ragazzo deglutì, stringendo la mano di Astro.
Si sentiva stranamente a disagio, in quel momento, come se ci fosse qualcosa di più che non riusciva ad afferrare. Vide Ashat tentare una protesta, ma Lyone alzò un braccio, mettendolo a tacere con uno sguardo. Il Primo Ministro se ne andò, borbottando.
Quando il terzetto entrò all’interno della sala del trono la pesante porta venne chiusa con un tonfo. Lyone li condusse attraverso la sala, più vicini possibile al camino acceso.
-Sarete stanchi, avete fatto un lungo viaggio- mormorò, ravvivando le fiamme. Will annuì, voltandosi verso Astro. La ragazza sfoggiava un’espressione del tutto sconcertata, e non sembrava capace di proferire parola. Will internamente sorrise. Di certo non aveva mai conosciuto un re.
-Bene, William, che cosa ti porta una seconda volta al mio cospetto?- chiese Lyone voltandosi verso di loro. Will si schiarì la voce, estraendo per la seconda volta la pergamena che gli aveva dato Guy, dal mantello.
-Ho un messaggio dal Governatore di Salazard- rispose. Vide Lyone aggrottare la fronte e un espressione indecifrabile gli si dipinse sul volto. Prese il messaggio e lo spiegò. Will vide i suoi occhi muoversi veloci sulla pergamena. La richiuse con un gesto violento, e tornò a fissare Will. I suoi occhi neri lo scrutavano con ansia.
-Chi ti ha dato questo messaggio?- chiese.
-Il... Governatore, sire- mentì Will, cercando di non distogliere gli occhi da quelli del Re. Lyone si avvicinò a lui.
-Chi te lo ha dato?- chiese di nuovo -Non mentirmi, William-
-Io...- Will abbassò il capo. Astro gli poggiò una mano sul braccio. -Io... Guy, mio sire, il mio... fratellastro...- sospirò. -È una lunga storia, sire- riprese.
Lyone fece loro segno di sedersi accanto al fuoco. Lui rimase in piedi, passeggiando irrequieto mentre Will raccontava la sua storia. Ripercorrere le tappe del viaggio non fu difficile. Tutto era ben stampato nella memoria. Sentì Astro gemere al nome di Briseide, ma per tutto il tempo non fece altro che fissare il pavimento.
-... ed è per questo che sono qui, sire- concluse Will con un sospiro. -Non certo per mia volontà-
-Sì, ho capito perfettamente la tua posizione, William- commentò Lyone, accarezzandosi il corto pizzetto nero -Non ti farò uccidere come vuole Guy. Se non mi sbaglio non è la prima volta che ti ordina una missione suicida- sorrise, tirato.
Will scosse la testa. -No, sire, vi ricordate bene- rispose.
-Mmm- fece allora Lyone -Credo che tu debba sapere qualcosa. Una cosa che dovevo farti sapere la priva volta che ti vidi. Ma in quel momento non ne ebbi il coraggio e tu non avevi ancora diciotto anni- disse enigmatico Lyone allontanandosi. Aggirò il trono e dopo un paio di minuti, che a Will parvero un’eternità, tornò vicino a loro, con in mano un paio di pergamene ingiallite. -Queste sono due lettere che ho ricevuto tempo fa, una diciotto anni fa, l’altra è più recente, circa quattro anni fa- sospirò -vorrei che tu le leggessi entrambe, anche per la tua compagna-
Will le prese dalle mani di Lyone. In gola aveva un nodo fastidioso. Spiegò quella che riportava la data di diciotto anni prima, e cominciò a leggere.
-Amato fratello, ti scrivo per dirti che sono viva, e che sono felice. Sono approdata ad Erden per una causa fortuita. In realtà avrei dovuto salpare per il Mare dei Gorghi, ma all’ultimo la nave non è partita. In realtà sono più di due anni che abito qui, in un piccolo agglomerato di case di nome Monte Argento. Il villaggio è circondato da dolci colline e splendide valli, verdi e fiorite in primavera, e innevate in inverno, ma non tanto da isolarci dal più grande centro, Serena, la capitale. Mi sono sposata con un mugnaio, si chiama Aleck, e da lui, fratello mio, ho avuto un figlio. Un figlio, Lyone! Un maschio, un bambino bellissimo che abbiamo chiamato William. William di Monte Argento è la creatura più bella che io abbia mai potuto immaginare. Sa dire “mamma” e ha imparato anche i nomi degli animali! Oh, Lyone, sapessi come sono felice. Aleck è un uomo stupendo ed un padre esemplare. Adora Will e farebbe di tutto per lui- Will s’interruppe. Sentiva gli occhi colmarsi di lacrime, mentre la lettera continuava per altre poche righe -Fratello mio, vorrei che tu fossi qui, insieme a noi. Sono davvero triste per il modo in cui ti ho lasciato, e per il peso che le tue giovani spalle devono portare. Ma un giorno, William tornerà in Solea e prenderà il suo posto. Ma è troppo presto, per il momento. Aspetta. Aspetta, mio amato fratello, quando William avrà compiuto diciotto anni allora gli dirò tutto. Spetterà a lui la scelta. E a te. Tua sorella, Lavinia-
William ripiegò la lettera. Un fastidioso senso di oppressione lo prese alla gola. Gli sembrò di soffocare. Tese la lettera a Lyone.
-Leggi anche l’altra- ordinò il Re. Will scosse la testa.
-Ho letto fin troppo- rispose, prendendosi la testa fra mani.
-Vuol dire che la leggerò io- Will sentì la carta che sfrusciava fra le mani di Lyone. -Amato fratello. Sono passati molti anni dalla mia prima lettera, ma spero che tu non ti sia dimenticato di tua sorella. Oggi è un giorno molto triste per me. Una colonna di soldati è venuta questa mattina, e il generale ha ordinato a mio marino Aleck di andare in guerra. Aleck non può combattere, perché un anno e mezzo fa un tronco d’albero gli cadde addosso e adesso ha quasi perso l’uso della mano sinistra e zoppica dalla gamba. Quando il generale ha decretato che lui non poteva combattere e ha guardato mio figlio mi sono sentita morire, fratello. Will ha solo quindici anni, fratello, e non ha mai conosciuto altro che la sua patria. La ama come ama i suoi genitori e credo che più che la guerra ad ucciderlo sarà il dolore per aver lasciato la sua terra. Will è partito questa mattina. Il mio cuore sanguina, fratello! Ho finito tutte le mie lacrime e Aleck non parla più da quando ha visto suo figlio andarsene. Vorrei non essere mai scappata dalla Solea, fratello mio, per aver potuto evitare che mio figlio combattesse una guerra non sua. Ti prego, se dovessi vederlo, se dovessi conoscerlo, ti prego fratello mio, digli che lo amo, digli che mi manca da morire, e digli anche chi è, ti prego. Salvalo, fratello mio, ti scongiuro salvalo! Tua sorella, Lavinia-
Lyone ripiegò con cura la lettera. Will non rialzò la testa. Sentiva le lacrime scendergli lungo le guance, non voleva che Lyone, suo zio, suo zio!, lo vedesse in quello stato. Sentì la mano di Astro che gli si posava sulla spalla. Si alzò di scatto, e corse via, attraverso un corridoio che portava ai piani superiori. Percorse gradini su gradini, nemmeno guardando dove stava andando finché non si ritrovò su uno dei maschi. Si affacciò. Da quell’altezza poteva vedere la piana di Desra, le case dai tetti rossi, le stalle, i campi coltivati, i frutteti. La luce forte del sole inondava tutto di giallo dorato. Si accasciò, scivolando a terra. Come era possibile tutto ciò? Come poteva essere, lui, il figlio di un mugnaio, il nipote di Lyone I, Re di Solea, legittimo erede a quel trono. No, doveva essere un errore, tutto un grandioso errore.
Will si asciugò le guance con la manica della camicia ricamata. Si guardò le mani. Le cicatrici svettavano maligne, bianche, sulla pelle abbronzata. Si coprì il volto. Non poteva essere. Doveva esserci un’altra spiegazione.
Al rumore di passi alzò la testa. Suo zio avanzò verso di lui, e si sedette, appoggiando la schiena contro le pietre.
-Come può essere?- mormorò Will. -Che cosa mi succederà adesso?-
Lyone lo guardò, l’abbozzo di un sorriso sulle labbra -Sei mio nipote, Will. Capisci adesso perché non ti uccisi, due anni fa?- chiese. Will annuì, incapace di parlare. -Tua madre, mia sorella, era la donna più forte che avessi mai visto. Era determinata a far valere le sue idee- ridacchiò, intristito -Aveva solo quindici anni quando decise di fuggire. Io ne avevo tredici e mi ero appena sposato. Mia moglie morì l’anno dopo, ed io, aspettai otto anni prima di risposarmi. Volevo aspettare fino a che tu non fossi arrivato, ma non potevo aspettare in eterno- sospirò -Mia moglie era sterile. Adottai un ragazzo, che poi, due anni fa, ebbe un figlio da una contadina. Un erede, anche se illegittimo, è pur sempre un erede-
Will non riusciva a comprendere veramente quello che suo zio gli stava dicendo, ma si limitava ad ascoltare, fissando il vuoto.
-Quattro anni fa arrivò quella lettera. Me la portò un uomo, un uomo che aveva sfidato il mare, pur di farmi avere quella pergamena. Quando la lessi, pensai subito al peggio. Recava la data di due mesi prima, perciò tu eri già arrivato in Aschart. Non potevo fare altro che aspettare- lo guardò, ma Will non ricambiò lo sguardo, rimanendo in silenzio -Poi, quando ti vidi, capii subito che eri mio nipote. Dovevo salvarti, dovevo salvarti a tutti i costi. Sei mio nipote, Will. Sei il legittimo re- gli prese la mano, e la strinse.
Will lo guardò. Poi guardò le loro mani. Quella di suo zio, grande, forte, perfetta. La sua, coperta di cicatrici, magra, le lunghe dita affusolate, macchiata di inchiostro tra il pollice e l’indice. La ritirò.
-Questa- fletté le dita -è la mano di un assassino- sospirò -non di un re-
Lyone lo afferrò per le spalle. -Will, non è stata colpa tua. Questa guerra... questa guerra è nata per un futile motivo. Il mio protetto, il padre di Elias ha sfidato il Governatore. Troppo a lungo l’Aschart ha subito le rappresaglie dei briganti e adesso anche quelle di un ragazzino senza cervello- sospirò, mentre i suoi occhi si facevano più cupi che mai -Adesso vogliono uccidere sia lui che Elias. Ma se tu prendi in mano le redini del paese Will, allora forse abbiamo una speranza-
Lo fece alzare. -William, sei il solo che adesso può decidere- disse Lyone. Will lo guardò. Si accorse soltanto allora di quanto vedeva il suo viso in quello dello zio. Lyone lo abbracciò. E per la prima volta dopo quattro anni Will si sentì di nuovo a casa.



SPAZIO AUTRICE

Araluna: Eh, cara, solo quattordici a me sembrano anche troppi, e sai perché? Perchè in fondo la storia è questa e non c'è, alla fine, molto altro da dire... Spero con questo capitolo di non averti deluso, ma dovevo inserirne uno di "transito" per spiegare le origini di Will. Oh, beh, IO adoro Seth, forse meno di Will, ma lo adoro. Povera Briseide eh? Beh, la mia eroina deve pur farsi salvare no? Ma non preoccuparti saprà riscattarsi! Astro in questo capitolo è quasi un automa a dire il vero, ma dovevo far spazio a Will. Il nostro eroe deve sottostare al ricatto di Guy e poi il suo adesso è più un cruccio interiore: Astro o Briseide? Eheheh... non sei l'unica ad essere sadica! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto. Un bacione!
ps: se continui così mi fai arrossssssssire..........


   
 
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