Serie TV > Provaci ancora prof
Segui la storia  |       
Autore: potterfanlalla17    13/11/2015    3 recensioni
Dopo il peggior finale di sempre nella storia di pap, ho deciso che il personaggio di Gaetano meritava più di quanto ha avuto. Questa è la mia personalissima visione di come dovrebbe proseguire il rapporto schizofrenico tra Gaetano e Camilla, sempre che tra i due un rapporto sia ancora possibile.
Un paio di avvertimenti: primo, non ho idea di come andrà finire, perciò non assicuro il lieto fine da favola come tutti vorrebbero vedere oggi. E secondo, astenersi fan sfegatati di Camilla Baudino: la prof. questa volta mi ha proprio deluso e non credo che sarà facile per lei recuperare la mia fiducia....figuriamoci quella del povero Gaetano.
A tutti coloro che invece vorranno seguirmi auguro buon viaggio insieme a me in questa nuova avventura targata pap.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Camilla Baudino, Gaetano Berardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CONTROPROPOSTE

Era piuttosto insolito che il commissariato si riempisse dei vagiti di un neonato.

Forse per questo non appena Livia varcò la soglia di quel luogo spingendo la carrozzina con dentro la sua piccola Camilla, fu attorniata da un capannello di poliziotti, perlopiù in divisa, che smaniavano per dare un’occhiata a quel fagottino rosa che, incurante delle attenzioni, dormiva beatamente. Del resto, si era aspettata una accoglienza simile: la maggior parte di quegli uomini sapeva esattamente chi lei fosse e quali rapporti avesse con il loro superiore. Era una di famiglia, per loro: non che lei avesse mai messo piede con grande frequenza in commissariato, ma era capitato di vederla spuntare ogni tanto a fianco della madre, anche se molto di rado negli ultimi tempi.

-Allora? Cos’è questo caos?- la voce del commissario Berardi sorprese molti degli uomini presenti, che sobbalzarono quando il loro superiore spuntò alle loro spalle. Erano giorni, anzi settimane, che Berardi era assolutamente intrattabile e questo dettaglio non era sfuggito a nessuno di loro, ma tutti tenevano la bocca più che chiusa, ben sapendo a cosa era dovuto il pessimo umore dell’uomo.

Un’occhiataccia da parte di Torre convinse tutti che era meglio girare al largo: un Berardi e due “Baudino” nella stessa stanza (per di più una si chiamava pure Camilla) erano un mix più che esplosivo. Persino la Lucianona, che normalmente aveva il coraggio (o la faccia tosta, questo non era ancora chiaro) di ficcare il naso nella vita privata del commissario, ritenette opportuno allontanarsi dal luogo alla velocità della luce.

Invece, tutti restarono di sasso quando alla vista di Livia e della piccola Camilla il viso del vicequestore si aprì in un sorriso luminoso, come non vedevano da tempo.

-Livia! Ben arrivata! Anzi, dovrei dire ben arrivate!- disse Gaetano stringendo la ragazza in un abbraccio affettuoso.

-Quando un vicequestore chiama, non credo si possa ignorare- ribatté Livia non appena l’uomo sciolse il contatto. Gaetano dovette ammettere che Livia assomigliava sempre di più a sua madre, non certo fisicamente quanto più nel carattere: la sua capacità di tenergli testa e di rispondergli a tono erano pari solo a quelli di Camilla.

-Ti dispiace se ci accomodiamo nel mio ufficio?- disse facendo notare gli sguardi curiosi dei presenti puntati su di loro.

Per tutta risposta la ragazza spinse la carrozzina di Camilla nella direzione indicata da Gaetano, che la seguì, lo sguardo rapito dagli occhioni scuri della piccolina ora sveglia.

Non riusciva a smettere di guardare quella copia di Camilla in miniatura: uno scherzo del destino. Gli stessi occhi scuri, gli stessi ricci, la stessa espressione ingenua e allo stesso tempo intelligente. Bellissima, proprio come la nonna.

-Vuoi prenderla in braccio?- chiese Livia avendo notato con quale adorazione Gaetano stesse osservando sua figlia.

Gaetano scosse il capo con decisione: -No, ti ringrazio. Non sono mai stato molto bravo con i bambini piccoli.

-Con Tommy vai benissimo, mi pare.

-Tommy è cresciuto- puntualizzò Gaetano, restando poi ancora in silenzio mentre, allungando un dito verso la piccola, le sfiorò la guancia suscitando un sorriso sdentato.

-Assomiglia alla nonna, vero?

Non era una domanda innocente né casuale e Gaetano lo comprese non appena vide l’espressione divertita e anche provocatoria dipinta sul volto di Livia.

-Cominciamo subito con le ostilità, ragazzina?- ribatté Gaetano nell’accurato tentativo di sviare ogni discorso che potesse condurlo a parlare di Camilla. Quella adulta (almeno anagraficamente).

-Ragazzina?

-Per me resterai sempre la ragazzina che ha atterrato mio nipote al corso di karate.

-Era judo. E ancora mi spiace di aver ferito l’orgoglio di Nino.

Gaetano alzò le mani in segno di resa: discutere con Livia era una battaglia persa in partenza.

-Allora…vogliamo parlare del motivo per cui mi hai convocata qui?- era sempre Livia a rompere i silenzi che calavano tra loro, con una leggerezza e semplicità che il commissario le invidiava. Adorava Livia sin da quando era una bambina, ma nel tempo i loro rapporti erano stati un po’ oscillanti: alti e bassi dovuti all’adolescenza e, a dirla tutta, anche alla strana relazione che lui aveva sempre intrecciato con sua madre. Insomma, tra Gaetano e Livia si era sempre trattato di odio e amore: si piacevano, si tolleravano ma entrambi erano di fatto un ostacolo per la piena felicità reciproca. Con la differenza che Gaetano non era mai riuscito ad avercela con la piccola di casa Ferrero, mentre Livietta aveva più volte dimostrato la sua insofferenza per la presenza costante di quell’uomo nella sua vita (e in quella di sua madre soprattutto).

-Non posso semplicemente avere voglia di rivedere te e questa piccolina?- chiese con aria da finto innocente il commissario, sempre più stregato dagli occhi della bimba.

Per tutta risposta Livia inarcò il sopracciglio ad una altezza francamente allarmante, mentre un’espressione, che definire scettica sarebbe stato riduttivo, si faceva strada sul suo volto.

-Ok, va bene. In realtà ci sarebbe una cosa che vorrei darti- confessò l’uomo, che nel frattempo era riuscito (con non poca difficoltà) a distogliere gli occhi dalla piccola Camilla per dedicarsi alla ricerca di qualcosa nel primo cassetto della sua scrivania. Dopo qualche istante allungò sulla scrivania un mazzo di chiavi.

-Che significa?- chiese Livia afferrando l’oggetto ed esaminandolo da vicino.

-Sono delle chiavi.

-Fin qui ci ero arrivata, grazie- rispose sarcastica la ragazza provocando il sorriso divertito del commissario.

-Sono per te. E anche per George e la piccola, ovviamente. È il mio vecchio appartamento- precisò Gaetano quando gli occhi azzurri di Livia si piantarono dritti nei suoi.

-Mi stai dando casa tua?- il tono ora era genuinamente sorpreso. Quell’uomo che per lei era, tutto sommato, un estraneo (anche se presente nella sua vita da dieci anni) le stava regalando una casa?

L’uomo annuì cercando di intuire dall’espressione del viso di Livia la sua risposta.

-Io…mi dispiace ma…è troppo. Non posso accettare- disse infine la ragazza tornando a posare le chiavi sulla scrivania. -Sei molto gentile, Gaetano, ma non posso, davvero.

Livia tutto si aspettava tranne che la risata allegra del commissario.

-Sapevo che avresti rifiutato.

-E allora perché me lo hai chiesto, scusa?- domandò imbarazzata e anche seccata per essere stata presa in giro.

-Per passare alla controproposta- ammise l’uomo.

-Quella non dovrei farla io, semmai?

-Giusto. Vuoi farne una tu, allora?

Livia cominciava a capire cosa attraesse tanto sua madre. Gaetano non era solo obiettivamente un bell’uomo (e del resto come già aveva detto a sua madre tempo prima Gaetano era sì invecchiato, ma nel minore dei modi; cosa che non poteva certo dire di suo padre che, certo, restava ancora un uomo affascinante, ma il fisico aveva un po’ ceduto ed erano comparsi anche alcuni tic nervosi), ma era anche intelligente, acuto, simpatico, divertente…insomma un uomo affascinante, nel senso più generale e completo del termine. Sì, ma allora perché se lo era lasciata scappare?

-Va bene, mi arrendo. Quale è la tua controproposta?- chiese Livia.

Gaetano riafferrò le chiavi e le fece penzolare davanti al volto della ragazza: -Allora, diciamo che non ti regalo l’appartamento, ma te lo lascio in affitto compreso di tutti i mobili, a condizione che mi paghiate solo quando avrete un’occupazione stabile. E non prima di almeno tre anni a partire da oggi.

-Due- propose Livia entrando nello spirito della contrattazione.

-Due e mezzo- ribatté il commissario divertito da quel botta e risposta, ben sapendo che alla fine non avrebbe accettato un euro prima di almeno cinque o sei anni. E forse nemmeno allora.

Livia sembrò doverci riflettere.

-Mia madre mi ucciderà- disse infine afferrando le chiavi che Gaetano ancora teneva tra le mani.

-Penso potrà sopportare che la sua bimba se ne vada di casa. E poi vai a stare davanti a lei, non dall’altra parte della città.

-Non è per quello che mi ucciderà. Se accetto, vorrà dire che tu ti trasferirai definitivamente. E non penso me lo perdonerà mai.

Gaetano sorrise, ma Livia notò un velo di tristezza farsi strada in quelle iridi azzurre.

-Se è questo che ti impedisce di accettare, puoi stare tranquilla. Mi trasferirei altrove comunque, a prescindere dal fatto che tu accetterai o meno.

-Ne sei proprio sicuro, Gaetano? Perché guarda che mia madre…

Gaetano la fermò con un cenno gentile della mano: non voleva offendere Livia, che, ne era certo, avrebbe preso con grande vigore le difese della madre, ma non poteva sopportare di sentir parlare ancora di quella donna che aveva giocato con i suoi sentimenti senza il minimo riguardo.

-Ho bisogno di allontanarmi da quel posto, Livia. Credo che tu possa anche capirmi. E comunque devo ancora farti un regalo per le tue nozze, se non sbaglio- continuò il commissario con un tono più leggero.

-Un regalo? Hai fatto in modo che Holly potesse venire al mio matrimonio! Quello per me è stato davvero importante, Gaetano!

-Quello era lavoro- disse Gaetano. Poi indicando le chiavi proseguì: -Questo è un regalo.

Livia sentì un nodo stringerle le gola: quell’uomo, che non le doveva niente e che anzi con tutta probabilità avrebbe dovuto detestarla perché senza di lei sua madre non avrebbe mai continuato a tenere in piedi un matrimonio finito anni prima, la stava trattando esattamente come se fosse almeno in parte figlia anche sua.

-Io…davvero, Gaetano, non so cosa dire- riuscì infine ad articolare, quando riprese il controllo dei suoi pensieri.

-Dì che accetti la mia proposta.

Livia fissò il suo interlocutore mentre la sua espressione mutava da sorpresa a maliziosa: istintivamente Gaetano comprese che questo non poteva essere un buon segno.

-Controproposta- proclamò la ragazza, provocando la risata sincera di Gaetano.

-Avanti, sentiamo.

-Accetto la tua proposta ad una condizione. Non negoziabile.

L’uomo sospirò: decisamente Livia aveva ereditato l’abilità della madre nelle trattative.

-Quale condizione?

-Organizzerò una festa per inaugurare casa. Voglio che tu ci sia.

La smorfia soddisfatta di Livia non scalfì il sorriso che campeggiava sul volto di Gaetano: aveva previsto un minimo di resistenza e persino un tentativo di convincerlo a riappacificarsi con la madre. Ma non aveva preventivato una sorta di ricatto. Obbligarlo a stare nella stessa stanza con Camilla. Non era una buona idea. Tutto il contrario. Magari pure con Renzo e persino con Michele. No, decisamente una pessima idea!

-Livia…

-Ho detto che non è negoziabile- sentenziò Livia irremovibile.

-Non pensi sia rischioso avere me e tua madre nella stessa stanza?

Livia scrollò le spalle come se la prospettiva non la preoccupasse minimamente.

-Ci saranno anche altre persone, non sarai costretto a parlare con lei. E poi sarai lì per me e per la piccola, giusto?

-Tu non ti arrendi mai, vero?

-Mai- ammise la ragazza con un’espressione di trionfo dipinta sul viso. -Lo prendo come un sì, allora?

Gaetano dovette arrendersi a quegli occhi azzurri che nonostante tutto lo facevano sentire a casa, in famiglia.

-D’accordo. Ci sarò.

Quasi come se fosse stata partecipe della conversazione, la piccola Camilla decise di manifestare la propria approvazione con un gridolino che attirò l’attenzione dei due adulti su di sé.

-Vedi? Anche lei ti vuole alla festa- commentò Livia mentre con delicatezza afferrava la bimba e la sollevava dalla carrozzina prendendola in braccio. La fece quasi sedere sulle sue gambe, per quanto possibile a soli pochi mesi di vita. Ora quei due fari cioccolato erano puntati dritti verso il commissario e lo fissavano incuriositi. Gaetano ne fu attratto come una calamita e, circumnavigata la scrivania, si sedette accanto a Livia prendendo tra le sue mani quella piccola e paffuta di Camilla.

-Non è questa la Camilla di cui ho paura- disse l’uomo sovrappensiero, dando voce ad un’idea che nelle sue intenzioni doveva restare ben chiusa nella sua mente. –Scusa, io non…

-Non devi scusarti, Gaetano. Senti, so tutto, ok? Mia madre mi ha raccontato tutto e per quello che vale penso che tu abbia tutte le ragioni per fare quello che hai fatto. Dico davvero. Anzi, io probabilmente avrei fatto di peggio. Però Gaetano…

-Livia, ti prego…

-No! Lasciami parlare, Gaetano- disse Livia, il tono imperioso di chi non vuole essere interrotto, tantomeno contraddetto. -Mia madre ha sbagliato, lo so, ma ti ama, moltissimo. Io lo vedo quanto sta soffrendo. Se potesse tornare indietro, farebbe tutto in modo diverso. E non mi riferisco solo alle ultime settimane. Se potesse cambiare gli ultimi dieci anni della sua vita, lo farebbe. Sei l’uomo più importante della sua vita e non vuole perderti.

-Ha uno strano modo di dimostrarlo, Livia- Gaetano si era irrigidito ma non riuscì ad evitare che la voce gli si incrinasse per il dolore sentendo le parole della ragazza: erano allo stesso tempo inferno e paradiso. Ogni volta che pensava di andare oltre, qualcuno o qualcosa lo ancorava ancora saldamente a lei.

-Lo so. È assurdo, se ci penso! È capace di dimostrare empatia per chiunque tranne quando si tratta di te.

-Grazie- esclamò sarcastico l’uomo, senza però prendersela sul serio.

-Quello che voglio dire è che lei ci tiene tantissimo a te e so che non lo riesce a dimostrare ma se tu le concedessi un’altra occasione…

-Ho già buttato via dieci anni di vita e due matrimoni per lei, Livia. Mi sembra di averle concesso più di un’occasione- replicò con un tono più duro di quanto avrebbe voluto.

-Lo capisco…davvero. È solo che mia madre non ha mai amato nessuno come ama te. E fidati, non mi è facile ammetterlo, perché non ha mai provato nulla del genere nemmeno per mio padre. Non te ne faccio una colpa, Gaetano. Né a te, né a lei, perché non si sceglie chi si ama. Adesso lo so, questo. Vorrei solo che tu sapessi…qualunque sia la tua decisione su di lei, sulla vostra relazione…vorrei solo che tu sapessi cosa sei davvero per lei, anche se lei non riesce a dirtelo.

Nella concitazione della strenua difesa della madre, Livia aveva inavvertitamente scosso la piccola Camilla, che dopo un paio di singhiozzi iniziali si era lasciata andare ad un pianto disperato. Senza nemmeno rendersene conto e senza chiedere il permesso a Livia, Gaetano d’istinto prese tra le braccia la piccola Camilla portandosela al petto, mentre girovagando per la stanza la cullava passando la sua grande mano sulla schiena della piccola. Al suo tocco Camilla cominciò a calmarsi e pian piano, terminate le lacrime, anche i singhiozzi si acquietarono.

-Tranquilla, non è successo niente- mormorava il commissario in modo che solo la diretta interessata potesse sentirlo. Poggiò un bacio delicato sulla testa della piccola, inspirando quel tipico profumo di bambino che era una delle poche cose che ricordava dell’infanzia di Tommy.

Quante volte aveva sognato e sperato di poter coccolare nuovamente un figlio tutto suo? Un figlio che fosse anche della sua Camilla? E aveva creduto che questo potesse in qualche modo diventare realtà nelle ultime settimane, anche se sapeva che l’età della professoressa rendeva difficile ma non impossibile questo suo progetto. Il pensiero lo richiamò alla realtà: quella non era la sua bambina e di certo il suo era stato un gesto del tutto inappropriato data la situazione.

-Ti prego, Livia, perdonami- disse in imbarazzo porgendo la piccola alla ragazza.

-E di cosa? Sei riuscito a consolarla in meno tempo di quanto ci avrei impiegato io! Vedi che sei portato a stare con i bambini?- rispose Livia cercando di stemperare quel tumulto di emozioni che leggeva negli occhi del commissario.

Torre bussò giusto in tempo per evitare a Gaetano di abbozzare una risposta, che effettivamente gli mancava.

-Dotto’, mi scusi, ma c’è il pm per il caso Ronco.

Gaetano annuì e ringraziò il collega congedandolo.

-Sarà meglio che vada, allora- disse Livia riponendo con cura la sua bambina nella carrozzina. Poi afferrò le chiavi che aveva lasciato sulla scrivania di Gaetano: -Io le prendo, ma tu ricordati la promessa.

-Ci sarò- si limitò a dire il commissario. Non era convinto che fosse una buona idea rivedere Camilla, tanto più se in compagnia di Renzo o Michele, ma del resto, rifletté, sarebbero passate settimane prima che Livia e George terminassero il trascolo: settimane in cui lui avrebbe tentato di riprendere il controllo della sua vita e delle sue emozioni. Non era affatto facile, ma da qualche parte doveva pur cominciare per rimettersi in piedi.

***

-Tommy, sbrigati! Siamo in ritardo!

Il piccolo Berardi sbuffò mentre con un gesto di stizza spense il televisore proprio quando la storia si stava facendo interessante.

A passo militare raggiunse il padre nella sua nuova stanza, che proprio non riusciva a farsi piacere. Cosa c’era che non andava nella vecchia cameretta? E soprattutto cosa c’era che non andava nella vecchia casa?

-Ancora così stai?- disse Gaetano quando lo vide spuntare dietro la porta, con ancora i vestiti sgualciti della giornata indosso.

Per tutta risposta Tommy alzò le spalle, ricordando a Gaetano i tempi in cui aveva appena ripreso i rapporti con il figlio e quest’ultimo parlava a stento e comunicava il suo disappunto per la nuova convivenza con una scrollata di spalle.

Il commissario sollevò il figlio da terra e lo fece sedere sul letto in modo da poterlo guardare dritto negli occhi.

-Mi vuoi dire che ti succede? È da quando sei arrivato dalla Svezia che sei arrabbiato!- in realtà Gaetano aveva un’idea di cosa poteva nascondersi dietro al cattivo umore del figlio, ma sapeva, anche per esperienza personale, che era meglio per il bambino dare voce ai suoi pensieri.

-Non mi va di andare alla festa- ammise Tommy.

-Non ti va di vedere Livia e la piccola Camilla?

-Sì, loro sì!- disse Tommy con uno slancio che fece sorridere il padre. In effetti, quando avevano ricevuto l’invito di Livia per la festa di inaugurazione della nuova casa, Tommy aveva subito manifestato una sincera gioia al pensiero di poter passare del tempo con Livia e con la piccola Camilla, presto sostituita da una smorfia di preoccupazione e di sofferenza. Gaetano non aveva dovuto faticare poi molto per capire a cosa fosse dovuto quel cambiamento: come per lui, anche per il figlio il problema non era la Camilla bambina, ma quella adulta. Della serie, talis pater, talis filius.

-E allora perché non vuoi andare? È per Camilla?- chiese con dolcezza il commissario.

Il bambino si limitò ad annuire tenendo gli occhi bassi mentre si tormentava le mani. Gaetano le prese tra le sue, costringendo il figlio ad alzare lo sguardo verso di lui.

-Tommy, Camilla ti vuole bene e sono sicuro che non vede l’ora di vederti!

Gli occhi di Tommy si fecero lucidi nel tentativo di trovare le parole adatte per rispondere al padre.

-Se mi vuole bene, perché non vuole più stare con noi?

Una stretta al cuore colpì Gaetano nel vedere il figlio soffrire così tanto per quello che stava accadendo tra lui e Camilla. Era già abbastanza difficile affrontare questa situazione per se stesso, se poi doveva andarci di mezzo anche suo figlio…

-Tesoro, Camilla vuole stare con te. Il fatto che lei ed io non stiamo più insieme non significa che lei non voglia più passare del tempo in tua compagnia. Noi siamo comunque rimasti amici- Gaetano avrebbe voluto mangiarsi la lingua piuttosto che definirsi “amico” di Camilla, ma non poteva fare diversamente. I suoi sentimenti, i suoi rancori, le sue delusioni nei confronti di Camilla non dovevano condizionare anche l’esistenza di Tommy.

-Ma io lo so che tu sei triste perché lei non c’è più.

Mentire o dire la verità? Quanto poteva comprendere un bambino così piccolo dell’amore? Gaetano fu tentato di ricorrere alla frase di sicurezza che tutti i genitori sfoderano nei casi estremi: “sono cose da grandi. Non puoi ancora capire”, ma Tommy meritava qualcosa di meglio di frasi fatte e risposte vaghe.

-Senti, Tommy, è vero che sono triste, ma se tu vuoi passare del tempo con lei per me va bene! Davvero.

-Quindi non devo essere arrabbiato con lei?

Gaetano lo fissò con un sorriso: -Sei arrabbiato con Camilla?

-Un po’. Però le voglio bene lo stesso.

-E allora penso che dovresti andare alla festa e fare la pace con lei.

-Anche tu farai pace con lei?- chiese Tommy, gli occhi pieni di speranza.

-Tommy- Gaetano si sedette accanto al figlio passandogli un braccio attorno alle spalle. –io voglio molto bene a Camilla e gliene vorrò sempre…

-…e anche lei ne vuole a te- intervenne il piccolo con convinzione, enunciando quella che per lui era una verità assoluta.

-Certo, anche lei ne vuole a me, ma in modo diverso.

-Che vuoi dire?

Il commissario non sapeva proprio come poter spiegare al figlio la differenza tra amicizia e amore, per lui evidentemente troppo complessa da comprendere.

-Vedi, io vorrei sposare Camilla, ma lei non se la sente. Per il momento preferisce restare da sola- “a fare la nonna single e indipendente” avrebbe voluto aggiungere con una tonnellata di sarcasmo nella voce.

-Non vuole vivere con noi? Perché?

“Bella domanda” si chiese Gaetano.

-E’ perché sono disordinato e mangio sul divano?- continuò il piccolo facendo mente locale sui rimproveri più frequenti che riceveva dalla madre e anche a volte dal padre.

Il commissario sorrise: -No, no, Tommy. Tu vai benissimo. Credo che il problema sono io, ma questo discorso lo affronteremo un’altra volta, d’accordo? Altrimenti non arriviamo più da Livia! E zio Renzo si finisce tutta la torta!- concluse afferrando Tommy per la vita e sorprendendolo con un attacco di solletico.

Tommy aveva altre mille domande, ma comprese che per il padre il discorso doveva ritenersi chiuso. Saltò giù dal letto come un fulmine, non prima però di aver stretto il padre in un forte abbraccio, il più forte di cui era capace.

Gaetano lo guardò allontanarsi: di fatto, si ritrovava a dover gestire i postumi di una separazione e di un divorzio, senza nemmeno aver goduto dei benefici e dei piaceri di un matrimonio! Afferrò la prima cosa che trovò, il dinosauro di Tommy, e lo scagliò attraverso la stanza. Non avrebbe mai maledetto abbastanza il giorno in cui aveva incontrato Camilla Baudino.

 

 

Angolo dell’autrice:

che dire? Prima di tutto ho deciso di riportare alla sanità mentale Livietta: se è abbastanza matura per sposarsi e figliare, deve esserlo anche per affrontare il rapporto allucinante tra la madre ed il commissario. E a parte questo credo che lei e Tommy siano gli unici che possano fare da intermediari per i due tontoloni.

Quanto a Tommy…lo adoro, è stato sfruttato poco e malissimo a mio avviso nella sesta stagione, quindi adesso bisogna recuperare.

Insomma, non vi ho dato la cena romantica a due, ma una festa di inaugurazione per la nuova casa di Livia. Ed è solo l’inizio.

Spero che vi sia piaciuto e grazie a tutti coloro che leggono e che trovano il tempo di lasciare un pensiero.

A presto.

L.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Provaci ancora prof / Vai alla pagina dell'autore: potterfanlalla17