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Autore: franci893    13/11/2015    4 recensioni
Battaglia di Hastings, 1066: Guglielmo il Conquistatore sconfigge il re dei Sassoni e viene incoronato re d'Inghilterra. Una volta confiscate le terre ai nobili sassoni, le concede ai suoi cavalieri come ricompensa. Tristyn Le Guen, secondogenito di un conte bretone, riceve in cambio dei servigi offerti un piccolo feudo in Northumbria, regione fredda e montuosa al confine con il regno di Scozia.
Tristyn pensa che ora la strada sia tutta in discesa, ma governare un castello sarà veramente così semplice come pensa?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Capitoli:
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12.
 
 
Una nebbia leggera avvolgeva il castello quel giorno.
Agli occhi di un viaggiatore errante, complice quell’atmosfera surreale e la quiete che regnava nella vallata circostante, quella dimora sarebbe potuta sembrare disabitata da anni.
Ma Conrad Fitzgerald non si lasciò ingannare.
Esausto dopo quattro giorni di viaggio, guardò con sollievo quelle alte mura e pregustò il momento in cui avrebbe potuto riposare su un letto morbido, e non sui scomodi giacigli a cui si era dovuto adattare nelle notti precedenti.
- Finalmente – mormorò, dando una pacca affettuosa al suo cavallo.
L’animale, sbuffando, si rimise in marcia, e in poco tempo raggiunsero l’entrata del castello.
Il grande portone di legno era aperto, e due soldati se ne stavano di guardia, le casacche rosse che brillavano alla luce del sole mattutino. Normanni.
Non appena si avvicinò si misero sull’attenti, ma sul loro viso apparve un’espressione sorpresa, non appena lo riconobbero. Esaurite le domande di rito, lo fecero passare senza indugio.
Il cortile interno era affollato da uomini e donne, indaffarati in mille attività diverse al punto che non degnarono di uno sguardo la sua entrata. Il cavallo scattò, infastidito da quella confusione, e Conrad dovette far forza sulle redini per tenerlo tranquillo. Dopo averlo lasciato alle cure di uno degli stallieri, si mescolò agli abitanti del posto, cercando di orientarsi in quella baraonda.
- Guarda un po’ chi ha deciso di farsi vivo! –
Conrad si voltò, e si ritrovò faccia a faccia con un viso conosciuto.
Un sorriso si allargò sul suo volto.
- Stefan! Quanto tempo! – gli strinse la mano vigorosamente.
- Non ci posso credere! Pensavamo non saresti arrivato in tempo – gli disse l’altro, dandogli una sonora pacca sulla spalla.
- Non potevo mancare per nulla al mondo – Conrad ridacchiò – allora, Lei dov’è? – chiese.
Stefan gli lanciò un’occhiataccia.
- Non cambi mai, sempre pronto ad andare alla ricerca di donne da importunare!- lo rimproverò scherzosamente.
- Non sono io che le importuno, sono loro che si gettano tra le mie braccia – ribatté lui, con orgoglio.
Stefan sbuffò, come faceva sempre, ed entrambi si misero a ridere.
- E sia, vorrà dire che andrò prima a porgere i miei omaggi al padrone di casa. Lui almeno è disponibile?-
Stefan lo guardò con aria afflitta, il che lo fece allarmare.
- E’ successo qualcosa? – domandò, preoccupato.
- Oh no, affatto. Solo che non lo troverai di ottimo umore – Stefan gli fece segno di seguirlo.
Entrarono da una delle porte laterali e s’incamminarono lungo un corridoio ancora avvolto nella penombra mattutina.
- Cos’è, il nostro Tristyn non si sente pronto a legarsi a una donna? – scherzò Conrad.
Arrivarono di fronte ad una porta chiusa. Un silenzio irreale aleggiava intorno, quasi nessuno osasse avvicinarsi a essa.
- Ecco il mio consiglio: non fare battute su matrimoni, mogli, mariti e quant’altro se non vuoi essere preso a calci. E’ un po’ suscettibile al momento – mormorò Stefan, prima di bussare.
- Andate via! – borbottò una voce dall’interno.
Stefan gli lanciò un’occhiata eloquente. Diamine, la situazione era più grave di quanto pensasse.
Senza aspettare alcun permesso, l’amico aprì la porta e Conrad lo seguì a ruota.
- Stefan, a meno che un’orda di scozzesi o sassoni assetati di sangue non sia davanti ai cancelli, pronta a buttare giù il castello, non voglio essere disturbato – disse Tristyn, senza nemmeno guardare nella loro direzione.
- Pochi mesi lontano dalla civiltà e hai già dimenticato come si accoglie un amico? – lo prese in giro Conrad, facendosi avanti.
Tristyn alzò di scatto la testa, e un sorriso gli illuminò il volto.
- Che il diavolo mi prenda! – esclamò.
Si alzò in piedi e lo strinse in un abbraccio fraterno.
- Pensavo non ce l’avresti fatta! – disse, facendogli segno di sedersi.
- La vostra fiducia riesce sempre a commuovermi, sul serio – ribatté Conrad, accomodandosi su una sedia lì accanto.
Sia Stefan sia Tristyn ridacchiarono, e per un attimo a tutti loro sembrò di essere tornati ai tempi della loro adolescenza, nelle assolate campagne bretoni, quando la loro unica preoccupazione era stata sfuggire alle attenzioni dei loro precettori.
Era passato poco tempo da allora, ma le cose erano radicalmente cambiate. Ognuno aveva scelto un percorso diverso, in base alle proprie aspirazioni e talenti. Conrad aveva una spiccata inclinazione per la politica, Tristyn era un ottimo soldato e Stefan aveva sicuramente una dote per la diplomazia. Nonostante questo però, eccoli lì, di nuovo insieme. E per quanto ormai fossero degli uomini adulti, tutti e tre sapevano bene di dover essere grati a qualche divinità superiore per questo privilegio.
- Allora amico mio, muoio dal desiderio di conoscere la tua futura moglie! – esordì Conrad.
Stefan si passò una mano sulla fronte e scosse la testa, frustrato.
Tristyn gli lanciò un’occhiata di fuoco.
Ma Conrad non si lasciò impressionare.
- Ho detto qualcosa di male, forse? – chiese, con tono innocente – voglio solo conoscere la fortunata ragazza che ha preso al laccio il mio migliore amico. -
L’espressione arrabbiata di Tristyn iniziò a incrinarsi.
- Non preoccuparti, non ho intenzione di portartela via. Farò tutto ciò che è in mio potere per reprimere il mio naturale fascino e non farla cadere ai miei piedi – promise, mettendosi una mano sul cuore.
- Sei sempre il solito bastardo insolente – mormorò Tristyn, mentre un ghigno divertito compariva sulle sue labbra.
- E’ vero, ma qualcuno deve pur metterti al tuo posto – ribatté Conrad.
E tutti e tre scoppiarono a ridere.
Come ai vecchi tempi.
 
*
 
 Dopo aver trascorso più di un’ora a rivangare insieme i vecchi tempi e a bere diversi calici di vino, Stefan li lasciò soli.
Tristyn si assicurò che l’amico avesse chiuso la porta alle sue spalle prima di rivolgersi a Conrad.
Non disse nulla, ma non fu necessario parlare.
- Ho portato ciò che mi hai chiesto – rispose l’amico, alla sua muta domanda.
Estrasse da una tasca nascosta un piccolo astuccio in velluto, e glielo porse, senza aggiungere altro.
Tristyn si sentì stringere un nodo in gola, mentre lo prendeva in mano.
Non lo aprì, ma seguì con le dita la sagoma dell’oggetto che conteneva, sentendosi prendere da una miriade di emozioni diverse.
Conrad decise di spezzare il silenzio che si era creato nella stanza.
- Siamo stati fortunati. Quando ho ricevuto la tua lettera, stava per salpare una nave da Hastings e sono riuscito a imbarcarmi. Da lì ci ho messo poco a raggiungere la casa di tuo fratello. Ti manda i suoi saluti. E mi ha chiesto di farti avere anche questa – si sfilò una lettera stropicciata dalla stessa tasca.
- Grazie – Tristyn la prese.
Bruciava dalla voglia di aprirla e leggerla, tuttavia voleva godersi quel momento in solitudine, perché sapeva che non sarebbe rimasto indifferente al suo contenuto e non voleva spettatori.
- Grazie Conrad – ripeté, cercando di non far trasparire quanto tutto ciò lo toccasse nel profondo – ti sono debitore – disse.
L’amico alzò le spalle.
Per qualche istante, non dissero più nulla.
- Ora basta con questi sentimentalismi, però! – borbottò Conrad, alzandosi in piedi e schiarendosi la voce.
Tristyn lo imitò, infilandosi l’astuccio in tasca.
- Sarai stanco. Ti ho fatto preparare una stanza al piano superiore – gli disse, aprendogli la porta e facendogli strada.
- Queste sono parole celestiali per le mie orecchie. Non ce la facevo più a dormire su letti di foglie secche – si lamentò l’amico.
Tristyn alzò gli occhi al cielo.
- Londra ha avuto una brutta influenza su di te – lo prese in giro.
- Oh, affatto. Dovresti vederla, Tristyn. La città cresce di giorno in giorno, e Guglielmo sta facendo costruire nuove strade. Due fortezze sono già state erette a est e ovest delle mura, per proteggere la città in caso di un attacco da parte dei Danesi o dei ribelli sassoni – Conrad era entusiasta mentre raccontava all’amico ogni dettaglio della vita cittadina ma Tristyn non lo invidiava.
Lui amava Welnfver. Era stato così dal primo momento che aveva messo piede in quella terra brulla e inospitale, e con il passare del tempo, il legame che sentiva con essa era diventato sempre più forte.
-… e dovresti vedere la varietà di mercanzie al mercato di Westcheape, ne rimarresti impressionato! Mi stai ascoltando o no? – domandò Conrad, spazientito.
- Sì, Conrad. Ma resto della mia idea che Londra ti abbia rammollito – scherzò.
- Che barbaro – borbottò l’amico, alzando gli occhi al cielo – non sei proprio cambiato. –
Tristyn ridacchiò.
- Nemmeno tu, principino – lo prese in giro, scattando in avanti per evitare il manrovescio dell’amico.
Certe cose non cambiavano mai.
 
*
 
Lynn se ne stava davanti allo specchio, immobile.
Il suo riflesso le rimandava indietro un’immagine di se stessa che, se non fosse stata certa di essere sveglia, le sarebbe parsa irreale.
Winfrid e Tess avevano trascorso le ultime due ore ad acconciarle i capelli e l’avevano pure costretta ad indossare l’abito nuziale, per finire di sistemare gli ultimi dettagli in vista della cerimonia, che si sarebbe tenuta tra due giorni.
Dopo aver subito in silenzio quel supplizio, Lynn le aveva pregate di lasciarla sola.
E ora eccola lì, dall’altra parte della superficie riflettente, una sconosciuta che la guardava dritto negli occhi.
I suoi lunghi capelli rossi erano stati chiusi in un’elaborata treccia, puntata sotto la nuca, ed erano stati coperti con un velo di lino candido come la neve. L’abito, di un tenue azzurro con ricami più scuri lungo gli orli delle maniche, era stretto in vita da una cintura e le cadeva giù fino ai piedi.  Tess e Winfrid erano rimaste estasiate quando avevano terminato il loro lavoro, e l’avevano ricoperta di complimenti. Tuttavia Lynn non era riuscita a condividere il loro entusiasmo.
Ai suoi occhi, quel velo, quell’abito erano la prova inconfutabile che ormai non poteva più tirarsi indietro.
Non che ne avesse avuta la possibilità: quando le aveva dato la notizia, Tristyn le aveva spiegato chiaramente i motivi che stavano dietro al loro matrimonio. O meglio, chi.
Lynn aveva le mani legate: nessuno poteva opporsi al volere di re Guglielmo, neppure lei, che lo considerava un mero usurpatore.
La ragazza aveva trascorso le notti precedenti in bianco, alla disperata ricerca di una scappatoia, uno stratagemma che potesse salvarla da quell’unione forzata, ma ben presto aveva capito che non c’era nulla che lei, o nessun altro, potesse fare.
Non poteva nemmeno fuggire, perché le conseguenze sarebbero state disastrose per gli abitanti del castello. E per Tristyn. Con sgomento, Lynn si era resa conto che ormai le sue azioni ricadevano pure su di lui. C’era un legame tra loro, anche se non erano sposati, che era maturato con il passare dei giorni, delle settimane, dei mesi, senza che lei nemmeno se ne accorgesse.
Lynn aveva cercato di evitarlo il più possibile, limitandosi a salutarlo educatamente quando si incrociavano a cena o nei corridoi del castello. In questo modo, aveva l’impressione di riuscire a non pensare al loro matrimonio come se fosse un evento reale; sapeva che doveva accadere, ma era lontano nel tempo, un pensiero fluttuante nella sua mente che però acquisiva consistenza non appena Tristyn era nelle vicinanze.
Tuttavia quello stratagemma ora non funzionava più. La sua immagine riflessa glielo diceva chiaramente: si sarebbe dovuta sposare tra due giorni, che lo volesse o no.
Lynn si sentì travolgere dalla rabbia.
- Al diavolo!- esplose.
Iniziò a togliersi il velo dalla testa, strappandosi qualche ciocca nella foga, e lo lanciò contro lo specchio, quasi a voler coprire l’immagine che rifletteva. Sciolse i capelli e si levò con malagrazia l’abito, restando in sottoveste. Improvvisamente sentiva la necessità di indossare i suoi soliti indumenti e sentire il vento correre libero tra i suoi capelli. Una volta sposata avrebbe dovuto sempre portare il capo coperto, e quel pensiero la faceva impazzire.
Una volta che si fu vestita, uscì di corsa dalla sua stanza e si diresse verso le scuderie.
Aveva bisogno di uscire dal castello, da quelle mura che negli ultimi giorni erano state più una prigione che una casa e soprattutto sfuggire dall’ombra delle nozze incombenti.
- Buongiorno milady – la salutò uno degli stallieri, chinando il capo.
Lei ricambiò con un cenno.
- Fate sellare il mio cavallo – ordinò, cercando di non far trapelare la sua impazienza.
Il ragazzo iniziò a farfugliare qualcosa.
- Veramente milady, non dovreste uscire da sola. Sir Tristyn ha detto che…- era evidente che temeva una sua reazione, ma Lynn aveva già capito tutto.
“ Non sono ancora sposata e già mi tiene in gabbia”, pensò, indecisa se mettersi a urlare dalla rabbia o dalla disperazione.
Quanto sarebbe stato facile buttare fuori in quel modo tutte le emozioni represse fino a quel momento!
Tuttavia non era nel carattere di Lynn di dare spettacolo e, soprattutto, sapeva che avrebbe provato un sollievo temporaneo.
No, ci voleva un’azione più drastica.
Prima di cambiare idea, entrò nuovamente nel castello, decisa a risolvere il problema alla radice e, tra gli sguardi preoccupati della servitù, si diresse verso la biblioteca.
Era sicura che avrebbe trovato lì Tristyn.
Per quanto questo volesse dire venire meno alla promessa che aveva fatto a se stessa – evitarlo fino al giorno delle nozze – non poteva pensare di iniziare una relazione con quell’uomo senza avergli prima detto in chiaro che cosa pensava di lui e delle sue manie di controllo!
Come aveva previsto, la porta era chiusa.
Da quando si era sparsa la notizia del matrimonio, Tristyn si era barricato là dentro per la maggior parte del tempo, quasi fosse lui la vittima oltraggiata di quel folle piano matrimoniale! Lei invece non solo non si era opposta in alcun modo, ben sapendo che qualsiasi resistenza sarebbe stata inutile, ma si era pure occupata di organizzare ogni cosa.
Questo ultimo pensiero le fece vedere rosso, e stava per entrare senza tante cerimonie quando sentì una voce provenire dall’interno della stanza. Per quanto il suono fosse attutito, Lynn si accorse subito che non si trattava di Tristyn. No, chi parlava aveva una voce calma e squillante, marcata da un forte accento francese.
Doveva trattarsi sicuramente di un normanno, un ospite di Tristyn probabilmente.
Ora, se Lynn fosse stata la gentildonna educata e rispettosa che avrebbe dovuto essere, si sarebbe allontanata in silenzio e senza voltarsi indietro. La ragazza sapeva benissimo quanto fosse sbagliato origliare da dietro ad una porta, e si stava impegnando seriamente per togliersi quel vizio.
Tuttavia, come accadeva sempre, la curiosità vince sui suoi buoni propositi.
Dopo essersi assicurata che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, si appoggiò alla porta e aguzzò le orecchie. Purtroppo i due uomini parlavano troppo piano perché lei potesse sentire quello che si stavano dicendo, tuttavia alle orecchie di Lynn giunsero alcune parole confuse: lettera, Hastings, fratello…
Le cose si facevano interessanti.
Tristyn non le aveva mai parlato della sua famiglia. Non ce n’era mai stata l’occasione e, ad eccezione della sera della festa in cui lei non era stata particolarmente in sé, Lynn non gli aveva mai chiesto nulla. A quanto pareva, però, l’uomo misterioso era arrivato a Welnfver per portare a Tristyn un messaggio da casa. Che avesse informato i suoi familiari delle sue imminenti nozze? Li aveva invitati alla cerimonia? Stavano arrivando a Welnfver? E senza nemmeno avvisarla, magari!
D’altronde, se lo sarebbe aspettata da uno come lui…
Immersa com’era nelle sue riflessioni, sobbalzò quando sentì la voce di Tristyn, molto più chiara e vicina.
- …ti ho fatto preparare una stanza al piano superiore – disse, e con orrore Lynn si accorse che stava per aprire la porta.
Con un balzo, indietreggiò, pensando freneticamente a cosa fare.
Se lui l’avesse trovata là fuori, non ci avrebbe messo molto a capire cosa stava facendo.
Con la coda dell’occhio, vide una nicchia nel muro a qualche metro di distanza. La raggiunse e vi si nascose dentro proprio mentre la porta si apriva. I due uomini uscirono, chiacchierando amichevolmente, e si diressero verso le scale che portavano al piano superiore.
Lynn tirò un sospiro di sollievo e si lasciò scivolare a terra.
Mentre l’adrenalina scemava però, la sua mente continuava a rimuginare su quanto aveva appena sentito. Il senso di indignazione e rifiuto che aveva covato fino a quel momento esplose , facendola uscire dallo stato di apatia in cui era caduta dal momento in cui aveva saputo il destino che l’attendeva.
Doveva scoprire cosa stava tramando Tristyn ad ogni costo, e c’era solo un modo per riuscire nell’impresa: scovare l’uomo misterioso e farlo cantare.
 
*
 
Se Lynn aveva creduto che la parte più difficile del suo piano fosse convincere l’ospite di Tristyn a raccontarle tutto, si dovette presto ricredere.
L’uomo misterioso le era sfuggito per tutto il pomeriggio. Lynn aveva aspettato che uscisse dalla sua stanza a lungo, e sarebbe stata ancora lì se una delle cameriere non fosse arrivata a rassettare la stanza. Evidentemente si era messo a gironzolare per il castello, eppure Lynn, pur controllando ogni singolo angolo dell’edificio, non ne trovò traccia.
Sbuffando frustrata, uscì nel cortile principale, decisa ad estendere la sua ricerca all’esterno. Il sole aveva iniziato a calare e il cielo si era tinto di mille sfumature aranciate.
Nonostante fosse stanca, Lynn era felice di questo diversivo. Per la prima volta da giorni la sua mente non era focalizzata sul suo matrimonio, e questo la faceva sentire decisamente meglio.
Stava per superare le scuderie quando un nitrito attirò la sua attenzione.
Si girò e rimase a bocca aperta.
A pochi metri da lei se ne stava uno dei cavalli più belli che avesse mai visto, il manto nero come la notte e due occhi lucenti e intelligenti che la fissavano, guardinghi.
Incantata, si avvicinò, tendendo la mano verso l’animale e mormorando qualche parola in sassone per tranquillizzarlo. Il cavallo sbuffò un paio di volte, indietreggiando nello spazio angusto in cui era confinato, ma alla fine tornò verso di lei e si sporse in avanti, cauto.
- Ecco, così, bravo – lo lodò la ragazza, mentre colmava gli ultimi metri tra loro e gli sfiorava il manto lucido con una carezza.
L’animale si irrigidì leggermente, però la lasciò fare, osservandola attentamente.
Lynn lo accarezzò dolcemente, e quel movimento quieto, unito alla litania che continuava a mormorargli, contribuirono a tranquillizzarlo. Inspiegabilmente, anche la ragazza si calmò.
- Sei proprio bello, sai? – gli disse, assorta nei suoi pensieri.
- Grazie – rispose una voce alle sue spalle.
La ragazza sobbalzò, e si allontanò di scatto dal cavallo.
Quella voce!
Si voltò e si ritrovò di fronte un uomo che non aveva mai visto prima e che la stava osservando, divertito. Non era particolarmente alto, né aveva il fisico possente di molti soldati normanni, eppure c’era qualcosa in lui che lo rendeva attraente, e di questo lui ne era pienamente consapevole.
- Perdonatemi, non volevo spaventarvi – si scusò l’uomo.
- Non importa, ero distratta. Bel cavallo – rispose lei, mentre mentalmente si preparava alla fase più delicata del suo piano. Doveva estorcergli tutte le informazioni possibili con la massima discrezione, l’ultima cosa che desiderava era che lui intuisse la sua identità.
Lo sconosciuto sorrise.
- Si chiama Alar – disse, avvicinandosi a lui.
L’animale lo riconobbe e sporse il muso verso il padrone, in cerca di una carezza.
- Gli piacete – osservò l’uomo – di solito non si lascia toccare dagli estranei. –
- Molti dicono che vado più d’accordo con gli animali che con le persone – disse lei, facendolo ridere.
- Sono Conrad Fitzgerald – si presentò l’uomo, facendole un inchino.
- Lady Lynn – rispose lei – non siete di queste parti, vero? – chiese, passando subito all’attacco.
- No, sono arrivato stamattina da Londra. Ma, come avrete intuito, non sono inglese. – ammise.
- L’avevo notato – osservò lei, e l’uomo ridacchiò.
- Non avete peli sulla lingua, milady. Mi piacciono le donne che dicono quello che pensano – disse, lanciandole un’occhiata interessata e facendola arrossire.
Le cose non stavano andando come aveva previsto. Non aveva bisogno di ricevere complimenti da quel farfallone, lei voleva informazioni.
- Siete un amico di sir Tristyn? – chiese, in tono casuale.
Conrad annuì.
- Fin da quando eravamo piccoli. Siamo cresciuti insieme, nelle assolate terre della Bretagna – declamò, in tono melodrammatico, facendola ridere.
- Quindi siete venuto qui per il matrimonio? – continuò lei.
Lui le lanciò un’occhiata incuriosita.
- Ditemi, fate sempre così tante domande alle persone che non avete mai visto? – chiese.
- Solo se le trovo interessanti.-
Mio dio, quella frase avrebbe gonfiato ancora di più il suo ego, ma era l’unico modo per farlo parlare. Per quanto si atteggiasse a bellimbusto, Lynn aveva capito che dietro quella maschera si nascondeva un uomo intelligente e, soprattutto, astuto.
Conrad scoppiò a ridere.
- Sì, siete decisamente una donna senza peli sulla lingua. Mi chiedo se sia così anche quella che ha stregato il cuore del mio migliore amico – osservò, incrociando le braccia sul petto.
Lynn si sentì arrossire.
Per fortuna che non gli aveva rivelato la sua identità, sarebbe stato terribilmente imbarazzante.
“ … quella che che ha stregato il cuore del mio migliore amico.”
Come se lei avesse mai fatto qualcosa del genere!
- Temo resterete deluso, milord. Si tratta di un matrimonio dettato da semplici ragioni di stato, lo sanno tutti. Nessuno ha stregato il cuore a nessuno – gli disse, punta sul vivo.
A Lynn non interessava quello che la gente pensava del suo matrimonio. Lei rispettava Tristyn, lui rispettava lei, e il loro rapporto si esauriva lì. Tuttavia, si accorse con sgomento, le interessava sapere cosa pensasse il suo futuro marito di lei.  Per questo aveva voluto così disperatamente parlare con Conrad, non tanto per avere informazioni sulla famiglia di Tristyn, ma per sapere cosa Tristyn pensasse di lei. Non come castellana. Come persona.
Che tenesse a lei più di quanto le aveva fatto credere? Cosa c’era scritto nella lettera che Conrad gli aveva recapitato? La testa le iniziò a girare alla stessa velocità in cui si rincorrevano i suoi pensieri.
Conrad, nel frattempo, aveva abbandonato il suo atteggiamento scherzoso e ora la osservava attentamente.
Per un attimo Lynn temette che avesse intuito la sua vera identità, invece la spiazzò.
- Con tutto il rispetto milady, penso di conoscere il mio amico meglio di voi. Tristyn non è un uomo facile da comprendere: è taciturno, introverso, e non ama parlare di sé, nemmeno con le persone di cui si fida. Quando lo fa, si tratta solo di questioni che gli stanno a cuore. Per questo mi dovete credere quando vi dico che quella donna conta qualcosa per lui – spiegò, in tono gentile ma fermo.
- Allora ve l’ha detto lui? – chiese, cercando di non suonare troppo brusca.
Conrad incrociò le braccia sul petto, lanciandole un’occhiata scaltra.
- Non mi ha detto nulla – rispose.
Quell’arrogante di un normanno si stava prendendo gioco di lei! E lei gli permetteva di farlo!
Lynn stava per voltargli le spalle e andarsene senza dire un’altra parola quando lui continuò:
- Tristyn mi ha chiesto di fare una cosa per lui che non mi lascia alcun dubbio su ciò che affermo. Se davvero per lui si trattasse solo di un matrimonio di convenienza, non si sarebbe mai sognato di…- si interruppe di colpo.
Ci siamo.
- Che cosa? – chiese Lynn, con il fiato sospeso.
Conrad le rivolse un sorrisetto malizioso.
- Temo di non potervelo dire, sono desolato. Ora, con il vostro permesso, mi ritirerò nei miei alloggi. Milady – fece un lieve inchino e si incamminò verso il castello.
Lynn si riprese subito dallo stupore e si lanciò al suo inseguimento.
- Aspettate! Non potete lasciarmi così! – gli gridò dietro.
Dopo tutta la fatica che aveva fatto per farsi rivelare ciò che voleva sapere, non aveva alcuna intenzione di lasciare la presa ad un passo dalla vittoria!
L’uomo non si voltò nemmeno.
D’accordo, l’aveva voluto lui.
Senza perdere velocità, cambiò strada e prese una piccola scorciatoia.
Lo incrociò mentre stava per raggiungere la porta principale e gli si parò davanti, trionfante.
Conrad si limitò a sollevare un sopracciglio.
- Notevole – disse – avete sicuramente un passo allenato, milady. –
Lynn liquidò quel complimento con un gesto della mano.
- Che cosa vi ha chiesto sir Tristyn di così importante da farvi giungere a quella conclusione? – domandò, con il fiato corto – ho bisogno di saperlo – aggiunse.
- Milady…- iniziò il normanno, in tono più gentile.
- Per favore! – lo pregò.
Evidentemente era riuscita a muovere qualcosa nel cuore di quell’uomo perché alla fine annuì.
- D’accordo. Io…- si interruppe di colpo.
Lynn stava per urlare per la frustrazione quando sentì una voce alle sue spalle.
- Si può sapere cosa sta succedendo qui? –
La ragazza trasalì, e dopo qualche istante si costrinse a voltarsi.
- Ora vi può rispondere il vostro futuro marito - le sussurrò Conrad, facendola arrossire.
Quel maledetto normanno aveva capito tutto fin dal principio!
 – Arrivederci milady – chinò il capo in segno di saluto e si accomiatò, lasciandoli soli.
Tristyn guardò entrambi con aria perplessa.
- Tutto bene? – le domandò, cortese.
I loro sguardi si incrociarono, per la prima volta, dopo giorni.
Le parole di Conrad le rimbombavano nel cervello.
“ …mi dovete credere quando vi dico che quella donna conta qualcosa per lui.”
- Lynn! – la chiamò Tristyn.
“Tristyn mi ha chiesto di fare una cosa per lui che non mi lascia alcun dubbio su ciò che affermo.”
- Lynn, siete sicura di stare bene? – le chiese, prendendola per le spalle e scuotendola leggermente.
La ragazza si riscosse e si allontanò di scatto da lui.
- Sì, sono solo un po’ stanca. Io…io penso che andrò a riposare, adesso – mormorò.
Senza aggiungere altro, entrò nel castello e corse a perdifiato finché non raggiunse la sua camera.
Si gettò sul letto, il viso sepolto nei cuscini, quasi il contatto con il tessuto potesse assorbire il calore della sua pelle. Le parole di Conrad avrebbero dovuto farla sentire meglio, eppure Lynn non era affatto sollevata. Perché quelle parole l’avevano messa di fronte ad una domanda che non si era mai posta fino a quel momento.
Provava qualcosa per Tristyn?
 
 
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Ciao a tutti!
So che avevo promesso che sarei stata più puntuale, ma sto avendo un po' di difficoltà a scrivere, ultimamente. Questo capitolo l'ho riscritto diverse volte, e penso sia stato il più difficile finora, spero che il risultato sia buono:) Comunque non ho alcuna intenzione di abbandonare questa storia, ci tengo molto e voglio assolutamente darle un finale. Nonostante la mia assenza, le visite sono veramente tante, e voglio ringraziare tantissimo tutte le persone che hanno inserito la storia tra le seguite/preferite, ma soprattutto a chi recensisce, leggere i vostri commenti mi rallegra davvero la giornata, e mi aiuta a capire cosa c'è da migliorare:)
Vi lascio al capitolo!

Un bacione
Francesca
 

   
 
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