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Autore: Avenal Alec    16/11/2015    1 recensioni
Sebastian e Isabelle hanno sempre saputo quale fosse il loro destino, sono nati per una missione, sono stati cresciuti e addestrati per adempiere ad un profezia che lega le loro famiglie. Sono stati separati da piccoli ma, ora che si sono nuovamente incontrati, il loro viaggio potrà cominciare e la leggenda che ha forgiato il loro legame potrà finalmente compiersi.
La storia partecipa al contest Trailer di Carta e si ispira al trailer di Assassin Creed "The fiery templar".
Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

Tum…tum.
Il mio sangue e il suo sangue rimbomba nella mia testa. I nostri respiri affannosi si mescolano in quella cantina in cui abbiamo trovato rifugio. Le mie mani sulle ginocchia, lei accanto a me nella stessa posizione. 
Uno specchio eravamo uno specchio siamo. 
Così deve essere ma non è ciò che sento. 
L’ho osservata di sfuggita durante la lotta per scappare dai tumulti, dalla folla inferocita, dalle guardie. Non è lei, un vago ricordo del prima ma ora?.
La guardo di sottecchi, aspettando il suo sguardo su di me, non c’è, i suoi occhi sono bassi. 
Tum…..tum, 
tum,tum
Il rumore sempre più fievole, una nota stonata, i nostri respiri, i nostri battiti non sono all’unisono, l’anima antica divisa fra noi urla nelle nostre menti. 
Cupe visioni di buio e luci fiammeggianti. 
Morte chiama, noi dobbiamo rispondere a quella chiamata.
Scrollo la testa, tento di snebbiare la mente. Lei è immobile, non sente, non prova ciò che sento e che provo?
Chi è questa giovane donna che mi è accanto?
L’ira s’impossessa di me, uno strano desiderio di distruzione. Un sapore acre nella bocca, non sono stato addestrato per lasciarmi andare. Calcolo, freddezza e decisione sono stati il mio credo alla Gilda del Drago Rosso. 
Cammino su e giù nella stanza, la mia mente allenata analizza ogni angolo, valuto ogni possibilità di fuga. 
So che è solo un trucco per non slanciarmi verso quella donna. 
Vorrei scrollarla con forza e urlarle “Non senti che Morte chiama?, rispondi alla sua chiamata, fa che il nostro fato espleti il suo disegno”
Ma continuo a girare, gli occhi saettano da un angolo all’altro della stanza mai troppo distanti dalla fanciulla.
Sento ora i suoi occhi su di me,
Mi scruta, lo sento, 
Mi pesa, lo vivo,
Mi osserva, non voglio.
Voglio che parli al mio cuore, alla mia anima. 
Voglio che il rumore torni un unico battito fra noi.
Si avvicina a me, il momento è ormai forse giunto? Perché l’interferenza di sottofondo non cede il passo all’armonia?
Chi sei o giovane fanciulla promessa, metà della mia anima, sposa del mio destino?
I nostri occhi s’incontrano, ci scrutiamo, all’unisono li chiudiamo entrando in noi. 
Eccola finalmente l’onda che sale, la musica, la melodia della tempesta che alberga nell’infinito. 
Un ricordo lontano riaffiora, parole di una leggenda: 

 
Le due anime allontanate dal tempo s’incontreranno, 
si riconosceranno 
il loro viaggio comincerà.

Entrambi sentiamo l’anima divisa, scalpita per rompere la membrana del limbo in cui è stata rinchiusa millenni orsono. Morte giace immortale fuori dal tempo ma presto sorgerà e la nuova Era comincerà.
Fa le fusa come un gattino, cullata dall’armonia dei nostri battiti. Si addormenta vigile in un angolo della nostra mente. 
Tornerà quando il viaggio terminerà, quando saremo pronti al sacrificio.

Apriamo gli occhi, il nostro riflesso nello sguardo dell’altro, un cenno d’assenso, la via è di nuovo chiara.

“Ricordi la strada” chiedo a Isabelle, sono venti anni che non ci vediamo ma quello che doveva essere detto è già stato raccontato quando i nostri occhi si sono incontrati. Non serve riferirle come io sia riuscito a trovarla e ciò che ho fatto.
“Si! Ora dobbiamo uscire dalla città prima che sorga un nuovo giorno.”
Faccio un cenno di assenso. Scapperemo nella notte, nascosti dalle ombre. Passeremo sui tetti, le strade sono bloccate dalle milizie e dai civili che si sono barricati. 
La guerra civile, un piccolo contrattempo, i sintomi dell’arrivo di Morte.
“Riposeremo alcune ore poi partiremo” replico prima di cercare un angolo in cui chiudere gli occhi e far riposare le mie membra stanche.
Lei mi osserva in silenzio poi con attenzione si siede a terra, un gemito le sfugge fra le labbra serrate.
Mi allarmo. 
“Sei ferita?” chiedo inginocchiandomi subito vicino a lei.
Un gesto immediato di diniego, i suoi occhi mi scrutano, un’incertezza si legge nel suo sguardo. 
Serra con più forza le labbra.
Un gesto d’assenso. 
Scosta il mantello, uno squarcio sul fianco del suo corpetto. Macchie di rosso brunito formano strani disegni sugli abiti dorati.
“Spogliati!” le ordino mentre cerco delle erbe per curarla nella piccola sacca da viaggio che porto con me.
Leva il mantello, ma, quando le sue dita ancora sporche di sangue rappreso toccano i lacci del corpetto, un nuovo gemito l’assale. Non ha forza in quelle dita, il suo corpo è debole. Ecco perché la melodia ha tardato a farsi sentire.
Mi accosto a lei, tocco le sue dita, le scosto dall’abito.
“Faccio io” le dico in un sussurro.
Un attimo di esitazione poi lei ritrae le mani, poggia la schiena al muro, il suo capo contro la parete. Chiude gli occhi per controllare il dolore che la affligge.
Sfioro con delicatezza i lacci e sciolgo i nodi. Sposto il corpetto in broccato e la candida camiciola in lino fa capolino fra le pieghe, il taglio sul tessuto sembra netto ma il sangue si è seccato attorno alla ferita.
Rifletto, provo a strattonarlo, Isabelle si lascia sfuggire un gemito.
Mi guardo in giro, trovo ciò che cerco e in pochi istanti riesco a fare un piccolo fuocherello, scaldo dell’acqua e con un panno umido comincio ad ammorbidire il tessuto e il sangue quando basta per poter staccare agevolmente il tessuto dal fianco.
“Ti devo medicare, spogliati” ordino.
Gli occhi verdi, rimasti chiusi per tutto il tempo, si aprono e si posano sui miei. Mi sta pesando come se non mi conoscesse. Serro la mascella infastidito da quell’esame. “Sono io!” vorrei urlargli “non mi riconosci?”.
Il riverbero di quel pensiero sembra raggiungere la ragazza, con un movimento appena accennato del mento mi da il permesso di aiutarla a spogliarsi.
Con cura l’aiuto a togliere il corpetto e a sollevare la camiciola.
Il rosso spicca sulla pelle pallida di Isabelle. Con calma ripulisco la ferita, è un taglio superficiale, netto per fortuna, non servirà ricucire nulla. 
Lascio che le mie dita si scaldino nel dolce tepore di quel contatto. Una  vibrazione  sconosciuta si propaga nel mio corpo.
Il mio sguardo è attratto dalla curva morbida del seno che s’intravede dalla camiciola scostata. Sento palpitare una strana sensazione, mi allontano scottato da quella vista. 
Il mio corpo, su cui normalmente ho il più ferreo autocontrollo, sembra ribellarsi al mio volere.
Cerco di calmare il desiderio che mi assale, fingo di frugare nella sacca da viaggio, la mia voce si fa brusca. “Non è niente di grave, ti rimarrà solo una lieve cicatrice”.
La giovane si lascia sfuggire una mezza risata sarcastica.
“Presto dove andremo il mio corpo non esisterà più, niente di noi esisterà”
Quel tono scoraggiato mi colpisce. Alzo gli occhi e la osservo.
Isabelle percepisce la domanda inespressa nel mio sguardo.
“Beh è così che finirà!”
Rimango sgomento da quell’atto di ribellione. Dovrebbe essere contenta, noi diventeremo la chiave, quello è sempre stato il loro destino.
“Come puoi parlare così, questa è la nostra vita, il nostro fato” Chiedo in un sussurrò.
Isabelle mi guarda, si morde il labbro, indecisa se parlare, esprimere il rancore, la lotta che si porta dentro.
“Hai mai desiderato altro nella vita Sebastian” chiede quindi.
Non capisco la domanda, il nostro destino è stato scritto millenni prima della nostra nascita. Ogni cosa è stata fatta per raggiungere Morte, l’ultimo sacrificio. 
La sua sembra una domanda insensata, non so cosa rispondere.
Il mio animo preferisce scappare.
“Siamo entrambi stanchi, è meglio dormire” ribatto brusco.
Cerco un luogo dove coricarmi, le volto la schiena.
 Chiudo gli occhi tenendola fuori, ma la mia mente viaggia verso ribellioni lontane, quando ho desiderato qualcosa di diverso da quello che il dovere ha imposto sul mio cammino.
Sento il sospiro di Isabella, i suoi occhi puntati sulla mia schiena. 
Non voglio rispondere a quella muta chiamata.
  
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