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Autore: ladystorm94    26/02/2009    0 recensioni
Sullo sfondo della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, tra avventure conosciute e altre inedite, non ha luogo soltanto una singola storia, ma un vero e proprio intreccio di trame in cui è difficile stabilire quali siano gli eventi di primo piano e quelli che fanno da cornice... Attendo con ansia i vostri commenti!!
Genere: Commedia, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: Spoiler!
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-Olivander, Olivander… dov’è questo maledetto Olivander!!- Ophelia Claire Granger girava a vuoto da più di mezz’ora, sballottata di qua e di là dalla folla di studenti che periodicamente, prima dell’inizio della scuola, si radunava a Diagon Alley per fare le ultime compere. Sua sorella maggiore, Hermione Granger, si era offerta di accompagnarla in giro per i negozi, ma Ophelia aveva declinato, smaniosa di sperimentare la sua indipendenza e il suo senso dell’orientamento, che si era rivelato quasi inesistente. E ora era in preda al panico, con in mano una lista delle cose da comprare, la quale annoverava parecchi libri, ingredienti per le pozioni e altri oggetti di ogni sorta. Si ravviò i lunghi capelli biondi con un gesto rapido, poi prese coraggio e riprese a camminare. Di chiedere indicazioni non se ne parlava, era troppo imbarazzata. Fortunatamente, però, riuscì a trovare il negozio di bacchette senza troppi sforzi. Trascinando faticosamente la borsa ricolma di testi scolastici, entrò nella bottega annunciata dal suono del campanello. -Si può? C’è qualcuno?- domandò, cercando di tenere a bada l’affanno. Un uomo anziano dai capelli bianchi sbucò da dietro uno scaffale e la scrutò incuriosito da sopra gli occhialetti. Il suo volto rugoso si distese in un gran sorriso. -Cerchi una bacchetta, suppongo. Posso sapere qual è il tuo nome, signorina?- -Ophelia Granger.- -La sorella minore di Hermione, giusto?- -Sono stufa che lei sia la sola stella della famiglia. Però sì, lei è mia sorella.- -Ora andrai a Hogwarts. Avrai la tua occasione di brillare, no?- concluse l’uomo, facendo scorrere le dita nodose sulle scatolette, ammucchiate apparentemente senza alcun criterio sugli scaffali polverosi. -Vediamo un po’…- mormorò il mago fra sé -Faggio con crine di unicorno. Prova.- Ophelia impugnò con la mano sinistra la bacchetta che Olivander le porgeva. -Mancina, eh?- -Già.- rispose Ophelia, osservando con interesse la bacchetta. Con indecisione, la agitò. Non successe niente, e il negoziante gliela sfilò di mano scuotendo la testa. -Non va bene?- chiese Ophelia. -A quanto pare no. Forse… quercia con piuma di ippogrifo?- Ophelia impugnò la seconda bacchetta, la agitò e quella le schizzò via dalle mani, finendole in un occhio. -No, no, assolutamente no! Devo trovare una bacchetta… che ti assomigli, ecco. Ho tentato con le bacchette che aveva provato tua sorella, qualche anno fa, ma a quanto ho capito siete completamente diverse.- -In effetti lo siamo… nostra madre dice che siamo come il giorno e la notte!- -E tu, signorina, saresti la notte, se non erro.- -Be’, sì…- L’uomo sorrise e si diresse deciso verso lo scaffale più lontano, sparendo dalla vista della ragazza e ritornando tenendo in mano una scatoletta anonima, uguale alle altre, ma che a lui appariva completamente diversa. -Prova questa.- Ophelia la impugnò, stringendo convulsamente la mano attorno al legno nero. Subito fu come quel listello scuro facesse parte di lei. Non sentiva più la terra sotto i piedi. Esistevano solo lei e la bacchetta, poi la magia finì. Ophelia era a bocca aperta. -A quanto pare ho azzeccato quella giusta, signorina. Ebano e fibra di squama di ungano spinato. Sottile e resistente.- sorrise l’uomo. -Eccome!- esclamò Ophelia, tirando fuori il suo portafogli, colmo di contanti freschi di Gringott, e pagando il negoziante, che ringraziò e la scortò all’uscita. Ophelia s’infilò la bacchetta nuova nella tasca della giacca, e poi si diresse verso la sua ultima meta: il Serraglio Stregato. Aveva sempre detestato il gatto pestifero di sua sorella, ma d’altro canto aveva sempre invidiato Hermione per la sua fortuna ad avere un animale domestico. Si precipitò nel negozio evitando per un pelo di rovesciare tutto il contenuto della sua borsa in faccia a un ragazzino, e cominciò ad esplorare il piccolo locale. Era pieno zeppo di gabbiette, affollate di cani, gatti, iguana, topi, pipistrelli, gufi, civette, rospi e una miriade di animaletti, per alcuni dei quali era addirittura difficile da definire la razza. Per non parlare poi dei rumori… e degli odori, soprattutto. Ophelia ringraziò di essere forte di stomaco. Optò per un gatto, o meglio, per una gatta. Era una birmana, con il pelo color caffelatte e gli occhi azzurri come il mare. La negoziante le disse che era nata da appena tre mesi e mezzo, e che la madre era morta dandola alla luce. Ophelia non esitò a sceglierla e a portarla con sé, completando le sue spese con l’acquisto di una graziosa gabbietta dorata. -Maya. Ti chiamerò Maya.- cantilenò Ophelia, seduta a un tavolino davanti al bar di Florian Fortebraccio, accarezzando la gattina che si divertiva a giocare con le sue dita sottili. Hermione arrivò subito dopo. -Ah, ecco dov’eri! E’ un’ora che ti cerco, ma dov’eri fini… cosa? Hai comprato un gatto? Lo sai che mamma li odia! Già è stato difficile farle accettare Grattastinchi!- -Le farò accettare anche Maya.- -Sei sempre la solita irresponsabile! Comunque, gli altri ci stanno aspettando davanti al Ghirigoro, dobbiamo andare alla Tana.- -Wow! Finalmente vedrò questa famosa Tana! E poi ho fame, è da stamattina che non metto niente sotto i denti.- -Mi sembri Ron, anche lui ha sempre fame.- sbottò Hermione, mentre entrambe si dirigevano verso il luogo dell’incontro. -Ron, Ron, Ron… Parli sempre di Ron, secondo me ti piace…- ridacchiò Ophelia, sfoggiando un sorrisetto malizioso. -Smettila.- la mise bruscamente a tacere la sorella, sbuffando. -Come vuoi. Tanto lo so che ti piace.- aggiunse la minore sottovoce, e i piccoli e vivaci occhi grigi le brillarono.
  
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