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Autore: Jenny Ramone    18/11/2015    4 recensioni
Parigi, maggio 1789.
Irène Fournier è una giovane venditrice di giornali dal passato misterioso e oscuro che vive in miseria a Montmartre con il suo fidanzato, Jean e il loro bambino.
Quando si diffonde la notizia che Louis XVI ha deciso di convocare gli Stati Generali, Irène si rende conto che è giunto il momento di combattere per i diritti del popolo e in particolare delle donne: fa in modo di aiutarle con tutti i mezzi possibili e partecipa attivamente a tutti gli avvenimenti fondamentali della Rivoluzione Francese.
Ma nel frattempo il suo passato è dietro l'angolo, pronto a tornare a perseguitarla...
Londra, 1799.
Dieci anni dopo Irène, fuggita in Inghilterra dopo il 9 Termidoro e la caduta di Robespierre, racconta la propria storia di amore, coraggio, passione, sacrifici, dolore e amicizia a William, un giornalista inglese che sta scrivendo un saggio sulla condizione femminile per un circolo di intellettuali progressisti.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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“Cittadina Irène! Ho riordinato i miei appunto su ciò che mi hai raccontato fin’ora e devo dire che a parer mio verrà un gran bel lavoro, sempre che gli editori non si rifiutino di diffonderlo… ma non credo, dopo tutto qui siamo in Inghilterra!”-esordì il mio collega, trionfante.
Scossi la testa: dopotutto quel giornalista cominciava ad essermi simpatico, l’unico che non si fidava era Jean ma non potevo biasimarlo dopo tutto quello che aveva passato, viveva nel vero Terrore.
“Cittadino, sono lieta che tu possa trovare interessante quello che io racconto, davvero.
Adesso siediti pure, se non hai nulla in contrario, io sarei pronta a continuare la storia.
Prevedo che le prossime parti ti potranno piacere di più”-soggiunsi, sorridendo.
“Dove eravamo rimasti? Ah si, quando abbiamo deciso di aiutare le donne.
Qualche giorno dopo io e le mie amiche ci eravamo trovate a pomeriggio inoltrato,dopo il lavoro,per fare il punto della situazione: stavamo camminando nei pressi di Notre Dame, in una stradina secondaria per dire la verità, quando avevamo scorto una porta di legno marcio che dava accesso ad una stanza buia.
Controllammo che non ci fosse nessuno nei paraggi ed entrammo: andai per prima, camminando con cautela e agitando il coltello di Marion per qualsiasi evenienza, le mie amiche mi seguivano, silenziose.
Ci trovammo al centro di una grande stanza, quasi completamente buia, se si eccettuava una finestrella che si apriva su un cortile sul retro, abbandonato.
Amèlie scostò la persiana e aprì la finestra coperta di polvere: un debole raggio di sole, che stava tramontando,illuminò la stanza e noi potemmo osservare meglio l’ambiente che ci circondava.
Al centro della stanza si trovava un malandato tavolo di legno, graffiato e un po’ mangiato dai tarli, attorniato da quattro sedie.
Una credenza con all’interno qualche piatto rotto si trovava accanto al tavolo mentre un divanetto sfondato era posizionato all’angolo della stanza, il cui muro era imbiancato di semplice calce.
Stupite, proseguimmo la visita: entrammo in un’altra stanzetta, più piccola della precedente, dove trovammo un letto ancora in buone condizioni e una cassapanca: ci trovavamo in una casa abbandonata da molto tempo, sicuramente.
Come avevano fatto  a lasciarla così?
Probabilmente i proprietari se ne erano andati all’improvviso oppure erano morti.
Oggi non sognerei nemmeno di fare quello che ho fatto e anche se lo facessi verrei arrestata, ma all’epoca la situazione era così drammatica, la popolazione così disperata, che a nessuno sarebbe venuto in mente di venire a ricercarmi per aver occupato quell’abitazione.
Guardai le mie amiche: avevano capito che cosa avevo in mente.
“Questo tavolo è ancora riutilizzabile? Una spolverata, un po’ di vernice…. Sarebbe perfetto per te! Se devi compilare dei registri con le ragazze che aiuteremo,puoi scrivere su questo tavolo.
Oppure noi potremmo esercitarci a imparare!”-disse Edith, sempre positiva.
Thèrese e Marion confabulvano, dicendo che avrebbero ridipinto i muri utilizzando i materiali di scarto che potevano trovare in casa oppure avrebbero chiesto ai loro mariti di darci una mano.
Avremmo stabilito lì il nostro quariter generale.
Sai Cittadino, mi viene da ridere a ripensarci.
Il risultato finale…. Ahah sembrava di entrare al Comitato di Salute Pubblica.
Quelle due stanze diventarono un rifugio di patriote e disperate.
Ma andiamo con ordine.
Uscimmo dalla casa, sempre prudentemente.
Mentre stavamo tornando indietro decidemmo di passare dal negozio dove lavorava Thérèse, che doveva incassare il magro stipendio della giornata.
Stavamo per salutarci quando ci parve di sentire qualcuno che si lamentava, un lamento che proveniva dall’atrio di un palazzo semi in rovina.
Incuriosite, ci avvicinammo.
Una giovane ragazza stava seduta su un mucchio di stracci e vecchie coperte, cercando di calmare una bimba.
“Sophie, stai tranquilla.
Vedrai che tutto si sistemerà.
Su su, gioca con la tua bambola.
Dov’è andato tuo fratello?”-domandò la giovane, guardandosi intorno:”Gérard, vieni qui, non andare in giro da solo! Non farmi gridare che non ci riesco!”-tossì premendosi il petto.
Osservammo un attimo la scena,impietrite.
Ad un tratto la bambina parlò, nascondendosi sospettosa tra le braccia della ragazza più grande:”Mammina, chi sono quelle?”-domandò, indicandoci.
Lei alzò lo sguardo e indietreggiò intimorita, stringendo la piccola a sé.
“Cosa volete?”-domandò con una voce aggressiva.
Cercai di essere il più calma e diplomatica possibile.
“Vogliamo aiutarti.
Calma, stai calma-aggiunsi, sedendomi accanto a lei, circondata dalle altre.
La guardai meglio: lunghi capelli che una volta dovevano essere stati biondi ma ormai erano sporchi e annodati le incorniciavano il viso pallido, gli occhi azzurri erano arrossati per le lacrime che aveva versato, era molto magra, chissà da quanti giorni non mangiava.
“Come ti chiami? Chi è questa bambina? Cosa ci fai qui?”-domandai gentilmente.
La ragazza mi osservò con diffidenza:”Non mi fido di voi”-sibilò”andatevene!”.
“Perfavore, credici.
Vogliamo aiutare le donne in difficoltà e aiuteremo te”-aggiunse Amèlie,persuasiva.
La ragazza sospirò.
“Sophie, vai a chiamare tuo fratello, non voglio che giochi più con quei bambini.
Tornate qui poi”-disse alla bimba, dopo averle dato un bacio sui capelli.
“Posso fidarmi?”
Al nostro cenno di assenso iniziò a raccontare:”Mi chiamo Véronique, ho diciotto anni.
La bambina… possiamo dire che è mia figlia.
Noi… ci stiamo nascondendo dal mio fidanzato.
Fino all’anno scorso era un ragazzo normale… poi ha perso il lavoro e abbiamo dovuto trasferirci qui, in cerca di un futuro migliore.
Veniamo dalla Normandia, abbiamo sofferto tanto!
Non avevamo soldi e eravamo quattro bocche da sfamare…pensavamo che qui saremmo stati meglio.
I bambini sono figli della mia vicina di casa.
E’ morta quando Sophie aveva pochi mesi e Gérard tre anni,adesso hanno cinque e otto anni.
Prima di morire mi ha implorata di allevare i suoi bambini come se fossero miei, me lo ha fatto promettere.
Io stessa ero ancora una bambina, avevo appena tredici anni ma già lavoravo come un adulto perché i miei genitori erano morti e non avevo nessuno che si occupasse di me: ero una ragazzina sveglia e forse un po’ incosciente per cui accettai questa responsabilità e mi presi cura di loro, inizialmente come se fossero stati due fratellini minori.
Non saprei dirvi come ho fatto.
Alcune conoscenti venivano a darmi una mano per Sophie ma dopo qualche anni mi ritrovai da sola, finchè non conobbi il mio fidanzato e non mettemmo su una vera famiglia.
Non c’è molto altro da dire, ho mantenuto la mia promessa e li ho cresciuti come se fossero i miei figli, insieme al mio fidanzato.
Abbiamo vissuto felici fino appunto a quando abbiamo perso il lavoro, prima io poi lui, a poche settimane di distanza.
Ci siamo trovati a chiedere le elemosina, su una strada.
Lui è diventato violento, mi picchia e mi insulta, beve.
Due sere fa ha raggiunto il limite, ha tentato di aggredire Gérard: a quel punto ho preso i miei figli, perché è questo che li considero, e siamo scappati, vagando senza meta per Parigi.
Ho paura che lui possa ritrovarmi e fare del male a tutti noi.
Non ho un soldo e non ho un lavoro… aiutatemi…”-scoppiò a piangere e singhiozzare forte, stringendo la mia mano.
Eravamo ammutolite dall'orrore della sua narrazione.
Thérèse le si avvicinò e la aiutò ad alzarsi:”Vieni con noi, non dovrai più avere paura.
Fidati”.
In quel momento i due bambini ci raggiunsero.
“Mamma, chi sono queste? Mica spie di papà?
hanno un’aria molto sospetta”-sussurrò Gérard puntandoci contro un bastone di legno a mo di fucile”quando diventerò grande lavorerò nelle prigioni e arresterò le persone come voi!”-gridò.
Véronique scosse la testa:”Gèrard! Smettila! Comportati educatamente! Scusatelo…”-spiegò ai bambini chi eravamo e aggiunse che sarebbero venuti con noi.
 *******
Mi fermai un attimo a bere un sorso di the e a rispondere ad eventuali domande del mio collega.
“Cittadina, hai compiuto davvero un bel gesto.
Cosa ne è stato di lei e dei bambini?
Come ha reagito Jean quando si è visto arrivare a casa tutta questa gente? Perché immagino che siate andate a casa tua… vero?”-domandò.
“Jean… certo, siamo andati a casa mia.
Dovresti chiederglielo adesso cosa ha pensato in quel momento… sono sicura che ti risponderà che ha avuto la conferma della mia pazzia”-risi.
“Come ti dicevo,ci avviammo verso Montmartre.
Per la strada preparai psicologicamente Véronique all’idea che probabilmente avrebbe dovuto avere a che fare con degli uomini, i nostri mariti e fidanzati: lei era terrorizzata, dopo quello che era successo era sotto choc.
Al nostro arrivo Jean se ne stava seduto per terra, a fumare, e giocava con nostro figlio mentre discorreva con Etienne, come ti ho già detto, il marito di Marion nonché migliore amico di Jean da quando erano bambini.
Siamo tutti molto legati, siamo davvero una famiglia, come fratelli.
Ci siamo sempre aiutati.
“Oh ma guarda guarda cosa ha portato il gatto… tu sei?”-domandò Jean alla nuova arrivata”oddio, questa ha pure dei figli, non ci posso credere.
Irène, loro devono andarsene entro qualche giorno.
Non abbiamo spazio e soprattutto, non abbiamo soldi”-mi anticipò.
“Ormai mi leggi nella mente.
Véronique, lui è il mio compagno, Jean.
Non ti preoccupare, abbaia ma non morde.
Starai qui con noi qualche giorno poi vedremo il da farsi”-aggiusi, battendo una pacca su una spalla al mio fidanzato.
La ragazza strinse la mano di Jean e lo ringraziò calorosamente, scusandosi per il disturbo che stava arrecando e promettendo che se ne sarebbe andata presto.
Il marito di Marion a quel punto parlò:”Beh… io sono Etienne,piacere.
Tu sei la prima delle ragazze che mia moglie e le sue amiche aiuteranno…vedrai che tutto andrà bene, stai tranquilla.
Di noi ti puoi fidare…che facciamo, Jean? Lo diciamo al militare mancato?”-domandò.
“Non ho ancora detto nullla ad Adrien.
Etienne, stasera gliene parlo e gli spiego il nostro progetto: lo convincerò a smetterla di bere e tornare l’uomo che conoscevo anni fa, vedrai.
So che può farcela.
Ci aiuterà”-proclamò Thérèse.
Contammo il denaro che avevamo raccolto fino a quel momento,arrangiandoci con vari mestieri: non era molto ma sarebbe bastato per aiutare Véronique.
Poi avremmo dovuto trovare un’altra soluzione.
I miei amici se ne andarono, tranne Thérèse che si offrì di prendersi cura dei nuovi arrivati: medicò la nostra nuova amica, le disinfettò i tagli che le ricoprivano le mani e le braccia, cercò di tranquillizzarla.
Io nel frattempo preparai la cena e misi davanti a lei e ai bambini tre piatti di zuppa con del pane e una fetta di lardo, mentre Jean le si sedette accanto, pronto a chiarire le condizioni di ospitalità in casa nostra.
“Ascolta Véronique…. Mi dispiace se sono stato un po’ brusco prima, ti chiedo scusa-iniziò.
Tanto per cominciare voglio che tu sappia che sei al sicuro qui d’accordo? Non ti toccherò nemmeno con un dito, non sono quel tipo di uomo, puoi stare tranquilla.
Forse ti chiederai perché ho accettato che tu stia qui con noi per qualche giorno.
Semplicemente perché amo Irène con tutto il cuore e ho deciso di sostenerla in questo suo progetto, nonostante sia rischioso e di questi tempi non sia certo l’idea migliore che potesse avere: io starò dalla vostra parte e anche Etienne, il ragazzo che hai visto prima.
Non abbiamo doppi fini, combatteremo per la libertà e per l’uguaglianza.
Devi fidarti di noi”-concluse.
Io spiegai che avevamo risparmiato del denaro e avevamo trovato un posto dove poter stabilire la nostra “sede” ma che quella casa andava aggiustata per renderla agibile.
Forse non te lo ho ancora detto Cittadino ma oltre a lavorare nella fonderia, insieme ad Etienne, il mio fidanzato arrotondava imbiancando muri, aggiustando mobili rotti, facendo piccoli lavori e riparazioni,per questo in casa avevamo molto del materiale utile ad aggiustarla: non avemmo dovuto spendere denaro per sistemarla e avremmo agito di notte, in modo da non essere scoperti.
I bambini si erano già ambientati: Gérard osservava attentamente gli attrezzi da lavoro di Jean, domandandogli a cosa servisse ognuno mentre Sophie aveva trovato una bambola vivente: mio figlio.
“Che carino! Come si chiama?
Posso toccarlo? E’ tuo figlio? Non avevo mai visto un bambino così piccolo!”-disse elettrizzata.
Io le sorrisi e la aiutai a prenderlo in braccio, controllando che non lo lasciasse cadere.
Bussò alla porta la mia vicina di casa, porgendomi una lettera che si era dimenticata di consegnarmi quel pomeriggio: ringraziai e infilai lo scritto in un cassetto, senza badarci molto.
Al momento ero più concentrata sul fatto che avevo compiuto un bel gesto e il mio progetto aveva iniziato a prendere forma, presto si sarebbero aggiunte altre donne e chissà, forse saremmo anche riuscite a far sentire la nostra voce.
Stavo sottovalutando la lettera.
Mi sbagliavo.

ANGOLO AUTRICE: Ciao a tutti.
Che dire… non ci sono parole.
Scusatemi se ho interrotto la storia ma davvero non me la sentivo di continuarla con quello che è successo a Parigi.
La Francia ha un significato particolare per me, sono sempre stata legata fin da piccola a questo Paese meraviglioso che ho imparato ad amare.
Detto questo, ho preferito lasciare trascorrere questi giorni senza scrivere nulla perché proprio non avevo testa e anche perché mi sembrava irrispettoso dato che la storia si svolge proprio a Parigi ma adesso ho deciso di continuarla: si cade, si raccolgono le idee ma poi ci si rialza.
In questo capitolo abbiamo incontrato un nuovo personaggio, Véronique, con i suoi bambini.
Vi è piaciuto?
Per quanto riguarda gli uomini, Jean e Etienne: questo racconto,come tutte le mie originali, ha per protagoniste le donne e quindi sarà molto dal punto di vista femminile però non preoccupatevi perché ci sarà spazio anche per mariti e fidanzati nel corso della storia, prenderanno piede soprattutto in alcuni momenti e i fatti in cui saranno coinvolti potrebbero influenzare non poco l’andamento della vicenda e il destino di Irène e co.
Deve ancora arrivare anche Adrien, siete pronti a conoscerlo?
Le nostre rivoluzionarie hanno ufficialmente dato il via la loro progetto: chissà dove le porterà?.
Per finire, Irène avrà fatto la scelta giusta a sottovalutare la lettera? Chi la starà cercando?
Che ci nasconda qualcosa?
Il 14 luglio si avvicina inesorabile, ci saranno delle sorprese forse.
IMPORTANTE:
Sto pensando di cambiare il rating della storia da arancione a rosso perché ho pensato di inserire scene un po’ forti proseguendo il racconto quindi sappiate che è per questo motivo, se un giorno doveste trovarla rossa.
Comunque non è ancora deciso e non è detto al 100% che lo farò, è solo un’eventualità.
Grazie e alla prossima! :)
Vive la République & Vive la France!
Jenny

  
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