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Autore: Lena_Railgun    18/11/2015    1 recensioni
"Ivan mi stava aspettando: il suo sguardo da prima perso nel vuoto si posò su di me e mi sorrise.
-Bravissima Mary- mi disse evidentemente fiero di me. Si avvicinò e mi scompigliò i capelli mentre io abbassavo il capo.
-Grazie- feci teneramente. Non l'avevo notato, ma nella mano destra teneva un'orchidea.
-è..è per me?- chiesi sorpresa.
-No guarda, per mia cugina che abita Torino che evidentemente frequenta l'accademia. Certo che è per te- fece ironicamente alzando il sopracciglio.
Gli feci la linguaccia:
-Ma dai! Non serviva!- feci quando me la porse.
-Viene sempre dato un fiore a chi si esibisce no?- mi disse lui mettendo le mani in tasca.
-Dove l'hai tirata fuori questa?- chiese divertita.
-Da qualche film- disse lui alzando le spalle. Osservai l'orchidea e sorrisi:
-é...perfetta. È tutto perfetto- "
Marina Rinaldi è una ragazza di sedici anni, che lascerà la sua normale vita da liceale, per accettare una borsa di studio per un'accademia di musica a Firenze. Per fare ciò, verrà ospitata da amici del padre, la famiglia Innocenti, con i loro due figli, Ivan e Celeste. Nonostante Ivan sembri molto diffidente, piano si avvicineranno molto. Cosa succederà tra i due?
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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7-UNA PESSIMA MESSINSCENA


Le vacanze passarono molto tranquillamente, tra studio e relax, e partii alla volta di Firenze il pomeriggio del sei gennaio. Fu difficile dire di nuovo arrivederci a Padova  ma era ora di tornare dalla famiglia Innocenti e darmi da fare con tutti gli impegni scolastici da affrontare.  Arrivai giusta per l'ora di cena quella sera, e venni accolta da un grande calore in quella casa.
-Ciao a tutti- feci sorridendo, mentre Celeste mi veniva in contro e mi abbracciava forte.
-Ciao Mary, mi sei mancata- mi disse dolcemente. Le diedi un bacio sulla fronte e mi avvicinai all'armadio a muro per riempirlo nuovamente con i miei stivali e il mio cappotto.
-Hai fatto buon viaggio?- mi chiese Pietro salutandomi.
-Si, a parte che farli con il buio non è proprio il massimo- feci con una smorfia. Anche Ivan scese e mi salutò allegramente.
-Ciao Marina- mi disse.
-Ehilà dormiglione- feci, usando quel soprannome che gli calzava a pennello. Fece una smorfia e si sedette a tavola. Mangiammo tranquillamente e, a cena finita, portai su le mie cose, per disfare i bagagli ancora una volta. Ivan venne ad aiutarmi, volevo farlo diventare un rituale per tutte le volte, e mi diede il grande abbraccio che mi stavo aspettando. Ad un tratto mi ricordai di una cosa.
-Aspetta, devo farti vedere una cosa!- esclamai entusiasta. Frugai nella valigia e presi la felpa da orso, levai la mia e la indossai. Tirai su il cappuccio così che le orecchie da orso poterono essere visibili.
-Sono un orsetto!- esclamai aprendo le braccia.
-No, sei stupida- fece lui ridendo. Misi il broncio e mi morsi il labbro.
-Antipatico-
Mi accarezzò la testa dolcemente:
-Non dire quella frase con quella voce tenera a qualcuno diverso da me. Ti salterebbero addosso-
-Esagerato- feci io scettica ma lui sembrava molto serio. Il suo sguardo mi fece arrossire e quindi abbassai il mio.
-Promesso- feci infine.
 
Era un freddo sabato di fine gennaio quando, mentre ero in centro a Firenze con le mie amiche, mi ricordai che il compleanno di Ivan era alle porte.
-Cosa cavolo gli regalo?- esclamai in preda al panico. Fare regali non era per niente il mio forte, ma ci tenevo a fargli qualcosa visto ciò che ormai era diventato per me.
-L'ultima volta che siamo andati in fumetteria insieme- fece Aria camminando -Stava ammirando quella bella action figure di Kurapika- fece, citando il mio personaggio preferito di Hunter x Hunter. -Il prezzo l'ho visto, è sui 50 euro, è fattibile-
Il suo suggerimento non era male, sapevo che l'avrebbe adorata ma non ero convintissima di quella scelta ma non avendo altre idee per la testa, la presi per valida. Non avevo molti soldi con me perciò ci andai la settimana seguente. Quando uscii dalla fumetteria con il regalo dentro alla borsa, cercai di immaginarmi la faccia di Ivan nel momento in cui glielo avrei dato, sarebbe stato entusiasta ne ero sicura.
Quando il 29 gennaio, giorno del suo compleanno, arrivò, mi svegliai di buon umore nonostante mi aspettasse una di quelle giornate tremende ed intense da vivere sia fisicamente che emotivamente. Andai in cucina e Serena sembrava felice, aveva passato la sera prima a cucinare il dolce preferito di Ivan, la torta cioccolatino e dei muffin (Ivan amava i dolci), e il mio compito fu quello di tenerlo occupato in modo che non se ne accorgesse, così gli chiesi di aiutarmi a ripassare storia. Era stupita dal fatto che qualunque cosa chiedessi, accettasse sempre con piacere e con entusiasmo, quindi mi sentivo sempre in dovere di fare lo stesso, qualunque cosa accedesse.
-Ciao Serena- feci scendendo le scale.
-Buon giorno Marina- disse con allegria. Il suo sorriso era contagioso e riuscii a far sorridere Celeste che quel giorno era parecchio tesa e nervosa.
Ivan scese le scale sbadigliando e si avvicinò a noi stropicciandosi gli occhi.
Gli augurammo un buon compleanno quasi in coro con grandi sorrisi forse troppo esagerati, mentre lui cercava di svegliarsi piano piano, ringraziandoci con borbottii.
Vederlo mangiare con tanta foga mi faceva ridere, era così divertente vederlo passare dal suo essere addormentato, al suo entusiasmo quando si trovava dei dolci davanti. Si buttava a capofitto a costo di strozzarsi, nonostante Serena gli dicesse di mangiare più piano.
Quella mattina faceva davvero freddo, eravamo nei giorni della merla; mi strinsi nel mio cappotto e tirai su la sciarpa mentre camminavamo per arrivare alla fermata, la solita routine. Aspettando l'autobus, guardai il cielo grigio che preannunciava neve. Mi persi nella mia immaginazione, a pensare ma allo stesso tempo a non farlo, ero così estranea dalla realtà che Ivan dovette tirarmi dentro all'autobus.
Appena mi sedetti sbuffai e mi sistemai i capelli indietro.
-Mary cos'hai?- mi chiese Ivan.
-Mmm...non lo so- feci mordendomi l'unghia del pollice -penso di essere un po' stanca-
-Hai studiato molto in queste settimane in effetti. Ti vedo parecchio tesa- Ivan si preoccupava sempre troppo, ma lo trovavo così adorabile quando faceva così.
-E lo so, ma va tutto bene- li feci l'occhiolino per dirgli che andava tutto bene per davvero, ma per qualche ragione non mi credeva mai, ma rimaneva diffidente, lo capivo dal suo sguardo.
-Ma insomma, perché mi guardi così?- feci sbuffando.
Mi guardò intensamente, non riuscivo a capire a cosa stesse pensando, o cosa volesse dirmi.
-Scusami- scosse la testa come per togliersi un pensiero spiacevole, qualcosa a cui non voleva pensare.
-Un anno in più e sei già preso così male?- lo presi in giro io. Mi fece una smorfia e io scoppiai a ridere.
La mia giornata scolastica cominciò con il solito caffè preso con Aria alle macchinette, sedute sul tavolino poco distante dalla nostra classe. Era diventato un nostro rituale con l'inizio dell'anno nuovo, ora che, grazie ai concorsi e ad i progetti con la scuola, riuscivamo a guadagnare qualche soldo per le vincite: una percentuale alla scuola e una a noi. Così potevo spendere soldi senza sentirmi troppo in colpa verso Serena che era sempre disposta a darmene un po'. Oltre a questo, ero alla ricerca di un lavoretto, nulla di troppo complesso ma qualcosa che comunque poteva farmi guadagnare ancora di più essendo puntata a comprarmi una tastiera, avendo iniziato il corso di pianoforte a scuola.
-Allora, quando gli dai il regalo?- mi chiese Aria mescolando lo zucchero.
-Dopo pranzo- risposi io.
-Vedrai che gli piacerà. Poi voglio i credits. Tipo “suggerito da Aria”-fece schioccando la lingua. Scoppiai a ridere, Aria riusciva sempre a rendermi allegra anche quando non mi andava di esserlo. Tornammo in classe alle otto precise, quando anche Elisa ed Amanda arrivavano di solito. Ormai eravamo diventate un gruppo molto affiatato e stretto, eravamo sempre insieme e, per una come me che guardava sempre i gruppi da fuori, era bello farne parte per una volta.
Prove di canto estenuanti delle prime tre ora, verifica di storia ed interrogazione di matematica: erano partiti subito come dei fulmini, non ero abituata a questo ritmo ma era tempo di abituarsi alla frenesia, perché non potevo prevedere quando la mia vita sarebbe diventata frenetica.
Dopo aver pranzato, aspettai qualche minuto che anche Celeste andasse in camera sua per prendere Ivan per un braccio e guidarlo sopra le scale.
-Cos..?-
-Zitto e cammina- feci io portandolo in camera mia. Chiusi la porta e frugai tra i cuscini dietro alle poltrone dove avevo nascosto il regalo, e glielo diedi, chiuso in un sacchetto. Il suo sguardo indugiò:
-Marina non dovevi!- fece appena prese in mano il pacchetto.
-Non lo hai neanche aperto, aspetta per dire che non dovevo- ribattei io.
Sospirò a causa del mio essere cocciuto e lo aprì. La sua espressione fu impagabile: appena scartò la carta, rimase bloccato ad occhi sbarrati.
-Ti uccido- sussurrò e mi guardò scuotendo la testa -Non dovevi scema!-
-Come no? Anche tu mi hai fatto un regalo per il mio compleanno, e non mi sopportavi nemmeno troppo. Ora che sei così importante per me non dovrei farti un regalo? Scemo- esclamai io un po' alterata. Ivan non disse nulla, ma continuò a fissare la action figure per diversi secondi prima di metterla da parte, e spingermi verso di lui con un braccio, stringendomi a sé.
-Grazie- sussurrò tra i miei capelli.
-Prego, e tanti auguri- dissi io sorridendo.
Si rigirò la scatola tra le mani soddisfatto, io lo guardavo: sembrava un bambino.
“Altro che diciassette anni” pensai ridendo, scostando i capelli.
 
-Mamma, ti prego dimmi che non è vero-
Era il giorno dopo il compleanno di Ivan. Ero immersa nello studio della canzone per il concorso quando sentii Ivan imprecare ed arrabbiarsi.
-Tesoro lo so, è per qualche giorno. Deve tornare per prendere dei certificati e sostenere un ultimo test che ha fallito l'anno scorso.- Serena sembrava cercare di calmarlo ma non ci riusciva, anzi, sembrava peggiorasse le cose. Incuriosita, aprii lentamente la porta, per capire cosa stesse succedendo e mi sedetti su un gradino delle scale.
-Non potevano spedirglieli via internet?-
Ivan sembrava davvero furioso ed arrabbiato, non lo avevo mai visto così. Vidi Serena dargli un bacio sulla testa.
-Tesoro...non sei più quello dell'anno scorso, e lei non può più importunarti. Il massimo è una settimana-
-A partire da...?- chiese lui titubante.
-Domani- fece Serena con un filo di voce.
Penso che ad Ivan sembrò la fine di tutto, di qualunque cosa. Si avviò verso le scale ed io mi alzai al suo arrivo.
-Ehi, cos'è successo?- chiesi confusa. Mi guardò con occhi tristi ed indecisi, anzi, avevano paura. Mi preoccupai quando non mi rispose e lo seguii in camera, anche solo per stargli vicina per un po'.
Mi sedetti sul suo letto vicino a lui, senza dire un parola. Rimanemmo per diversi minuti così, l'unica cosa che mi permisi di fare fu solo accarezzargli la schiena come per calmarlo un po'.
-Domani torna July- mi disse infine. Io lo guardai sbalordita.
-Cosa?-
Mi guardò negli occhi alla ricerca di conforto, come un cucciolo smarrito.
-Marina io non ce la faccio. Io non...-
-Fermo lì- lo interruppi -Non iniziare così che non vai da nessuna parte! Sei cresciuto e hai capito i tuoi errori. Va tutto bene! Ci sono io ora con te- feci determinata. Non avrei mai permesso che quella scombinasse di nuovo la vita di Ivan.
Mi sembrava davvero grato, sembrava, si, deciso a non perdere questa volta. E vidi una scintilla nei suoi occhi.
 
Il giorno dopo, però, sembrava nuovamente teso ma non completamente perso nella disperazione. Era inquieto, questo si, ma non del tutto abbattuto.
Il fatidico pomeriggio arrivò, e con lui anche quella americana che Ivan tanto odiava.
Ero immersa nel mio studio, mi ero buttata a capofitto sui libri appena tornata a casa, quando alzai lo sguardo e vidi che erano già le quattro e mezza. Sentivo la fame farsi strada nel mio stomaco e decisi di scendere, ma appena suonarono al campanello la mia mano si bloccò. Aprii uno spiraglio della porta e mi affacciai, cercando di non farmi notare. Serena aprii la porta e salutò (a malavoglia) questa ragazza dai lunghi capelli neri (tinti) con mesches castane, che ci provavano ad essere bionde, ma fallivano miseramente.
-Good afternoon Serena- fece avanzando nel suo giubbotto che si premurò ti togliere non appena entrò in casa, appoggiandolo sul divano (cosa che Serena odiava) e trascinando le sue valigie in mezzo al salotto.
-Ciao July- fece Serena con un sorriso forzato. Si vedeva che non la sopportava proprio.
Vidi Ivan e Celeste alzarsi dal divano su cui erano seduti per salutarla, forzando un sorriso.
-Oh ciao Celeste, ciao Ivan- pronunciando in nome del ragazzo, alzò un sopracciglio e mi sembrò persino di vedere un ghigno nel suo volto. Dopo i soliti convenevoli, Celeste tornò in camera sua e Serena si mise a pulire casa. Ivan fece per tornare su ma July lo bloccò.
-Oh Ivan, non mi saluti come si deve?-
Ivan la guardò torvo:
-Cosa vuoi?-
-Mah sapere come stai, avere un abbraccio da parte tua...- fece vaga scostando i capelli.
-Stavo benissimo fino a dieci minuti fa. Poi sei arrivata tu- disse Ivan con tono piatto e fece di nuovo per andarsene ma July gli prese il polso e lo strinse.
-Ma come? Hai lasciato la tua ragazza per me no? E sicuramente non ne avrai trovata un'altra, visto come sei. Così stupido, frivolo e così ingenuo...-
Non potevo più stare ad ascoltare, quindi agii di impulso.
-A dire il vero...- feci mentre scendevo le scale sotto i loro sguardi sbalorditi.
-Una ragazza ce l'ha...e sono io-
Mi stupii io stessa di cosa avevo appena detto, ma se serviva a farla tacere, allora avrei fatto qualsiasi cosa. Nel frattempo anche Serena era rientrata in salotto, e stava guardando la scena con un sorriso beffardo.
-E tu sei..?- fece July schioccando la lingua infastidita.
-Marina Rinaldi. Ora vivo qui, non è vero tesoro?- dissi, rivolta ad Ivan con un sorriso.
-Si, esatto- mi cinse i fianchi e mi strinse a sé dolcemente.
July sembrava furiosa, probabilmente ero riuscita a farmi odiare in tempo record da una persona.
-Tsk, me ne vado in camera mia- fece sbattendo i piedi.
-Mi dispiace, ma la tua camera è diventata quella di Marina- fece Serena avanzando.
July respirò profondamente, ma si vedeva che stava già perdendo la pazienza.
-E io dove dovrei dormire?- poi una scintilla le illuminò gli occhi:
-Bhe visto che stanno insieme come dicono, direi che potrebbero anche dormire insieme- ci guardò alzando il mento leggermente -O no?-
Io e Ivan ci guardammo, e cercammo di non mostrare quanto la sua proposta ci creasse qualche problema.
-Non c'è problema- fece Ivan, ma ce n'erano di problemi. Serena fece un cenno con il capo a dirci “Va bene”, si fidava di noi evidentemente.
-Perfetto- fece July, che non credeva per nulla alla nostra bugia. Prese le valigie e si fiondò in camera di Ivan, mentre lui raccattò la maggior parte delle sue cose, così da non lasciarle nelle sue grinfie, per portarle in camera mia. Appena chiuse la porta della mia camera, subito avanzai verso di lui.
-Ivan scusami, mi è venuto spontaneo- sussurrai per la paura che July ci sentisse. Lui scosse la testa:
-Sei stata un tesoro davvero.-
-Non sei arrabbiato?- chiesi timidamente.
-Ma figurati Marina- disse abbracciandomi. -Va tutto bene, sei stata geniale-
Lo strinsi a me e cercai di pensare razionalmente sul fatto che avremmo dormito insieme da quella notte per sette giorni.
Condividere la stanza non fu molto facile, essendo che io quando studiavo dovevo ripetere ad alta voce ma non potevo per non disturbarlo, perciò mi sforzai di farlo a mente. La cosa che mi piacque, fu che a giornata finita, ci mettevamo o ognuno a ripetere quello che avevamo studiato così, per sicurezza, o a chiacchierare distesi sul mio letto anche se, per la paura che July fosse appostata sulla parete per controllarci, ci eravamo abituati a parlare sotto voce.
Quella prima notte fu abbastanza traumatica, soprattutto per me che amo avere un letto grande tutto per me. Mi cambiai in bagno, indossando quindi una canottiera e un paio di pantaloncini e lavarmi. Mi infilai sotto le lenzuola ed aspettai che tornasse Ivan dal suo turno in bagno; speravo di addormentarmi in fretta, ma sapevo che sarebbe stato difficile.
Quando tornò, il mio cuore sussultò e strinsi il mio piccolo cuscino a forma di cuore sul petto, come facevo sempre quando dormivo.
Rimanemmo immobili ed in silenzio per diverso tempo, prima che Ivan si girasse sul fianco sinistro, verso di me, e mi disse:
-Tutto ok Mary?-
-Si- dissi io, ma ammisi a me stessa che non era tutto ok. Mi imbarazzava da morire che lui fosse lì, così vicino a me. Avevo paura, essendo che mi agito molto quando dormo, di avvicinarmi troppo lui, avvinghiarmi a lui in qualche modo. Mi facevo troppi problemi, forse, ma dormire con un ragazzo che non era il mio ragazzo mi metteva parecchio in agitazione.
-Andrà tutto bene eh- mi disse lui.
-Cosa intendi?-
-La settimana. Ci libereremo di lei presto, e potrai tornare ad avere un bel lettone tutto per te-
Io risi:
-Saranno notti dure per te, mi agito molto-
-Oddio- fece con ironia. Scoppiammo a ridere entrambi e mi rilassai.
Sentii dei rumori da fuori e tesi le orecchie per sentire meglio. La voce di July proveniva dal corridoio, probabilmente era appostata davanti alla mia porta.
-Ma che ansia di ragazza- sussurrai. -Dovrei far insonorizzare le pareti, sarebbe utile visto che canto e suono-
-Bhe in effetti...- sussurrò lui
-Ti do tanto fastidio quando mi esercito?- chiesi amareggiata, sentendomi in colpa.
-No, ti eserciti spesso o prima che io inizi o dopo quindi non c'è problema-
-Mi fa piacere- feci con un sorriso.
-Piuttosto...- mi indicò la porta -Già che è li che tenta di ascoltarci...-
Si alzò in piedi e mi spinse fuori dal letto, e ci avvicinammo alla porta in silenzio.
-Reggimi il gioco- mi sillabò. Si schiarì leggermente la voce:
-Ah Marina...-
Io diventai paonazza:
-Co....cosa cavolo fai?- balbettai sussurrando, sconcertata.
Ridacchio e continuò.
-Sei meravigliosa...mmh...la tua lingua-
-Mmh fammi tua- feci io, alzando la voce reggendogli il gioco.
Sentimmo la porta sbattere e poi calma piatta.
-Ma sei tremendo!- esclamai io ridendo.
Fece una smorfia:
-Così impara-
Risi e scossi la testa:
-Da te non me lo aspettavo proprio- dissi alzandomi per tornare sotto le coperte.
-Bhe anche tu non è che scherzi-
Mi raggiunse e mi sfiorò con i suoi piedi freddi.
-Ihhh toglili, toglili, toglili-
Ivan scoppiò a ridere, aveva le lacrime agli occhi. Ci calmammo e cercai davvero di dormire.
-Buona notte Mary-
 
Ogni pranzo era una battaglia con July a tavola, che sembrava provarci con Ivan soltanto per darmi fastidio, ma nel frattempo, la nostra messinscena continuava, e dovemmo estenderla anche in autobus e in fermata, anche se non volevamo. Chiamarlo “amore” e “tesoro” mi riusciva molto difficile, invece per Ivan sembrava tutto molto più facile che per me.
-Ma come fai?- chiesi un giorno -Io non ce la faccio, ho paura che ci scopra-
-Perché facendo teatro sono abituato a recitare, immagino solo che sia una recita- mi spiegò, mangiando dei biscotti da una ciotola che teneva sulle cosce.
-Wow, beato te- feci sospirando. -Com'è fare teatro?- gli chiesi con curiosità.
-All'inizio molto imbarazzante, ma dopo diverso tempo ci prendi molto gusto e non so, a me appassiona molto-
E si vedeva che lo appassionava, sembrava un bambino, gli occhi illuminati da quella passione per lui così grande, forse come era per me la musica, forse anche a lui dava la forza nei momenti bui. Ero curiosa, volevo sapere di più, e così mi raccontò dalle prime lezioni fino a quel momento, dei ruoli che aveva interpretato riferendomi dettagli e curiosità. Aveva interpretato Romeo in “Romeo e Giulietta” l'anno precedente, e devo dire che ce lo vedevo benissimo.
-Rosalba era Giulietta- mi disse ad un tratto, e sentii una nota malinconica nella sua voce
-Era un ruolo adatto per lei, che è così forte e romantica-
-è la prima volta che mi parli di lei- mormorai io.
Incrociai le gambe sulla sedia, con movimenti quasi da contorsionista, e lo osservai.
-Tutto...tutto bene?-
-Lasciò il corso a fine anno, ora è in Inghilterra per uno scambio culturale-
Troppi scambi culturali nella sua vita fu il mio primo pensiero.
-E non ci siamo più parlati da...- la sua voce si spezzò.
-Ho capito- dissi  -Non andare avanti- abbozzai un sorriso per fare in modo che i suoi brutti pensieri si diradassero.
-Ti manca?- chiesi all'improvviso.
-Bhe siamo stati insieme molto...l'amavo tanto-
A sentire quelle parole, provai una fastidiosa sensazione allo stomaco, come se...mi dessero davvero fastidio quelle parole. Rimuginavo e rimasi in silenzio per diverso tempo. Ivan mi guardò perplesso:
-Mary tutto bene?-
-Ah? Ehm si si scusa- finsi una risata come se andasse davvero tutto bene, ma non capivo cosa mi stesse succedendo.
-E invece, tu e la danza? Sai vederti ballare mi ha colpito. Sei davvero brava, molto elegante...-
Sorrisi:
-Grazie del complimento! Bhe io amo la danza, l'ho sempre amata fin da piccola e ho frequentato una scuola per qualche anno, e avrei voluto arrivare a livelli più alti ma non ho potuto seguire il corso avanzato perché il liceo non me lo ha permesso- raccontai, ripercorrendo i miei passi indietro nel tempo.
-Si vede che la ami sai? I tuoi occhi risplendono-
Lo guardai e ridacchiai.
-I miei occhi fanno una cosa del genere?-
Annuii e continuò a guardarmi negli occhi, chissà a cosa stava pensando in quel momento.
-Non guardarmi così che arrossisco- borbottai all'improvviso.
-Scusa- distolse lo sguardo e lo posò sulla ciotola di biscotti finita, che appoggiò sulla mia scrivania.
-Vado a farmi una doccia- dissi all'improvviso, dopo minuti di silenzio abbastanza imbarazzanti. Presi, quindi, la mia biancheria e mi fiondai in bagno. Rimasi a mollo nell'acqua calda parecchi minuti tempo per pensare. Altri tre giorni e July sarebbe tornata in America. Mi stava davvero rendendo la vita impossibile, tra rompermi le corde della chitarra, a cercare di stare sola con Ivan... che poi cosa voleva ottenere? Lo faceva solo ed unicamente per infastidirmi, non perché gli piacesse, di questo ne ero certa. Uscii dalla vasca da bagno e mi asciugai, quando qualcuno entrò in bagno. Mi ero dimenticata di chiudere la porta a chiave. Prima che potessi avvolgermi in un asciugamano, July entrò con un sorriso beffardo.
-Cosa vuoi?-
-Dai, confessa che è tutta una messinscena cara Marina. Sei ancora in tempo- mi mostrò lo schermo del suo telefono: mi aveva scattato una foto mentre mi facevo il bagno.
-O Ivan vedrà questa bella foto dove sei tutta nuda-
I suoi metodi mi ricordavano quelli di una bambina invidiosa, che voleva a tutti i costi ottenere un qualcosa.
-Mah, per me puoi fargliela vedere...con tutte le volte che mi ha vista nuda- feci con voce sensuale, lasciandola intendere. Mi stupii di come la mia capacità di mentire di fosse elevata così tanto. Mi avvolsi nell'accappatoio mentre lei mi guardava con astio. In un momento di distrazione, le presi il telefono e cancellai la foto prima che potesse aprire bocca.
-Ti odio sai?- mi disse mentre si ricomponeva velocemente -Tanto lo so, è tutta una bugia perché è così debole che non sa difendersi da solo, il povero moccioso.-
-Non è debole! Lui è forte, è deciso a fare ciò che desidera. Non può essere fermato se si mette qualcosa in testa. È testardo, dolce e...ed è solo mio! Quindi piantala di interferire perché non hai nulla da fare! Lui mi ama e non cederà mai a qualunque cosa tu abbia in serbo per lui- gridai, arrabbiata come non lo ero mai stata.
Mi sorrise malignamente:
-Vediamo per quanto resterà tuo. In questi tre giorni cadrà ai miei piedi- ed uscii dal bagno, lasciandomi lì a ribollire.
-Brutta stronza, non la sopporto, basta- continuai a camminare avanti ed indietro per la mia stanza, con Ivan che mi guardava esaurito.
-Mary calmati! Tanto non ce la farà, lo fa solo per farti arrabbiare, così gliela dai vinta-
-Lo so ma mi manda in bestia- mi sedetti sul bordo del letto stanca. Non ero sicura di riuscire a farcela per altri tre giorni. “Deve solo aspettare il risultato di quel test e poi se ne andrà per sempre” mi ripetevo per calmarmi, ma era dura. Ivan si avvicinò a me e mi guardò:
-Marina lo so cosa provi, per me è anche peggio ma dobbiamo farcela. Dobbiamo vincere noi-
Annuii dandogli ragione.
-Ma la foto nuda poteva davvero evitare di farmela-
-Cosa?- Ivan mi guardò sbarrando gli occhi sorpreso.
-Questa non me l'avevi detta-
-Mi ha scattato una foto mentre mi facevo il bagno per ricattarmi. Dovevo confessare che stiamo fingendo tutto altrimenti te l'avrebbe fatta vedere- raccontai in un borbottio.
-E tu cos'hai risposto?- chiese curioso.
Divenni rossa in volto visivamente:
-Ehm...che mi avevi visto nuda tante volte quindi non...mi importava- ero davvero imbarazzata nel raccontarglielo, ma lui scoppiò a ridere.
-Sei una grande Marina-
-Ma...- lo fulminai con lo sguardo mentre continuava a ridere rotolandosi sul letto.
-Sei uno stupido- feci io, ficcandomi sotto le coperte.
-Dico davvero.- fece, asciugandosi le lacrime -Sei la migliore Mary-
Non risposi ma mi tirai le coperte fin sulle orecchie, per nascondere il mio imbarazzo.
 
Quando scesi quella mattina, ero molto più stanca che negli altri giorni. Avevo dormito poco a causa di tutti quei pensieri che mi tormentavano a tutte le ore del giorno. July scese le scale, indossando un paio di leggins neri e un maglione con un profondo scollo a V. Ci fulminammo a vicenda con lo sguardo per tre secondi circa, sembrava ci fosse una battaglia in atto e non sapevo dire chi stesse vincendo. Ivan scese sbadigliando, sempre il solito pigrone, e si avvicinò al tavolo.
-Ciao amore- mi disse dandomi un bacio sulla fronte.
-Ciao- feci io con un sorriso.
-A me non saluti?- fece July con il suo forte accento americano.
-Ciao- disse Ivan pacatamente.
Lei schioccò la mascella, non si arrendeva mai.
-Ti piace la mia maglietta?- gli chiese, stringendo il suo seno prosperoso in modo che fosse risaltato.
-Ti ingrassa- disse Ivan alzando le spalle. In quel momento pensavo di esultare, soprattutto per la faccia di July che sembrava andare a fuoco per la rabbia.
“Ivan sei fantastico” pensai.
-Bhe io ho più seno della tua girlfried- disse, appoggiando il gomito sul tavolo e guardandomi con aria di sfida, parlando con il suo misto inglese-italiano davvero insopportabile.
-Non contano le dimensioni, tesoro.- ribattei io. Non potevo lamentarmi in fatto di corpo, ero sempre stata abbastanza magra, non troppo alta e una terza di reggiseno. Non mi ritenevo bellissima ma ero cosciente di attirare ogni tanto l'attenzione di qualche ragazzo.
-Bhe, insomma- fece lei -Più nei hai, meglio è-
La fulminai con gli occhi e cercai semplicemente di ignorarla.
A scuola potei sfogarmi con le mie amiche, nonostante Aria quel giorno non ci fosse, essendosi presa la febbre ma Elisa ed Amanda seppero aiutarmi e confortarmi.
-Marina, altri tre giorni. So che è dura ma devi farcela- mi disse Amanda cercando di farmi forza.
-Lo so ma è una situazione così assurda- feci sospirando.
-Immagino...dormire con Ivan poi...che effetto ti fa?- mi chiese Elisa.
-é l'unica parte positiva...nel senso che mi diverto molto con lui, sto sempre meglio in sua compagnia- spiegai, e nel farlo un sorriso comparve nel mio volto. Le mie due amiche si guardarono, ma non dissero nulla. Le guardai interrogative ma mi ignorarono.
Riuscii a ritrovare la forza e la serenità, ma appena arrivai alla fermata sparì subito. July avvinghiata ad Ivan, mentre lui cercava di staccarsela di dosso. Era come una sanguisuga, un'odiosissima sanguisuga che non vuole staccarsi dalla tua pelle.
-Oh ciao Marina- fece con voce languida.
-Staccati da lui- ordinai infuriata.
-Staccati- sibilò Ivan mentre la folla iniziava a porre attenzione su di noi.
-Ma perché dovrei?- fece lei -Insomma, io sono molto più bella di lei...e poi vorrei ricordarti quante cose io so su di te- disse agitando le dita.
-Non mi interessa. Fai quello che vuoi July, io ho Marina e non mi importa d'altro.-
Quella frase colpì più me che lei. Sapevo che stava fingendo ma sembravano così dannatamente vere, e quasi volevo credere a quelle parole. July si allontanò furiosa e la folla intorno a noi cominciò a diradarsi.
-Ivan tutto bene?-
Daniele arrivò da dietro di noi:
-Si- confermò Ivan -Non la sopporto proprio-
-Lo so Ivan, ma almeno Marina ti sta dando man forte.- disse guardandomi.
Lo salutai con la mano e guardai Ivan.
-Manca poco e se ne andrà, poi tornerà tutto come prima. Non avremmo più gatte morte in casa.-
Ivan e Daniele risero, ero felice di aver portato un po' di allegria in quella giornata nuvolosa. Salimmo sull'autobus e, come al solito, ci sedemmo vicini anche se July, tornata all'attacco, cercò di separarci.
-Mi sembra quasi che non finirà mai- feci sospirando.
-Finirà- fece Ivan, stringendomi la mano. Apprezzai il gesto e mi persi ad ascoltare musica, che riuscii a farmi viaggiare e volare via da quella situazione per almeno una mezz'oretta.
Quel pomeriggio dovevo provare una canzone e per non disturbare nessuno, andai a provare in garage, portando con me chitarra e spartiti. La canzone che stavo provando era “A little faster” dei “There for tomorrow”, gruppo alternative rock di cui ero particolarmente innamorata ed in fissa. La canzone era in versione acustica, l'avrei suonata e cantata al concorso “sing my self”. Suonai le prime note e cominciai a cantare la prima strofa:
 
You keep calling it a crash and burn
Just waiting your turn
You might have time to speak
There barely was a lesson learned
'Cause it will return no favors back to me
I'm sure it tasted oh, so sweet
But it was never good enough for me
I bit the tongue behind my teeth
It was never good enough for me
 
Provavo a blocchi, quindi la prima strofa da sola e poi passavo al ritornello al quale cercavo di dare un tono più deciso, dare più colore alla melodia con la voce per differenziarlo. Provai per un'ora circa per poi tornare in camera soddisfatta. Mentre salivo le scale, però, sentivo la voce di Ivan lamentarsi.
-Lasciami!- urlò lui furioso.
Appoggiai la chitarra e gli spartiti nel corridoio ed entrai in camera di Ivan per uno delle peggiori visioni che potessi vedere: Ivan era bloccato al letto di July che era seminuda sopra di lui e tentava in ogni modo di baciarlo. Metteva le sua mani da gatta morta sotto la sua maglietta per sfiorare la sua pelle. Ivan cercava di dimenarsi, ma lei lo teneva bloccato a letto bloccandogli i polsi.
-Non ti piace essere dominato?- chiese lei con la sua voce fastidiosa.
-Lascialo- intervenni io furiosa.
-Piccola Marina, non puoi niente contro di me- fece lei, guardandomi.
-Lascialo- ripetei io -Non ti vuole July, lui non è una persona facile, non è come gli altri che probabilmente ti sbaverebbero dietro. Lui è speciale ed è mio, mio soltanto quindi lascialo-
Mi guardò con aria di sufficienza.
-Va bene, lo lascio- fece e la cosa mi stupii e non poco -Ma prima...- lo baciò in tempo zero sotto i miei occhi che cambiarono totalmente espressione.
-N-no! Fermati! Lascialo andare!-
Mi lanciai verso di lei, ma non ci fu bisogno del mio intervento. Ivan riuscii a liberarsi dalla sua presa e le tirò uno schiaffo sul volto.
-Mi spieghi cosa ci guadagni?- chiese Ivan pulendosi le labbra con le maniche.
-Divertimento- fece lei alzando le spalle. Io e lui uscimmo da quella camera per rifugiarsi nella mia. Rimase in silenzio per diversi minuti, probabilmente si vedeva e si sentiva uno stupido, un debole e io avevo finito le parole per cercare di aiutarlo. Mancavano ancora due giorni, era l'unica frase che mi frullava per la testa.
 
I risultati del test fatto da July arrivarono e, finalmente, potè lasciare quella casa e le nostre vite una volta per tutte.
La sua partenza era prevista la mattina, mentre noi eravamo a scuola, così non dovemmo più fingere di stare insieme in fermata e in autobus, potevamo tirare un sospiro di sollievo e stare tranquilli. Usciti quella mattina, io, Ivan e Celeste ci abbracciamo felici.
-Finalmente!- esclamò Ivan -Finalmente questo giorno è arrivato-
-Si- feci io, che quasi saltavo da quanto ero felice che quella americana gatta morta uscisse dalla mia vita. Riuscii a godermi la mattinata scolastica e a fare una degna interrogazione di filosofia, materia che amavo davvero. Le prove della canzone per il concorso procedevano e Berto era sempre visivamente più fiero di me e dei miei progressi.
-Mi piace come interpreti il ritornello, la trovo perfetta Marina-
La mia classe concordò e mi applaudì calorosamente con gentilezza. Aria mi fece segno di approvazione facendomi sorridere e gioire come solo lei era capace di fare.
All'uscita da scuola, però, ci aspettò la brutta sorpresa.
-Non è possibile- sussurrai a denti stretti. Vidi Ivan dall'altra parte della strada che mi guardò, sorpreso quanto me, di vedere July lì che ci stava aspettando a braccia conserte con un paio di costosi occhiali da sole sulla testa, sbattendo i tacchi sul marciapiede.
Io e Ivan ci avvicinammo sospettosi.
-Non dovresti essere in aereo?- chiesi senza troppi convenevoli.
-Una cosa, tesori. In tutto questo tempo, cari fidanzatini, non vi ho mai visto baciarvi. Io continuo a non credere alla vostra patetica storia.-
-Sono cavoli tuoi- feci io alzando le spalle, mentre Ivan si affrettava a prendermi la mano, per continuare per l'ultima volta quella bugia.
-Bhe ma tanto visto che state insieme, che problema avete a darvi un bacio qui, davanti a me e alle vostre scuole?-
Io e Ivan ci guardammo preoccupati, iniziai a sudare freddo. Ci avrebbe torturato e stressati, ne ero sicura, potevamo insistere quanto volevamo ma ero sicura fosse totalmente inutile.
-Bhe hai ragione- fece Ivan con sorriso beffardo. Non voleva dargliela vinta, lo sapevo, voleva vincere a tutti i costi. Quando mi sfiorò la guancia con il palmo della mano, il sorriso di July si spense, lasciando spazio allo sconvolgimento, di chi sta per perdere in quello stesso istante. Ivan si avvicinò alle mie labbra, ed il mio cuore cominciò ad accelerare i battiti. Lo vidi socchiudere gli occhi e mi immobilizzai, mentre sentivo il mio cuore accelerare i battiti. Annullò la distanza che ci separava portando le sue labbra sulle mie. Sentii il mio cuore esplodere a quel dolce contatto: le sue labbra erano perfette, dolci me esigenti al tempo stesso. Succhiavano avidamente le mie e le mordevano teneramente mentre io avevo la mente così annebbiata che non riuscivo a pensare a nulla. Ivan si staccò da quel bacio, prima appoggiando la sua fronte sulla mia, mentre io ero rimasta senza fiato e senza parole. Poi si voltò verso July.
-Ora puoi andartene.- fece Ivan con sguardo deciso. Le fece un cenno con la mano di salire sul taxi diretto all'aereo-porto. Lei si voltò furente di rabbia e salii sul taxi sbraitando in americano qualcosa come “Odio l'Italia, non tornerò mai più”.
Per nostra fortuna, con così tanta folla impegnata a farsi gli affari propri, non in molte persone ci notarono, evitando quindi che si diffondessero voci strani sul nostro conto. Ci avviammo verso la fermata senza dire una parola, io ancora visibilmente scioccata.
Quando ci sedemmo e offrii lui l'auricolare, le nostre mani si sfiorarono ed io ritrassi velocemente la mia.
-Marina mi dispiace- cominciò lui e sembrava dispiaciuto -So che non è bello baciare chi...bhe qualcuno a cui non si è interessati quindi...mi dispiace-
-Non preoccuparti, va tutto bene.- mi affrettai a dire. La sua espressione mi stava stregando, era così...così dolce, sempre pronto a preoccuparsi per me. E in quel momento capii che ormai ci ero dentro.
 
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zan zaaaan! ecco, ve lo avevo detto di ricordarvi di July!
Se ci sono errori mi scuso, spero che vi piaccia questo capitolo!
   
 
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