Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: BloodyCandy    20/11/2015    3 recensioni
[Ereri, Jearmin (ship secondaria) | Reincarnation AU]
Eren Jaeger è cosciente di ciò che accadde più di mille anni fa. L'incubo dei titani, le urla disperate dei suoi compagni di squadra e il ricordo vivido della sua morte continuano a tormentarlo anche ora che la sua vita si può definire normale.
Un giorno, però, fa un incontro che non si aspettava di fare: Levi, l'uomo per cui provava qualcosa, è lì, davanti a lui. Levi sembra riconoscerlo, o forse no, forse sta cercando di nascondere qualcosa, o semplicemente non vuole che il suo passato influenzi il suo presente.
Fatto sta che quell'incontro, in un modo o nell'altro, sconvolgerà la vita di entrambi.
Cosa succederebbe se questa tempesta finisse? E se invece fosse solo iniziata?
Genere: Drammatico, Erotico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Armin, Arlart, Eren, Jaeger, Irvin, Smith, Jean, Kirshtein
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La fine della tempesta...

 

― Chi non muore si rivede. Eh, Eren?
Non seppe spiegarsi se rimase impietrito perché si era ritrovato davanti Levi vestito da barista nel bar che quel giorno aveva attirato la sua attenzione, o perché se lo era ritrovato davanti quando finalmente era riuscito a dimenticarlo, o perché il suo senso dell'umorismo non era migliorato di una virgola e, tra tutti i modi di dire, aveva proprio scelto di dire “chi non muore si rivede”.
O forse era un avvertimento?
Diamine. Se solo fosse stato più attento e avesse notato prima chi c'era dietro al bancone, avrebbe sicuramente tirato dritto e avrebbe evitato di tornare a sentire quel cocktail di emozioni poco piacevoli che provava ogni volta che pensava al Caporale.
Ma ormai era inutile pensare a cosa avrebbe potuto fare, e in ogni caso non poteva starsene per sempre con una gamba dentro e una fuori. L'unica cosa che poteva fare era farsi coraggio e affrontare il proprio destino.
Alla voce profonda e leggermente stizzita di Levi che gli chiedeva: ― Entri o no?― , Eren sobbalzò, annuendo senza fiatare e trascinando dentro, con un movimento quasi forzato, anche l'altro piede. Ormai era in trappola.
Chissà cosa gli avrebbe detto ora, chissà quali parole avrebbe scelto per dirgli che gli avrebbe riservato lo stesso trattamento che lui aveva riservato ai suoi compagni di squadra durante quella fatidica spedizione fuori dalle mura. Chissà se lo avrebbe pestato a sangue dentro o fuori dal bar...
― Ohi. ― Ancora una volta, la voce fredda del ragazzo dietro al bancone, fece trasalire Eren che, così preso dai suoi pensieri, non si rese conto che con un cenno della testa gli stava indicando le scarpe. ― Hai le scarpe slacciate ― sibilò Levi, quando si accorse che il cliente faceva fatica ad interpretare la “lingua dei cenni con la testa”.
Ah, già, i lacci. Tra una cosa e l'altra se l'era completamente dimenticato.
Quando si inginocchiò per risolvere quella piccola seccatura, un sospiro esasperato lo bloccò per l'ennesima volta, facendogli alzare la testa verso il barista che, con i gomiti appoggiati sul bancone e la voce ovattata dalla mano che si era buttato in faccia, disse scandendo ogni parola: ― Non davanti alla porta.
Nonostante tutte le gaffes che aveva fatto, e nonostante la vocina che gli stava urlando da dentro di scappare da quel posto fin quando era ancora in tempo, Eren non poté far altro che addentrarsi nel bar, allacciarsi le scarpe e sbucare davanti al viso ancora mezzo nascosto di Levi, con le goti leggermente arrossate dall'imbarazzo.
Da quella distanza e con la luce naturale che filtrava dalla vetrata riusciva a vederlo in ogni suo dettaglio e i ricordi dei momenti passati insieme, che fino a quel momento aveva cercato di tenere chiusi sotto chiave, gli si riversarono nella mente con una violenza tale da fargli venire la pelle d'oca.
Passò qualche secondo a studiare quel volto bellissimo che, a parte qualche segno del tempo in meno e la cicatrice quasi impercettibile di un vecchio piercing al labbro inferiore, non era cambiato di una virgola. E quando si decise a riportare lo sguardo sui suoi occhi rimase sorpreso a scorgere una scintilla che non aveva mai avuto l'occasione di vedere nelle iridi costantemente spente di Levi. Sembrava quasi...divertito?
Si stava divertendo a vederlo così impacciato e imbarazzato?
― Ti faccio paura?
Giurò di sentire un accenno di risata nascosto tra le parole di quella domanda. Una risata genuina che lo fece rilassare un po'.
Forse allora aveva visto male, magari non gli importava di essere stato ucciso da un ragazzino che aveva perso il controllo, magari non voleva pestarlo a sangue come credeva. Forse era disposto a perdonarlo. In tal caso quella era l'occasione giusta per chiedere scusa.
― È che m-...mi...mi dispiace per...per... ― Inaspettatamente le parole gli morirono in bocca e velocemente distolse lo sguardo dagli occhi di Levi per spostarlo sul pavimento perfettamente pulito. Ancora quell'odiosa sensazione di non essere all'altezza di nessuno, di essere patetico da fare schifo. Ancora le immagini di quello che aveva fatto, lo stato pietoso in cui si trovavano quei corpi senza vita, la ripugnante sensazione che lo aveva attanagliato quando si era reso conto di essere diventato un assassino. Aveva seriamente preso in considerazione l'idea di poter essere perdonato? L'alcol doveva avergli bruciato tutti i neuroni...
No...era imperdonabile. Tutto quello che aveva fatto era assolutamente imperdonabile.
― Per cosa?
Ad Eren sembrò che quella nota divertita nella voce dell'altro, quella che gli aveva dato il coraggio di scusarsi, era svanita completamente, come se se la fosse immaginata, lasciando spazio solo a quella domanda provocatoria. “Per cosa?”, come se non lo sapesse. La verità era che voleva sentirselo dire per farlo annegare ancora più in profondità nei suoi sensi di colpa, lo sapeva.
Non rispose a quella domanda, non sapeva come rispondere, non trovava le parole adatte. Sentì le lacrime pizzicargli gli angoli degli occhi e poi ancora la voce di Levi trafiggerlo come una lama affilata.
― Per avermi fatto perdere del tempo perché non stai attento alle tue cose? O perché non mi hai ringraziato per non averti rubato il portafogli?
Tutto qua? Si aspettava qualcosa di decisamente più...doloroso.
Quando quasi per caso i loro sguardi si incrociarono nuovamente, Eren si rese conto con stupore di quanto Levi sembrasse realmente confuso. Che diavolo di problemi aveva?
― M-ma no! Per...
Aspetta. Se era vero che due più due fa quattro, allora...Levi era come quello stupido di Jean e non si ricordava nulla della sua vita passata? Voleva dire che poteva ricominciare tutto da capo, come se quello che era successo mille anni fa non fosse realmente accaduto? Stava davvero vedendo la fine della tempesta?
― Per entrambe le cose ― rispose, sicuro come, da quando era entrato nel bar, non era mai stato. Doveva stare al gioco, ne valeva del suo presente e, perché no, del suo futuro. Ma c'era qualcosa, un piccolo particolare, che non quadrava... ― No! Aspetta. Come fai a sapere il mio nome?
A quel punto le sopracciglia di Levi si aggrottarono così tanto che rischiarono di scontrarsi al centro della sua fronte. ― Ma allora sei stupido ― disse con una franchezza disarmante che ricordò ad Eren il vecchio Levi. ― L'ho letto sui tuoi documenti, mi sembra ovvio. Mi serviva un recapito per renderti il portafogli e mi è caduto l'occhio anche sul tuo nome. Eren Jaeger, giusto?
Eren trattenne per un pelo un sospiro di sollievo. Non si ricordava davvero della loro vita passata. ― S-signorsì! ― rispose. Era davvero la fine di un incubo durato anni.
― Hai un bel nome.
E a quelle parole inaspettate, non poté fare a meno di arrossire ancora una volta. L'ex Caporal Maggiore Levi gli aveva fatto un complimento!?
― G-grazie. A-anche tu, Levi.
Ci fu qualche secondo di troppo di silenzio, in cui il barista fissò negli occhi Eren, ed Eren cercò di sostenere quello sguardo intimidatorio arrossendo sempre più.
Fu Levi ad interrompere quel silenzio imbarazzante dicendo, con il tono a cui Eren era abituato: ― Vuoi continuare a balbettare frasi sconnesse o ordini qualcosa, moccioso?
― I-io... ― No, no, non doveva balbettare. Non era una ragazzina, diamine, era un uomo. Si schiarì la voce e continuò, tentando di essere il più naturale possibile: ― Il piatto del giorno va bene. E dell'acqua naturale, grazie.
Levi digitò qualcosa alla cassa e, una volta consegnato lo scontrino al cliente, aspettò che Eren prima realizzasse arrossendo che doveva pagare e poi trovasse i soldi per farlo – cosa che gli prese qualche minuto, dato il caos che regnava nel suo zaino e nel suo portafogli, per non contare che tutte le monetine gli erano finite per terra e aveva provato a rifilare a Levi un paio di gettoni pensando fossero soldi –.
― Siediti dove vuoi, tra poco arriva.
Eren ringraziò ancora una volta, cosa che forse, se aveva visto bene, fece sorridere lievemente Levi, e andò a scegliersi un posto.
Decise di mettersi con le spalle verso il bancone e il viso rivolto verso la vetrata. La sua scelta non era certo dovuta al fatto che volesse guardare cosa succedeva dall'altra parte della strada – c'era un negozio di parrucche, nulla che, ancora, gli interessasse – , semplicemente voleva evitare di incontrare lo sguardo del barista e tornare ad arrossire come una ragazzina. E la cosa peggiore era che, nonostante gli avesse dato le spalle e non riuscisse a scorgere il riflesso di Levi nel vetro davanti a sé, sentiva il suo sguardo tagliargli il retro del collo, tanto che dovette massaggiarsi la parte per tentare di mandare via quella sgradevole sensazione.
Chissà a cosa stava pensando, mentre lo fissava in quel modo.
Anzi, chissà quale razza di “prima” impressione aveva fatto su di lui. Aveva la possibilità di ricominciare tutto da capo e finora l'unica cosa che era riuscito a fare era sembrare un deficiente.
I passi pesanti alle sue spalle lo fecero voltare verso Levi che portava la sua ordinazione, facendogli notare come la camicia della divisa gli calzasse divinamente e quanto fosse inseparabile dagli stessi anfibi che portava la prima volta che si erano incontrati. Era sicuro di conoscerne la marca. Forse “New Rock”? In ogni caso dovevano costare molto. Rabbrividì quando Levi gli fu abbastanza vicino, e il calore del suo corpo e il suo profumo lo sfiorarono delicatamente.
― Ecco a lei il suo “piatto del giorno”. Spero sia di suo gradimento. Buon appetito.
Il modo meccanico e annoiato con cui disse quelle frasi fece ridere sotto i baffi Eren. Chissà quante volte era stato costretto a dirle, da quando lavorava in quel posto; magari i suoi superiori si erano anche assicurati che le dicesse con un bel sorriso sulle labbra e con un'enfasi che a lui non aveva riservato.
― Grazie ― rispose, rivolgendo il suo sguardo al piatto che il cameriere gli aveva posizionato davanti al naso e che sembrava essere davvero delizioso.
Nel momento stesso in cui Levi tornò al bancone ed Eren cominciò a mangiare, entrò un gruppo di ragazze, probabilmente appena uscite da scuola, vogliose di rovinare le quiete che Eren aveva appena ritrovato.
Nella sua vita aveva avuto una o due ragazze e gli era bastato per realizzare che le femmine fanno un sacco di rumore e portano solo rogne. E no, non odiava le persone del sesso opposto, assolutamente. Solo preferiva starci alla larga. Beh, in casi speciali poteva anche diventarci amico, ma nulla di più.
In ogni caso, queste in particolare erano fin troppo rumorose, e se non avrebbero smesso di sghignazzare – o forse era più adatto dire starnazzare – nei prossimi cinque minuti, probabilmente Eren sarebbe esploso. Anche perché era quasi sicuro che in qualche modo stessero cercando di attirare l'attenzione di Levi.
Quando sentì la voce del barista dire alle ragazze di accomodarsi dove volevano, Eren era quasi a metà della sua pietanza e, se non fossero state delle ragazze, le avrebbe lanciato addosso quello che ne rimaneva, poiché, con tutti i posti liberi che c'erano, avevano scelto di sedersi proprio davanti a lui. Ora oltre a far rumore, a provarci con Levi e ad esistere gli stavano anche ostruendo la vista.
Decise di mantenere la calma, non che potesse fare altrimenti, e senza nemmeno accorgersene finì quello che aveva nel piatto.
Sentì ancora i passi pesanti di Levi dietro di lui e questa volta lo superarono, raggiungendo il gruppo di ragazze.
Seppur sembrasse così elegante mentre prendeva le ordinazioni dal vassoio e le appoggiava davanti alle clienti, Eren notò un velo di incertezza. Probabilmente non era da tanto che faceva quel lavoro.
― Ecco a voi le vostre ordinazioni. Spero siano di vostro gradimento. Buon appetito.
Sorrise. Adesso aveva la certezza che quello era il tono che riservava a tutti. Alla fine sembrava essere lo stesso Levi di sempre.
Guardò l'ora sullo schermo del suo cellulare e pensò che era ora di tornare in libreria; anche perché le risatine di quelle ragazze gli stavano letteralmente dando alla testa. Avrebbe tanto voluto fermarsi ancora un po' per scambiare quattro chiacchiere con l'ex Caporale ed assicurarsi che quelle tizie non allungassero le mani su di lui, ma alla fine dovevano lavorare entrambi e nessuno dei due aveva realmente il tempo di parlare.
Iniziò a raccogliere le sue cose e, poco prima di riuscire ad alzarsi, sentì ancora una volta i passi di Levi. E questa volta si fermarono davanti a lui.
― Hai finito? ― chiese indicandogli le stoviglie vuote e cominciando a sparecchiare solo dopo che Eren ebbe risposto annuendo.
Era strano sentire la sua voce così vicina e così chiara dopo aver passato anni interi a ridurre il ricordo del suono delle parole che uscivano da quelle labbra perfette ad un eco distante. E quando inaspettatamente la risentì, questa volta ridotta quasi ad un sussurro, sentì un brivido di piacere percorrergli la schiena, facendogli alzare lo sguardo dallo zaino verso il viso di cui aveva tanto segretamente sentito la mancanza.
― Quelle ragazze è da quando sono arrivate che non ti tolgono gli occhi di dosso.
Oh, wow, meraviglioso. Avevano davvero messo gli occhi anche su di lui? Lanciò una rapida occhiata al gruppo di ragazze per accertarsi che quello che gli era appena stato detto fosse vero ma, per quanto gli riguardava, quello che stavano guardando rimaneva Levi. Poi il fatto che fosse miope e poteva anche essersi sbagliato era assolutamente di secondaria importanza.
― A me sembra stiano guardando te ― disse, trovando la forza di alzarsi dalla sorprendentemente comoda sedia su cui aveva tenuto le chiappe appoggiate fino a quel momento.
Ci fu un secondo di silenzio e poi una risata sommessa. ― In tal caso penso che da oggi avrò parecchi clienti affezionati. ― Quando anche l'ultima stoviglia si trovò sul vassoio, Levi fece scivolare lo sguardo dalle sue mani agli occhi verdi dell' interlocutore. ― Grazie per essere stato qui. Arrivederci. ― Questa volta Eren lo vide chiaramente, il sorriso sulle labbra di Levi.
― Arrivederci ― rispose, ricambiando il sorriso.

 

 

~ 24 Ottobre 2015~

 

Nonostante avessero deciso di andare a passare la serata fuori e stessero anche per prepararsi per uscire, alla fine Armin ed Eren avevano ceduto al tepore della stufetta ed erano rimasti a casa a giocare con una vecchia Play Station e un picchiaduro che il moro aveva trovato a pochi euro al mercatino dell'usato.
Eren ancora non era riuscito a battere nemmeno una volta Armin, un po' perché quest'ultimo era più bravo di lui a fare qualsiasi cosa, un po' perché aveva la mente impegnata a p
ensare a come raccontargli di Levi e tutto quello che era successo in quegli ultimi giorni. Insomma, era andato a trovare il barista ad ogni pausa pranzo, dopo che aveva constatato che non si ricordasse nulla, e anche se all'inizio era felice della situazione che si era creata, con il passare dei giorni si era ritrovato la testa in preda al caos più totale. E ad Armin, anche se lo aveva visto e sentito durante quei giorni, non aveva ancora detto nulla. Né di Levi, né di nulla. E sí, doveva vergognarsi, soprattutto perché sapeva che Armin aveva capito che c'era qualcosa che non andava e non aspettava altro che aiutarlo.
All'ennesimo K.O., Eren si fece cadere sul letto, abbandonando il controller sullo stomaco e fissando lo sguardo sul soffitto.
Chissà se c'era la possibilità che Levi si ricordasse tutto. In fondo lui e Armin, fino a qualche anno fa, ignoravano completamente l'esistenza di una loro vita precedente. Ma era anche vero che Faccia da cavallo ancora non si ricordava nulla.
― Armin, ― iniziò, senza quasi accorgersi di aver chiamato l'amico. Non aveva seriamente intenzione di parlare, ma quando il biondo si girò verso di lui con un'espressione interrogativa sul volto, non poté fare altro che continuare. ― Jean si è ricordato qualcosa dei giganti e tutta quella merda?
Armin non rispose subito. Dai silenzi dell'amico, che non si lamentava come faceva di solito quando perdeva, aveva capito che aveva la mente altrove e, ora che aveva finalmente deciso di dirgli cosa lo turbasse, pensava fosse doveroso prestargli la sua totale attenzione. Con calma spense la console, raggiunse l'amico sdraiandosi accanto a lui sul letto e, quando fu comodo, rispose: ― Non ancora.
― E...secondo te quanta probabilità c'è che in quella testa vuota da cavallo si sviluppi un cervello e si ricordi qualcosa?
― Non saprei Eren. Ma in fondo è meglio così, non credi? Ha la fortuna di non ricordare nulla di tutte le cose orribili che abbiamo vissuto...
Pochi secondi dopo di silenzio, Armin puntò un gomito sul materasso e si sollevò quel tanto che bastava per guardare il viso di Eren e chiedere indagatore: ― Ma da quand'è che ti interessa di Jean?
Quello che seguì fu un lungo sospiro. ― Non è Jean il problema.
― Qual'è allora? ― Lo incitò a continuare il biondo, sollevandosi sempre più dal letto e cercando di capire, senza riuscirci, cosa diavolo passasse per la testa del moro.
Eren prese il suo tempo per rispondere, si sentiva come se stesse per lanciare una palla da bowling da venti chili e, quando tutto d'un fiato rispose: ― Levi ― , si sentì subito più leggero.
― Levi?! ― ripeté Armin incredulo, saltando quasi addosso ad Eren. Sapeva cosa voleva dire Levi per Eren; ai tempi l'amico gli raccontava tutto quello che succedeva tra lui e il Caporale.
― L'ho incontrato più o meno una settimana fa in stazione e martedì l'ho trovato che lavorava in un bar non troppo lontano dalla libreria. All'inizio pensavo che mi stesse evitando, ma poi ho capito che non si ricordava nulla ― spiegò subito Eren mettendosi a sedere e trovando piacevolmente più facile parlare, ora che quel peso che si sentiva sul petto si era notevolmente alleggerito.
― Ma è una cosa positiva, no? Perché cavolo non me l'hai detto prima? Era questo che mi nascondevi, vero? Perché?
― Per lo stesso motivo per cui qualche anno fa ho deciso di non pensare più a lui ― rispose Eren accompagnando la frase con una risata amara e passandosi il palmo delle mani sugli occhi.
― ...Ti senti ancora in colpa per quello che è successo più di mille anni fa? ― chiese il biondo sottolineando con forza la parola “mille”. Gli sembrava impossibile che ci pensasse ancora a quegli avvenimenti ma, quando vide l'altro abbassare velocemente la testa e mordersi l'interno della guancia, dovette ricredersi. ― Eren, non l'avresti mai fatto se fossi stato in te...e in ogni caso è acqua passata.
― E se invece era proprio quello che volevo fare? In fondo non ricordo perché ho perso il controllo del mio titano. Magari il mio obiettivo in quel momento era uccidere tutti.
Odiava sentirgli dire certe cose e, a quelle parole, Armin prese un cuscino e glielo tirò in piena faccia. Se fosse stata una persona più violenta gli avrebbe direttamente tirato un pugno; comunque non lo fece molto forte, alla fine Eren era il suo migliore amico e in quel momento il suo obiettivo non era certo rimescolargli i connotati.
― Ciò non toglie il fatto che sia acqua passata. Adesso ci sono problemi ben più importanti a cui pensare. I giganti e tutto il resto non esistono più.
Eren recuperò il cuscino che Armin gli aveva lanciato e se lo strinse al petto. In quel momento si sentiva ancora più confuso di quanto già non fosse.
― Sai, quando mi sono accorto che non si ricordava nulla ho pensato davvero che era l'inizio di una nuova vita. “Beh, finalmente ho ritrovato Levi e possiamo stare insieme, senza avere paura di essere separati. Possiamo continuare quello che abbiamo iniziato mille anni fa”, mi sono detto. Poi però ho pensato a cosa succederebbe se si ricordasse quello che gli ho fatto e iniziasse a guardarmi con disprezzo. Sarebbe come cadere in un baratro e io non voglio. Non voglio che mi odi. Non voglio che si allontani da me...Cosa pensi che dovrei fare? ― chiese Eren, tenendo lo sguardo basso e sembrando infinitamente piccolo.
― Beh...Comportati come se nulla fosse. Non avere paura di riallacciare i rapporti, se è quello che vuoi, e se dovesse ricordarsi qualcosa è perché doveva andare così. In ogni caso sono sicuro che anche se si ricordasse cosa è successo, Levi non gli darebbe molto peso. Alla fine ora è vivo e vegeto, no? E tu non hai intenzione di fargli del male. ― Armin provò a sorridergli rassicurante, sperando che l'altro lo notasse.
Il moro annuì a testa bassa, poi inaspettatamente tirò di rimando il cuscino in faccia ad Armin. Con decisamente meno delicatezza di quanto non avesse fatto il biondo, tanto che lo fece cadere steso sul letto. Beh, mica era colpa sua se non sapeva dosare la sua forza.
― Non ti ho ancora battuto ― disse, mentre l'amico lo guardava confuso e controllava di non star sanguinando dal naso. ― Non ti ho ancora battuto, al videogioco ― specificò sogghignando.
― Oh. ― rispose Armin mettendosi a sedere. ― Ti avviso, non ti basterà tutta la notte per riuscirci.

 

 

~ 27 Ottobre 2015 ~

 

La conversazione con Armin era stata a dir poco illuminante. Doveva ammettere che, prima di aver sentito il suo parere, aveva pensato di sparire dalla vista di Levi prima di fare disastri al quale trovare rimedio sarebbe stato pressoché impossibile.
Ma ora si sentiva bene e sicuro di sé. Si sarebbe goduto appieno i momenti passati con il barista e anche se non avevano mai il tempo di scambiarsi più di poche battute, Eren si sarebbe accontentato di essere nello stesso posto in cui si trovava Levi. Certo, gli sarebbe piaciuto trovare l'occasione per chiacchierare allegramente con l'ex Caporale ma per ora poteva ritenere una vittoria il fatto di essere in buoni rapporti con la persona che, fino a qualche giorno prima, credeva volesse ucciderlo.
Si fermò davanti ad un semaforo rosso e fece un paio di respiri profondi, creando delle nuvolette di vapore che si dispersero velocemente nell'aria impregnata del profumo delle caldarroste vendute in strada. Il capo l'aveva trattenuto di nuovo più del dovuto a lavoro così si era ritrovato quasi a correre verso il bar e a fare lo slalom fra la gente, per sfruttare il tempo che gli era rimasto per la pausa pranzo. Probabilmente avrebbe dovuto denunciarlo, quell'uomo, o meglio ancora, avvelenarlo, ma la verità era che aveva un fottuto disperato bisogno di quel lavoro. E il capo lo sapeva, quel bastardo, che non perdeva occasione di sfruttarlo. Fanculo Proust, fanculo Kafka, e fanculo tutti i sorrisini finti che gli faceva, quell'uomo era solo uno stronzo. Allo scattare del verde, si precipitò sulle strisce pedonali, schivando agilmente un passante che stava per investirlo e andando a sbattere contro un altro che proprio non aveva visto. Si fermò per scusarsi ma, a giudicare dalle imprecazioni che l'altro gli rivolse, suppose che non era disposto a perdonarlo. Beh, fanculo pure a lui, allora. Arrivato dall'altra parte della strada controllò l'ora. Era in ritardo di quasi venti minuti, quindi accelerò il passo.
Quando arrivò al bar, Levi stava servendo un altro cliente e, quando si accorse della presenza di Eren, lo salutò con un cenno della testa.
― Pensavo non saresti venuto ― gli disse, dopo essere tornato al bancone e aver preso uno strofinaccio per pulirlo dalle macchie di caffè lasciate dai clienti precedenti.
― Scusa, ho avuto da fare a lav-
― Sai, ― lo interruppe Levi, facendo schioccare lo strofinaccio nella sua direzione e facendo saltare Eren sul posto, per poi riprendere a pulire. ― ieri mi è venuta un'idea. Che ne dici se una sera andiamo a mangiare qualcosa fuori? Così, per parlare.
Eren sgranò gli occhi e arrossì di colpo. Aveva capito bene? Levi gli aveva appena chiesto un appuntamento!?
― C-ce l'hai con me...?! ― chiese con voce fin troppo acuta, in un misto di sorpresa, sgomento, confusione ed euforia.
Levi sospirò esasperato e si lasciò cadere con i gomiti sul bancone. ― No, con quel tizio che sta passando ora fuori. Mi sembra ovvio che ce l'ho con te moccioso. ― Quando spostò lo sguardo sul viso del''interlocutore notò un leggero rossore sulle sue guance, che lo fece scattare sull'attenti. ― Non farti strane idee, moccioso. Non è un appuntamento ― chiarì, assottigliando gli occhi.
Eren rispose agitando le mani davanti a sé e facendo un passo indietro. ― No, no, certo che no. Non mi era nemmeno saltato per la testa, figurati! Oh, ehm, per me va bene.
― Questo venerdì? ― chiese freddo il barista, rimettendosi a pulire.
Eren annuì. ― Non c'è problema.
― Mi raccomando. Mettiti qualcosa di elegante.
― O-ok...
― Perfetto ― rispose infine Levi, appoggiando lo strofinaccio chissà dove e tornando alla cassa. ― Ti faccio preparare il piatto del giorno?

 

 

Note dell'autrice:
Ciao con un ritardo assurdo! Pensavate fossi morta, eh? E invece nooo!
Avevo detto che non sarei riuscita ad aggiornare prima dei dieci giorni che in teoria mi ero prefissata ma non credevo nemmeno io che ci avrei messo così tanto a finire di scrivere questo capitolo, anche perché avevo già tre pagine pronte, che ho dovuto revisionare perché non mi convincevano per nulla...e continuano a non convincermi, insieme a tutto il resto del capitolo >.> – maledette manie di perfezionismo –. Mi giustificherò dicendo che, tra cosplay da preparare per Lucca, problemi famigliari, quasi una settimana passata fuori casa, e manciate di giornate passate a pensare al senso della vita, non ho avuto quasi per nulla del tempo libero da usare per scrivere.
Questo vuol dire che ora che il peggio è passato riuscirò ad essere puntuale con gli aggiornamenti? ù.u ahahah, certo che no! Giuro che ci proverò ad essere puntuale (in dieci giorni sono sicura che non riesco a scriverlo un capitolo, forse in venti .-. lo so, sono lenta) ma non vi prometto nulla. Comunque sappiate che per ora non ho intenzione di abbandonare la storia – ci mancherebbe altro, sono solo al terzo di una ventina di capitoli –, quindi vi basterà pazientare un po' per sapere cosa succederà.
Spero possiate perdonarmi .___.
In ogni caso, se volete assicurarvi che tra un capitolo o l'altro non sia morta, vi informo che nei bottoni dei social trovate il link al mio profilo facebook ù.u oppure, se vi è più comodo, potete cliccare qui. O qui. Oppure qui. Non fatevi scrupoli a scrivermi un mp, che a quelli rispondo sempre :3
Arrivederci, ci si vede u.u

   
 
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