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Autore: Curleyswife3    20/11/2015    1 recensioni
[M.A.S.K.]
[M.A.S.K.][M.A.S.K.]Il 30 settembre 1985 veniva trasmesso negli USA il primo episodio di M.A.S.K.
Oggi, trent'anni dopo, fioriscono le iniziative per festeggiare un compleanno tanto impegnativo e io voglio dare il mio piccolo contributo con questo racconto.
Che è soprattutto una storia d'amore, ma non solo. È anche una storia sull'amore, il monello con le ali che tutto vince e tutto sconvolge. Sulle sue sorelle maggiori - colpa, redenzione, speranza - e sul suo fratello più ingombrante, il dovere.
Su ciò che siamo o non siamo disposti a mettere in discussione per amore.
Un racconto che ha l'ambizione di dare alla serie ciò che gli autori non hanno ritenuto necessario, vale a dire un finale. Un finale vero, corale, in cui ciascuno trova il suo posto come le tessere di un puzzle riuscito.
Al racconto è agganciata una playlist di canzoni (a ogni capitolo corrisponde un titolo) che potete già ascoltare su youtube nel mio account, che ha lo stesso nickname: è una specie di "sommario emozionale" della storia, fatemi sapere se l'idea di piace! Vi lascio di seguito il link.
https://www.youtube.com/playlist?list=PLTL5afe9YpdjzGwDOuNpkZymR_g9EL4qp
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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TOTAL ECLIPSE OF THE HEART
 
Quella mattina Vanessa si svegliò alle sei, perché negli ultimi mesi si era sempre svegliata alle sei, vale a dire mezz’ora prima che gli allarmi si disattivassero e le guardie che smontavano iniziassero a battere con i loro manganelli sulle sbarre.
Un tempo sufficiente per prepararsi prima che la sua compagna di cella aprisse gli occhi.
Solo che quella mattina a destarla era stata la luce prepotente del sole attraverso la finestra, di cui non aveva pensato di chiudere le imposte.
Non aveva dormito bene, quella notte: il letto era troppo soffice e la casa troppo silenziosa. Non c’erano lucchetti alle porte che tintinnavano, o respiri affannosi nelle sue orecchie, nessuna sirena a tutto volume.
C’era soltanto l’ultimo insistente odore della prigione sulla sua pelle a ricordarle che quella comoda, bella casa esisteva davvero nello stesso mondo di pareti scrostate e sbarre grigie in cui aveva vissuto negli ultimi mesi.
Respirò nel silenzio.
Volle costringersi a rimanere a letto, stringendo i denti, ignorando le spiacevoli sensazioni di fastidio e paura che ancora non l’abbandonavano, e così guardò fuori dalla finestra - quando gli aveva detto che non sapeva dove andare, Killian le aveva offerto ospitalità per qualche giorno nel piccolo appartamento che usava quando era Carson City per lavoro -  fino alle sei e mezzo.
Alle sei e mezzo si alzò e andò in bagno, solo che il bagno adesso non era più a un passo dal letto; fece la doccia… acqua calda a volontà, shampoo profumato e le mani di nessuno sul suo corpo. Solo le proprie.
Avvolta in un accappatoio da uomo blu navy (incredibile, considerò, come ogni altra tinta sembrasse sbiadita se paragonata all’arancio neon dell’uniforme), uscì dal bagno con involontaria circospezione.
Non c’era uno specchio nella stanza, ma scostando appena i lembi di spugna si guardò lentamente il seno, l’addome.
Il suo corpo. Il suo corpo.
Passò una mano sui crinali pronunciati delle costole e poi sul ventre.
Di colpo la bloccò e istintivamente si ritirò contro la parete più vicina, prima che il suo cervello le ricordasse che era sola.  
Era sola.
Sola, sola, sola.
Le membra le dolevano per le vecchie contusioni e per il timore di subirne di nuove.
Le mani le tremavano mentre chiudeva l’accappatoio e annodava la cintura di spugna.
 
***

Vanessa gettò il torsolo di mela nella spazzatura: la prima volta dopo mesi che non mangiava a un orario prestabilito, ma solo perché ne aveva avuto voglia.
Teneva gli occhi fissi davanti a sé, cercando di non pensare a niente.
A un tratto, sentì aprirsi la porta quasi senza rumore.
Possibile che Mayhem l’avesse trovata?
Col cuore in gola e mille pensieri angosciosi che le si affacciavano alla mente, avanzò verso l’ingresso.
Ma non avrebbe mai pensato di trovarsi di fronte Matt che, fermo sulla soglia, la fissava in silenzio.
Stupida, stupida che era stata! Avrebbe dovuto immaginare che se avesse ordinato a Killian - se pure glielo avesse solamente chiesto - di dirgli dove l’aveva accompagnata dopo il processo, lui non avrebbe resistito a lungo prima di cedere. Non avrebbe dovuto accettare la sua offerta di ospitalità, adesso lo capiva, ma era successo tutto troppo precipitosamente e lei invece aveva bisogno di tempo per decidere cosa fare della sua vita.
“C-Che cosa fai qui?” domandò alla fine, con voce incolore.
“Volevo sapere come stavi…” rispose, avanzando verso di lei.
L’ex ladra tacque un istante.
Abbassò lo sguardo e disse: “Sto bene…grazie all’avvocato Killian…”
Esitò un momento.
“e a te”.
“Non ringraziarmi, io ero in debito con te. Avresti potuto rovinarmi la vita, se avessi voluto, e invece non l’hai fatto”.
Mi sei grato, sei in debito con me… ecco tutto. È così chiaro, eppure ogni volta ci casco di nuovo.  
Vanessa s’irrigidì.
“Ok” disse freddamente “adesso mi hai vista, hai visto che sto bene”.
Gli voltò le spalle.
“Adesso puoi andartene”.
“Davvero vuoi che me ne vada?” replicò lui, senza muoversi.
Maledetto, così sicuro che io cada ai tuoi piedi…ma stavolta rimarrai deluso.
Lei rimase in silenzio.
Dopo un tempo che le parve infinito, Matt si mosse verso a porta. Gli sfuggì un sospiro che le sembrò di profonda tristezza.
Quel sospiro le bastò.
“Aspetta!”.
La voce le uscì inaspettata e fu quasi un grido.
“Aspetta…”.
Ripeté piano.
“I-io pensavo che non ti avrei mai più rivisto, ma adesso sei qui…”
Esitò un momento.
“… e ci sono delle cose che voglio che tu sappia.
Ascoltami bene, perché lo dirò soltanto una volta. E non perché tu ne abbia bisogno…no, il tuo ego è già abbastanza ingombrante.
Ma perché ne ho bisogno io: ho bisogno di dare finalmente un nome a ciò che provo per te e che mi toglie il sonno da settimane”.
Distolse lo sguardo, i pugni strettamente serrati, e continuò: “Tu sei l’unico uomo che io abbia mai amato, in tutta la mia vita”.
Lo disse velocemente, quasi con rabbia, quasi che farlo significasse ammettere una volta e per tutte con se stessa la verità; il milionario non poteva dire certo di conoscere bene Vanessa, ma da quel poco che aveva capito di lei era evidente che parlare a lui - e in quel modo - le stava costando uno sforzo enorme.
“L’unico che mi abbia fatto sentire davvero…viva” aggiunse con voce più dolce, dopo un istante di esitazione.
“Non avrei mai creduto di potermi sentire così… disarmata, indifesa, davanti a te. E nonostante tutto ho desiderato che durasse il più a lungo possibile.
I-io ho voluto disperatamente credere che anche tu riuscissi ad amarmi. Era una follia e io lo sapevo, ma ho voluto crederci lo stesso”.
 “Aspetta…” disse a quel punto lui, facendo un passo verso di lei e sollevando una mano per toccarla.
Vanessa si ritrasse, scuotendo al testa.
“No” replicò senza guardarlo “No, lasciami finire. È troppo tempo che tengo dentro di me queste parole e se mi interrompi non so se riuscirò a dirle tutte. E invece devo farlo”.
Trasse un sospiro e proseguì.
“Tu puoi immaginare” disse “che tipo di vita fosse la mia fino a qualche mese fa … non sempre mi piaceva ciò che facevo, ma l’avevo scelto io e, in fondo, credevo di non meritare nulla di diverso”.
“Poi” continuò, misurando lo stretto spazio con passi lenti, come a concentrarsi meglio su ciò che stava dicendo “all’improvviso tu sei entrato nella mia vita, non avevo mai conosciuto una persona come te, disposta a rischiare tutto per i suoi principi … ed è accaduto ciò che credevo non mi sarebbe mai accaduto ”.
Tacque un momento, quasi avesse bisogno di raccogliere le forze per continuare.
“Mi hai fatto intravedere la possibilità di una vita diversa, la profondità di questo sentimento così improvviso mi ha cambiata… quando ho capito come stavano davvero le cose ho provato un dolore così forte da farmi credere che non sarei riuscita più a riprendermi. È stato durissimo tentare di ricominciare e accorgermi che non ce la facevo a riprendere la mia vita dal punto in cui l’avevo lasciata.
Tutto ciò che prima mi sembrava emozionante, trasgressivo, eccitante… mi è apparso per quello che era davvero: un modo meschino di vivere a spese degli altri, anzi facendo del male agli altri”.
“E io non riuscivo più ad andare avanti così”.
Esitò un momento, come a trovare il coraggio necessario.
“Ciò che ho provato per te mi ha cambiata, mi ha fatto capire che persino per una come me c’è sempre una speranza, che modificare la propria esistenza è possibile nonostante tutti gli errori, le bugie e il male. Però prima di poter ricominciare dovevo chiudere i conti col passato, accettare le conseguenze dei miei errori e pagare i miei debiti”.
“Per questo hai deciso di lasciare Veleno?” chiese allora Matt, visibilmente colpito dalle sue parole.
Lei annuì.
“Non potevo continuare così” ripeté.
“E allora perché non aiutare l’FBI a catturarli? Hai rischiato di passare il resto dei tuoi giorni in galera pur di non collaborare” domandò l’uomo, facendo un passo verso di lei.
“Non riesci proprio a capirlo?” rispose lei tristemente “Perché io ho fatto la mia scelta, ma è stata solo mia. E non sarebbe stato giusto tradirli. Dopo anni insieme sono sparita senza neppure una spiegazione, dovevo almeno essere leale con loro”.
L’uomo fece un cenno di assenso col capo.
Ora era tutto chiaro: il motivo per cui non aveva raccontato di lui a Mayhem e quello della sua decisione di costituirsi.
Le si avvicinò ancora, senza smettere di guardarla. Vanessa taceva e quando sollevò gli occhi per incontrare quelli di lui, notò che erano umidi.
“Mi dispiace che tu abbia dovuto affrontare tutto questo…non è passato un solo giorno in tutte queste settimane in cui io non abbia pensato a te, a dove fossi. Non sapere se stessi bene, se fossi viva, se avessi bisogno di aiuto, e non poter fare niente per saperlo è stato difficilissimo.
Ho mentito per troppo tempo a mio figlio, ai miei amici, a tutte le persone che amo”.
L’abbracciò stretta, guardandola negli occhi.
“E adesso non voglio più mentire”.
Nell’oscurità, si chinò su di lei e le sfiorò le labbra.
“N-no” fece lei a mezza voce, indietreggiando di un passo.
Ma la sua resistenza era troppo debole e lui ormai la stava baciando.
Un bacio lungo, appassionato e dolcissimo.
Un bacio per tutti i baci perduti, per tutti i baci non dati e per tutti quelli sognati di quei lunghi mesi di lontananza.     

***

Vanessa aprì di nuovo gli occhi e guardò l’uomo disteso al suo fianco; finalmente dormiva.
Aspettò ancora qualche minuto ascoltando il suo respiro regolare e guardandolo, come se volesse imprimersi nella mente i suoi lineamenti per l’ultima volta.
Poi prese un respiro profondo e sgusciò fuori dal letto silenziosamente.
Si vestì senza far rumore e prese la borsa - era una fortuna, considerò, che con tutto quello che le era capitato negli ultimi tempi non avesse con sé poi molto - che aveva preparato, con dentro i documenti e i contanti che le erano rimasti.
In piedi in mezzo alla stanza, restò immobile ancora per qualche tempo senza riuscire a trovare il coraggio necessario.
Lanciò un ultimo sguardo all’uomo addormentato.
“Entrambi abbiamo creduto di riuscire a cambiare il mondo” mormorò “ciascuno a modo suo… ma era solo un’illusione: tu non potrai mai cambiare il mio passato e io non potrò mai far sì che tu mi ami”.
Poi deglutì, strinse le labbra in una piega amara e senza voltarsi indietro uscì.
 
 
NOTE&CREDITS: stavolta il titolo era quasi una scelta obbligata. Un’eclisse totale che oscura ragionevolezza, prudenza e buon senso. Ma, come sappiamo, Vanessa nasconde un segreto… 
   
 
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