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Autore: giraffetta    22/11/2015    1 recensioni
/ BellaxEdward // Au // OOC // Storico/
|Ispirato al libro “Jane Eyre” di Charlotte Bronte|
...
“Bella, Bella, Bella!”
Un urlo accorato si levò sul silenzio, lasciandomi senza fiato.
“Dove sei?” urlai al nulla. Nessuno era lì con me, almeno non fisicamente.
Rientrai in casa frettolosamente e mi chiusi nella mia stanza. Era arrivato il momento della rivincita.
Sarei tornata da Edward.
...
“Devi rimanere, Isabella. E per un buon motivo, anzi per mille buoni motivi.” affermò. Poi, si mise in ginocchio dinanzi a me e mi prese una mano.
“Ti offro il mio cuore, la mia anima, la mia casa e i miei beni.” soffiò, posando le labbra sul dorso della mia mano. Non mi lasciai scioccare da quelle parole, sapevo che era tutta una farsa.
“Ti chiedo di vivere accanto a me, di essere il secondo me stesso, la mia compagna su questa terra.” sussurrò più dolce, non lasciando la mano.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward, Emmett/Rosalie
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessun libro/film
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Il viaggio durò a lungo. Per un po’ mi distrassi guardando fuori dal finestrino il paese che abbandonavo. Non mi ci ero recata spesso, ma mi piaceva: era piccolo e accogliente, al contrario della casa di lady Carmen, purtroppo.
Poi, il paesaggio mutò e le case basse e bianche lasciarono spazio alla campagna e a delle brulle colline grigie in lontananza. Così, per la maggior parte del tempo, dormii.
Il signor Blaine mi svegliò solo una volta per farmi mangiare dei tramezzini, dopodiché sprofondai ancora in un sonno calmo e senza sogni.
Mi sveglia da sola qualche ora dopo.
“Manca molto?” domandai, con la voce impastata. Sentivo le gambe pesanti e la schiena dolorante.
“Non molto. Dietro quell’altura inizia il viale che porta alla Blaine’s School, la tua nuova casa e scuola.” mi spiegò il signor Blaine.
Annuii e mi sporsi a guardare fuori. Si stava facendo buio, ma il cielo era ancora rischiarato da un acceso color arancio, che sembrava incendiare le nuvole.
Poco dopo distinsi chiaramente un grosso cancello e un viale alberato che portava verso un grosso edificio. Man mano che ci avvicinavamo potevo scorgere meglio la casa: era molto grande, con numerose finestre sulla facciata, alcune buie, altre debolmente illuminate.
La carrozza si fermò e, dopo essere sceso, il signor Blaine mi aiutò a mettere piede a terra.
“Eccoci arrivati! Benvenuta alla Blaine’s, Isabella.” disse, facendomi strada verso una porta di legno semi aperta. Entrai titubante e rimasi immobile, in attesa di istruzioni.
“Aspettami qui. Vado a chiamare la direttrice.” aggiunse, posando accanto a me la valigia e sparendo nel buio.
Trascorsero pochi minuti e vidi tornare il signor Blaine con una donna alta e dal viso severo.
“Ecco, questa è la direttrice, la signora Reitts. Ti accompagnerà alla tua stanza.” spiegò.
Guardai la donna, incuteva davvero timore.
“Buona permanenza, Isabella. Spero che ti comporterai bene, bambina.” mi salutò il signor Blaine.
Rimasta sola, mi voltai verso la direttrice.
“Bene. Isabella è il tuo nome, giusto?” mi domandò, squadrandomi dalla testa ai piedi.
“Sì, signora.” risposi pronta.
Volevo mostrarmi educata e umile, com’ero in realtà, e non rischiare di fare una brutta impressione anche nella mia nuova casa.
“Ottimo. Adesso le ragazze sono tutte occupate. Ne approfitteremo per parlare e per farti conoscere la tua nuova abitazione. Seguimi.” mi spiegò, socchiudendo gli occhi.
Deglutii a fatica. Quella donna non mi piaceva per niente e avevo il timore che fosse crudele come mia zia. Cercai di scacciare questi pensieri, mentre, con un passo traballante, la seguivo, trascinandomi dietro la mia valigia.
Entrammo in una grande stanza, con una grossa scrivania al centro, ingombra di carte e scartoffie di ogni genere.
“Questa è la mia stanza, la direzione.” spiegò la signora Reitts, accomodandosi su una poltrona dietro la scrivania.
Mi fece un cenno con la mano per farmi avvicinare e mi indicò una sedia.
“Siediti.”
Obbedii, sprofondando su una scomoda sedia di legno.
“Dunque, Isabella, spero che ti troverai bene qui. Questa è un’ottima scuola e ti darà una preparazione adeguata alle tue aspettative di vita.” spiegò, sempre fissandomi. Annuii, mordendomi un labbro.
“Imparerai non solo a leggere e a scrivere, ma studierai anche la matematica e le scienze, nonché il disegno e il cucito. Spero che sarai una brava allieva.”
“Sì, signora.” risposi debolmente.
In realtà, alla parola “disegno”, mi si erano illuminati gli occhi. Magari sarei riuscita a imparare davvero a disegnare, così da poter riprodurre gli splendidi disegni che avevo ammirato nei libri di mia zia.
“Adesso, vorrei esporti brevemente le nostre regole principali. Cerca di stare attenta.”
La voce della direttrice mi riportò alla realtà e subito drizzai le orecchie per sentire tutto ciò che diceva.
“Prima di tutto devi chiamarmi signora Reitts o signora direttrice e devi rivolgerti a me con rispetto.” Rimase in silenzio per alcuni istanti ed io annuii.
“Qui formiamo le donne del domani, donne umili, oneste e laboriose. Perciò, dovrai studiare e impegnarti al massimo, e avere un buon carattere, docile, paziente e gentile.” Annuii ancora, e la donna sorrise impercettibilmente.
“Dovrai sempre essere pulita e ordinata. Qui ci si lava con acqua fredda per temprare il fisico, perciò ti adeguerai di conseguenza. E i capelli vanno sempre tenuti raccolti nella cuffia, per non far sfoggio di vanità.” disse le ultime parole con la voce più severa, guardando i miei lunghi capelli sciolti.
“Infine, gli orari. La sveglia è alle sei e trenta del mattino e ci si prepara recitando le preghiere; alle sette colazione in sala mensa; alle sette e trenta iniziano le lezioni, che si interrompono alle dodici e trenta per il pranzo. Segue un’ora di svago, durante la quale si può leggere o stare all’aria aperta, se il tempo lo permette; alle due riprendono le lezioni, fino alle quattro. Seguono due ore per i compiti e dalle sei alle sette e trenta potrai occuparti di lavori manuali, quali il cucito. Segue la cena e la preghiera finale. Alle nove a letto, con la candela rigorosamente spenta. È tutto chiaro?” chiese infine.
Cercai di ricordare tutti gli orari che mi aveva indicato e annuii, sebbene fossi un po’ confusa.
“Bene. Non mi resta che mostrarti la scuola, prima di presentarti alle tue nuove compagne.” Si alzò e prontamente l’imitai, prendendo di nuovo la valigia. La seguii fino all’atrio e lì ci fermammo.
“Allora, questo è l’ingresso. Come hai già visto, lì c’è la mia stanza, mentre il corridoio a sinistra conduce alle cucine e agli alloggi della servitù.” spiegò, indicandomi vari spazi con un dito.
Annuii e rimasi zitta.
“Oltre la vetrata, dietro le scale, ci sono le aule. Te le mostrerò in seguito.” indicò una vetrata scura, posta dietro uno scalone di legno.
“Da questa scala, invece, si accede al primo piano, dove sono sistemate le varie stanze-dormitorio.” Si avvicinò all’ampio scalone e cominciò a salire. Subito la seguii, sempre con la valigia al seguito. Arrivammo a un’imponente balaustra sui cui lati si aprivano due corridoi.
“A destra, ci sono le stanze delle insegnanti e la mia camera personale. A sinistra, gli alloggi delle ragazze.” disse brevemente, incamminandosi verso sinistra. Aprì la seconda porta e mi fece cenno di entrare. Mi ritrovai in una grossa stanza, con una fila di letti a destra e a sinistra e un grosso armadio in fondo alla parete. Al centro, un lungo tavolo ospitava vari catini e bacinelle per lavarsi.
“Il tuo letto è l’ultimo in fondo a destra. Aspettami qui.” mi ordinò, sparendo dalla porta.
Mi incamminai lungo la fila di letti e ne contai cinque per ogni parete. Quindi, avrei dovuto dividere la camera con altre ragazze. Posai la valigia sul mio letto e notai che accanto a questo c’era un minuscolo comodino di legno con uno spazio per contenere una candela.
La direttrice rientrò in quel momento.
“Questa è la tua divisa. Togliti i vestiti e indossala.” impose.
Abituata a ubbidire subito, feci come mi aveva detto, osservando i nuovi abiti. La divisa consisteva in un vestitino blu con la gonna a pieghe, grosse calze di lana grigia, una cuffia per capelli grigia e una mantellina dello stesso colore dell’abito.
Mi spogliai in fretta e mi rivestii con cura, rimettendo i miei vestiti in valigia.
“Questa non ti servirà. La troverai qui.” La direttrice prese la mia valigia e la collocò nell’armadio, dove ne notai altre, impilate l’una sull’altra.
“Bene, il giro turistico è finito.” sentenziò. La fissai immobile e lei mi guardò accuratamente di rimando. Dopo aver stabilito che ero presentabile, parlò ancora.
“Adesso possiamo scendere in aula, così potrai conoscere le tue compagne. Vieni.”
Seguii la direttrice e mi ritrovai di nuovo nell’atrio. Questa volta, oltrepassammo la vetrata dietro le scale e ci trovammo su un piccolo pianerottolo su cui si affacciavano due porte. Ne aprì una, dopo aver bussato decisa, e mi spinse dentro.
Immediatamente il sommesso brusio che aveva riempito lo spazio fino a quel momento cessò e varie teste si voltarono nella mia direzione. Deglutii intimorita e non mi mossi.
“Ragazze, un attimo di attenzione prego.” La direttrice avanzò fino alla cattedra e la seguii titubante, tenendo la testa bassa. Mi prudeva la testa a causa della massa di capelli imprigionata nella cuffia, ma non osai toccarmi, concentrando lo sguardo al pavimento.
“Miss Humbie, ragazze, questa è Isabella Swan, una nuova allieva. Datele il benvenuto.” sentenziò la signora Reitts.
Tutte le ragazze si alzarono in piedi automaticamente e parlarono in coro.
“Buongiorno e benvenuta Isabella.”
Alzai lentamente la testa e abbozzai un sorriso, cercando di scorgere tra quel mare di volti una faccia amica. C’erano circa una trentina di ragazze, tutte sedute su grosse panche di legno e con in grembo una lavagnetta o un libro.
“Per oggi, Isabella, assisterai allo svolgimento della lezione. Da domani inizierai a studiare anche tu. Ti spiegherà tutto Miss Humbie, la tua insegnante.” mi informò la direttrice, prima di uscire dall’aula.
“Vieni, Isabella.” Sentii una voce dolce e sommessa chiamarmi e mi voltai.
Miss Humbie, una giovane ragazza con grandi occhi neri e una lunga treccia castana, mi indicò una bassa seggiolina accanto alla cattedra ed io mi affrettai a sedermi.
“Ragazze, continuate i vostri esercizi. Li controlleremo insieme tra qualche minuto.” si rivolse alla classe. Poi, si sedette accanto a me.
“Dunque Isabella, spero che ti troverai bene qui. Io sarò la tua insegnante e loro saranno le tue compagne.” mi disse. Aveva una voce piacevole e un sorriso rassicurante.
“Qui ci sono due classi: una dove insegno io e un’altra dove insegna Miss Stetton.” continuò a spiegare. Annuii col capo e mi rallegrai di avere lei come mia insegnante.
“Adesso, ti darò una lavagnetta e il tuo libro di studio. Ogni volta che finisce la lezione, dovrai riporli in quell’armadio laggiù.” mi indicò un grosso armadio in fondo all’aula. Annuii ancora, guardandola alzarsi e andare a prendere i miei materiali. Ritornò con la lavagnetta, un pezzo di gesso, un libro e una matita.
“Ecco a te.” disse, ponendomeli in grembo. Poi, si voltò alla classe e iniziò a spiegare qualcosa. Notai che era molto calma e che si prodigava per far capire a tutte ciò che spiegava. Rispondeva a tutte le domande e non alzò mai la voce.
Il tempo trascorse velocemente e all’improvviso sentii suonare una campanella.
“Le lezioni dono finite.” mi spiegò Miss Humbie.
Mi alzai, non sapendo cosa fare. L’orario che mi aveva indicato poco prima la direttrice sembrava essersi volatilizzato dalla mia mente.
“Adesso, ti assegnerò un piccolo esercizio di scrittura e ti unirai alle altre ragazze nella sala grande per fare i compiti.” mi avvisò Miss Humbie. Prese un foglio e iniziò a scarabocchiare qualcosa sopra, mentre le ragazze uscivano dall’aula.
“Ecco, queste sono le lettere dell’alfabeto. Cerca di ricopiarle come te le ho scritte. Se hai problemi, puoi chiedermi aiuto, io sarò in sala con voi.” mi spiegò sorridendo.
Presi il foglio con mano tremante: finalmente avrei imparato a scrivere e a leggere!
Miss Humbie si alzò e la seguii fino alla sala comune. Era una sala molto grande, con molti tavoli e panche al centro, a formare una lunga fila, e una cattedra all’estremità. Seduta alla sedia c’era una donna non molto vecchia, ma dal viso duro e spigoloso.
Miss Humbie si avvicinò e mi spinse avanti.
“Miss Stetton, lei è Isabella, la nuova alunna.”
Miss Stetton mi fissò accuratamente e poi mi fece cenno di andare a sedere. Incoraggiata dal sorriso di Miss Humbie, iniziai a camminare lungo la fila di tavoli, in cerca di un posto.
“Ehi, qui è libero.”
Una voce sussurrata mi fece voltare a destra. Scorsi una ragazza, sicuramente più grande di me, con occhi piccoli e un ciuffo di capelli neri che le ricadeva sulla fronte, che mi indicava il posto accanto al suo. Mi mordicchiai un labbro e decisi di sedermi, appoggiando il foglio e la matita sul tavolo.
La ragazza sorrise e mi porse la mano.
“Io sono Angela.” sussurrò. Strinsi la sua mano. Era calda e un po’ dura, callosa.
“Isabella.” dissi a voce bassa. Annuì, come se lo sapesse già.
“Angela Weber!”
Una voce aspra mi fece sobbalzare e contemporaneamente anche Angela scattò in avanti.
“Quante volte devo ripetere che devi studiare in silenzio? Ancora una parola e ti caccio fuori!” continuò la voce.
Vidi Angela stringere le labbra e abbassare la testa. Mi sporsi dal tavolo e capii che era stata Miss Stetton a parlare in quel modo. Deglutii un paio di volte e poi mi arrischiai a parlare di nuovo.
“È la tua insegnante?” bisbigliai. Angela annuì piano.
“Quanti anni hai?” continuai curiosa.
“Quindici.” sussurrò.
Spalancai gli occhi.
“Io dieci, tra poco undici.” ammisi. Angela mosse le labbra per rispondermi ma una voce la bloccò.
“Angela Weber! Esci subito fuori!” urlò Miss Stetton.
Angela sobbalzò di nuovo e strinse le labbra, sbiancando. Si alzò immediatamente e si avviò alla porta.
“Un momento.” gridai.
Tutte le teste si girarono a guardarmi. Mi alzai in piedi e guardai Miss Stetton, deglutendo piano.
“Sono stata io a parlare, non lei.” spiegai. Sentivo le gambe molli, ma non volevo che Angela fosse cacciata per una mia colpa.
La donna assottigliò gli occhi e mi guardò male.
“Stai zitta, Isabella. E rimani seduta.” mi intimò.
Guardai Miss Humbie e lei, con un cenno del capo, mi fece capire di fare come mi era stato detto.
“Angela!” richiamò Miss Stetton. Mi voltai a guardarla e per un attimo scorsi l’ombra di un sorriso rivolta verso di me.
“Siccome importuni anche le nuove arrivate, meriti una piccola punizione. Avvicinati e tendi le mani.” continuò acida. Sussultai terrorizzata. Per colpa mia, Angela sarebbe stata punita ancora più duramente. Mi morsi la lingua per il dispiacere, mentre vedevo Angela avvicinarsi seria alla cattedra, le mani tese in avanti.
Miss Stetton prese una leggera canna e con un sorriso divertito colpì ripetutamente i palmi della ragazza. Vidi Angela stringere le labbra e non emettere nemmeno un sibilo, mentre io sicuramente sarei scoppiata in lacrime di fronte ad una simile umiliazione.
Poi, mi ricordai di quando avevo stretto la sua mano poco prima: mi era parsa callosa, ruvida. Evidentemente, non era nuova a quel tipo di punizione.
Mentre nell’aria vibrava l’ultimo colpo di canna, istantaneamente pensai a Lady Carmen e alle sue frustate. Rabbrividii, cercando di scacciare quei pensieri dalla testa.
“Ora puoi uscire.”
La voce di Miss Stetton mi riportò alla realtà e vidi Angela uscire a testa bassa, richiudendo la porta.
“Continuate i vostri compiti.” tuonò ancora Miss Stetton, posando la canna e tornando a sedersi.
Cercai di concentrarmi sul mio lavoro e ricopiai due volte la fila di lettere tracciata da Miss Humbie.
In cuor mio però non ero tranquilla e speravo di avere presto l’occasione di scusarmi con Angela. Se non avessi parlato, Miss Stetton non l’avrebbe punita in quel modo.
Alla fine, un altro suono di campanella, ci avvertì che l’orario dei compiti era finito. Portai il mio lavoro a Miss Humbie, che sorrise.
“Bene Isabella. Continueremo domani. Ora riponi il tuo lavoro nell’armadio.” disse.
Mi affrettai a seguire le ragazze e riposi le mie cose nell’armadio, in uno spazio riservato a me, tramite una targhetta. Poi, le seguii di nuovo nella sala grande. Qui, ognuna prese da un grosso baule, il proprio lavoro di cucito e iniziò a lavorare.
Rimasi impacciata sulla porta. Miss Humbie se ne accorse e mi venne vicino.
“Vieni qua, Isabella. Ti insegno i primi passi del cucito.” disse dolce, e subito mi illuminai, seguendola.
Passai il tempo piacevolmente, guidata da Miss Humbie, che mi spiegò tutto con pazienza. Ogni tanto, gettavo qualche occhiata alla sala, ma non vidi Angela e supposi che fosse ancora in punizione.
Quando anche l’ora del cucito finì, ci spostammo nella sala accanto, che era usata come mensa.
Avevo una fame tremenda, ma le mie aspettative fallirono quando vidi portare in tavola una caraffa d’acqua e una semplice ciambella d’avena. Inghiottii la mia fetta avidamente e bevvi un sorso d’acqua, sentendo lo stomaco brontolare ancora per la fame.
Infine, ci alzammo tutte insieme e recitammo una preghiera di ringraziamento per le belle cose avute durante la giornata. In realtà, rimasi a bisbigliare tutto il tempo della preghiera perché non la conoscevo, ma fortunatamente non se ne accorse nessuno.
Finito di pregare, Miss Humbie e Miss Stetton ci accompagnarono al dormitorio e ci augurarono la buona notte. Filai dritta al mio letto e, imitando le ragazze, presi una camicia da notte bianca da sotto il cuscino, indossandola rapidamente.
Mi ficcai sotto le coperte e, stravolta per tutte le nuove emozioni della giornata, scivolai in un sonno profondo, ricordandomi all’ultimo secondo di non aver chiesto ancora scusa ad Angela. Ci avrei pensato l’indomani.





Note:
Lo so, sono in tremendo ritardo e mi dispiace >.< Purtroppo l'università mi risucchia totalmente, sono sempre in facoltà a seguire i corsi oppure da qualche parte a studiare, quindi non trovavo mai un po' di tempo per mettere a posto il capitolo e pubblicarlo! Oggi, però, mi sono ritagliata apposta del tempo e quindi eccoci qua :) 
In questo capitolo Isabella ha fatto conoscenza con due figure fondamentali per il suo percorso: con la sua insegnante, Miss Humbie (meno male che non le è toccata Miss Stetton xD) e con Angela, che nel romanzo di Jane Eyre aveva il nome di Elena Burns, miglior amica di Jane nella sua scuola/riformatorio.
Spero che la storia piaccia e continui a piacere e ringrazio tanto chi legge, chi la inserisce tra preferite/ricordate/seguite e chi adorabilmente decide di spendere un po' del suo tempo per lasciarmi due righe di recensione <3 Grazie davvero <3 
Alla prossima!

Bacioni,Giraffetta

 
  
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