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Autore: Akiko chan    23/11/2015    3 recensioni
Era evidente che il ragazzo non aveva alcuna intenzione di nasconderle il disprezzo che provava e quel fugace contatto le fu sufficiente per saggiare una parte della furia primitiva di cui era capace, se provocato. Niente di male, la cosa era reciproca.
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kojiro Hyuga/Mark
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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~~CAPITOLO XXIV. FARFALLA INESPERTA

I giorni che seguirono furono una girandola di avvenimenti concitati che consumarono le ore una dopo l’altra con sorprendente velocità. Gli ultimi aliti dei venti freddi del nord smisero di soffiare sulla grigia metropoli di Tokyo, per lasciare finalmente il posto al tiepido sole di primavera. Ed e Mark erano partiti alla volta di Fujisawa da Holly e Benji per rincuorare i compagni di squadra e permettere loro di vedere, con i propri occhi, l’armonia ritrovata. Il Capitano nipponico, quasi in lacrime, aveva chiamato quella sera stessa Shay ringraziandola ripetutamente e a nulla erano valsi gli sforzi della ragazza per spiegargli che lei non aveva avuto proprio alcun merito nella riconciliazione, che la faccenda si era praticamente sistemata da sola. Dan si era trincerato in casa, immerso nello studio per recuperare alcune insufficienze prima degli esami finali, particolare che non la impensieriva affatto, dal momento che il suo profitto scolastico era tornato a discreti livelli dopo il periodo di depressione.

Ben altri pensieri turbavano la mente della ragazza. Davanti al suo armadio spalancato sospirava sconfortata da un quarto d’ora. La sua camera era ridotta ad un pot-pourri di stoffe colorate disseminate ovunque, tappeti ricoperti di scarpe, ciabatte, stivali, anfibi, mobili aperti, straripanti biancheria di vario genere. Aveva svuotato cassetti e armadi passando in rassegna tutto il suo guardaroba, non tralasciando nulla, dalle mutande ai calzini.

Accidenti! Non c’era neppure un capo che potesse definirsi “femminile”!

Tute da motociclista, giubboni rinforzati, pantaloni extra-large, felpe unisex…e il peggio era che anche volendo spendere i suoi miseri risparmi in abiti e scarpe, non sapeva da che parte iniziare…

-Maledizione!- imprecò, lanciando sul letto un paio di canotte sgualcite che un tempo indossava per gli allenamenti di kick boxing - Se solo ci fosse Patty qui! Lei saprebbe certamente darmi qualche consiglio…-mormorò sconsolata pensando al corpo esile dell’amica infilato in femminilissimi vestitini - … lei saprebbe certamente che comprare …-

Ma certo! Poteva prendere la moto e pigiando un po’ sull’acceleratore, in paio d’ore essere sotto casa dell’amica.

Si spogliò in fretta e indossò la tuta nera da motociclista, raccolse alla bell’ e meglio i capelli in un’alta coda di cavallo ed infilò il primo dei suoi guanti di cuoio rinforzati. Osservò la sua mano piccola e bianca scomparire dentro il guantone e si bloccò con il dorso sinistro infilato solo per metà. Borbottando a denti stretti, sollevò lentamente lo sguardo e fissò intensamente l’immagine che lo specchio appeso alla parete le rimandava.

Ma chi voleva imbrogliare? Lei era colei che lo specchio, con disarmante chiarezza, le mostrava. Era alta rispetto alla media giapponese, non certo magra, anzi in alcuni punti molto morbida nonostante tutti i suoi sforzi per mascherare le curve imbarazzanti del corpo; i capelli corvini stavano ricrescendo in fretta ed erano tornati lucenti e setosi come un tempo, leggermente arricciati sulle punte. Gli occhi blu erano profondi e inquieti e una luce dubbiosa tremolava in essi, una luce che in quelle ultime settimane aveva imparato a conoscere bene. Fece qualche passo avanti verso la lucida superficie rifrangente. Lei era così. Una   ragazza di quasi diciott' anni con passioni che si potevano definire in molti modi ma non certo femminili: le moto potenti, la kich-boxing e tutti gli sport fisici, molto fisici, i pantaloni comodi, le magliette informi. Non vi era nulla di più appagante per il suo ego indomito, di essere considerata forte e indipendente, era disposta a tutto per ottenere rispetto, anche usare le mani, alle quali ricorreva spesso e volentieri.

Sbatté nervosamente le lunghe ciglia corvine respirando a fondo, svuotando la pancia dall’aria e gonfiando il petto come le aveva insegnato il maestro anni prima per raccogliere l’energia prima del combattimento. Ma quel movimento lento e studiato non la calmò affatto ed ebbe come unico risultato di mettere in evidenza l’imbarazzante curva del seno. Shay scosse il capo come per allontanare un’idea molesta e, dopo un attimo di esitazione, abbassò lentamente la zip della tuta sino all’altezza dell’ombelico, sfilò la parte superiore del nero indumento liberando spalle e braccia e arrotolò con cura sui fianchi la stoffa fredda e resistente. Rimase qualche istante  immobile in ascolto dei battiti tumultuosi del suo cuore, intenta a decifrare quell’istinto sconosciuto che l’aveva spinta a spogliarsi davanti allo specchio. Si sentiva tremendamente a disagio, certo non era la prima volta che esaminava il suo corpo nudo, ma non era la nudità in sé ad imbarazzarla, piuttosto quella sensazione voluttuosa che le era estranea e sembrava aver preso possesso della  sua mano e della sua mente. Sfilò la maglietta dalla testa e fece un passo indietro per osservarsi meglio. Le spalle erano larghe, la candida pelle liscia al tocco e i bicipiti ancora ben delineati, anche se la muscolatura si era notevolmente ridotta da quando aveva interrotto gli allenamenti intensivi di boxeur. Scese con lo sguardo, la pancia era piatta con gli addominali ancora disegnati attorno al delicato incavo dell’ombelico. Facendo uno sforzo su se stessa per scacciare quel fastidioso senso del pudore che le urlava di rivestirsi immediatamente,  risalì con lo sguardo sino all’altezza del petto. I suoi occhi si soffermarono a lungo sulla fascia bianca che stringeva i seni. Che sciocca era! Chi voleva imbrogliare? Come poteva voler essere femminile se non aveva neppure il coraggio di portare un reggiseno normale, ma si ostinava a costringere le sue forme sotto fasce elastiche? Respirò a fondo per l’ennesima volta e mai come allora la costrizione della fasciatura le sembrò scomoda e infantile.

Con gesto deciso cercò l’apertura della fascia sotto l’ascella quando un affrettato scalpiccio di passi leggeri lungo il corridoio la fecero voltare di scatto. Scosse il capo sentendosi sempre più ridicola e con il cuore che le pulsava furioso in gola si avvicinò alla porta e diede un giro di chiave accertandosi così che nessuno l’avrebbe colta intenta nell’imbarazzante esame che si apprestava a fare.

Si riposizionò davanti allo specchio esitando solo una frazione di secondo – Coraggio – si disse mentre faceva scattare il fermaglio metallico che teneva ferma la fascia. La serica stoffa bianca scivolò giù allentata di attimo in attimo dal ritmico sollevarsi del respiro. Shay non fece assolutamente nulla per accelerare quella lenta tortura, era scombussolata dall’eccitazione che si stava procurando. I seni leggermente arrossati per la costrizione a cui li aveva sottoposti, ben presto capeggiarono finalmente liberi, rosei e tondi, ornamento ancestrale del corpo femminile. Erano belli: eretti e ben fatti, ma decisamente troppo pieni e troppo … femminili. Ecco il punto! Lei la femminilità ce l’aveva, il suo corpo era di donna da anni ormai, era lei a non essere in grado di gestirlo, si vergognava solo all’idea di avvicinarsi ad un uomo con la sinuosità con cui Isabelle si era avvicinata ad Ed, arrossiva al pensiero del corpo di una donna accostato a quello di un uomo! Com’era ancora immatura e bambina! In fondo Mark aveva ragione!

Stramaledettamente ragione!

Si lasciò cadere indietro finendo supina sopra il letto. La profumata brezza primaverile che soffiava attraverso le imposte aperte, le solleticò il corpo seminudo, accarezzandole i capezzoli che si inturgidirono a contatto con l’aria fredda, facendola rabbrividire di piacere. Quel fievole alito di vento poteva assomigliare in qualche modo alle carezze di Mark?
 
-Pervertita- mormorò arrossendo sino alla radice dei capelli – Che pensieri sono questi? Oh Shay non ti riconosco più!- gemette sconsolata, voltandosi a pancia in giù, sottraendosi a quell’innocuo piacere che l’aveva tanto sconvolta. Affondò il volto fra le coperte sentendosi perduta, bruco dentro forma di farfalla, in balia di un corpo che reclamava attenzioni che non gli aveva mai concesso. In breve tempo e senza che se ne rendesse minimamente conto, Mark le aveva svegliato istinti sconosciuti che non poteva più ignorare ma come soddisfarli, era una domanda alla quale proprio non sapeva rispondere.

La voce profonda della causa del suo malessere le giunse dal piano di sotto, stava discutendo con il fratello minore su qualche cosa che Shay non colse. Come poteva sottrarsi a tutto quello? Se solo avesse potuto scappare lontano e dimenticare per sempre Mark Lenders e tutto ciò che lui ormai significava.

Rimase distesa in quella posizione a lungo sforzandosi di non pensare a nulla, ma più cercava di svuotare la mente e più pensieri che non riconosceva come propri la tormentavano, turbandola sempre più. Pose fine a quella confusione con un enorme sforzo di volontà cercando di annegare l’ansia tra i rivoli bollenti di una lunghissima doccia. Il rimedio funzionò perché l'acqua attutì almeno una parte della confusione e del senso di estraneità che provava, rischiarandole un poco le idee. 

Quando scese in cucina per la cena la famiglia era già seduta a tavola -Scusate il ritardo- disse prendendo posto e stando bene attenta a non sollevare lo sguardo sul fratellastro maggiore. Non sarebbe stato facile mangiare con lui seduto di fronte.

-Non ti preoccupare cara- disse il signor Field senza tentare nemmeno di dissimulare l’orgoglio e il piacere che provava nel vedere la sua numerosa famiglia tutta riunita attorno ad un tavolo – Io Rose e i bambini andiamo al cinema stasera, vuoi venire?- le chiese il genitore scrutandola e cercando di trattenere un sorriso.

-Ti ringrazio ma devo studiare…- replicò scostando la sedia dal tavolo. Fu allora che lo notò.

Un grosso pacco rettangolare avvolto in una carta lucida color oro e un enorme fiocco bianco nel mezzo -Ma cosa ... -

Suo padre ora sorrideva apertamente -Un regalo in anticipo per il tuo compleanno! – esclamò alzandosi in piedi per l’eccitazione -Lo so che mancano ancora tre giorni ma … aprilo e capirai!-

Shay lo osservò confusa, poi voltò il capo verso il calendario appeso alla parete accanto ai fornelli, in effetti era il 27 marzo e fra tre giorni lei avrebbe compiuto diciott' anni –Grazie, grazie papà- disse semplicemente non trovando altre parole adatte da aggiungere. Disfò il fiocco e scartò il pacco con mani tremanti sotto gli occhi attenti dei fratellini che le si erano fatti tutti attorno curiosi. Tutti tranne uno, constatò Shay rilevando con la coda dell’occhio la sagoma corposa di Mark ferma al proprio posto. Se lui le si fosse avvicinato, dopo tutti i pensieri lussuriosi che si era concessa quel pomeriggio, probabilmente avrebbe avuto una crisi isterica. La situazione comunque urgeva una soluzione immediata, non poteva certo sperare di evitare qualsiasi contatto fisico con il fratellastro, gli spazi della casa non erano così ampi da permetterle di evitarlo in eterno.

–Ma è ….- balbettò sempre più confusa estraendo dal pacco un vestito di delicato lino azzurro corredato da un golfino di una tinta appena più scura. Sul fondo della scatola notò anche un paio di sandali con il tacco, dello stesso colore dell'abito. Shay rimase senza parole e tacque guardando il vestito tra le sue mani. Era la prima volta che il padre le regalava un abito. Possibile che fosse al corrente dei suoi turbamenti? Possibile che avesse indovinato cosa era accaduto in camera sua qualche ora prima? Il solo pensiero che il genitore potesse aver intuito il suo attimo di debolezza la fece arrossire vistosamente. Ma il padre sembrava non aver colto l’agitazione della figlia o, se l’aveva colta, la imputò erroneamente alla sorpresa per quel regalo anticipato – Per il tuo compleanno cara! Ho prenotato come al solito al nostro ristorante  preferito, un posto per due al solito tavolo … - il signor Field esitò solo un attimo incerto - … almeno che tu non preferisca festeggiare i 18 anni  con i tuoi amici o in qualsiasi altro modo... – concluse osservando con sguardo attento la figlia.

- Un posto per due?- ripeté la ragazza ricambiando lo sguardo del genitore identico al suo.

-Si per due-

-E loro?- chiese Shay con sincera sorpresa indicando con un ampio gesto del capo gli altri presenti in cucina.


-Oh cara!- esclamò suo padre avvicinandosi per abbracciare forte la figlia -Speravo tanto che tu mi facessi questo regalo … davvero desideri che ci siano anche loro alla tua festa di compleanno?-

-Ma che domande sono papà?- borbottò sempre più confusa tra le braccia del padre che sembravano non  volerla lasciare più – Certo, non siamo tutti una famiglia?-

Già una famiglia, peccato che lei si fosse innamorata del candidato a fratello maggiore. Ma forse non era così, forse si era sbagliata. Era tutto così complicato e Shay in quel momento pregò con tutto il cuore che quell’infatuazione per il fratellastro fosse veramente un fuoco di paglia, che sarebbe svanito all’improvviso così come era avvenuto. Come le era successo con Ed. Non si era convinta di essere follemente innamorata del bel portiere? E poi non era tutto scomparso come un’effimera bolla di sapone esplosa a contatto con un alito di vento appena più vigoroso degli altri?

Con quella tenue speranza nel cuore trovò il coraggio di sbirciare oltre la spalla del padre, nella direzione del fratellastro. I loro occhi si allacciarono per un solo istante ma fu sufficiente per far perdere un battito al cuore della ragazza – Eh no, non ci siamo proprio! – pensò sconfortata mentre si perdeva nel sorriso serafico che aleggiava sul bel volto bruno di lui, evidentemente compiaciuto della mansuetudine che ormai caratterizzava la sorellastra ribelle.

  
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