Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: Xion92    23/11/2015    4 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 28 - Diluvio


La pioggia stava venendo giù fittissima, con gocce grosse e pesanti. In giro non c’era anima viva, né umana né animale, perché con un tempo avverso come quello soltanto un pazzo avrebbe pensato di avventurarsi all’esterno della propria abitazione. Le poche famiglie rimaste a Tokyo stavano rintanate nei loro alloggi – palazzi, case e grattacieli ancora agibili, tende e catapecchie costruite con materiali di fortuna – e non osavano mettere fuori neanche il naso. Solo alcune di esse, a un certo punto di quella giornata, incuriosite da uno scalpiccio esterno, come di una persona che stesse correndo, si sporgevano appena, incuriosite di scoprire chi fosse tanto fuori di testa da andarsene in giro con quel tempaccio. Purtroppo la loro curiosità non poteva essere soddisfatta, perché la persona che attraversava la città lo faceva ad una velocità talmente elevata da non riuscire a distinguerla.
Mew Angel correva fra le strade asfaltate deserte, affondando nelle pozzanghere fino alla caviglia. Non avrebbe potuto scegliere giorno più sbagliato per combattere: era freddo, c’era nebbia, a causa delle nuvole fitte la visibilità era limitata, le gocce che le cadevano sugli occhi le sfocavano la vista, i capelli arruffati d’acqua le davano fastidio, e ogni volta che doveva uscire dalle strade asfaltate per poter tagliare, si ritrovava impantanata nel fango fin quasi allo stinco. Il terreno inoltre era sdrucciolevole e rischiava ogni volta di cadere e farsi male. Ma non le importava niente. Non poteva aspettare. Erano sette anni che si sentiva bruciare di desiderio di vendetta contro quell’alieno, e ora che suo nonno non c’era più, poteva permettersi di nuovo di combatterlo senza che il suo onore di guerriera ne risentisse.
La ragazza aveva finalmente capito che tutto quel casino successo a Tokyo non era a lei estraneo, ma aveva coinvolto addirittura i suoi genitori e altre guerriere come lei. Ora loro non c’erano più, quindi spettava a lei prendersi quel compito sulle spalle. Si sentiva invischiata in quella faccenda fino al midollo, e aveva capito che ormai c’erano solo due opzioni per uscirne: doveva riuscire ad uccidere Flan, oppure rimanere lei uccisa da lui. Pensando alla seconda, la giovane pensò, mentre correva: ‘non so se riuscirò ad uccidere sia Flan che Waffle, ma anche se dovessero ammazzarmi, almeno uno dei due me lo porto appresso!’
Mentre correva, si rese però improvvisamente conto di aver ripetuto lo stesso errore che aveva commesso da bambina: si era messa a girare alla cieca per la città senza avere la minima idea di dove si trovasse il suo nemico. Ma questa volta ne aveva abbastanza: non aveva tempo da perdere. Perciò, senza fermarsi, si mise a gridare, nel vento e nella pioggia fitta: “Flan! Maledetto, schifoso bastardo! Dove sei?! Vieni fuori!”
Continuò per un periodo di tempo incalcolabile, tanto che ebbe l’impressione di essere andata dalla periferia al centro, per poi arrivare alla periferia della parte opposta di Tokyo. Ma Flan non si vedeva. Alla fine, cominciando a sentire male alle gambe, si fermò in una grossa piazza appena fuori dagli ex quartieri centrali, una piazza col pavimento che forse un tempo era stata di mattonelle, ora divelte dalle erbacce e dai cespugli selvatici. Intorno alla piazza, dei palazzi abbastanza alti. E non si udiva solo il rumore della pioggia, ma anche quello dell’acqua che scorreva. Proprio al di là di quei palazzi, infatti, scorreva uno dei fiumi maggiori della città, che ora, a causa della pioggia che andava avanti da settimane, si era ingrossato terribilmente e aveva anche devastato gli argini.
“Flan!” gridò ancora. “Dove sei? Vigliacco! Vieni qua a combattere!”
Rimase ferma qualche minuto per tirare il fiato, quando, nonostante lo scroscio della pioggia, riuscì a sentire un rumore sopra di sé: quello inconfondibile del teletrasporto alieno. Subito alzò la testa, scostandosi la frangia bagnata dagli occhi. Era lui. Ed era da solo. Waffle non c’era. Tanto meglio. Meno lo vedeva e meglio era.
Era da sette anni che i due non si vedevano, perciò in un primo momento Flan non la riconobbe e la squadrò perplesso col suo unico occhio sano.
Angel lo guardò con aria aggressiva e appiattì le orecchie sulla testa. “Flan!” gli gridò “non osare dirmi che ti sei dimenticato di me!”
L’alieno la osservò ancora un attimo, poi esclamò: “ma guarda chi si rivede! Angel, giusto? Non solo non sei morta quella notte, ma sei addirittura riuscita a diventare adulta. Bene, vorrà dire che quello che non è stato concluso quella notte, verrà concluso adesso!” ed evocò entrambi i suoi kunai.
Mew Angel, di rimando, richiamò la sua Angel Whistle e la strinse forte con la destra: “mio nonno si è ammalato ed è morto per colpa tua, bastardo! Sarai tu a morire, oggi!”
La guerriera, senza aspettare nemmeno un attimo, fece un salto verso di lui per cercare di raggiungerlo, ma l’alieno schivò facilmente. Subito Flan lanciò una scarica elettrica dai coltelli verso di lei, e Mew Angel, prima ancora di toccare terra, contrattaccò con un Ribbon Angel Bless, che toccando l’elettricità provocò un’esplosione. Parato l’attacco con successo, la ragazza approfittò del fumo che si era sprigionato per correre indisturbata verso il palazzo più vicino. Quando lo ebbe raggiunto, con un salto si appoggiò alle pareti di cemento, e da lì, saltando tra questo e un palazzo di fianco, riuscì ad arrivare abbastanza in alto. Mentre era sospesa in aria, nel bel mezzo di un salto, riuscì a distinguere Flan, che si guardava attorno nervoso alla ricerca della sua avversaria. Allora si appoggiò per l’ultima volta alla parete di un palazzo con tutti e quattro gli arti e si slanciò con forza verso di lui. L’alieno se la vide arrivare addosso praticamente dal nulla, perché lei era stata veloce e lui non era riuscito a distinguerla mentre saltava.
“Sorpresa!” gridò Mew Angel, cercando di colpirlo. Flan cercò di levitare più in alto, ma la ragazza riuscì ad aggrapparsi alle sue gambe, e dando uno strattone verso il basso cercò di tirarlo giù. Flan, furioso, si piegò e diede alla guerriera un fendente coi kunai così forte da catapultarla sul tetto di un grattacielo poco più in là. Per fortuna era solo una ferita superficiale, e Mew Angel si rimise quasi subito in piedi. Flan raggiunse il nuovo campo di battaglia e rimase per un attimo a fissarla col suo unico occhio scintillante. Restarono per alcuni secondi fermi, ognuno da un lato opposto del tetto, mentre la pioggia gelata continuava a cadere inesorabile su di loro. Quel grattacielo era quello più esterno della piazza. Subito oltre c’era il fiume, violento e impetuoso.
Questa volta, Flan fece la prima mossa e si scagliò verso l’avversaria, cominciando a menare fendenti per riuscire a centrarla, ma lei era troppo svelta e non si lasciò colpire.
“Piccola… maledetta… svelta… umana!” gridava frustrato Flan ogni volta che un suo colpo falliva. Quando si accorse che stava iniziando a stancarsi, decise di fare la stessa mossa che aveva provato con la Mew Mew verde e con quel tipo biondo vestito di blu. Si teletrasportò alle spalle della ragazza per cercare di colpirla da dietro. Ma non aveva messo in conto che una vita intera quasi allo stato primitivo aveva acuito i riflessi di Angel ben più che a qualunque altro essere umano vissuto nella bambagia. Prima ancora che fosse riuscito ad arrivare alle sue spalle, Mew Angel si era accorta della sua intenzione, e quindi aveva schivato il suo colpo a tradimento con un salto, lasciandolo con un palmo di naso.
“Flan!” gli gridò, appena fu atterrata e si fu voltata verso di lui “non ci provare a usare certi trucchetti con me! Combatti in modo leale!”
Flan, non potendo sopportare che una miserabile terrestre stesse riuscendo a tenergli testa per più di un quarto d’ora, lanciò uno sguardo sul tetto. Era completamente ricoperto d’acqua piovana, formando come una gigantesca pozzanghera. Guardò malignamente la ragazza di fronte a sé, poi caricò i kunai di elettricità e si piegò, facendo toccare le punte dei coltelli per terra. Subito tutta l’acqua sul tetto condusse l’elettricità, e Mew Angel, che non si aspettava una mossa del genere, venne presa alla sprovvista e colpita in pieno. Si sentì come se stesse bruciando dall’interno, e subito dopo un senso di paralisi. Appena la scossa fu finita, la Mew Mew si accasciò a terra sul fianco, tremante. Era stata una brutta scossa, ma poteva farcela ancora… cercò di rialzarsi, ma venne bloccata: Flan le premette un ginocchio sulle gambe e la mano sinistra sulle braccia, per impedirle qualunque movimento. Era un uomo adulto e forte, e Mew Angel, anche dibattendosi, non riuscì a liberarsi.
“No, io non posso… non posso perdere contro uno come te… sono diventata più forte di quando ero piccola, allora perché ho perso di nuovo? Perché le altre Mew Mew sono riuscite a vincere gli alieni e Profondo Blu, e io non riesco a vincere contro un miserabile come te?” gemette lei, nel dolore.
Flan, a sentire quelle parole, fece un ghigno divertito: “intanto vedi di evitare di bestemmiare il nome di Profondo Blu, non sei degna di pronunciarlo, con quella sporca bocca umana. Lui non può essere sconfitto, e non potrà mai esserlo. Al massimo saranno stati sconfitti Pie, Quiche e Tart, questo te lo concedo. E vuoi sapere il perché le Mew Mew sono riuscite a sconfiggere loro, e tu non riesci a sconfiggere me?”
Mew Angel non rispose, ma roteò gli occhi verso di lui, attendendo una risposta.
“Ovviamente bisogna tenere in conto che quei tre erano dei poveri incapaci, tanto che non mi spiego del perché siano stati scelti loro per una missione così importante”, continuò Flan, con una punta di disprezzo “ma c’è una ragione per cui le Mew Mew hanno avuto la meglio su di loro: quelle lì hanno combattuto insieme. E quando sono insieme, lo ammetto, le Mew Mew sono forti. Ma prese una per una non valgono niente. Mi è bastato tramortirne una, per neutralizzare le altre. Tu potrai cercare di combattermi anche per tutta la tua vita, ma non riuscirai mai a sconfiggermi. Non ti rendi conto che sei rimasta da sola? Che sei l’ultima? Tu potrai essere forte quanto ti pare, ma fintanto che sarai da sola, non riuscirai mai a vincere. È tutto qua il tuo problema.”
Mew Angel, digrignando i denti per la rabbia e l’umiliazione, cercò di sollevare almeno la testa, ma se la ritrovò bloccata dalle punte dei kunai che le premevano contro la tempia.
“Chissà come ci si deve sentire, con ottocento volt che ti attraversano di colpo il cervello?” sentì dire a Flan con tono divertito e incuriosito allo stesso tempo, e si sentì premere più forte. “Vogliamo provare?” lo sentì insistere, con voce sadica, questa volta.
Mew Angel, subito, senza stare ad aspettare che Flan ci provasse sul serio, sollevò di colpo la coda e la sbatté violentemente sul viso del suo nemico, come una frusta. Flan urlò di dolore e si alzò lasciandola andare, coprendosi l’occhio sano.
La Mew Mew, con le ultime forze rimaste, dandosi una spinta con tutti e quattro gli arti spiccò un salto dal suo posto per allontanarsi da lui, senza nemmeno stare a guardare la direzione che aveva preso: quella non contava, ora. L’importante era mantenere le distanze dall’avversario. Si accorse troppo tardi, mentre ormai stava in aria, di aver saltato dalla parte sbagliata: si stava dirigendo proprio verso il bordo del grattacielo, oltre il quale, molto più in basso, scorreva il fiume ingrossato dalla pioggia, sporco di fango e pieno di grossi detriti. Subito, nel mezzo del salto, si raddrizzò, cercando di mettere i talloni dei piedi più in basso per dare una frenata non appena avesse toccato terra, ma non ci riuscì. Appena atterrata, praticamente sul ciglio dello strapiombo, venne trascinata dall’impeto del salto e, perso l’equilibrio, cadde a capofitto nel vuoto, finendo nell’acqua, molto più sotto.
Cominciò a sentirsi soffocare, l’acqua che le entrava nei polmoni, mentre la corrente fortissima la trascinava via. Cercò di agitare gambe e braccia per fare resistenza e riuscire almeno a sporgere la testa per tirare il fiato, ma oltre alla corrente c’erano detriti di tutti i tipi che la colpivano in continuazione, facendole quasi perdere i sensi.
Flan, che nel frattempo si era ripreso e si era alzato in volo, dall’alto cercò con lo sguardo nel fiume sotto di sé, aspettando che quella Mew Mew spuntasse fuori. Ma, visto che tardava, si stufò e, dopo aver caricato i kunai, li puntò verso l’acqua e lanciò una forte scarica, elettrificando tutto il fiume per miglia e miglia di lunghezza.
“Bene!” esclamò soddisfatto “se non è morta dopo una scarica come questa, per giunta in acqua, non vedo proprio cos’altro potrebbe ammazzarla!” e, convinto di aver vinto, si teletrasportò, abbandonando il campo.

Certamente Flan ci sarebbe rimasto malissimo, se avesse scoperto che nemmeno dopo questo ultimo attacco la ragazza era morta.
Infatti, pochi attimi dopo essere stata scaraventata in acqua, Mew Angel, intontita dall’elettricità subita in precedenza, dall’acqua che stava bevendo e dai tronchi d’albero che la stavano colpendo, agitando inutilmente le mani era riuscita a toccare qualcosa di legnoso, fermo e solido. Senza nemmeno stare a controllare cosa fosse, ci si era aggrappata con tutte e due le mani e, facendo forza nelle braccia, era riuscita a far sporgere la testa dal pelo dell’acqua. Si era afferrata a una radice di un robusto albero che cresceva sul bordo del fiume, e che, visto che gli argini avevano ceduto, aveva le radici immerse in acqua. Di fianco all’albero, un folto canneto. Subito la giovane si era tirata su e carponi era uscita dall’acqua, infilandosi tra le canne e i giunchi proprio un attimo prima che Flan scagliasse il suo ultimo attacco, tossendo e sputando acqua di fiume per i successivi cinque minuti. L’alieno non l’aveva vista neppure dall’alto, visto che quel canneto era talmente folto che la ragazza al suo interno era praticamente invisibile.
Mew Angel, appena sentì che l’alieno era scomparso e la battaglia era finita, avrebbe voluto lasciarsi cadere a terra e svenire. Era un miracolo se era ancora viva. Ma sua nonna l’aspettava a casa… non poteva svenire lì. Doveva tornare da lei, prima. Doveva farcela. Si alzò in piedi con uno sforzo immenso, senza badare ai capelli, alla pelliccia e alla sciarpa zuppi d’acqua e al dolore che le percorreva tutto il corpo, e cominciò ad incamminarsi, con le orecchie abbassate, sentendosi sconfitta.

Sakura, nel frattempo, stava seduta dentro la tenda, a gambe incrociate e con la testa bassa, col viso coperto di lacrime. Poco dopo la partenza di Angel, aveva portato il corpo del marito morto fuori, col suo lenzuolo, ed incurante della pioggia l’aveva seppellito sotto un albero in modo molto grossolano, come meglio aveva potuto. Ora non c’era tempo di essere tristi per Shintaro, visto che i suoi pensieri andavano tutti alla nipote. Si stava maledicendo da almeno un’ora. Perché l’aveva lasciata andare? Perché non aveva di nuovo provato a fermarla? Era andata incontro al suo destino, come sua madre prima di lei, e di sicuro non sarebbe mai tornata a casa. Lei era lì ad aspettarla, ma probabilmente non l’avrebbe mai più rivista. Era inutile farsi illusioni. Era quello il motivo per cui non aveva aspettato il suo ritorno prima di seppellire il marito.
Mentre era immersa in questi pensieri, sentì come un rumore di passi all’esterno. Si alzò in piedi e si precipitò fuori senza badare alla pioggia. Ed eccola lì, a un centinaio di metri, sua nipote, ancora trasformata in Mew Mew, ricoperta di ammaccature e ferite per tutto il corpo. Però era in piedi.
“Sei… sei riuscita a battere Flan?” le chiese incredula la nonna, con voce tremante.
La ragazza non rispose a quella domanda, ma rivolse a sua nonna uno sguardo che le fece gelare il sangue. Angel non aveva mai avuto uno sguardo così: era uno sguardo sconfitto, da perdente.
Un attimo dopo, Sakura si sentì gelare il sangue di nuovo, perché, dopo quello sguardo, la giovane era caduta a terra, svenuta dalla fatica, ed era tornata alla sua forma normale.
Subito le corse accanto e, afferrandola per le ascelle, la trascinò con fatica dentro la tenda, dove le tolse i vestiti zuppi e la coprì con delle coperte calde. E intanto piangeva, di gioia di vederla lì ancora viva, di disperazione per lo stato misero in cui era ridotta, ben peggiore di quello in cui l’avevano trovata quando era piccola, di rabbia per il fatto che quella ragazza cocciuta se ne fosse scappata senza ascoltarla. E mentre piangeva, tra i singhiozzi diceva:
“sei una stupida, Angel, ecco cosa sei! Sei solo una stupida testarda! Hai preso tutto da tuo nonno, ma neanche lui era testardo come te!”

Questa volta, però, la guarigione di Angel fu molto più rapida della lunga convalescenza che aveva dovuto affrontare da bambina: nonostante la scossa elettrica, la caduta nel fiume e gli sballottamenti subiti dalla corrente, nessuna delle ferite che aveva sul corpo era grave, ed era svenuta più per la fatica che per altro. Tutto quello che le ci volle fu dormire per un giorno e per una notte, e la sua costituzione sana e robusta fece il resto. Nonostante la non gravità della sua situazione, Sakura non l’abbandonò per un solo istante: quella ragazza era tutto quello che le era rimasto sulla Terra, e la recente morte del marito aveva fatto sì che la nonna di Angel si attaccasse alla nipote in modo quasi morboso, con la paura costante che potesse succederle qualcosa di male e che potesse morire anche lei.
Così, Sakura era con lei quando Angel finalmente, il giorno successivo allo scontro, aprì gli occhi, quasi completamente rimessa. Subito la nonna, freneticamente, cercò di guardarle il viso per capire dalla sua espressione se ancora avesse da riposare o fosse ormai guarita, e rimase agghiacciata: gli occhi di sua nipote dimostravano indubbiamente che ormai stava bene; ma solo nel fisico. Nonostante non avesse uno sguardo malato o stanco, quegli occhi erano vuoti. Vuoti e profondamente tristi e abbattuti. Sakura era presa alla sprovvista: c’erano state volte, in passato, in cui Angel era stata triste. Quando era morta Heicha e dopo il suo primo scontro con Flan erano i primi esempi che le venivano in mente. Ma non fino a questo punto. Questa volta alla tristezza si erano aggiunte la delusione e l’amarezza di non essere riuscita nel suo proposito. La donna vide che la ragazza muoveva piano le labbra come per cercare di parlare, e attese che sua nipote si decidesse a dire qualcosa.
“… non ce l’ho fatta. Sono andata là per vendicare il nonno, ma non ce l’ho fatta…” la voce le tremava, e gli occhi le erano diventati lucidi. Rimase in silenzio per qualche secondo, e poi, per la prima volta da che si ricordava, scoppiò a piangere. Fu un pianto che scosse tutto il suo essere, perché non riguardava solo quello che era successo il giorno prima: queste erano lacrime per tutto quello che era successo da quando era piccola, e che aveva sempre ingoiato e mai versato. Angel pianse la morte di Heicha, il tradimento di Waffle, suo nonno, pianse per la sua Tokyo morente e, anche se non aveva conosciuto nessuno di loro, pianse i suoi genitori e le Mew Mew, che erano morti in battaglia per proteggere la loro città e lei. Piangeva e contemporaneamente cercava di smettere, ma più ci provava e più le lacrime le venivano giù copiose. Il suo pianto improvviso era come una diga che si è rotta e che, una volta che l’acqua ha iniziato a uscire, non è più possibile fermare. Angel odiava piangere: perché la faceva sembrare debole, perché la umiliava, perché la imbruttiva. Un guerriero non deve piangere, mai!, cercava di pensare per interrompere le lacrime, ma non ci riuscì. Così continuò, per lunghissimi minuti, gridando, singhiozzando, col petto che le si squassava ad ogni singulto, con le lacrime che le rigavano il viso arrossato, con gli occhi gonfi e appannati. E intanto si copriva il viso con le mani, come per nascondere la sua debolezza, e gemeva: “nonno… nonnino… perché sei morto? Come farò senza di te?”
In tutto questo, Sakura non disse una sola parola, ma le rimase accanto, rispettandola. La sua Angel era sia una ragazza a cui era appena stato strappato il perno centrale della sua vita, sia una guerriera che aveva appena perso una battaglia importante e che era stata ferita profondamente nell’orgoglio. La conosceva abbastanza per poter affermare che la giovane avrebbe preferito venire uccisa da Flan sul campo di battaglia, piuttosto di scampare nel modo in cui aveva fatto. E quando finalmente i singhiozzi di sua nipote si fecero più radi e il suo respiro tornò ad essere più regolare, stravolta, distrutta ed umiliata, le accarezzò il braccio: “hai fatto bene a lasciarti andare, Angel. Sei stata incosciente e impulsiva a fare di testa tua, ma le tue intenzioni erano nobili. Credimi, se tuo nonno ora potesse vederti, sarebbe solo fiero di te.”
Vide sua nipote scuotere la testa, affranta: “no, non è vero. Mi sgriderebbe soltanto, invece. Perché ho deluso tutti quanti.”
“No, Angel, ti sbagli. Non sarai riuscita, ma hai fatto del tuo meglio. Hai fatto tutto quanto in tuo potere, ma i miracoli non li fa nessuno, nemmeno tu. Se pensi che tuo nonno ti sgriderebbe, sappi invece che tua nonna è orgogliosa di avere una ragazza così coraggiosa per nipote”, le disse con la voce leggermente tremante.
Allora Angel alzò lo sguardo e guardò sua nonna, finalmente sorridendo dopo tanto piangere, e allungò le braccia verso di lei. Subito Sakura le si avvicinò e la abbracciò stretta. Angel era un po’ più tranquilla, ora: amava sua nonna oltre ogni dire, e al mondo le due donne non avevano più che l’altra.
“Forza” le disse Sakura dopo aver sciolto l’abbraccio “vuoi dormire ancora un pochino, prima di uscire?”
“No. Se resto ancora qua mi intristisco. Penso che uscirò a prendere un po’ d’aria”, decise la nipote, e si alzò per infilarsi camicia e jeans. Appena ebbe messo fuori la testa, si accorse con sorpresa che non pioveva più. Prima, tutta presa dai suoi tristi pensieri, non aveva nemmeno fatto caso al fatto che il rumore della pioggia era cessato. Per terra non c’era nemmeno fango, perché, appena andati via i nuvoloni, era uscito un sole talmente caldo e radioso che aveva fatto asciugare velocemente il terreno in cui c’era l’erba, lasciando il fango solo sulla terra spoglia dalla vegetazione. Angel respirò profondamente e si lasciò cadere sul manto erboso, stiracchiando gli arti indolenziti e guardando speranzosa il cielo di Tokyo. Aveva perso e suo nonno era morto, ma forse non tutto era perduto. Forse, se si fosse sforzata, sarebbe riuscita a trovare una soluzione. E l’avrebbe fatto per tutti quelli che erano morti, ma soprattutto per suo nonno, che era stato la base della sua vita, che l’aveva cresciuta e le aveva insegnato ogni cosa che sapeva.
Si rialzò in piedi e guardò sua nonna, che era poco distante da lei. Perso completamente ogni senso di tristezza, le rivolse un sorriso determinato.
“Nonna, avrò anche perso, ma non mi arrendo. Riuscirò a trovare un modo per battere Flan. Sono la guardiana di Tokyo, in fondo!” e, senza aspettare la sua risposta, si allontanò di corsa nel boschetto lì vicino per vedere se fossero rimaste delle more.

Sakura rimase lì, guardando sua nipote allontanarsi, lieta di vederla di nuovo serena. Quella ragazza non avrebbe potuto essere più diversa da quelli che l’avevano messa al mondo. Angel viveva in modo diverso la sua parte guerriera: mentre Ichigo, Masaya e le altre Mew Mew erano prima di tutto ragazzi normali, e poi guerrieri, Angel era esattamente il contrario. Prima guerriera e poi donna; viveva il combattimento con una passione che nessuna delle altre Mew Mew aveva, ed aveva una testardaggine che né Masaya né Ichigo possedevano: entrambi avevano provato a combattere contro Flan una volta, e quando avevano capito che era al di fuori della loro portata, ci avevano saggiamente rinunciato, riprovando fatalmente una seconda volta solo quando le condizioni glielo avevano imposto. Angel invece, pur avendo capito perfettamente anche lei la pericolosità del suo nemico dopo la prima battaglia, non aveva rinunciato a lottare contro di lui una seconda volta anche senza esservi costretta, uscendone viva per miracolo. E anche adesso, non aveva la minima intenzione di arrendersi, ma era decisa a provare e riprovare, finché non fosse riuscita. Non importava quante volte sarebbe stata buttata a terra, lei si sarebbe sempre rialzata.
Sakura credeva di non aver mai conosciuto, in tutta la sua vita, una persona con così tanta discrepanza tra la sua personalità e il nome che portava. Angel non aveva assolutamente nulla che la accomunasse agli angeli suoi omonimi, né nell’aspetto, né nel carattere. E tuttavia, una singola cosa in comune con loro ce l’aveva, rifletté la donna pensando all’ultima frase che sua nipote aveva detto.
“Proprio come un angelo, protegge quello che le è stato affidato. Chi potrebbe difendere Tokyo ora, se non lei?” pensò scuotendo leggermente la testa con un sorriso, prima di rimettersi a fare le sue faccende.

 

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E' inutile, Angel ne prende più di quante ne dà. E finalmente si inizia a intravedere la terza parte e il suo senso, che inizierà fra... tre capitoli!
Ah, visto che a quanto pare l'album dei disegni su fb non è visibile a tutti, li caricherò tutti quanti anche sul mio account di deviantart, così chi vuole può andarseli a vedere lì.
Mi raccomando, fatemi sapere con una recensione cosa ne pensate della storia. Grazie!
A lunedì prossimo! 

   
 
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