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Autore: StormyPhoenix    24/11/2015    4 recensioni
Los Angeles, primi anni del nuovo secolo. Quasi per caso si incrociano le strade di una ragazza sola e in fuga dal suo passato spiacevole e di una delle band più famose del posto; un sentimento combattuto che diventa prepotente salderà il legame.
(Prima storia sui SOAD, so che è un po' cliché ma vabbè.)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Salve!
Visto che finalmente il primo capitolo di questa mia nuova storia ha ricevuto un altro poco di feedback, ho deciso di aggiornare di già e questo capitolo è anche un poco più lungo dell'altro :) qui entra in gioco un altro membro della band in questione e sarà un personaggio fondamentale per la storia!
Non vi spoilero più nulla e non vi disturbo più, buona lettura u.u <3







-Serj-
Quando finalmente è giorno tiro un sospiro di sollievo, seppur alzandomi controvoglia visto che per tutta la notte ho dormito a metà, temendo che la ragazza chiamasse per chiedere qualcosa di urgente e nessuno la sentisse; la prima cosa che faccio è proprio andare ad accertarmi delle sue condizioni.
Entro nella sua stanza, in punta di piedi, e mi avvicino al letto: praticamente è nella posizione in cui l'ho lasciata ieri, non pare avere ripreso conoscenza... forse sarebbe opportuno farla rinvenire.
Proprio mentre mi muovo per prenderle un polso e scuoterla leggermente vedo le dita della sua mano sinistra muoversi lievemente e mi blocco; la guardo in viso e finalmente vedo che riapre gli occhi, anche se un po' a fatica.
«D...dove sono?» chiede, con voce rauca e debole, guardandosi intorno e fissando poi i suoi occhi su di me.
«Sei in un luogo sicuro» rispondo, con gentilezza, cercando di metterla a suo agio.
La ragazza cerca di mettersi seduta, con molta fatica, ma la risospingo garbatamente sui cuscini.
«Credo sia un po' presto per alzarti, sei malconcia e senza forze» le spiego «è meglio se rimani stesa. Non c'è fretta, e non porti disturbo.»
Lei mi sorride e io ricambio il sorriso con genuina dolcezza, poi mi alzo un attimo e vado a procurarmi il necessario per pulirle il viso.
«Lascia che ti risistemi un po'» dico, sempre con molta gentilezza; lei si avvicina e lascia che io le lavi il viso con una pezza umida, paziente, e io cerco di essere più attento e delicato possibile.
«Posso chiederti come ti chiami e cosa ti è successo?» domando, una volta finito.
«Certo... e mi sembra d'obbligo visto che ti sono piombata fra capo e collo» risponde, con un sorrisino un po' storto, rimettendosi comoda. «Mi chiamo Nikki, ho ventitrè anni, abito qui e...»
Vedo che i suoi occhi si riempiono improvvisamente di lacrime e l'effetto su di me è pari ad una stilettata; mi azzardo a prenderle una mano fra le mie, cercando di incoraggiarla.
«... e ieri sera sono stata picchiata.»
«Come mai?»
«Suppongo sia stato perché sono una diversa
«Diversa? A me sembri una persona normalissima.»
«Per quelli che mi hanno menata evidentemente non sono così normale... e se mi guardi capisci bene perché...»
La osservo e noto solo in quel momento il colore dei suoi capelli, un blu profondo, un labret e alcuni tatuaggi sui polsi sottili, visibili per via delle maniche sollevate.
«E basta così poco per decidere che una persona merita violenza?»
«A quanto pare... per me non è concepibile che uno non possa fare quello che gli pare nella propria vita, soprattutto se non fa del male agli altri. Non so nemmeno come faccio ad essere ancora viva, visto quanto mi hanno picchiata e con che violenza...»
«Ma, aspetta... tu conosci le persone che ti hanno aggredita?»
«Non ho visto i loro volti nel buio, ho sentito solo le loro voci ma, nello stato in cui ero, non le ho riconosciute.»
«Per ora dovrai pensare a riprenderti, poi quando starai meglio e se te la sentirai faremo ciò che c'è da fare, okay?» dopo una piccola pausa di silenzio parlo di nuovo, seriamente intenzionato ad aiutarla.
«Va bene» risponde lei, con un sorriso, asciugandosi le lacrime con il dorso di una mano e sporcandolo di residui di trucco.
«Comunque io mi chiamo Serj» mi presento, porgendole una mano che lei prontamente stringe con vigore.
«È un piacere conoscerti, Serj... grazie di tutto.»
«Non c'è di che, davvero. Su, ora dormi, devi recuperare le forze» le dico, risistemandole le coperte prima di andarmene. «Dopo un altro po' di riposo provvederemo a tutto.»

-Nikki-
Il mio istinto aveva ragione.
La persona che mi si stava avvicinando poco prima di svenire era buona... così buona che ha deciso di accogliermi in casa sua così, senza nemmeno sapere chi ero, se ero pericolosa o meno, senza giudicare.
Ho un dubbio che vorrei chiarire in qualche modo, ma sono così stordita dagli eventi del giorno precedente che non riesco ancora ad essere totalmente lucida.
Perché il nome di colui che mi ha salvato non mi è del tutto nuovo? Non mi sembra nemmeno un nome originario di questo posto...
Sento il sonno arrivare di nuovo, quindi mi accoccolo di più sotto le coperte e interrompo il corso dei miei pensieri.
Più tardi, da sveglia, tornerò a rimuginarci su.

Quando mi risveglio è pomeriggio e inizio a sentirmi stanca di stare stesa. Dopo aver messo cautamente i piedi per terra, appoggiandomi al comodino, cerco di mettermi in piedi e constato che riesco a stare in piedi, sebbene non sia molto stabile... vorrà dire che dovrò camminare appoggiandomi ai muri.
Apro la porta, che si muove fluidamente senza cigolare, e dopo aver dato rapidamente un'occhiata intorno a me inizio a muovere i primi passi, tenendomi rasente alla parete.
Mi dirigo verso il bagno, avendone bisogno anche per ridarmi un aspetto decente, nel corridoio poco illuminato ma abbastanza chiaro; non accendo alcuna luce perché non voglio che eventuali coinquilini di Serj mi scoprano, anche se probabilmente sanno della mia presenza nella loro casa.
Proprio mentre faccio per svoltare ed arrivare al bagno incrocio uno dei suddetti individui che coabitano in questa grande casa e rimango come pietrificata per qualche attimo.
Davanti a me c'è un ragazzo, suppergiù della mia età, con indosso soltanto un asciugamano attorno alla vita, chiaramente fresco di doccia; i tratti del viso sono orientali, ha grandi occhi scuri, capelli a loro volta scuri e non molto corti e appiattiti dall'acqua, un poco di barba dalla foggia strana, labbra sottili. In due secondi passa dall'essere rilassato all'essere stupito, e so bene di essere io la causa di ciò.
«Scusa... io...» cerco di distogliere lo sguardo e mi volto, facendo per tornare nella mia stanza, ma mi blocco appena sento che mi ha preso gentilmente per un polso.
«Non andare così di fretta, sei ancora troppo debole per correre» esordisce, lasciando la presa e guardandomi senza una particolare espressione. Ha una voce poco profonda, chiara e sonora che, stranamente, mi piace.
«Oh... no, no, certo... è che...»
«Su, non essere così timida. Non hai mai visto un uomo in queste condizioni?» non sembra per niente imbarazzato dalla situazione, anzi è piuttosto sfacciato e ora mi guarda con un sopracciglio inarcato e con le mani posate sui fianchi.
«N-no...»
«Oh, che gran briccone che sono stato a turbare una innocente fanciulla!» ora è scherzoso e perfino vagamente beffardo mentre finge di darsi un buffetto in testa, e mi azzardo ad accennare un sorriso.
«Il bagno è libero, sta' attenta a non caderci dentro!» aggiunge, con una risatina, prima di passare oltre e sparire dietro una delle porte nel corridoio.
Rimango ancora per qualche secondo ferma per metabolizzare ogni cosa dell'evento appena verificatosi, cercando di domare il battito cardiaco che è praticamente un galoppo di cavalli e il respiro che si è fatto rapido e di ignorare il calore sulle guance.
Non so se considerarlo simpatico oppure piuttosto irritante... un momento pareva scherzoso e subito dopo pareva quasi beffardo, al confine fra il positivo e il negativo.
Credo che non sarà facile avere a che fare con quel tipo, ma non sa chi sono io... se questo è il suo modo di essere allora ha trovato pane per i suoi denti.
Mentre rimugino su queste cose arrivo finalmente alla porta del bagno ed entro subito, premurandomi di chiudere a chiave la porta. Giunta nei pressi dello specchio sopra il lavandino esito, non sentendomi molto pronta a vedere come sono messa, quindi mi guardo intorno. Su uno sgabello lì vicino vedo una pila di asciugamani ben ordinata e c'è sopra un biglietto: per curiosità lo prendo e lo leggo.
"Per l'ospite infortunata! Non distruggerli ;) - Daron"
Il tono del biglietto somiglia al tono della piccola conversazione che ho avuto con il ragazzo incontrato poco fa... quindi si chiama Daron, e nemmeno il suo nome mi è del tutto nuovo. Che spiritoso, teme che io sia una persona distruttiva! Non so se ridere o darmi una manata in faccia.
Finalmente prendo coraggio e mi guardo nello specchio e, dopo aver trattenuto il fiato per un paio di secondi, espiro lentamente.
Ho un'ombra viola sotto un occhio, una scia di sangue asciutto che va dalla base del naso fino al labbro spaccato ma per fortuna né l'osso né la cartilagine si sono rotti a quanto pare perché non sento nemmeno molto dolore; per il resto sono ancora giusto un pochino sporca anche se Serj mi ha pulito, ma suppongo sia rimasto qualcosa perché non ha osato premere e sfregare per non farmi male.
Apro il rubinetto e lavo la faccia a lungo, strofinando la pelle e avendo cura di non toccare le lesioni e i lividi né durante il lavaggio né durante l'asciugatura, e quando mi guardo di nuovo nella lastra riflettente lucida di fronte a me finalmente mi riconosco un po' di più. Noto poi che nella pila vi è un accappatoio, quindi ne approfitto per fare una doccia; resto immobile sotto il getto di acqua calda, come se tentassi di lavare via anche i brutti ricordi della recente esperienza insieme al resto. Dopo una decina di minuti mi rassegno ad uscire; mi asciugo, mi rivesto con gli stessi abiti di prima, rimetto tutto in ordine ed esco da lì dopo aver piegato il bigliettino di Daron e averlo infilato in tasca.
  
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