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Autore: Jenny Ramone    25/11/2015    4 recensioni
Parigi, maggio 1789.
Irène Fournier è una giovane venditrice di giornali dal passato misterioso e oscuro che vive in miseria a Montmartre con il suo fidanzato, Jean e il loro bambino.
Quando si diffonde la notizia che Louis XVI ha deciso di convocare gli Stati Generali, Irène si rende conto che è giunto il momento di combattere per i diritti del popolo e in particolare delle donne: fa in modo di aiutarle con tutti i mezzi possibili e partecipa attivamente a tutti gli avvenimenti fondamentali della Rivoluzione Francese.
Ma nel frattempo il suo passato è dietro l'angolo, pronto a tornare a perseguitarla...
Londra, 1799.
Dieci anni dopo Irène, fuggita in Inghilterra dopo il 9 Termidoro e la caduta di Robespierre, racconta la propria storia di amore, coraggio, passione, sacrifici, dolore e amicizia a William, un giornalista inglese che sta scrivendo un saggio sulla condizione femminile per un circolo di intellettuali progressisti.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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“E’ una rivolta?”
“Non, Sire, è una Rivoluzione


Dialogo tra Louis XVI e il duca di Liancourt alla notizia della Presa della Bastiglia.

“Stavo fumando la pipa fuori dal portone della sede del giornale.
Faceva un freddo pungente, quando si sarebbe deciso ad arrivare quel ragazzo?
Ero nervosa, molto nervosa.
Quella sera avrei dovuto raccontargli della Presa della Bastiglia e non mi sentivo pronta a rivangare quei ricordi, la pipa mi tremava tra le mani, la mia presenza nel buio era segnalata solo dal leggero fumo che aspiravo.
Aspettai.
Mezz’ora.
Un’ora.
Finalmente vidi una sagoma all’orizzonte.
“Sei in ritardo!”-sussurrai, visibilmente alterata afferrando un braccio a William, che, per lo spavento fece cadere i fogli che aveva in mano.
“Sei tu, Irène?
Mi sono spaventato, non farlo mai più!”.
Ignorai le sue parole, avevo fretta e non avevo voglia di litigare:
”Stavo per congelare!
Allora, andiamo?
Vuoi del tabacco ?”-domandai.
“Uhm…si grazie.
Non pensavo che fumassi…”.
“Davvero? Beh, scusa se a quest’ora sfodero le mie pessime abitudini da ragazza di strada ma sono stanca e non trovo altro modo per rilassarmi e meditare sulla mia vita”-scherzai.
Salimmo nello studio di William e ripresi a parlare da dove avevo interrotto l’ultima volta.
 “Eccoti finalmente accontentato, collega.
Quella notte come ti ho detto ci avviammo verso Montmartre mentre Marion e Etienne si avviavano a Belleville per prendere i bambini e portarli a casa di Edith.
Io e Jean passammo a casa nostra, prendemmo Renè, avvisammo Véronique, che ci seguì subito, con Sophie e Gérard, decisa a collaborare.
 Ringraziammo la nostra vicina, per tutto: era molto preoccupata ma cercava di non lasciarlo intendere.
Nonostante dovesse essere l’alba di un giorno glorioso, c’era qualcosa di disturbante e preoccupante nell’aria.
Quando raggiungemmo la casa della mia amica, ci venne ad aprire Julie, sua sorella.
Era una ragazza pallida e fragile, già vedova,suo marito era morto in un incidente mentre lavorava e lei era ammalata di tisi per cui non poteva lavorare a parte qualche rara volta in cui si metteva a cucire se stava meglio del solito;non avrebbe voluto però era costretta a dipendere dalla sorella minore dato che tutti gli uomini della famiglia erano morti: Edith e Julie avevano anche un fratello, Pierre, che però era stato fatto prigioniero in battaglia anni prima e non se ne era saputo più niente mentre Antoine, il grande amore di Edith, in guerra ci era morto proprio come il ragazzo di cui aveva parlato la vecchia signora di cui ti raccontavo l’altra volta, ricordi?
Un motivo in più per odiare la monarchia: la vendetta.
Julie fu felice di vederci.
“Irène, cara! Come stai? Ma ci siete tutti e anche i bambini! A cosa devo questa visita?”.
Le raccontammo cosa si diceva in giro per Parigi.
“Volete buttare giù la Bastiglia? Sarà pericoloso, non andate, vi prego!
Edith, anche tu, non cercare di fare l’eroina!
Se ti dovesse succedere qualcosa, io cosa farei, sola al mondo?
Non mi perdonerei mai di averti lasciata rischiare la vita!”.
Edith stessa la tranquillizzò.
“Julie stai calma.
Starò attenta, te lo prometto.
Però devo andare, capisci? La situazione in Francia deve cambiare e noi dobbiamo partecipare al cambiamento”.
Intervenni:”Non ti preoccupare Julie, controllerò io tua sorella,non correrà pericoli, non temere”.
La ragazza mi guardò e sospirò, rassegnata:” Va bene ma a questo punto vorrei poter partecipare anche io”.
“Parteciperai.
La Rivoluzione ha bisogno anche di aiuto nelle retrovie, potresti ricamare immagini della Bastiglia oppure coccarde con il rosso e il blu, i colori di Parigi: Adrien dice che sono d’obbligo in questo periodo e sicuramente da domani troverai molti acquirenti se le metti in vendita a basso prezzo”.
Adrien affermò, convinto.
In quel momento entrarono Etienne e Marion : Etienne teneva in braccio il più piccolo dei bimbi,Philippe, ancora mezzo addormentato mentre la mia amica portava per mano Jacques,che si sfregava gli occhi incredulo, stringendo tra le manine il suo soldatino di piombo.
“Noi siamo pronti.
Cosa stiamo aspettando? Andiamo prima che la folla sia così numerosa da impedirci il passaggio!
Oggi combatteremo per il popolo, non c’è niente di più sacro del popolo e della Francia e se devo morire, sono contento di morire per loro!”-proclamò Etienne, tra l’acclamazione generale.
La sua dichiarazione fu seguita da un momento molto drammatico...
Etienne e Marion salutarono i loro figli.
Il ragazzo guardò i bambini, commosso:”Io e la mamma andiamo a combattere gli uomini cattivi ma torneremo presto, vedrete.
Però…qualunque cosa succeda…Jacques, prenditi cura di tuo fratello, promettetemi che vi vorrete bene e resterete uniti”-concluse, mentre il piccolo annuiva.
“Vinceremo e festeggeremo, ve lo prometto.
Voi però dovete stare qui con Julie, non fatela disperare.
Giocate con Sophie e Gérard.
Bambini?
Ricordatevi sempre una cosa: voi siete figli di due patrioti, dovete esserne orgogliosi.
Vi voglio bene”-aggiunse Marion,baciandoli entrambi.
Nel frattempo Gérard assillava Adrien: “Cittadino Adrien, io voglio venire con voi! Sono coraggioso sai? Da grande voglio essere un soldato come te oppure lavorare nelle prigioni, come la Bastiglia!”.
Adrien lo guardò, divertito:”Lo so, soldato.
Però devi stare qui, a sorvegliare che non arrivino pericolosi monarchici.
Anche così puoi aiutarci”.
Véronique annuì con un cenno del capo:”Ha ragione.
Se arrivano i monarchici tu li prendi prigionieri”.
Devi proteggere tua sorella.
Tu piccola Sophie, stai con Julie che ti insegna a cucire le coccarde”.
Sophie saltellò, esultante:”Si! Maman, stai attenta, aspetto il tuo ritorno!
Devi finire di raccontarmi la storia dell’altra sera!”.
Véronique sorrise debolmente e mandò dei baci ai bambini, mentre usciva insieme a noi.
 ******
“Cittadina, io non so cosa dire… mi sembra un’atmosfera così triste… insomma, dire addio ai vostri figli, pensare che non li avreste rivisti.
La tua vicenda è molto interessante però così tragica… mi dispiace che tu abbia dovuto passare tutto questo”.
Osservai Willian con uno sguardo indulgente:” Non ho nemmeno iniziato a raccontare i momenti davvero terribili William, credimi.
Se sei turbato già adesso, tra un po’, con quello che ti devo ancora narrare, non so come farai…ti conviene fermarmi perché dopo sarà davvero dura se sei particolarmente sensibile o ti impressioni facilmente”.
Il giornalista fece segno di "no" con la testa, mi sistemai i capelli che mi ingombravano gli occhi e continuai:” Ci avviammo alla Bastiglia ma per strada ci unimmo alla maggior parte della folla e ci fermammo a portare via molti fucili a “Les Invalides” ”.
Mentre camminavamo a passo deciso, un canto si diffuse tra la folla e iniziammo tutti ad intonarlo a gran voce:

"D'un pas ferme et triomphant
R'li r'lan r'lan tan plan !
Tire lire en plan
Le Bourgeois tambour battant,
Marche à la Bastille
Et partout l'ardeur brille...
 
(Le Bourgeois et le marchand
Marchent à la Bastille)"


Arrivati tutti insieme davanti alla prigione, venimmo bloccati da un’altra grande parte del popolo parigino, tra cui riconoscemmo molte delle donne che avevamo aiutato, pronte a unirsi a noi.
Noi popolani cantavamo, urlavamo e chiedevamo strepitanti le chiavi della fortezza ma Launay, il governatore della Bastiglia,non voleva sentire ragioni per cui cercammo di negoziare pacificamente: niente da fare, tentò di corrompere i rappresentanti del popolo invitandoli a pranzo per proporre loro un accordo e evitare l’assalto alla prigione mentre fuori ci stavamo spazientendo, quell'estate faceva un caldo intenso che contribuiva a sfiancarci e, tra l’afa opprimente e la terribile puzza di sudore e corpi non lavati che emanava una folla così numerosa, l’aria era diventata più insopportabile del lezzo che emanavano normalmente le strade Parigi per cui sembrava di soffocare.
 Eravamo stanchi di attendere e, in tarda mattinata, alcuni insorti tagliarono le catene del ponte levatoio per cui riuscimmo ad entrare nel cortile della Bastiglia.

"Les citoyens de tous rangs,
R'li r'lan r'lan tan plan !
Tire lire en plan
Suivant les drapeaux flottants
Vont d'un air intrépide
Rien ne les intimide..."

Schierai i miei compagni secondo lo schema che avevamo deciso.
Baciai Jean e mi rivolsi verso il resto del gruppo:” Buona fortuna!”-augurai loro.

"De tous côtés on entend
R'li r'lan r'lan tan plan !
Tire lire en plan
Le bruit de l'airain tonnant
Contre la capitale
O Bastille fatale !
 (Le bruit de l'airain sonnant)
Tu vas dans quelques instant
R'li r'lan r'lan tan plan !
Tire lire en plan
Tu vas dans quelques instants
Céder aux bras triomphant
De nos braves assiégeants
"

Un attimo dopo scoppiò il caos più totale: i soldati avevano iniziato a sparare.
Persi quasi subito di vista i miei amici,nella confusione e la polvere.
Fu mentre ricaricavo il fucile che lo notai.
Se avessi visto il diavolo in persona mi sarei spaventata di meno, credimi.
Mi ricorderò sempre quel momento.
In un lampo, come in un sogno o, per meglio dire, in un incubo, vidi un uomo.
Aspetto ben tenuto,lunghi capelli biondi e lisci, pettinati con cura e legati, occhi azzurro ghiaccio capaci di investigare un’anima, di rimanere impressi nella mente anche a vederli una sola volta: un brivido mi percorse la schiena.
L’uomo mi fissò per un istante e ne ebbi la certezza: Armand.
Armand Delacroix era stato il mio primo amore, quando avevo quindici anni.
Ero stata ospitata per un periodo nella villa dei Delacroix, una famiglia appartenente all'alta borghesia, fra le più ricche e in vista della Provenza: il capo famiglia, Monsieur Delacroix, era un importante proprietario terriero e uomo d'affari e viveva nel lusso, dividendo la propria attività tra terre in Francia e piantagioni di cotone nelle Americhe. A prima vista poteva sembrare una persona raffinata e galante ma in realtà era un uomo insensibile, rozzo, viscido, solo interessato a trarre il maggior guadagno possibile dalle proprie attività e profondamente ignorante. Mio padre lavorava per la famiglia da molti anni e si erano accordati perché andassi a vivere con loro il tempo necessario a ricevere un’istruzione e imparare le buone maniere.
Mi ci vedi a imparare le buone maniere, Cittadino?
Iniziai fin da subito ad avere comportamenti considerati sconvenienti per una famiglia bigotta e ben vista come quella.
Per ora te la faccio breve: mi innamorai di Armand, il figlio minore.
Per me fu una cotta passeggera, da ragazzini ma per lui evidentemente non avvenne lo stesso…
La nostra relazione non era finita per niente bene ma te ne parlerò più diffusamente in seguito perché quest’uomo avrà un ruolo fondamentale.
Non mi sarei mai aspettata di vederlo tornare da me, a cercarmi fino a Parigi.
Infatti lì per lì pensai che si trattasse solamente di un’orribile visione dovuta alla stanchezza e alla paura del momento; continuai a combattere e non ci diedi molto peso.
Qualche ora dopo, lo scontro si era concluso e i morti giacevano sul terreno.
Ormai ero convinta e rassegnata: le mie amiche e i nostri uomini erano morti.
Il senso di colpa mi stava invadendo mentre gran parte dei parigini festeggiava questa vittoria del popolo.
Avevano catturato il governatore della Bastiglia e lo avevano ucciso: dopo averlo decapitato, sfilavano con la sua testa infilzata su una picca.
Camminavo tra i cadaveri, totalmente annientata, nel tentativo di ritrovare quelli dei miei cari.
Ad un certo punto udii una voce lieve, lamentosa: “Irène…”.
Mi voltai in quella direzione e il mio cuore sobbalzò di gioia: era Edith.
Stava nascosta dietro ad un cannone.
“Ma chére! Stai bene? Sei ferita?-domandai, preoccupata.
“No no, solo qualche graffio superficiale.
Oh Irène,gliel’abbiamo fatta vedere noi!
Ho sparato, ne ho uccisi alcuni, sai?
Mi sono fatta valere.
Però ho anche avuto paura, ho temuto di non vederti più”-singhiozzò, afferrandomi la mano.
Anche io lo avevo temuto.
Ero felice che almeno una delle mie amiche si fosse salvata.
Ci dirigemmo verso casa di Edith, zoppicando.
Entrammo nella piccola stanza e rimanemmo sorprese: Etienne e Jean stavano seduti su un vecchio divano, stravolti, cercando di medicarsi qualche ferita, fortunatamente niente di molto grave mentre Véronique cercava di calmare i bambini: era riuscita a scappare appena dopo la fine dello scontro,aiutata dai due uomini.
Corsi dal mio compagno e da Renè:” Pensavo fossi morto!”.
Jean scosse la testa:” Non ti libererai così facilmente di me”.
“Come avete fatto a salvarvi?”-domandai mentre prendevo in braccio mio figlio, felice di poterlo rivedere.
Dissero che avevano sparato finchè avevano avuto colpi poi si erano rifugiati ai lati della strada, dove avevano recuperato Véronique: ci avevano cercate invano per cui erano tornati da Julie, pregando che noi li avessimo preceduti, sane e salve.
Mi rivolsi ad Etienne:”Marion?”-domandai preoccupata, quasi urlando.
Lui abbassò il capo:” Non ne ho idea… l’ho persa di vista.
Era accanto a me.
Se è morta io non posso continuare a vivere con il rimorso di non averla salvata!”-iniziò a singhiozzare come un bambino.
Dopo circa un’oretta qualcuno bussò alla porta con violenza, come per sfondarla:”Julie, apri questa maledetta porta prima che io mi dissangui!
Forza, animo!”.
Amélie ci squadrò.
“State bene? Io sono ferita.
La mia povera spalla…ahi che dolore!
Thérèse e Marion?”-domandò.
Volsi lo sguardo verso il vuoto:” Non lo sappiamo… mi dispiace Amèlie! Adesso vediamo la tua spalla:non sembra grave, Véronique, vieni a darmi una mano per medicarla!”.
“Sono contenta che tu ce l’abbia fatta e sono fiera di te”-sorrisi ad Amélie, ancora sofferente.
“Ti ringrazio Irène.
Ho fatto tutto quello che mi hai detto e non mi sono tirata indietro”-aggiunse, orgogliosa.
Rimanemmo ancora un  po’ a parlare di quello che era successo quel giorno mentre cercavamo di capacitarci del fatto che Adrien,Thérèse e Marion non erano con noi.
Udimmo un gran trambusto e recuperammo la fiducia: Adrien, con la divisa sporca di sangue e polvere,si presentò alla porta, accompagnato da  sua moglie, visibilemte preoccupata per il destino di tutte noi.
Il soldato si accertò che stessimo bene e disse che doveva tornare dai suoi compagni prima che si insospettissero mentre Thérèse cominciava a domandarci se avevamo bisogno di aiuto.
“Ho sparato appena siamo entrati nella fortezza, credo di aver colpito qualcuno ma poi devo essere svenuta.
Quando mi sono svegliata non c’eravate più.
Amélie è ferita? Fammi vedere cosa posso fare”.
Dopo che l’infermiera medicò Amélie, decidemmo che ormai era inutile aspettare un miracolo: Marion non sarebbe tornata.
Ci mettemmo per terra,cercando di dormire: io non riuscivo a chiudere occhio.
Piangevo in silenzio, non riuscivo ad accettare il fatto che non avrei più rivisto Marion.
Mi sentivo colpevole di aver coinvolto la mia migliore amica in quel progetto suicida.
Era ormai notte fonda quando, sfinita, mi addormentai.
Sognai campi di lavanda,ciacale che frinivano nel calore estivo, udii risa e parole d’amore sussurrate alle mie orecchie, vidi una chioma di capelli biondi che si confondeva con il violetto della lavanda e mi solleticava il viso mentre il suo possessore mi baciava.
Bussarono alla porta.
Mi svegliai di soprassalto, terrorizzata”.

ANGOLO AUTRICE: Bonjour!
 Allora… capitolo lunghissimo.
 Finalmente la Bastiglia è stata tirata giù e la Rivoluzione Francese è ufficialmente cominciata!
 Scusate se mi sono dilungata con gli addii ai famigliari ma l’ho fatto per rendere più drammatica la situazione.
 Le cose non sono andate proprio come avrebbero dovuto, Irène ha seriamente temuto la strage.
 No vabbè ora stiamo seri.
 Armand.
 Chi è costui? Cosa vuole ancora da Irène? Cosa sarà mai successo per venire fino a Parigi a cercarla?
 Cosa ne sarà della nostra protagonista? Dobbiamo preoccuparci? Ci sarà un legame con la famosa lettera?
 Chi ha bussato alla porta?
 Vi lascio con queste domande e vi avviso che gli aggiornamenti potrebbero davvero diventare lentissimi perché adesso devo studiare per gli esami quindi potrei non farmi sentire per lunghi periodi ma non vi preoccupate perché appena ho un momento libero mi fiondo al pc( se posso la sera cercherò comunque di mantenere aggiornamenti di pochi giorni) ma non vi preoccupate perché non mi dimentico della storia.
 Mi auguro che questo capitolo tanto atteso e misterioso, che ci porterà nel vivo della vicenda e da cui partiranno molti dei problemi dei personaggi vi possa piacere!
 La canzone che ho utilizzato si intitola "La prise de la Bastile", 1789/1790 circa.
Alla prossima e grazie! :)
 Jenny

  
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