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Autore: ilaperla    27/11/2015    2 recensioni
Federica si trova in un momento imbarazzante della sua vita. Le sue amiche, quelle poche, iniziano a sposarsi e lei dovrà andare al ricevimento tutta sola, data la sua poca familiarità con il genere maschile.
Ma... se invece riuscisse a ideare un piano per trovare un ragazzo da portare quel giorno e poi disfarsene? Niente di più facile... almeno a dirsi. Niente di più imperfetto e pericoloso.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 4
 
Era l’una di pomeriggio e Federica si accingeva a chiudere la saracinesca del locale di antiquariato per mangiare in santa pace e all’ombra del suo retro bottega un panino al tacchino e insalata più che meritato. Quel giorno aveva lavorato il doppio, i suoi genitori sarebbero arrivati a casa solo il giorno dopo e la mancanza del padre in bottega si faceva sentire molto, con il suo aiuto riusciva a lavorare nel retro alle riparazioni e non a fare avanti e indietro tra ingresso e magazzino. Un vero macello.
Con la matita tra i capelli e un grembiule macchiato di vernice, stava andando verso la porta per chiuderla e respirare un attimo di relax ma il campanello che suonava sulla porta già la fece innervosire. Non potevano continuare a entrare i clienti anche all’una! Era una regola non scritta nel codice dei consumatori.
-Siamo chiusi!- Ringhiò lei, mentre raccoglieva una chiave di ottone, caduta nel passaggio del suo fianco sul tavolino deve era appoggiata.
-Dovresti porti più gentilmente nei confronti dei clienti, lo sai ragazzina?
La voce di Luca le fece alzare di scatto la testa, andando a sbatterla sotto il tavolino incriminato, facendo muovere lume e oggetti vari al di sopra e facendo cadere inevitabilmente e nuovamente la chiave per terra.
-Haio- sussurrò la ragazza, mentre si massaggiava il punto dolente sulla testa.
Il risolino di Luca la fece ancora di più infuriare.
-Ma dico io, hai un orologio a casa tua? Sai che ore sono?
Luca si guardò il pesante ed elegante orologio di acciaio al polso sinistro e poi guardò quella piccola ragazza che risaltava in mezzo a tutti quei ricordi del passato che lei teneva in bella mostra.
-E’ l’una- osservò lui, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni.
-Date una medaglia a quest’uomo- scherzò beffarda lei alzando le braccia al cielo -e secondo te che si fa all’una se non pranzare.
-Infatti lo faremo insieme.
L’affermazione fece bloccare la risposta sarcastica di Federica a mezz’aria.
Come sarebbe a dire?
Solo in quel momento guardò quel ragazzo sulla porta, sentendo la saliva in bocca fare le valigie e partire per il Madagascar insieme ai pinguini cantando “I like you move move”.
Era quasi imbarazzante la sua bellezza. Oltre che ai suoi pensieri.
Quel giorno era vestito in modo sbarazzino. Dei bermuda blu, converse bianche e polo celeste. Solita barba, soliti capelli vaporosi, da far venire voglia di tuffarci le mani dentro e giocarci fino a svenire e occhiali da sole calati sugli occhi.
-Per quale assurdo motivo- Chiese lei, incrociando le braccia sul petto.
Luca fece un passo in avanti, poi un altro e poi un altro ancora, fino ad arrivare difronte alla ragazza che ora lo guardava con tutta la testa tirata indietro. Era maledettamente alto, in confronto alla sua figura che poco sfiorava il metro e sessanta.
-Perché- iniziò lui, abbassandosi lentamente ad afferrare la chiave che era rimasta sul pavimento -dobbiamo cercare un vestito.
 
-Come mai il tema del matrimonio sono i fiori?- Chiese Luca, mentre passeggiavano per Via Montenapoleone.
Federica aveva quasi il timore di sollevare la testa e guardare le vetrine che brillavano di lusso. Si sentiva già a disagio per se, camminando con quel ragazzo accanto, il tutto si accentuava se camminavano per quelle vie che Federica in venticinque anni di vita non aveva visto nemmeno col binocolo in una cartolina.
-Non ne ho idea, è estate e ha pensato bene di appiopparci i fiori al già difficile compito di questo matrimonio- sospirò lei, inforcando gli occhiali da sole, almeno così avrebbe attutito i flash lussureggianti dei negozi ai suoi lati.
-Perché ti disturba tanto questo matrimonio?- Domandò lui, fermandosi alla vetrina di Versace.
“Oh Gesù dammi la forza” pregò Federica quasi mettendosi in ginocchio.
-Non è che mi dia fastidio che Veronica e Carlo si sposino, anzi. Finalmente si sono decisi, è solo che i matrimoni non fanno per me- decretò lei, guardando il manichino (striminzito) nella vetrina, posare elegante e tenere su un vestito lungo e piatto fatto di paillette argento. Dio santo era un manichino! Come faceva ad assumere una posa elegante? Abbassò lo sguardo sul cartellino dei prezzi e per poco non crollò a terra in preda agli spasmi. Che diamine ci faceva lei in quella via super costosa se non poteva permettersi nemmeno un lustrino di quel vestito?
Luca voltò la testa soffermandosi a guardarla.
-E perché non fanno per te?
Federica si strinse nelle spalle e si girò dandogli la schiena, di certo non ne avrebbe parlato con lui di tutta l’insicurezza che le girava attorno. Non poteva aprirsi con uno sconosciuto che di lì a un mese non avrebbe più rivisto. Oppure sarebbe stata un’ottima soluzione? Non dicevano tutti che gli sconosciuti erano i migliori ascoltatori? Che cazzata.
Federica si allontanò da quella vetrina senza emettere una sola parola.
-Hei, guarda che volevo entrare in quel negozio- si lamentò Luca, camminandole alle spalle.
-Infatti puoi entrarci, io non lo farò.
-Nemmeno per comprare con me il mio vestito per il matrimonio?- Chiese lui affiancandola.
-E perché vuoi che venga anche io? Di certo non ho gusti strepitosi in fatto di moda per consigliarti in alcun modo.
-Perché, sapientona, avresti potuto guardarti in giro e vedere se scovavi un abito adatto per il matrimonio.
Federica scoppiò a ridere enormemente divertita, ma che aveva in testa quel ragazzo? Un criceto monco?
-E con cosa lo potrei pagare? Soldi del monopoli?
Luca ridacchiò scuotendo la testa.
-Come avevi immaginato il tuo vestito?- Le chiese poi.
-Oddio, mi sembri Randy in “Abito da sposa cercasi”->> si lamentò lei, alzando gli occhi al cielo.
-Non dirmi che ti vedi quelle pagliacciate.
Federica rimase in silenzio colpevole. Che gli poteva dire? Che non facevano per lei quei programmi? La verità è che ci passava metà giornata a vedere quelle cavolate e si divertita anche, se accanto a lei c’era una busta formato gigante di patatine al formaggio.
La verità, scomoda, è che le piaceva quel programma, la faceva fantasticare, la faceva sognare il suo giorno perfetto. Inutilmente e deprimente.
-Ogni tanto…- si difese lei, incassando il colpo.
-Un giorno ti farò vedere cosa significa vivere- disse borbottando lui, guardandosi attorno, con un tono così basso, che Federica credeva di non aver sentito bene.
Non ebbe nemmeno il tempo di chiedergli di ripetere che fu afferrata per la mano dal ragazzo e trascinata dall’altro lato della strada. Le dite intrecciate, formicolarono a contatto con quelle di Luca e quel solletico si propagò in tutto il braccio sempre più intenso, fino al punto in cui Federica pensò di scrollarselo via. Era una scossa e doveva ammetterlo, contro se stessa, era una sensazione piacevole.
-Ma dove andiamo?- Chiese, per evitare di pensare a quello che stava accadendo dentro il suo corpo.
-Dai, svelta- la richiamò lui, ridacchiando e trascinandosela dietro in una piccola corsetta fino a che non si bloccarono inaspettatamente, facendo scontrare il petto di Federica al braccio sodo e possente di Luca.
Quanto poteva essere duro il suo braccio?
“Duro? DURO? Seriamente, Federica?” si prese a frustrate mentalmente, che diamine di pensieri si faceva ora su quella sottospecie di gigolò tremendamente affasciante?
Dopo aver preso due respiri profondi, guardò prima il ragazzo che contemplava una vetrina davanti a se e poi seguì la traiettoria del suo sguardo.
Gucci, di male in peggio.
La vetrina era dedicata al reparto uomo e faceva mostra di un manichino seduto su un puffo rosso in una posa… seducente? Ma…? Ormai non dovrebbe più farsi domande.
Diede attenzione al modo in cui quel manichino fosse vestito e si accorse che assomigliava molto al modo di vestirsi di Luca, fatta eccezione per la coppola in testa che non aveva visto ancora indossata del ragazzo ma non escludeva l’ipotesi che potesse averla nell’armadio.
-Hai intenzione di presentarti così?- Chiese lei, indicando la mise del manichino. Bermuda a scacchi, polo verde e mocassini rossi. Una sorta di bandiera dell’Italia moderna.
-No perché, in tal caso, cerco qualcun altro- continuò lei, scuotendo la testa e facendo volteggiare i ricci nella coda che si era fatta.
-Ma sentitela, da quando ne capisci qualcosa di moda?
-Simpatico, però io lo stesso non ti ci porto.
Luca sbuffo e la tirò nel negozio con le mani ancora intrecciate, non se n’erano ancora accorti nessuno dei due.
Quando varcarono la porta, aperta da un gentilissimo e sorridentissimo valletto, furono investiti dall’aria fresca di un condizionatore e Federica decretò che poteva rimanere lì per tutto il tempo che ne avrebbe voluto il ragazzo.
Il calore però, proveniente dalla mano sinistra, ancora legata a quella di Luca fece distrarre dalla frescura Federica, che si prodigò all’istante per slacciare quel contatto. Forse con troppa veemenza, che non passò inosservata da Luca che la guardò con la coda dell’occhio.
Imbarazzata Federica abbassò lo sguardo, fingendosi impegnata nel riporre gli occhiali da sole nel foderino in borsa.
-Posso aiutarvi?- Domandò una commessa in un tubino nero e scarpe alte, venendogli incontro.
Quel look Federica poteva indossarlo per un matrimonio, non per lavorare. Quasi quasi chiedeva aiuto a quella tizia per alcuni consigli.
-Stiamo cercando un abito classico nero, con spalline morbide, revers ridotto, cimosa classica e a righe, giacca monopetto, pantalone americano, camicia classica bianca e il tutto una 48- decretò spedito Luca.
Federica lo guardò a bocca aperta, chiedendosi quando la commessa avrebbe richiesto di riformulare il tutto per appuntarlo da qualche parte, invece lei assecondò velocemente, facendoli accomodare nel reparto uomo, alla loro sinistra.
-Che lingua hai parlato, esattamente?- Le sussurrò lei, seguendolo.
Luca ridacchiò, passandosi l’indice sotto il naso per mascherare quella simpatica smorfia delle labbra.
-So quello che faccio ragazzina, ora nel frattempo che l’adorabile ragazza ci serva, diamo un’occhiata a quello che offre il negozio nel reparto donna- le disse, guidandola dalla parte opposta consigliata dalla commessa.
-Adorabile?- Chiese lei, riferendosi all’appellativo che Luca aveva dato a quella ragazza.
È così il don Giovanni qui, aveva un debole per le piatte, eleganti e gentili brune con un sedere da favola. Bhè… era logico.
Luca la guardò in modo interrogativo e Federica gli fece segno di lasciar stare. Non ne valeva la pena, però dentro di lei la cosa le diede fastidio. Il tutto si ricollegava al fatto che mai nessuno avrebbe creduto alla loro pantomima riguardo alla loro pseudo relazione.
-Allora, cosa dovrei cercare esattamente?- Chiese lei, incrociando le braccia al petto una volta che giunsero nel reparto desiderato.
-Qualcosa che ti colpisca- disse lui, fermandosi alle sue spalle.
“Più del pugno che mi hai appena dato involontariamente nell’anima?” Chiese lei a se stessa per poi cancellare l’incipit e respirare lentamente. Doveva riacquistare l’equilibrio.
-Qualcosa con i fiori?- Chiese poi, allontanandosi dal profumo del ragazzo che aveva respirato per riacquistare consapevolezza ma facendola barcollare ancora di più.
-Direi che è già qualcosa- concordò lui, seguendola.
Passarono i seguenti dieci minuti facendo il gioco dei monosillabi. Luca le indicava qualche vestito e lei rispondeva unicamente e seccamente con un “no”.
Sembrava che invece di trovare una soluzione, ricadessero ancora di più nel burrone del “non troverò mai niente da mettermi”.
Quando Luca si allontanò per andar in avanscoperta, Federica si guardò attorno e a un tratto fu richiamata da un abito posato su un tavolino, come se fosse stato scartato da qualcuno.
Si avvicinò quasi timorosa, impaurita di dover pagare anche i secondi che dedicava nel guardare un abito tanto costoso.
Passò l’indice della mano su un fiore disegnato sapientemente sulla gonna e delicatamente lo prese tra le mani, ammirandolo. Era qualcosa di… perfetto. La cosa più bella che avesse mai visto. Non ne capiva niente di moda e non aveva mai badato alle firme e a cavolate del genere. A lei bastavano un jeans e una maglietta qualsiasi, tanto non si sarebbe mai visto sotto il camice da lavoro macchiato di vernice.
Era corto avanti, un po’ più sopra dal ginocchio e man mano andava allungandosi nella parte di dietro, predominava il bianco ma in vita e al bordo dell’abito era tempestato di Swarovski e fiorellini corallo e blu. La parte di sopra era morbida e con una profonda scollatura a v che arrivava fino all’attaccatura in vita, sempre con il richiamo della fantasia floreale lungo tutto il corpino.
Se lo posò sul suo corpo e andò ad ammirarlo sognante ad uno specchio vicino al muro.
Già s’immaginò in quel vestito adorabile, facendola sentire elegante e femminile.
L’avrebbe resa una donna per un giorno, un po’ come Cenerentola che a fine ballo perde il suo potere e la carrozza si trasforma fino a rompersi.
E si sentì esattamente come quella piccola sguattera. Capelli biondi a parte.
Poi, il sogno si spezzò e lei tornò a essere una zucca, quando guardò distrattamente il prezzo sul cartellino appeso in vita. Strabuzzò gli occhi e non potette credere a quello che vedeva, un po’ come le capitò quando Viviana e Carlo le misero l’invito del matrimonio sotto il naso.
-Trovato qualcosa?
Subito si riscosse e lasciò cadere il vestito sul tavolino alla sua destra, come se niente fosse stato. Come il suo sogno non fosse mai esistito.
-No- rispose a Luca che si stava guardando attorno.
-Hai abbandonato la spugna?- Le chiese lui, guardandola.
-Eccovi qui, l’abito è pronto per la prova- la commessa che poco fa li aveva serviti, girò l’angolo trafelata. Probabilmente dopo una ricerca scrupolosa nel negozio, era finalmente riuscita a trovarli.
-Arriviamo- rispose Federica, sorpassando Luca e seguendo la gentile e piccola “adorabile” commessa.
 
-Secondo te ci va meglio il farfallino o la cravatta?- Chiese Luca da dentro il camerino, che separava l’angolo di prova dalla sala dove si trovava Federica, solo da una tenda.
-Davvero me lo stai chiedendo?- Rispose la voce imbarazzata di Federica.
-In verità non dicevo a te zuccherino, ma all’adorabile commessa.
-Oh- Federica guardò il volto imbarazzato della ragazza che era rimasta accanto a lei, pronta a ogni esigenza del cliente.
Ma non era meglio che gli uomini gestissero le ali maschili e le donne quelle femminili?
La commessa chinò il capo nascondendo il rossore, sorridendo civetta.
Federica alzò gli occhi al cielo esasperata. Era inutile, Luca Morelli era un grandissimi figlio di puttana e per giunta anche farfallone.
-Signore, secondo me il farfallino starebbe benissimo- gli rispose lei, dondolandosi sui tacchi alti, che poi… come ci si dondolava su quei trampoli, Federica non lo sapeva di certo.
-Ottimo, me lo potresti prendere, insieme a delle scarpe da abbinare all’abito?- Tornò a chiedere lui, subito dopo.
-Certo signore, arrivo subito- detto ciò, la ragazza si volatizzò e se era possibile, si poté vedere la nuvoletta di polvere dietro di se come accadeva ai cartoni animati.
Federica si allontanò guardando qua e la alcune cravatte e ferma cravatte appoggiate alle nicchie nel muro. Nemmeno guardò i cartellini dei prezzi, tanto le facevano attorcigliare lo stomaco. Era spaventoso che una persona come lei, che aveva problemi economici, si trovasse in questo posto in cui le persone buttavano all’aria stipendi mensili semplicemente per una camicia. Non lo trovava possibile.
-Federica- la voce profonda e seria di Luca, la fecero girare su se stessa e non appena guardò quel ragazzo, provò la solita fitta allo stomaco e il solito respiro mozzato.
Era… favoloso. Le costava molto dirlo, ma era così.
Il completo sembrava cucito addosso, la giacca gli faceva la vita più stretta e le spalle più squadrate di come già fossero. Le lunghe e forti gambe erano fasciate alla perfezione da quel semplice pantalone e non importava se ai piedi aveva degli orrendi calzini bianchi, in un qualche allineamento strano dei pianeti anche quelli gli stavano bene.
-Va bene per essere il tuo accompagnatore?- Le chiese in modo così serio che Federica si sentì attraversare da una corrente calda che avrebbe potuto infiammarle tutti i vestiti.
-Direi…- iniziò lei, ma trovò solamente la gola arida come il deserto e il cuore emigrato per le isole Boreali.
-Direi, di si- rispose poi, trovando il coraggio di guardarlo negli occhi.
Si guardarono così, per alcuni secondi senza aver motivo di distaccare lo sguardo e Federica volle tanto risentire quel calore delle loro dita intrecciate, lo desiderava come non aveva mai desiderato nulla nella sua vita. E si sentì spacciata.

 

Rieccoci qui :)
Fa freddo e le mie dita sono letteralmente congelate, perciò sarò breve.
Decisamente una mattina movimentata per la nostra tranquilla e spassosa Federica che si trova a tu per tu con un... un... scegliete voi, insomma con Luca :) Che gioia scrivere di loro due insieme, adoro i loro battibechci e voi?
Perdonatemi se la settimana scorsa l'aggiornamento è saltato ma ho passato dei giorni molto movimentati. Spero che questo capitolo mi abbia riscattato.
Ricordatevi di lasciarvi una vostra impronta, ne sarei stra contenta e ringrazio tutti quelli che mi lasciano delle bellissime parole e chi aggiunge questa storiella ai vari gradimenti. 
Ci risentiamo prestissimo. 

Sempre vostra
IlaPerla
  
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