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Autore: KeyLimner    28/11/2015    0 recensioni
"Rumore.
Tutto ciò che Goneril riesce a sentire è rumore.
Rumore dagli appartamenti a fianco. Rumore dal piano di sopra, dove sembra che gli inquilini non si stanchino mai di trascinare mobili. Rumore dalla strada, oltre le finestre con il doppio vetro.
Rumore dalle pagine del libro che tiene fra le mani.
Ma non hanno fantasia, questi mortali? Evidentemente la loro vita è troppo breve perché quei garbugli di trame sempre uguali e quei personaggi triti sempre alle prese con gli stessi problemi esistenziali abbiano il tempo di venire loro a noia. Goneril ha iniziato a leggere per distrarsi un po’, per tenersi occupata, ma mentre i suoi occhi annoiati scorrono fra le righe anticipando ogni battuta come se facesse parte di un copione che conosce a memoria, la sua mente ha tutto il tempo di andarsene a zonzo per conto proprio.
D’un tratto, si accorge di avere sete. Alza lo sguardo verso la brocca sul tavolo. Scocciata, constata che le toccherà alzarsi… e senza volerlo si ritrova pensare a quanto sarebbe facile schioccare le dita e lasciare che sia quella a venire da lei, fluttuando attraverso le particelle d’aria della stanza. Ci vorrebbe così poco…"
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono strani quei momenti in cui di colpo percepisci l’assenza.
L’assenza corrisponde per l’appunto a una mancanza, a un non-essere: in quanto tale, intangibile. Eppure, in quei momenti, poche cose ti appaiono reali come quell’assenza.
Fu appunto questa la sensazione che provai quel pomeriggio sostando davanti alla porta della vecchia Filomena, che per tanti lunghi pomeriggi aveva ascoltato i miei monologhi mentre ricamava serena le tende del suo balconcino. Da quando avevo memoria di lei, l’avevo sempre vista lavorare a quelle tende: vi si dedicava con uno scrupolo veramente sbalorditivo. Chissà se le aveva mai finite.
Passando davanti al vecchio portone scassato, senza pensarci allungai una mano verso il campanello… un gesto che mi era stato per lungo tempo familiare. La mia mano si congelò a mezz’aria e rimase lì, impietrita, come offesa. Mutilata brutalmente nel gesto che teneva conservato nelle sue fibre.
Filomena era morta.
Oltre quella porta, una nuova sconosciuta inquilina, che senza dubbio se avessi suonato il campanello mi avrebbe aperto con una certa sorpresa… forse anche con un po’ di sospetto. Di sicuro non con i piccoli penetranti occhi grigi della vecchia Filomena, che pur essendo grigi erano tutt’altro che piatti, perché in essi c’era il mare di novembre, che ondeggiava con tutti i riflessi delle sue maree. Calmo, ma carico d’energia latente… e saggio. Incredibilmente saggio.
Di quella saggezza mi ero avvalsa molte volte da quando la conoscevo. E più di una volta, la vecchia Filomena aveva saputo darmi il consiglio giusto, sicché alla fine era diventata la mia principale confidente. Anche più delle mie più intime amiche.
Lei aveva qualcosa di speciale. Aveva una capacità che in pochi possiedono: quella di ascoltare.
Tanti fingono solo di ascoltare. Ti guardano, simulano interesse. Magari sentono pure quello che stai dicendo. Ma non ascoltano davvero. I loro pensieri sono altrove: attendono che tu finisca di parlare soltanto per poter parlare a loro volta… presi dall’impellente bisogno d’esplicitare i turbamenti del loro ansioso ego.
La signora Filomena, invece, sapeva ascoltare e capire come nessuno, con una pazienza senza confini. Ma la cosa più sorprendente era la sua capacità di domandare senza essere invadente, mantenendo intatti i confini per oltrepassarli solo a tratti, con dolcezza, come l’acqua della risacca che scivola lentamente oltre la scia dell’ultima onda e altrettanto lentamente si ritira. Impartiva consigli senza imporre il suo parere, anzi, spesso senza prendere una posizione ben definita, preferendo condurti per mano verso la soluzione del problema.
Forse ci riusciva proprio in virtù di quella calma che la caratterizzava, che è così difficile riscontrare negli esseri umani al giorno d’oggi. Quella calma era come un lago sotterraneo nei recessi della sua anima: uno specchio tranquillo, cui poteva sempre attingere.
Spesso mi capitava, nei momenti morti, quando ero sola nella mia stanza, di cercare qualcosa di simile dentro di me. Di tanto in tanto, se ero particolarmente rilassata e scavavo più in profondità del solito, riuscivo a intravederne il bagliore lontano, come il riflesso di una lama di luce sulle acque. Ma era presto sparito, sopraffatto da una miriade di altre cose… il biglietto per il concerto di mio fratello… i moduli da compilare per l’iscrizione alla palestra… le bollette della luce ancora da pagare che attendevano sul tavolo della cucina.
Chissà, forse la saggezza è qualcosa che si conquista col tempo, invecchiando. Ma se ci pensavo bene, non erano molte le persone di mia conoscenza che con l’età sembravano aver raggiunto la maturità sufficiente per superare l’ansia di esistere, di fare, di pensare; per essere semplicemente felici. Mia nonna ad esempio non era per niente una persona in pace con sé stessa. Ricordavo bene le sue lunghe telefonate con mia madre - quando vivevo ancora con lei. Quando erano al telefono, mia madre aveva sempre quell’espressione rassegnata, un po’ stanca, di chi attende pazientemente che la tortura abbia fine. Intanto si guardava intorno con aria nervosa, lanciando occhiate ansiose alla pila di panni che attendevano di essere stirati, o alle pentole da lavare nel lavabo. Dalla cornetta, potevo sentir gracchiare quella voce stridula.
Ma tutto questo non ha più importanza adesso, pensai.
Filomena era morta. Sparita per sempre. E in quello svanire, aveva portato via con sé tutta la sua saggezza… tutto il suo mistero.
Chissà qual era la sua storia. Non gliel’aveva mai chiesto… presa com’ero da me stessa e dai miei problemi. E adesso, non ne avrei più avuto l’occasione.
Filomena...
  
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