22.
DISCO
Luci,
fumo, buio. Corpi sudati che scivolano l’uno
sull’altro, musica assordante e la
libertà di essere che si mescola con l’alcool dei
drink. Federico odia i luoghi
troppo affollati, ma le discoteche – quelle gay in
particolare – hanno sempre
avuto un fascino irresistibile su di lui, lo seducono con i loro colori
scioccanti e con i bassi che rimbombano nella testa fino a svuotarla da
ogni
pensiero. Gli ci è voluta tutta la giornata per convincere
Edoardo ad uscire di
casa e andare a ballare – suo fratello si lascia spesso
intimidire dalla
sfrontatezza dei frequentatori di certi locali (fatto alquanto
inverosimile
considerando il suo carattere decisamente estroverso) – ma ne
è valsa la pena.
Non c’è niente di meglio per liberare la mente e
sconnettere il cervello. Un
paio di drink lo rilassano abbastanza da lanciarsi in pista e le mani
di Edo
aggrappate alla sua canottiera gli mandano una scarica costante di
energia che
lo attraversa da testa a piedi. Sono giovani, attraenti e attirano
decine di
sguardi eccitati pronti a spogliarli di ogni vestito – e se
possibile non solo
con gli occhi.
Una scintillante quanto finta signora avvolta in un pacchianissimo
abito
di paillettes - decisamente troppo aderente per nasconderne le forme
mascoline –
gli lancia un’occhiata maliziosa da sotto le palpebre
ricoperte di ombretto
scuro e si lecca le labbra. Si muove sui tacchi vertiginosi con una
sicurezza
tale da credere che facciano parte del suo stesso corpo.
Chissà dove le avrà
comprate... un paio di tacco quattordici numero quarantacinque non si
trovano
ovunque.
«Ciao, bellezza» sussurra seducente
all’orecchio di Fede. Con un mano
ingioiellata lo
accarezza per tutta la
lunghezza del braccio, mostrando le unghie accuratamente decorate. Con
un
sorriso divertito, Fede pensa a come una perfetta manicure possa
nascondere un
bel gancio destro.
«Ma tesoro,
perché nascondere tutto questo ben di Dio qui
sotto?» domanda scioccata la dama
palpeggiandogli gli addominali. Poi, prima che lui possa dire qualcosa,
afferra
i lembi della sua canottiera e la sfila via, squittendo soddisfatta.
«Così va molto meglio, no?»
chiede rivolgendosi ad un confuso Edo.
«Oh sì»
concorda Federico che ne approfitta subito per afferrare le mani di suo
fratello
e piazzarsele sul petto, passando subito dopo a divorargli la bocca. Il
più
piccolo non perde tempo e corre immediatamente a stringergli i capelli,
ricambiando il bacio. La loro spettatrice deve capire
l’antifona, perché alza
gli occhi al cielo (o alle luci stroboscopiche, come si preferisce) e
se ne va,
puntando un’altra vittima. Fede massaggia lentamente i
bicipiti di suo fratello
– che si lascia scappare un gemito – per poi
scendere verso la schiena. «Che ne
dici se leviamo anche questa?» gli mormora mordendogli
scherzosamente il mento.
L’altro è in sua totale balia, perciò
lascia che lui gli strappi via
l’indumento e lo getti sul primo divanetto disponibile,
dimenticandosene
all’istante.
*
* *
È
passata poco più di un’oretta ormai, ed Edo, che
sta ballando poco distante da
lui, inizia a mostrare i primi segni di stanchezza. Prova a
nasconderlo,
stuzzicando il fratello con dei tentativi mal riusciti di muovere i
fianchi in
modo seducente o attirandolo a sé per i passanti dei jeans,
ma Fede lo conosce bene
e se ne accorge lo stesso. È proprio nel momento in cui sta
per proporgli di
far ritorno a casa, che un tizio dall’aria disgustosamente
perversa punta suo
fratello come se stesse andando a caccia. E avesse appena trovato la
preda
perfetta. È un tipo sulla cinquantina, con i capelli bianchi
e separati in
ciocche spesse – troppo gel – una pancia prominente
e un pacchianissimo
diamante all’orecchio. Prova a muoversi a tempo di musica, ma
per lo più
gironzola intorno a Edo, ignorando – volutamente? –
le occhiatacce che gli
manda Federico. Il più piccolo si accorge troppo tardi
dell’uomo, tanto da
ritrovarselo ad un palmo di naso mentre gli palpeggia una natica. Fede
nota
immediatamente i tremori che invadono le gambe e le mani di suo
fratello e non
perde altro tempo: con una mano spinge via il porco e incastra
l’altra con
quella di Edo, tirandoselo addosso.
«Stagli alla larga,
pervertito del cazzo» gli ringhia contro prima di assestargli
un bel sinistro
dritto sul naso, che produce un suono viscido e incredibilmente giusto.
D’un
tratto la musica – se così si può
chiamare – è troppo frastornante, l’aria
si
fa irrespirabile e tutto diventa semplicemente troppo. Deve pensarla
allo
stesso modo anche Edo, perché i suoi occhi incominciano a
coprirsi di una
patina lucida e il respiro si fa più pesante.
«No, no, no...» borbotta Federico
sollevando il corpo immobile di suo fratello e uscendo dal locale a
passo di
carica. Ci manca solo una crisi di panico all’una del
mattino... L’aria fredda
li investe in pieno, superandoli e portando via un po’ del
terrore del più
piccolo, che si accascia sul suo corpo e resta lì, inerme.
«Sono qui, piccolo mio...
sono qui». Fede ripete queste parole più e
più volte, mentre con una mano
sostiene la schiena del fratello e con l’altra gli accarezza
la testa.
«Sono qui» mormora ancora
quando Edo incolla le labbra al suo petto e le preme forte contro la
pelle
sudata, giusto per rendersi conto che lui
è lì davvero.
Allora...
mamma mia, non avrei mai pensato di scrivere una cosa del genere, ma
tant’è...
Questo è l’ultimo capitolo che ho scritto finora.
Per intenderci, ogni volta
che pubblico un capitolo ne ho sempre almeno uno di riserva, ma adesso
no. Non
sto dicendo che non scriverò mai più, ma adesso
sono focalizzata su un altro “progetto”
e Twins sta diventando difficile da seguire.
Chiedo un enorme favore a chi
segue questa storia da tempo: non toglietela dalla
“cartella” delle storie
seguite. Per il non credo pubblicherò altro su questi due,
ma non si può mai
dire. Io non metto la parola “conclusa” alla
descrizione della storia, non me
la sento. Non l’ho mai fatto – se non con le OS - e
non comincerò ora.
Voglio ringraziare
tutti quelli che l’hanno seguita/favorita/ricordata
– Angelo Nero, Lilyy,
Alixsoldier, un grazie speciale è tutto vostro. La storia
non finisce con
questo capitolo perché dubito che la “vera
storia” finirà mai. Magari tra qualche
settimana, due mesi o un anno ci rivedremo con un’altra loro
avventura. Nel frattempo...
al prossimo capitolo!