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Autore: Deline    30/11/2015    1 recensioni
“Vuoto di ogni essenza perché possa catturare la vostra”
Recita una incisione sul retro di un antico specchio.
Una ammonizione che la giovane Nere ha voluto ignorare per sfuggire, anche solo per qualche giorno, alla noia della routine.
Così ha inizio il suo viaggio nella Chicago distopica di Divergent alla ricerca del tenebroso Intrepido che le ha rubato il cuore attraverso le pagine della saga scritta da Veronica Roth.
Una ragazza come tante e uno specchio magico che le permette di attraversare il confine tra realtà e fantasia e la trasporta, come solo un libro saprebbe fare, in un mondo nuovo, sognato e temuto allo stesso tempo.
Nere, una ragazza normale, distante anni luce dalle eroine dei libri, una di noi, insicura e fragile ma anche caparbia e fiera, che lotterà per la salvezza del suo amato e della dimensione alla quale ormai sente di appartenere.
*** *** *** *** *** *** *** *** *** ***
Il racconto si basa solo sui primi due libri e film della saga, Divergent e Insurgent.
Età e aspetto dei personaggi sono quelli dei film, per tutto il resto "salto" da libri a film, soprattutto per Divergent. Per quanto riguarda le parti di Insurgent resto fedele al libro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eric, Four/Quattro (Tobias), Nuovo personaggio, Tori
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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     Questa mattina Eric mi ha lasciata dormire un pochino più del solito e io mi sono ritrovata a dovermi preparare in fretta perché già mezza mattina era andata sprecata. Ho finalmente la possibilità di passare un’intera giornata con lui lontano dal caos della residenza ed Eric si mette a sprecare il tempo in questo modo.
Non sono riuscita a fargli dire dove mi sta portando ma qualcosa mi dice che non è all’interno della recinzione. Ci sono bei posti ma, evitando i territori delle varie fazioni, tutto il resto è zona degli Esclusi e non credo che vorrà essere interrotto da uno di loro. Oltre la recinzione ci sono i campi dei Pacifici e la loro grande casa. E’ là che mi porterà, dai Pacifici? Non ha senso e non credo che si possa fare, è un’altra fazione, non è consentito e in più lui non li sopporta. Peccato, avrei voluto vederlo sotto l’effetto del loro siero della pace. Immagino la scena e non riesco a non scoppiare a ridere. Eric mi guarda come se fossi impazzita di colpo.
«Cosa c’è di tanto divertente?» mi chiede sorridendo.
Tu che ridi come un cretino, fai cose assurde e magari ti metti a cantare insieme ai Pacifici. Chissà dove tengono quel siero e se il divergentphone fa filmati.
«Pensavo al siero dei Pacifici» rispondo mentre non riesco a smettere di ridere.
«Su di te non si noterebbe neanche la differenza» mi punzecchia.
«Infatti lo immaginavo su di te»
«Dovrò stare attento a quello che bevo»
«Ah-ah! Allora è lì che stiamo andando»
Eric mi guarda ma non risponde. Ferma l’auto, abbassa il finestrino e dice qualcosa a uno degli Intrepidi di guardia ma io non lo ascolto, sono troppo impegnata a ridere mentre la scena di lui sotto l’effetto del siero si ripete nella mia testa.
Il cancello sia apre e ripartiamo.
E’ una bella giornata, è perfetta per passare del tempo tra campi e frutteti. Immaginavo che mi avrebbe portato lontano dal grigio della città ma non credevo che sarebbe riuscito ad ottenere il permesso di passare del tempo in un’altra fazione. Inizio a pensare che in realtà non ha nessun permesso e che potrei rischiare di ritrovarmi in un tugurio come il quartier generale dell’esercitazione. So che il romanticismo non fa per lui ma almeno un po’ di buongusto deve averlo.
Eric svolta a destra in una strada che costeggia un frutteto. Infondo alla strada vedo la sagoma della residenza dei Pacifici stagliarsi scura contro un cielo terso. Stiamo davvero andando dai Pacifici, passeremo una giornata tra girotondi e canzoni accompagnate da un banjo? Eric odia tutto questo e anche io. Non saremo soli e in un posto tranquillo ma circondati da fattoni, non voglio credere che lui consideri questo qualcosa che mi piace.
«Aspettami in auto, non ci metterò molto» dice mentre accosta e scende dall’auto.
«Va bene» fingo di assecondarlo e un attimo dopo scendo e lo raggiungo.
«Ne ero certo» sospira rassegnato.
Una donna ci sta venendo incontro, la riconosco, è Johanna Reyes la portavoce dei Pacifici.
«Nere, sei proprio tu?» mi domanda stupita e io non capisco il motivo di tanto stupore.
«Sì, perché?» le chiedo incuriosita.
«Sei davvero la sua fidanzata?» lancia una veloce occhiata ad Eric.
Come fa a saperlo, è uscito sul giornale? Un’edizione speciale “Il sadico si è messo con la strizzacervelli.” E’ impressionante con che velocità si diffondono i gossip in questo posto.
«Certo che le voci girano in fretta. Momento giusto o hanno fatto un’edizione speciale?»
«No, me l’ha detto Eric» sorride mentre lo guarda. Lui si morde l’interno della guancia e arrossisce.
Eric ne ha parlato a Johanna? Sfiora l’incredibile.
«Davvero? Cosa ti ha detto esattamente?» le domando più per il desiderio di vedere Eric agonizzare ancora un po’ che per curiosità.
«Cercava un posto tranquillo e romantico per passare un po’ di tempo da solo con la sua compagna» dice con il suo sorriso materno che io amo tanto mentre Eric le lancia un’occhiata da “livello rabbia 2 e tre quarti.”
«Non pensavo fossi tu la sua compagna» aggiunge.
Le chiacchiere sono arrivate anche qui, povero Eric. Prendo la sua mano, la faccio scivolare sulle mie spalle e gli circondo la vita con un braccio.
«Siamo davvero così strana come coppia?» le domando stringendomi a lui.
«No, mi veniva solo difficile pensare a Eric fidanzato, per essere un Intrepido lui è un po’ in ritardo»
«In effetti ha tempi un po’ lunghi il ragazzo» scherzo mentre Eric mi guarda facendo salire di mezzo livello il suo sguardo arrabbiato e dandomi un pizzicotto.
Johanna scoppia a ridere e io non riesco a trattenermi dal fare lo stesso.
«Avete finito?» sbuffa Eric.
Ci ricomponiamo e vedo Johanna dargli una piccola chiave argentata.
«Bene ragazzi, buona permanenza» ci augura con un sorriso malizioso che io ricambio con un occhiolino.
Eric mi prende per mano e mi riporta all’auto, ma invece di aprire il bagagliaio per prendere le nostre borse, si siede al posto di guida.
«Eric, dove stiamo andando? Non ci fermiamo qui?» gli chiedo mentre salgo anche io in auto.
«Vuoi scherzare? Rischiamo di impazzire dopo solo dieci minuti. Andiamo in un posto tranquillo ma soprattutto lontano da questa gente»
Mi conforta, niente banjo, canzoni e girotondi.
 
 
     Ci stiamo allontanando un po’ troppo e io so cosa accade a chi si allontana troppo: siero della memoria e tanti saluti a quello che ci ha insegnato la vita fino ad ora, tabula rasa, si ricomincia da zero. Non mi piace l’idea di non ricordarmi più chi è lui e chi sono io e soprattutto da dove vengo.
La strada inizia a farsi più stretta, sento i rami degli arbusti strisciare contro la carrozzeria dell’auto. La vegetazione è fitta, mi sento come intrappolata in una galleria fatta di alberi e cespugli che sembra estendersi all’infinito davanti a noi. Ora la strada è diventata solo una sottile striscia di terra tra l’erba alta e mi ritrovo a pensare che se continuerà a stringersi in questo modo, ci ritroveremo bloccati in una prigione di erba, rovi e insetti, gli ultimi sono la cosa che mi spaventa di più.
Finalmente la strada pare ricominciare ad allargarsi e gli alberi non incombono più su di noi, sembrano aprirsi al nostro passaggio e guidarci verso una piccola radura.
Davanti a noi c’è una casetta di sasso e con il tetto in legno, mi ricorda tanto una baita. Non credevo di trovare un bosco e una casetta degni di un paesino della Val Gardena poco distante da Chicago e per un istante penso che se guardassi bene tra gli alberi riuscirei a scorgere quelle meravigliose montagne.
Nell’aria c’è un delizioso miscuglio di profumi, legno di pino, gelsomino e mele, alquanto stravagante ma molto piacevole. Il silenzio è quasi totale, niente urla di Intrepidi o Pacifici canterini, solo cinguettii e il fruscio del vento tra i cespugli di more. Questa è esattamente la mia versione di paradiso in terra.
«Ti piace piccola?» mi sussurra abbracciandomi.
«E’ un sogno» gli rispondo in estasi, completamente rapita da quel piccolo angolo di paradiso che sembra quasi appartenere a un’altra dimensione.
«Non hai visto ancora la parte migliore»
Stento a credere che esista qualcosa di ancora meglio.
Mi prende per mano e entriamo nella casetta. Il profumo del legno mi avvolge e per un attimo mi fermo sulla soglia, chiudo gli occhi e inspiro profondamente. I ricordi delle vacanze a Selva di Val Gardena invadono la mia mente. Alte montagne, laghi cristallini, immensi prati di un verde così intenso e brillante da farmi pensare di essere morta e di trovarmi in paradiso. Voglio immaginare che oltre gli alberi del bosco che circondano la casa ci sia tutto questo. Sarebbe bello portare Eric con me a Selva, sono sicura che ne resterebbe affascinato quanto ne sono stata io.
Quando riapro gli occhi mi sento di nuovo trasportata in quella località da sogno. L’interno è fatto completamente in legno a parte un camino in sasso che Eric sarà costretto ad accendere anche se fa caldo. L’arredamento non è grezzo come quello della residenza dei Pacifici ma è lavorato come nelle baite che ho visitato e mi chiedo come abbiano fatto ad arrivare dalle Dolomiti a qui. Forse sono appartenute a qualcuno che come me si è innamorato di quei luoghi e ha voluto una casa arredata con quello stile.
Eric apre le tende delle grandi finestre del salone e io non riesco a trattenermi dal correre fuori per vedere meglio quello che, ne sono certa, lui definisce “la parte migliore.”
C’è un patio in legno ed oltre ad esso un piccolo laghetto artificiale circondato da sassi e fiori. All’interno di esso nuotano pacifici dei grossi pesci rossi e bianchi, non so che specie sia ma mi fanno tornare in mente le atmosfere della Cina e del Giappone.
Tutte queste meraviglie mi stordiscono. Mi siedo sui gradini del patio ed Eric si siede accanto a me.
«Eric…è meraviglioso, è un sogno…io…» non riesco a parlare, la bellezza di quel luogo non può essere descritta a parole. Lo guardo con la bocca semiaperta e vorrei riuscire a catturare anche solo un frammento dei miei pensieri e descriverlo a parole ma sono sopraffatta dalla bellezza che mi circonda.
«Davvero ti piace così tanto da lasciarti senza parole?»
«Oh sì!» esclamo mentre lo abbraccio e lo bacio con talmente tanto entusiasmo che quasi lo faccio finire a terra.
«Ci sono altri bei posti qui intorno, dopo pranzo se vuoi possiamo andare a fare una passeggiata» mi propone con uno sguardo dolce che non avevo mai visto sul suo volto e che non pensavo di vedere mai. Sono abituata a un Eric con lo sguardo perennemente arrabbiato ed è così strano vedere un sorriso così dolce al posto del suo ghigno malvagio. Dovrebbe essere come una nota stonata mentre invece è perfetto, armonico, il suo viso sembra essere fatto per mostrare dolcezza e candore, anche se la convivenza di dolcezza e crudeltà nella stessa anima è paradossale. Ancora una volta mi chiedo quale sia il vero Eric, il genio sadico e montato o questo splendido ragazzo con i suoi meravigliosi occhi limpidi e una dolcezza infinita nel suo sorriso.
«Oh Eric» mormoro completamente persa nella dolcezza del suo sguardo.
«Cosa c’è piccola?» sussurra mentre il suo sguardo diventa ancora più dolce.
«E’ tutto così perfetto…tu sei perfetto…sei più di quanto merito»
Vorrei confessargli tutto, chi sono, da dove vengo, quello che so e che vorrei portarlo via con me per tenerlo al sicuro, ma non posso, mi crederebbe pazza. Non ora, non è ancora il momento, un giorno gli dirò tutto.
«Tu meriti molto di più e io non sono perfetto, sono arrogante e dispotico…» dice mentre il suo sguardo si fa cupo e triste.
«E’ vero, ma mi piaci mi lo stesso» lo interrompo e gli do un bacio sulla fronte come ha fatto lui la nostra prima notte passata insieme.
Il suo sguardo torna sereno e sulle sue labbra appare di nuovo quel sorriso che vorrei vedere ogni momento di ogni giorno del resto della mia vita.
 
   
 
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