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Autore: Peanuts_e_Chocolate    01/12/2015    1 recensioni
[Spoiler per chi non avesse letto il quarto libro!]
Non me l’ero più sentita di restare, di vedere Lissa che si preoccupava per me, ma nei suoi pensieri ardeva di desiderio per usare il suo potere e quando lo faceva, anche solo per far migliorare la fioritura delle piante sul balcone o per guarire qualche ferita o per piccole cose, la mia testa esplodeva, il mio umore iniziava a variare da triste, ad arrabbiato senza un motivo.
Ma sentire le sue emozioni mi ha fatto riflettere molto, o meglio agire con il mio solito carattere irresponsabile.
E alla fine presi l’unica decisione che avrebbe permesso alle mie emozioni di sfogarsi senza far del male a nessuno e a lei di usare il suo potere. Scappare, di nuovo.
Genere: Azione, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dimitri Belikov, Lissa Dragomir, Nuovo personaggio, Rose Hathaway
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Daniel.


Deglutii un po’ nervosamente, mentre Mary apparecchiava la tavola. Ancora mi sentivo un po’ in imbarazzo per averlo attaccato.
  Daniel era alto più o meno una spanna più di me. Aveva un fisico palestrato e una carnagione abbronzata. Portava dei Jeans chiari e una camicia da boscaiolo aperta ai primi due bottoni e con le maniche arrotolate fino ai gomiti.
 Detto sinceramente era veramente un bellissimo ragazzo.
Mi guardò negli occhi e mi sorrise, aveva lo stesso sorriso gentile di sua madre e con leggerezza sistemò i fiori che sua madre gli aveva preso.
 “Sei abile, hai qualche marchio?” Daniel mi spiazzò con quella domanda, e capii che si riferiva ai tatuaggi dietro la nuca.
 “Sì, certo. E tu?” Anche lui era un dhampir, ma stranamente non mi pareva di avergli visto nessun marchio.
  “No, nessuno. Mia madre ci ha tenuto lontano da quel mondo, io e i miei fratelli abbiamo vissuto normalmente, come semplici umani.”
 Rimasi stupita e Mary mi spiegò che essendosi allontanati dal mondo dei moroi e in generale anche dalle tradizioni, avevano stabilito già dalla nascita di Andrew che avrebbero vissuto come umani.
  “Perché anche le rose? Lo sai che mi piacciono solo le margherite.” Daniel si era stupito di trovare quei fiori in più e Mary gli rispose.
 “Sì, lo so. Ma le rose sono per la nostra ospite.” 
“Rose, giusto?” Annuii, “Come mai sei qui? Qualche missione?”
  “No, sono qui per… caso.” Dissi, cercando di andare sul vago. Non volevo raccontare cosa era successo realmente, e dissi le solite cose che avevo detto a Mary e per l’appunto lei mi disse che dopo avremmo dovuto disinfettare di nuovo la ferita. 
  Mentre aspettammo la cena, Daniel mi squadrò per parecchio tempo e quando gli dissi se qualcosa non andava mi chiese se i vestiti che avevo erano delle sue sorelle, gli risposi di si e lo vidi aggrottare la fronte.
 Cenammo in tranquillità, ascoltando Daniel e le sue avventure in giro per il mondo, era stato in Italia nell’ultimo viaggio, ma aveva fatto delle brevi soste a New York, e Spagna prima di arrivare nella terra dell’arte. 
 “Perciò da dove vieni?” Mi chiese Daniel.
“Vengo dalla Pennsylvania.” Risposi e lui sgranò gli occhi. 
 “Cavolo e come sei arrivata fin qui a Nine Mile Falls?” Non risposi, anche perché non volevo raccontare di aver dovuto lasciare la mia protetta per una questione di amore e ‘spirito’.
   Mary vide il mio disagio e disse che avevo avuto qualche problema e lo incoraggiò a mostrarci i suoi souvenir per sviare l’argomento ma lui non parve convinto.
  Fece vedere molte foto delle regioni che aveva visitato, di Roma e del suo Colosseo poi di Firenze e dell’arte delle bellissime chiese, del campanile di Giotto e del Duomo. Di Venezia e di come era fatta, piena di canali e gondole e anche di Milano, del Duomo fatto a guglie e poi anche del bellissimo mare che dice aveva fotografato al sud e della neve perenne, come aveva detto lui, che al nord restava tutto l’anno su alcune montagne.
  Aveva portato anche collane, bracciali e un sacco di modellini che rappresentavano il Colosseo di Roma, la torre di Pisa, i Trulli della Puglia, il ponte dei Sospiri di Venezia e alcune piccole gondole colorate. 
 Erano tutti souvenir deliziosi che mi fecero brillare gli occhi. 
  Nel vedere il mio stupore, Daniel mi diede una collana in conchiglia che rappresentava la forma a stivale dell’Italia.
  “Prendila, puoi tenerla.” Mi sorrise, molto più gentile di prima. 
Guardai Mary e Robert “Non guardare noi, puoi tenerla, per una collana non ci dispiace mica. E poi ci fa piacere se avrai un ricordo di noi e di Daniel.” Disse Robert sorridendo. 
   “Esatto, noi abbiamo molti souvenir e anche le foto. Prendila senza problemi e poi è un regalo che vuole fare a te.” Mi sorrise dolce Mary.
Abbassai lo sguardo e guardando la collana e loro, potei dire di sentirmi bene.
 “Rose, qualcosa non va?” Disse Bob e scossi la testa sorridendo.
“No, va tutto bene. Davvero.” Sorrisi, facendo capire loro che era stato per il gesto e per tanta ospitalità e che per quanto strano mi sentivo bene con loro.
  Mary mi disse che per loro era naturale trattarmi così e spezzò quel momento ricordando a tutti che lei doveva sparecchiare e Daniel andò a sistemare le sue cose al piano di sopra.
  Mentre aiutavo Mary mi chiesi se Daniel e anche Robert e Mary avessero qualche conoscenza nel mondo dei vampiri o avevano chiuso tutti i ponti.
  “Cara, qualcosa ti turba? È da prima che mi sembri pensierosa.” Mi chiese guardandomi e mi ritrovai anche Robert che mi fissava.
  “Ecco, a dirla tutta sì.” Non nascosi la mia preoccupazione. “Non voglio più mentirvi..”
Li guardai entrambi e mi sorrisero.
 “Puoi raccontarci tutto, stai certa che non ti succederà niente.” Disse Robert prendendo una scatolina che teneva accanto alla televisione ed estraendone una pipa che si accese.
 “Non voglio che a causa mia dovete passare guai. Nel caso i guardiani mi trovassero e vi facessero delle domande o cose simili... Visto che vi siete allontanati da quel mondo, non voglio farvi avere rapporti ravvicinati con loro o altro.” Mi toccai i miei tatuaggi istintivamente. “Anche se me ne sono andata, ero la guardiana della mia migliore amica e… lei è una Dragomir, ultima della sua stirpe e ora si trova alla corte reale, ma non riuscivo più a stare li per tante cose e ho deciso di fuggire.” Ormai non me la sentii più di nascondergli la verità, non dopo tutto quello che avevano fatto per me.
  Li vidi entrambi sgranare gli occhi.
 “Oh santo cielo.” Disse Mary. “Ma perché mai avresti dovuto farlo?” Domandò Mary, capendo quanto fosse grave quello che avevo fatto, soprattutto capendo di chi ero la guardia del corpo. Di una reale, dell’ultima dei Dragomir e che prima di scappare ero una guardia reale.
  “Ovvio, perché ha capito che è una vita in galera. Proprio come avete scelto voi quando decideste di venire a vivere qui per creare la vostra famiglia.” Mi voltai alle parole che Daniel aveva pronunciato entrando in cucina. 
  Robert si alzò venendomi vicino e boccheggiando la pipa, l’odore acre del tabacco riempiva la stanza.
 “Rose, lo sai vero che il tuo è quasi un reato, vero?” Annuii, sapendo che le fughe non erano ammesse nel mondo dei guardiani.
“ Io ormai mi ritengo solo un semplice umano da quando ho conosciuto Mary.” Iniziò. “Sai signorinella, ai miei tempi era tutto più duro e quando io iniziai a frequentare la scuola ci insegnarono regole dure e ancora di più lo erano per i guardiani. Io e Mary ci siamo conosciuti nella nostra scuola, lei doveva diventare una guardiana e invece io non sono mai stato capace di essere un bravo Moroi."  I loro sguardi si incontrarono e capii che sicuramente non era stato facile.
"E cos', quando lei si ritirò per la gravidanza e non finì la scuola, io la seguii. Entrambi ci macchiammo di vergogna, ma più di tutte lei. Già puoi immaginare come è stata definita e a quei tempi, un guardiano che non rispettava i suoi doveri, non era considerato nemmeno degno di parlare.”  I loro sguardi si incontrarono e capii che sicuramente non era stato facile. Poi finalmente, tutto mi parve più chiaro.
  “Robert, tu quanti anni avevi quando siete venuti a vivere da soli?” Robert mi guardò e capì sorridendomi. “Io avevo ventidue anni. Mentre lei quindici.”
Non mi sembrava vero. Esattamente come me e Dimitri. Tra di loro passavano sette anni di differenza e lei era ancora più piccola di me quando si erano innamorati. 
   Ed ora capivo perché da subito Robert mi era parso più anziano di lei. E anche perché Mary quando mi parlò del crescere, aveva parlato soprattutto di lei. 
   Guardai Robert che continuò il suo racconto, “Alla fine, dopo quasi un anno che io e Mary stavamo assieme, mi decisi a mollare tutto per dedicarmi a lei. Perché l’amavo come la amo tutt’ora. Ma non puoi immaginare a quante cose andai in contro all’epoca. Disonore, tradimento e se non fosse stato che il mio ex guardiano non era il mio migliore amico, probabilmente avrei passato anche molti guai con la legge.” Rivelò sospirando. “Per questo, dovetti praticamente scappare con lei in questo piccolo paese di montagna e stare il più lontano possibile dalla civiltà.”
 Li guardai e capii. “Adesso tutto mi è chiaro. Mi dispiace, davvero tanto. Non voglio portarvi problemi.”
 Li guardai e Robert mi mise una mano sulla spalla. “Stai tranquilla, tutto si risolverà. Qui sarai al sicuro."
  “Rose hai fatto bene a dircelo,  adesso sappiamo la verità. E possiamo aiutarti a rimanere qui se tu lo vuoi.”
Rimanere, lì? 
  “Oh no, appena possibile me ne andrò.” Dissi e loro si rattristarono un po’.
 “Se non sai dove andare o cosa fare puoi rimanere qui. Non voglio costringerti a rimanere con noi, ma anche in paese le persone sono gentili.” Disse Mary.
 “Vi ringrazio... La decisione è dura, ma non so realmente cosa è meglio per me. Purtroppo ci sono tanti problemi nella mia vita oltre l’essere un guardiano.”
 Non potei spiegare dello spirito e della tenebra, ma nessuno mi domandò altro ma li ringraziai per tutto quello che facevano per me.
 Daniel però, lo vidi irrigidirsi e poi sbottò, “Rose, siamo tutte persone e dobbiamo avere il diritto di scegliere per la vostra vita! Se vuoi vivere la tua vita qui o in altri posti devi farlo. Guardiani, Moroi o altro non ha importanza! L’importante è essere felici.”
 Mai come in quel momento Daniel mi ricordò Dimitri. Aveva gli stessi lineamenti, gli stessi occhi che traspiravano emozioni da tutti i pori e la stessa espressione seria e piena di giustizia e lo continuai a guardare, sentendo che quasi mi faceva male quella sua somiglianza a Dimitri.
   “Rose, non permetterò loro di levarti la libertà di vivere. Se verranno a riprenderti li manderemo via. Se te ne sei andata un motivo c’è e nessuno può costringerti a fare cose che non vuoi.” Mi guardò con uno sguardo penetrante e deciso, tanto che non riuscii a dire nulla anche se dentro di me avrei voluto dirgli che non era per la libertà di vita, bensì per altri problemi più orribili che me ne ero andata. E per la mia follia e la mia tenebra, che per colpa del legame mio e di Lissa spesso mi sentivo in gabbia e mi trovavo ad avere emozioni del tutto innaturali e anche orribili. Ma questo, per quanto mi fidassi, non avrei mai potuto dirlo. 
  “Daniel, apprezzo quello che hai detto e sarei realmente felice di rimanere qui, finché mi è concesso e finché non troverò un posto più adeguato. Anche se è poco che sto qui con voi, posso dire di sentirmi a casa.”  Mi spuntò solo un sorriso sincero che fu ricambiato.
“È molto bello quello che hai detto Rose.” Mi disse Mary sorridendomi e non aggiungemmo altro a quel discorso.
*
  Mi sedetti di nuovo sentendo le parole di Robert che diceva come il futuro riservava un sacco di sorprese a tutti e ognuno di noi nella propria vita sbagliava, si pentiva e poi trovava la sua strada e come lui aveva deciso di mettere su questa famiglia e Daniel aveva scelto di viaggiare, io avrei trovato la mia via. 
 Mary finì di mettere apposto le stoviglie e come anche la sera precedente mi disse di avviarmi in camera per la medicazione. 
  Mi sedetti sul letto, pensando a tutto quello che era successo in quei due giorni. A mio parere anche troppe cose. In quel momento tutti i miei pensieri erano concentrati su Lissa, come quasi ogni volta che avevo tempo per pensare.
 Oggi avrei voluto entrare nella sua mente, ma lei mi bloccava con il suo spirito e stranamente mi montava una rabbia incredibile. 
  Strinsi i denti e i pugni, arrabbiata più che mai. Perché Lissa non mi faceva entrare nella sua testa? Perché non mi lasciava entrare nei suoi pensieri!?
  Presi lo specchio sul comodino e levai il bendaggio anche con troppa veemenza facendomi male e strappando alcuni punti che Mary mi aveva fatto i giorni precedenti e mi usci un ringhio.
 Serrai i denti nel vedere che i tagli non erano migliorati ma sembravano alquanto peggiorati. Le ferite si erano riaperte e non emanava un odore gradevole.
  “Cavolo, hai proprio una brutta ferita.”
Sobbalzai infastidita guardando Daniel allo stipite della porta che mi osservava. Ancora mi chiedevo come poteva essere così silenzioso e potesse sorprendermi.
  “Già.” Mi limitai a rispondere arrabbiata e capii che Lissa doveva aver usato lo spirito in questi giorni perché la mia rabbia era ingiustificata e tentai di calmarmi, prima di fare una sfuriata ed essere presa per pazza, cosa che già ero.
 Lo vidi avvicinarsi e sedersi di fronte a me spostando la sedia.
  “Dai, fammi vedere.” Mi disse spostandomi il viso con una mano e scostandomi i capelli dietro l’orecchio con l’altra. “Hai una brutta infezione. Sai io ne ho avute parecchie, nei viaggi che faccio spesso e volentieri mi taglio e mi trovo in posti privi di ospedali e me la devo cavare con quello che mi porto dietro.” Mi spiegò mostrandomi una cicatrice che aveva sull'avambraccio. 
  “Deve aver fatto male.” Gli dissi apatica e lo vidi alzare un sopracciglio per il mio tono ma lui fece un sorrisetto beffardo. “Si, un bel po’. Ero in Congo mi stavo arrampicando su un albero per orientarmi meglio, quando mi sono ritrovato faccia a faccia con un babbuino. E non è stato un incontro piacevole.” Sorrise. “Ho fatto quasi quattro metri strusciando sulla corteccia di quell’albero e non cadendo su un materasso.” sorrisi immaginando la scena
  Prese il kit di sua madre, dicendomi che se la cavava molto bene. Ormai, pensai che fosse una cosa di famiglia.
 “Come te lo sei fatta?” Mi chiese, cercando di tenermi distratta nel vedere che soffrivo un po’ mentre mi disinfettava. 
 “Uno strigoi.” Dissi pacata. “Mi ha colta di sorpresa, ma dopo gli ho spezzato un polso ed è affogato. Sono stata fortunata ad essere trovata da tuo padre, ci sarei potuta rimanere pure io.”
  Lui finì di tamponarmi la ferita e prese una crema dalla cassetta.  “Brucerà un po’, ma almeno non farà aumentare l’infezione.”
Bruciò parecchio e per non sentire troppo male mi concentrai su di lui e trovai il suo sguardo magnetico ma sorrisi.
 “Rose, di un po’, per caso sei innamorata di qualcuno?” Quelle parole mi presero all’improvviso e rimasi basita.
 “Perché lo vuoi sapere?” Lui mi guardò e sorrise.
“Era solo una domanda, ma se ti agiti allora vuol dire che ho indovinato!?” Lui sorrise quasi vittorioso ma non capii se la sua era un affermazione o una domanda.
  “Si, diciamo. Ma è complicato… a dire il vero non so nemmeno più se sono innamorata o meno.”
Daniel mi guardò con l’aria aggrottata, “Che vuol dire che non lo sai? Se una persona la ami lo sai e basta. Non conta cosa succede, se è amore lo è sempre.”
  Lo guardai, il suo sguardo era penetrante e la sua espressione seria mi ricordava tanto quella di Dimitri.
  “Hai ragione.. ma vedi, quando ti senti dire dalla persona che ami che i suoi sentimenti non sono più uguali e che sono cambiati.. bisogna accettarlo.” Guardai verso lo specchio che avevo sul comodino, vedendo la mia immagine riflessa. L’abatjour illuminava la stanza di un giallo tenue  e le mani di Daniel mi accarezzavano la pelle in movimenti decisi.
  “Ho capito.” Lui non aggiunse altro continuando a fare il suo lavoro.
“Se fossi stata più delicata non ti saresti levata la sutura. Adesso cercherò di bendarti per bene.” La sua voce sembrava quasi un rimprovero.
 “Non ci insegnano ad essere propriamente delicati nelle accademie.” Feci un mezzo sorriso, poi lo vidi armeggiare con le forbici e le bende.
 “Quanti anni ha, lui?” Non mi guardò, ma intesi che si riferiva a Dimitri.
“Ne ha venticinque.” Lo vidi fermarsi e parve stupito. “Lo so, esattamente come tuo padre e tua madre. Ma penso che la situazione è totalmente differente.”
 “Sarà, ma se lui ti ha detto di amarti, non capisco a quell’età come abbia fatto già a cambiare idea. Probabilmente ti ha presa in giro da subito. Io ne ho ventiquattro, ma so esattamente cosa voglio.”
 Ovviamente Daniel non poteva sapere cosa era successo e non glielo avrei raccontato. Mi limitai a sospirare ed alzare le spalle, pensando anche a Adrian, che teoricamente era i mio attuale ‘fidanzato’ anche se a dire il vero non so nemmeno più se sono innamorata o meno.
“Sai, io a vent’anni feci il mio primo viaggio. Andai in Brasile.” Sorrise finendo di bendarmi e sistemandosi sulla sedia per continuare a raccontare. “Me lo ricordo ancora, mi tremavano le gambe una volta salito in aereo, non sapevo cosa aspettarmi e chi o cosa avrei incontrato. E se penso che tu, a diciotto anni hai già ucciso mi fai sentire inferiore.”
  Io risi e vidi il suo sguardo brillare, anche se non capii perché. “Se è per quello, il mio primo strigoi l’ho fatto fuori che nemmeno ero maggiorenne e tantomeno ero pronta a farlo. Ma stai sicuro che quando ti ritrovi in situazioni di vita o di morte non conta l’età, importa la vita. Tua e di chi ti sta vicino.”
 Lo vidi interessato alle mie parole e gli spiegai che se sapevo badare a me stessa era solo merito del mio mentore, ovvero Dimitri. L’uomo che amavo.
   “Nella mia accademia Dimitri veniva chiamato Dio. E non hanno mai avuto tutti i torti, chi lo vede all’azione pensa la solita cosa. Ed ho imparato che non bisogna più esitare davanti agli Strigoi grazie a lui.” Gli spiegai.
  Mi alzai finendo di dirgli che però era tutto passato, perché adesso la mia ‘storia d’amore’ era conclusa e volevo rifarmi una vita lontano da lui e dalla mia vecchia vita.
 Lui rimise a posto i bendaggi ed io mi fermai allo stipite e girai la testa sulla spalla guardandolo.
  “Daniel.” Lui si volto. “Grazie per il bendaggio.” Gli sorrisi e lui contraccambiò. 
“Figurati. Al tuo servizio!” Scherzò, seguendomi poi in cucina dove Robert si era addormentato di nuovo sulla poltrona, ma stavolta con la tv accesa. 
Mi stiracchiai, pensando che era stata una giornata particolare e iniziavo a sentire la stanchezza ma non solo, capii che anche Lissa era stanca perché le barriere che si era imposta per non farmi entrare nella sua testa stavano cedendo.
  “Vuoi qualcosa, Rose?” Mi chiese Daniel appoggiandosi con un fianco alla cucina ma io volevo solo ritirarmi per entrare nella testa di Lissa.
  “No, grazie. Penso che mi limiterò ad andare a letto visto che mi bruciano gli occhi da un po’.” 
Lui si avvicinò premuroso, “C’è qualcosa che posso fare per te?” 
Da quando era aveva saputo della mia storia di guardiana lo avevo visto più gentile e quasi apprensivo.
 “No Daniel grazie davvero ma ho solo bisogno di riposare. Puoi dire tu a Mary che sono andata a letto?” Lui annuì e lo ringraziai.
 “Buonanotte Daniel.” Dissi prima di avviarmi in camera.
“Rose?” Mi voltai, “Sì?”
Aprì la bocca ma non disse le parole che avrebbe voluto. “Niente, buonanotte.” Sorrise.
   Ricambiai e convinta che mi nascondeva qualcosa mi chiusi in camera, mettendomi il pigiama e infilandomi nel letto.
  Lentamente e con mia grande sorpresa mi trovai ad osservare una stanza bianca con un quadro raffigurante un campo di fiori gialli.
*


N.d.a:  Ed eccoci al sesto capitolo! So che è più lunghino e spero non annoi, Daniel da adesso farà parte di questa fanfiction e ben presto scoprirete tante cose di lui! Ringrazio sempre chi mi segue e per qualsiasi domanda non esitate a chiedere! Alla prossima, 
YK91!
   
 
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